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Inchiesta esclusiva sull'attuale status della letteratura al femminile (II)
La nostra rivista ha avviato, in esclusiva, un'ampia indagine sull’attuale status della letteratura al femminile tra decine di critici e scrittori italiani, nell’ambito delle serie Incontri critici, Femminile plurale e Scrittori per lo Strega, di cui proponiamo qui le prime articolate risultanze, divise in tre dense pagine: parte prima, parte seconda e parte terza.
L'inchiesta è a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone. Tutti i contributi sono riuniti nel nostro spazio appositamente dedicato, consultabile qui.
In questa seconda parte della nostra inchiesta riuniamo, in 22 interviste, le scrittrici che abbiamo finora ospitato nell'ampia serie Femminile plurale: Cristina Caboni, Maria Grazia Calandrone, Giulia Caminito, Isabella Cesarini, Giulia Ciarapica, Flora Fusarelli, Federica Iacobelli, Cristina Marconi, Stefania Mazzone, Valentina Motta, Ilaria Palomba, Anna Pasquini, Selena Pastorino, Romana Petri, Anna Rollando, Lella Seminerio, Orsola Severini, Ornella Spagnulo, Nadia Terranova, Veronica Tomassini, Carmen Trigiante, Francesca Valente.
Dalla serie FEMMINILE PLURALE
CRISTINA CABONI (intervista integrale qui)
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Davvero esiste una distinzione di genere nella produzione letteraria? Non amo generalizzare, trovo che ci sia una tale vasta ricchezza da offrire profonde esperienze a prescindere da chi l’abbia scritta. Credo che invece siano i lettori a soffrire di pregiudizio, scegliendo sulla base di errate convinzioni testi idealmente adatti, pregiudicandosi così una grande e infinita ricchezza di esperienze.
MARIA GRAZIA CALANDRONE (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Mi pare che attualmente molta ottima letteratura sia scritta da donne. Il Nobel appena conferito a Ernaux ce lo conferma. Credo che noi scrittrici contemporanee godiamo i frutti delle lotte di altre prima di noi, quelle che, per esempio, stanno lottando in Iran anche per il futuro delle altre.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
È una domanda davvero enorme. Rispondo in maniera semplice: la libertà. La libertà che è il lusso degli emarginati. Libertà di stile, di rovesciare il canone e introdurre nelle letterature contenuti fino a quel momento inediti.
GIULIA CAMINITO (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Ci sono scritture di donne molto diverse tra loro. Mi sembra si stia sperimentando e che ora la scrittura delle donne goda di maggiore rilievo e attenzione rispetto al passato, se pensiamo alla seconda metà del Novecento.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Di certo torna lo sguardo sulla condizione delle donne stesse, l’evoluzione delle donne nella società, il cambiamento del ruolo familiare, i temi della maternità, della gestazione, della crescita dei figli, ma anche le amicizie e le sorellanze, il recupero di figure di donne del passato da parte di altre donne del presente, la voglia di mettere in dubbio tutti gli stereotipi possibili circa le donne e le loro vite, l’impatto che i social media e i nuovi lavori legati alle tecnologie stanno avendo nelle esistenze delle donne, come è cambiato il lavoro di cura esercitato dalle donne, come vengono considerate le donne non più giovani ai giorni d’oggi, il rapporto col corpo e la sessualità, il peso della violenza sui corpi delle donne, le nuove frontiere della non binarietà, il valore delle donne afrodiscendenti nel dibattito sul contemporaneo. Questi solo alcuni dei molti spunti che ritrovo.
ISABELLA CESARINI (intervista integrale qui)
Donne che narrano di donne. Tra le esponenti del passato, quali sono quelle che ha metaforicamente incontrato?
Ho incontrato creature investite di grande genio e al contempo fiaccate da imperscrutabili fragilità. La creatività tende a stringere legami intimi con quelle che siamo soliti considerare debolezze. I due stati – genio e fragilità – non solo vivono la corrispondenza, ma si alimentano a vicenda. La mia ricerca corre nel verso del permeabile, sovente nell’eccesso di permeabilità all’esistenza che tali creature mostrano scrivendo, dipingendo, fotografando, poetando. E in tale eccedenza gemica l’opera. Sono incontri che prendono a costruirsi su un particolare, crescono nella ricerca e si concludono nella costruzione di un ritratto. Lo studio parte da un dettaglio biografico per giungere all’opera. Alcuni nomi: Françoise Sagan mi prese con un numero, l’otto giocato sulla roulette del casinò di Deauville, dove vinse ottantamila franchi e la mattina dell’8 agosto acquistò il maniero di Breuil a Equemauville. Un numero dunque, un otto che, sdraiato o steso, diventa il segno dell’infinito, l’infinito della sua fortuna e l’infinito del tempo che impiegò per scontarla: una vita intera per scontare la fortuna.
Diane Arbus mi presentò i fenomeni da baraccone in veste di aristocratici e segnò la storia della fotografia con il meraviglioso spavento dell’umanità. Clarice Lispector mi mostrò la grande immagine della parola. Ágota Kristóf trafisse il mio sguardo sulla pagina. Maria Schneider mi trascinò sul set, su quell’impietoso set da cui non tornò più indietro. Sylvia Plath mi mise al corrente di una campana di vetro, un luogo di creatività e supplizio. Molte di queste donne, raccontate dai miei saggi, hanno anticipato la loro fine togliendosi la vita, un eccesso di permeabilità che non è riuscito a trovare una diga. Altre hanno vissuto ad alta quota con il fiato spezzato da un whisky o da una sostanza. Con il piede sull’acceleratore, lo sguardo su un orizzonte mancato, l’esistenza di queste artiste non si è mai disgiunta dall’opera e in questo tratto ho trovato la spinta per scriverne, avvertendo spesso la curiosa sensazione che dietro la mia penna ci fossero presenze munite di macchine fotografiche, tele, pennelli, stilografiche e lampade a petrolio.
GIULIA CIARAPICA (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea annovera tante scrittrici. Allo stesso tempo però si dice che ricevono pochi premi e faticano per emergere. Come vede l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Penso che negli ultimi anni le cose stiano cambiando in meglio. C’è più consapevolezza, più tenacia, e le donne stesse credono di più nelle loro enormi capacità. È vero che di strada ne dobbiamo ancora fare, e tanta, ma il punto a cui siamo arrivati mi sembra quantomeno significativo.
FLORA FUSARELLI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione.Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Fortunatamente la letteratura al femminile si sta espandendo, diffondendo nel panorama internazionale. Se ne parla oltretutto in modo più frequente rispetto al passato ponendo spesso l’accento sui temi caldi che le scrittrici trattano più spesso. Naturalmente lo svantaggio iniziale è notevole per cui c’è ancora un po’ di strada da fare.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili.Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Il fil rouge che accomuna le scelte stilistiche e tematiche della letteratura al femminile è proprio la femminilità intesa come estrema sensibilità e competenza verso temi specifici. Basti pensare al tema della maternità!
FEDERICA IACOELLI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è lo status della letteratura esperìta da donne, e in particolare della scrittura drammaturgica, ai nostri giorni?
Scritture di donne ne leggo da sempre e in abbondanza, anche perché spesso, quando il mio lavoro è o è stato collettivo, è stato ed è in gruppo con altre donne. E dicendo ‘letterate’ penso non solo alle scrittrici vere di finzione, le romanziere, le narratrici, le poetesse, ma anche alle studiose, alle saggiste, alle traduttrici, alle curatrici, così come a certe sceneggiatrici e drammaturghe e attrici-autrici. Dai miei venticinque anni a oggi, nei vent’anni del nuovo millennio, ho visto certamente cambiare il peso pubblico delle presenze femminili nella letteratura e non solo. Nei primi anni zero la situazione mi sembrava ancora quella di fine secolo scorso, per cui una rivista dedicata alle scritture femminili passate e contemporanee come «Leggere Donna», che scoprivo da adolescente negli anfratti di una libreria napoletana oggi scomparsa, poteva figurare al pari di una lettura letteraria clandestina o comunque di nicchia. Negli ultimi anni invece, tra il secondo e il terzo decennio del Duemila, l’attenzione alle donne come intellettuali e artiste è cresciuta e si è diffusa a livello popolare anche a partire dalla conquistata consapevolezza di una storia di disparità e diversità culturale e di genere. Però, al di là di quanto emerge pubblicamente, a me pare che sotterraneo, invisibile, il brulicare delle letterate sia sempre esistito. E se è vero che la rilevanza pubblica implica la possibilità di un potere, è vero anche che lo sguardo delle letterate in tempi più o meno recenti è stato quello del margine, dell’altrove, del differente, di chi insomma il potere lo osservava da lontano, di sbieco, in contrasto. Certo in questa acquisizione di potere, se davvero è tale, da parte delle cosiddette letterate, scorgo di tanto in tanto il nascere di una rete di confronto, di scambio, a volte di solidarietà. E però insieme, di tanto in tanto, vedo anche il pericolo che col potere lo sguardo si offuschi, si corrompa, non resti libero e divergente come sempre lo sguardo di un letterato, uomo o donna che sia, dovrebbe rimanere. Quanto allo specifico della scrittura drammaturgica, valgono in generale le cose dette sopra, con in più il privilegio della lettura di autrici (e autori) italiani e stranieri meno noti dall’osservatorio che mi offre, da due anni a questa parte, il ruolo di direttrice e curatrice di una piccola collana di letteratura teatrale per giovani lettori. In questa ricerca, le letterate sono per me soprattutto le traduttrici, che hanno un ruolo fondamentale nel far circolare testi altrimenti nascosti, come quelli delle giovani drammaturghe russe contemporanee, o delle sceneggiatrici maltesi, o delle autrici teatrali cubane: le prime molto legate al racconto degli orrori della guerra, le seconde all’incontro con l’adolescenza e al multilinguismo, le terze a una grande conoscenza anche teorica degli strumenti del linguaggio teatrale in relazione al pubblico di bambini e ragazzi.
Le autrici di opere letterarie e artistiche sono sempre state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime, anche nello specifico della scrittura drammaturgica?
Un filo rosso in questo senso faccio fatica a scorgerlo, devo ammetterlo, al di fuori di quegli elementi, tutto sommato esterni, a cui facevo riferimento nelle risposte precedenti. Non a caso mi sono interessata alla letteratura delle donne in quanto donne tra i miei quindici e vent’anni, in un momento di ricerca identitaria in cui comunque già leggevo da una parte Elsa Morante, Lalla Romano, Simone de Beauvoir, Luce d’Eramo, Bette Bao Lord, Margaret Mitchell, Astrid Lindgren, George Sand, e dall’altra comunque e sempre anche Alberto Moravia, Carlo Cassola, Sergio Corazzini, Carlo Sgorlon, Giorgio Bassani, William Styron, Stendhal, Balzac, Hugo (tutte e tutti citati in ordine sparso!)... Ho sempre in mente una dichiarazione di Natalia Ginzburg che, interpellata in un’intervista sulla peculiarità della scrittura femminile, rispondeva che quando si scrive, quando si crea, si è uomini e donne nello stesso tempo: un’osservazione che va incontro agli studi psico-socio-analitici sulla bisessualità dell’artista, e che getta una luce più sfumata e vera sui personaggi femminili della stessa Natalia Ginzburg, così lontani da una certa idea di emancipazione del femminile ma insieme così vibranti, struggenti. Proprio pensando ai personaggi, penso anche a un possibile, per quanto labile, filo rosso tra le diverse e spesso distanti unicità di letterate e artiste: il filo delle personagge, per dirla con un neologismo molto recente. Mi pare, infatti, che le scrittrici di letteratura, di poesia, di teatro, di cinema, abbiano dato e diano vita più costantemente a personaggi femminili originali, sfaccettati, a volte indimenticabili. E c’è anche qualcuno, come la scrittrice Alessandra Sarchi nel podcast Vive! scritto per l’attrice Federica Fracassi, che fa rivivere ‘donne’ nate dalla penna di scrittori uomini dando loro un destino nuovo che sia meno punitivo, meno oscuro, meno inconsapevole, a volte meno ingiusto.
CRISTINA MARCONI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Nel panorama italiano le voci femminili sono particolarmente forti al momento e questo genera in me una certa euforia. Anche se in generale non mi piace fare troppe distinzioni tra libri scritti da donne e libri scritti da uomini, era veramente ora che certi temi si facessero avanti con più prepotenza. Da Elena Ferrante in poi sto notando un bisogno di ripercorrere la condizione femminile degli ultimi decenni sotto una luce diversa, più analitica, spesso autobiografica, e questo è importante in un paese come l’Italia, in cui la forza intellettuale delle donne ha fatto fatica negli anni a trasformarsi in un reale potere femminile. Le donne sono grandi lettrici, è a loro che il mercato spesso si rivolge, ma a differenza che nel mondo anglosassone in cui ho vissuto per più di un decennio qui prevale la ricerca di storie forti, scritte bene, senza quella leggerezza tipica della letteratura di consumo. C’è un grande bisogno di immedesimarsi, di cercare personaggi incisivi, eroine molto reali, forse per compensare il fatto che la politica e la società faticano, per usare un eufemismo, a riflettere in modo adeguato le esigenze delle donne. La letteratura almeno ci prova e nel frattempo offre modelli, consola, interroga delle strutture che stanno saltando molto velocemente. Ultimamente giro molto nelle scuole e noto che stanno cambiando tante cose rispetto a qualche anno fa: le bambine di dieci anni alzano sempre la mano per prime e di principesse non ne vogliono sapere.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Le scrittrici sono tuttora sensibili a tutto questo, ci mancherebbe! Io provo una grande tenerezza verso i femminismi imperfetti, l’apporto che ciascuna è in grado di dare a quella che vedo come una vera e propria lotta, anche se il problema è il passaggio alla politica, dove invece vorrei un femminismo un po’ meno imperfetto. Tornando alla sfera letteraria, come dicevo prima secondo me il fil rouge sta nella rivisitazione del passato recente, personale o collettivo, alla ricerca dell’elemento sfuggito, del momento in cui le cose sarebbero potute andare diversamente oppure del punto di forza nascosto, quello da cui ripartire.
STEFANIA MAZZONE (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Interessante notare come la scrittura femminile abbia avuto, dalla fine degli anni Novanta del Novecento, un nuovo slancio demistificatore degli stili e delle topografie che avevano dominato quell’universo in discussione già dagli anni Sessanta. Assistiamo a una fortissima delocalizzazione della produzione femminile che dal tradizionale contesto famigliare o politicamente rivendicazionista dell’Occidente si sposta all’impoliticità nomade dei percorsi orientali, mediorientali, postcoloniali. È il caso, per esempio, della Cina, dove emerge una letteratura al femminile totalmente priva di stereotipi novecenteschi, disinibita e altrove di fronte alla sfida della modernità e del liberismo economico. L’Oriente, medio ed estremo, vive un’accelerazione delle sue trasformazioni interne e significanti, dalle contraddizioni profonde tra tradizione e postmodernità che nella neutralizzazione delle differenze produce specchi autoriflettenti. Una letteratura «intimista», dell’«io assoluto», in contrapposizione al genere legato all’ideologia. Scrittrici come Hong Ying, Lin Bai, Xu Xiaobin sono interpreti della scrittura del privato, i cui temi intimi e borghesi si meticciano col genere satirico, materialistico, urbano. E ancora erotismo, privato e intersezioni femminili caratterizzano le scrittrici israeliane che rappresentano continuità e discontinuità di genere con i tre grandi autori classici quali Yeoshua, Oz, Grossman. Si tratta di Zeruya Shalev, biblista e raffinata narratrice di vissuti senza veli, Avirama Golan, redattrice e giornalista di punta sui quotidiani «Davar» e «Haaretz», conduttrice televisiva di una trasmissione letteraria. I suoi Corvi racconta l’impossibilità del ritrovamento del nido per una bambina che osservando i corvi capisce gli adulti, con scrittura solida, dai riferimenti ebraici. Né da meno è la genialità di Sara Shilo che attraverso l’ironia smonta e rimonta relazioni, nuclei monocefali, famiglie allargate, in una narrazione del sé e dell’altro.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Molto difficile ridurre a unità un universo che, per definizione, è moltitudinario e nomadico. Proprio questa caratteristica, insieme alla plurivocità, l’incoerenza, l’esodo, il meticciato, rende la letteratura, letteratura femminile.
VALENTINA MOTTA (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Credo che in questa direzione siano stati compiuti notevoli passi in avanti e che si sia raggiunta una tale autonomia da parte del mondo della scrittura femminile che non si possa quasi neanche più parlare di «letteratura di genere». Oggi non troviamo più solo donne che parlano di donne, ma anche autrici che si confrontano con tematiche storiche, mediche, filosofiche, ecc. Non a caso, io stessa ho deciso di virare verso un soggetto maschile per il mio nuovo libro, Narciso, narcisi e narcisismo, dedicato al bel giovane innamorato di se stesso, che rifiuta l’amore dell’Altro, dando così involontariamente origine al fenomeno del narcisismo. Per quanto riguarda il generale panorama contemporaneo, nonostante la presenza ormai riconosciuta di questa letteratura, l’impressione e l’associazione a un certo carattere di ‘leggerezza’ comunque permane, cosicché anche il ruolo di alcune grandi autrici può essere, purtroppo, ancora ridimensionato da questo pregiudizio.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili.Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Che sia femminista o femminile, la letteratura delle donne nasce dalla sensibilità che è propria di questo mondo e dalla volontà di dare voce a delle anime per troppo tempo rimaste silenziose per mancanza di opportunità o scarsa consapevolezza del proprio valore. Personalmente, mi sento molto vicina alle scrittrici inglesi dell’Ottocento, ma credo che ogni autrice contemporanea si possa rispecchiare nella visione artistica di donne che appartengono ad altre epoche e ad altri territori. Ecco, penso che il fil rouge che unisce tutte queste voci e queste anime sia il desiderio di eternare l’universo femminile nelle sue componenti e nelle battaglie di cui le donne sono state protagoniste.
ILARIA PALOMBA (intervista integrale qui)
Se prendiamo in considerazione la letteratura esperìta da donne, quali scrittrici hanno attirato la sua attenzione?
Tra le donne Veronica Tomassini: il suo Vodka siberiana (autopubblicato) è un diario del tutto singolare, un resoconto lirico del margine, un contatto con la cultura zingara, nel sud del sud, con questa luce calda, e un linguaggio lirico ma immediato. Giovanna Giolla con Vermi ha dato prova di una scrittura dell’attimo, pulsionale, lirica e paratattica; ed è bellissima la contraddizione tra l’emotività sovraesposta della protagonista e la sua ricerca di una pace in un’India che invece è caos. Antonella Rizzo – che meriterebbe ben altra collocazione editoriale –, poeta e scrittrice di rara raffinatezza, di cui ricordo gli ultimi due: Il fazzoletto di stoffa (Kinetès), racconti di donne e di voci, monologhi interiori evocativi e teatrali, e A quelli che non sanno che esiste il vortice (Lavinia Dickinson), silloge gotica, senza mezze misure. Monica Pezzella con Binari (Terrarossa) ha una scrittura tattile, criptica – giocata tutta sul non detto – e ipersensoriale, in questo romanzo breve racconta un amore omosessuale ossessivo. Laura Liberale, originalissima, a tratti pulp, fu la prima credo a scrivere un romanzo sulla performance-art in Italia, Tanatoparty (Meridiano Zero, 2009).
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Non so se sono la persona più indicata per rispondere a questa domanda. Ho letto più scrittori che scrittrici. Per me, indubbiamente, Cristina Campo e Alejandra Pizarink hanno avuto un ruolo, l’una nel verticalismo, l’altra in un surrealismo autodistruttivo, che in qualche modo è una forma di verticalismo. I miei amori letterari sono piuttosto contraddittori, ho amato Simone De Beauvoir e Anaïs Nin, e poi, moltissimo, Emily Brontë, andando a ritroso. Non esiste un fil rouge, sono innamoramenti frammentari, ma in qualche modo mi hanno orientata. Amelia Rosselli, e penso soprattutto a La libellula, a quell’incantatorio dissipa tu, se tu puoi. Un fil rouge, forse, lo si trova se si considera anche lo spazio in cui cerco di muovermi scrivendo, nell’oscillazione tra istintività e ricerca spirituale. Probabilmente nel conflitto tra queste due istanze – e solo nel conflitto, nel non aderire completamente a nessuna delle due – vi è lo spazio della scrittura, la scrittura come doppio di sé, sempre altro da sé.
ANNA PASQUINI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Sì, credo anch’io che esistano autrici davvero illuminate, non solo fra le contemporanee e non propriamente (e non soltanto) relegabili nel cosiddetto «romance». È, infatti, un luogo comune ritenere che le scrittrici donne siano quelle che meglio dei colleghi maschi possano rappresentare i moti dell’anima e le sventure amorose. Fra tutte voglio annoverare una scrittrice che adoro: Patricia Highsmith, grande giallista americana, regina del thriller, molto amata da Andrea Camilleri (dichiarò che fosse l’unica a spaventarlo davvero!), e da cui il grande regista Hitchcock trasse spunto per alcune sue pellicole (e non solo lui).
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Non so se io sia in grado di rispondere in modo esatto e completo a questa domanda, che presuppone da parte mia una conoscenza quasi universale della letteratura contemporanea femminile (magari!), tuttavia è interessante – e ci ho fatto caso anch’io nel tempo – notare che in effetti sì, esiste un fil rouge, che in effetti, parlando forse un poco per luoghi comuni, differisce dalla prosa maschile.
Non vorrei dire banalità (Dio me ne scampi!), ma nei testi scritti da donne ho spesso riscontrato un’indagine più approfondita alle tematiche legate alla maternità e alla sua negazione – sia essa una libera scelta, sia essa una dolorosa perdita. Oltre a un esame a più ampio respiro legato ai temi inerenti al ruolo di donna nella società moderna, alle lotte per un’affermazione che ancora oggi stenta ad arrivare, e se arriva deve fare i conti con credenze retrograde che non accettano uno scollamento da vecchi cliché.
SELENA PASTORINO (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Com’è stato messo in luce dalla riflessione femminista sin dal Novecento, credo che vi sia una potenza nella narrazione di esperienze che ha importanti effetti sul vissuto femminile, permettendo di riappropriarsene e così di decostruire la normatività di genere imperante tuttora nella nostra società. Anche in questo ambito, tuttavia, non basta una firma femminile per far agire questa battaglia emancipatoria: occorre che questa sia stata preliminarmente abbracciata anche dalle scriventi. Aggiungo, per la sua stessa natura di lotta, anche laddove la lotta stessa non è oggetto esplicito della scrittura, non è solo la voce di donne a poter risignificare l’esperienza delle lettrici, ma, come proprio del femminismo intersezionale, di ogni vissuto di autodeterminazione a partire da una marginalizzazione sistemica. Non è mai identico il percorso, ma è condiviso lo sforzo per emanciparsi insieme.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Fatico a orientarmi con competenza in un ambito, quale quello della letteratura, che frequento da lettrice ma che non conosco da esperta. Presumo che si possano impiegare le lenti femministe per scorgere all’interno delle diverse narrazioni la capacità di posizionarsi in modo più o meno consapevole e più o meno esplicito in questo spettro di lotta. Laddove la condivisione del vissuto è autentica, ancorché finzionale, credo si possa scorgere una messa in opera di quel meccanismo che provavo a delineare sopra e che consiste sul lato della scrittura nella restituzione di una voce a chi è stato tacitato e a cosa della sua esperienza non ha potuto trovare spazio di espressione.
ROMANA PETRI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Vorrei tanto che tutto questo scomparisse. Sarebbe il primo vero passo in avanti. Niente generi letterari, solo buona o cattiva letteratura. Parlare di letteratura delle donne è un ghetto dal quale sarà sempre più difficile uscire. Non si è mai parlato di letteratura al maschile. Non ce ne è mai stato bisogno. Le donne, invece, hanno dovuto usare questo espediente convinte che sarebbe stato utile per uscire dalle pareti di casa. Non è stato così. Letteratura e basta. Senza sesso. Questo dovrebbe essere il punto di arrivo.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Jane Austen e le sorelle Brontë hanno cominciato a scrivere usando nomi maschili. La dice lunga. E io credo che sia ancora così. All’epoca per poter essere pubblicate, oggi per essere tenute in maggior considerazione. Credo dunque che questo fil rouge, se mai dovesse esserci (ma io spero tanto che ogni scrittrice abbia il suo) sia quello del riscatto in un mondo nato e fatto per gli uomini. C’è ancora molta strada da fare. Da Simone Weil a Hanna Arendt, da Simone de Beauvoir a Dacia Maraini, il vero filo rosso è sempre stato quello di riuscire a far sentire anche la nostra voce.
ANNA ROLLANDO (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Temo che lo status attuale della letteratura esperita dalle donne segua l’andamento di ciascuna arte declinata al femminile: ancora tante ineguaglianze, molta strada fatta, moltissima da fare. Ma forse per quanto riguarda la letteratura le donne hanno fatto qualche passo avanti in più.
Non conosco con precisione lo stato della Letteratura femminile contemporanea, ma posso in questo caso parlare da lettrice: ad essere sinceri, guardo ancora a Virginia Wolf come a un faro nella notte, una figura che ha illuminato il cammino di tante artiste sue coeve e di tutte quelle venute dopo di lei, creando consapevolezza e offrendo potenti spunti di riflessione a donne e uomini. Per fortuna le grandi scrittrici sono davvero tante: Nadine Gordimer, Toni Morrison, Selma Lagerlof, Doris Lessing, Wisława Szymborska ad esempio sono solo alcune delle donne premi Nobel per la letteratura in questi ultimi decenni.
Le mie autrici italiane di riferimento, invece, sono quelle della generazione a me precedente, quelle che hanno fatto la storia e creato le premesse della cultura letteraria di oggi: Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Sibilla Aleramo, Grazia Deledda – il nostro unico Nobel per la Letteratura al femminile – Goliarda Sapienza, Dacia Maraini. Le grandi donne del passato non tanto lontano che purtroppo appaiono ancora in minor quantità rispetto ai colleghi uomini nelle antologie scolastiche ma che hanno offerto il loro esempio a innumerevoli giovani scrittrici e la loro arte a tutti noi.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Come già ho detto relativamente alle donne nella musica, a mio avviso il fil rouge che collega le artiste non è di natura ideologica o artistica – nel senso che il loro operato si svolge negli anni, in periodi molto differenti, in contesti e realtà dissimili- ma forse piuttosto si può trovare nel percorso personale. Forse – e ripeto forse – molte delle donne che sono arrivate alla ribalta nel mondo della letteratura nei secoli hanno dovuto infrangere il tabù della presunta incapacità femminile di produrre opere d’arte: e vale sia per la letteratura che per la musica, o qualunque altra forma d’arte.
Un possibile fil rouge potrebbe ritrovarsi nel possesso di una qualche forma di ‘potere’ da parte di tutte quelle donne che sono riuscite a infrangere il tabù che le avrebbe volute dedite solo alla vita domestica: che fosse intellettuale, politico-religioso o economico, il potere di cui erano in possesso dava loro la possibilità di accedere al mondo della cultura e forniva la visibilità necessaria per fare di una passione un mestiere vero e proprio.
Scrittrici potenti e presenti da sempre, ma la cui presenza è stata rimossa deliberatamente: in Italia, ad esempio, alla fine del 1800 grazie all’istruzione obbligatoria molte più donne cominciano a scrivere in modo professionale. Come diceva Virginia Wolf, per potersi dedicare alla propria arte è necessario avere un reddito adeguato, accesso alla cultura e «una stanza tutta per sé» in cui potersi concentrare senza doversi preoccupare magari della casa e della famiglia. Aggiungerei inoltre che le ‘molteplici anime della letteratura declinata al femminile’ hanno dovuto tutte combattere per trovare la propria dimensione personale, sia umana che artistica. Pur di essere accettate in un contesto che tendeva a escluderle, hanno talvolta cercato di prenderne le fattezze, tentando di somigliare a modelli maschili. Qualcuna ha scelto di scrivere con uno pseudonimo maschile, qualche altra addirittura in forma anonima pur di pubblicare e di non dovere sottostare a un giudizio pieno di preconcetti che avrebbe valutato il genere e non la reale competenza. Del resto, fino a non molto tempo fa le persone che avevano la possibilità di valutare – e quindi stroncare o esaltare – la scrittura femminile sono sempre stati uomini.
Aggiungerei anche che ancora oggi sentiamo parlare di «letteratura femminile» quando si parla di donne, e di «letteratura e basta» quando si parla di uomini: eppure le lettrici sono l’80% rispetto ai lettori maschi, e leggono comunque opere scritte da uomini.
Soprattutto in un paese sessista come l’Italia, il punto di vista maschile è considerato qualitativamente più alto, e nasce dall’idea di una presunta neutralità della scrittura maschile propagandata come universale, mentre invece quella femminile è parziale: quasi l’uomo non scrivesse da una prospettiva maschile ma neutra, mentre le storie di donne non contengono in sé valore universale.
Il problema non è realmente, a mio avviso, rappresentato da una reale differenza qualitativa e oggettiva, ma dalla percezione che la società ha di tale differenza. Gli argomenti sarebbero molti e davvero complessi, ma in primis, secondo me, sarebbe forse necessario rivedere con occhio critico il passato, recuperando la rappresentazione del reale fatta dalle donne, traendo forza dalle relative differenze sempre nel rispetto reciproco, per costruire il nostro futuro, donne e uomini insieme.
LELLA SEMINERIO (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Le donne scrittrici occidentali oggigiorno sono riuscite a conquistare generi ritenuti da sempre appannaggio del sesso maschile e sono state capaci e determinate – a dispetto dei contesti patriarcali nelle quali erano recinte – a ritagliarsi una fetta importante di pubblico nel panorama letterario contemporaneo. Questo grazie al momento storico propizio che l’Occidente del mondo sta vivendo (e con tale definizione intendo includere la gran parte del mondo a nord dell’equatore) che permette alle donne scrittrici di aver riconosciuta la giusta valenza, la considerazione e l’apprezzamento che merita il loro talento. Tanto da poter dire che nell’epoca attuale non esiste una letteratura femminile e una maschile, non una più sensibile, né una più profonda. Tutt’altro discorso ha da farsi per le realtà a sud del mondo dove le donne soffrono discriminazioni di genere ben più gravi e profonde. Eppure anche lì abbiamo esempi di alta letteratura femminile dove il talento delle donne riesce comunque e sempre a emergere. Un classico riferimento può essere quello fatto a Joumana Haddad o Azar Nafisi.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Se dovessimo analizzare il contesto della letteratura femminile in un’ottica generale, penso sia complesso, e forse anche a tratti pretenzioso, compiere la missione di trovare un legame tra tutte le straordinarie personalità che si distinguono nel panorama letterario mondiale. Ogni donna, infatti, ritengo che comprenda in sé un immenso universo fatto di meravigliose unicità, e volerle categorizzare sotto un’unica etichetta sarebbe come voler tentare di racchiudere il mare in un barattolo. Tuttavia sono sicura che ogni donna scrittrice condivida un sentimento a cui, prima o poi durante la sua vita, abbia fatto appello, e in nome del quale abbia lottato più o meno duramente: il coraggio. È questo sentimento che sono sicura possa essere un unico filo che si intreccia alle loro anime e che permette a tutte di sentirsi più vicine.
ORSOLA SEVERINI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Credo che le autrici abbiano una grande responsabilità nel momento storico attuale. Assistiamo, infatti, a importanti dibattiti in cui il femminile è al centro di diverse istanze. In particolare, credo che stiamo dando vita a un femminismo rinnovato in cui non esiste un solo modello di donna, ma tanti modi di affermare i propri diritti purché sia nel rispetto, nella libera scelta e nell’autodeterminazione delle donne. Soprattutto è importante riappropriarsi della narrazione del corpo femminile, inteso non come oggetto sessuale del maschio, ma corpo umano del quale svelare tabù e misteri arcaici.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Fino a non molto tempo fa, scrivere per una donna era un atto di ribellione. Forse è proprio questo che accomuna le scrittrici. Attraverso la loro scrittura compiono un atto rivoluzionario. Benché in epoche, contesti e culture diversissimi, autrici come George Sand, Colette, Simone De Beauvoir, Virginia Woolf, Elsa Morante o Oriana Fallaci si sono battute perché la loro voce avesse diritto di cittadinanza nel dibattito culturale. Le loro opere non hanno solo permesso l’affermarsi dei diritti delle donne, ma hanno anche portato uno sguardo unico e inedito sul mondo maschile che è primordiale per la società tutta.
ORNELLA SPAGNULO (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Mi sembra che negli ultimi anni alle donne sia dato più posto che in passato, e questo è giusto. Pensiamo a Dacia Maraini e Patrizia Cavalli, ma anche, tra le più giovani, a Chiara Gamberale, Silvia Avallone… qualcosa inizia a muoversi, le donne non sono più ai margini ma non hanno neanche tutto il posto che dovrebbero avere. Siamo in un’epoca di transizione, in letteratura, dal maschilismo alla parità.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Più di uno: il primo che mi viene in mente è l’amore, il secondo – la casa, il terzo – il corpo. Non penso sia un pregiudizio rintracciare dei temi più diffusi tra le donne rispetto agli uomini. È come quando si studiano e si comparano le letterature di paesi differenti. Ognuno ha le sue caratteristiche. È come quando si dice che i neri ballano meglio dei bianchi. Hanno un senso del ritmo che a noi manca. Perché non si può dire? È un pregiudizio? A ogni modo, se penso a un libro che racchiuda i temi femminili, penso alla Casa degli spiriti di Isabel Allende. Un romanzo spettacolare, che rimarrà nella storia della letteratura mondiale.
NADIA TERRANOVA (intervista integrale qui)
Dalla sua angolatura, come viene vista oggigiorno in Italia la letteratura scritta da donne?
Resta sicuramente, per le donne, un problema di riconoscimento legato per esempio ai premi. Le donne scrivono romanzi di assoluto valore e spesso di avanguardia, negli ultimi anni mi sono molto concentrata sulla letteratura scritta dalle donne sia in Italia che all’estero e sarebbe errato ricondurla a un solo contenitore «al femminile» perché è davvero composita e varia.
VERONICA TOMASSINI (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperita da donne?
Lo status attuale lo conosco male, evito storie ombelicali e interni borghesi, se mi è possibile, la tendenza è un po’ questa, cosa bisogna raccontare d’altronde se non la vita. E se la tua vita è giustamente connotata di buone maniere, consuetudini, uniformità, non so come spiegare, be’, allora è un po’ un problema. Ritengo tuttavia che perlopiù non esista una letteratura femminile, né una donna che scrive. Esiste uno spirito bifronte, immagino qualcosa di millenario, che si replica di secolo in secolo, assumendo ogni volta un nome, un corpo, uomo o donna. Viola Di Grado, Ilaria Palomba, Cristina Caloni, cito loro, giovanissime isole di questa letteratura contemporanea. Per il resto, mi sembra che un’affezione riverente a certi criteri come la conformità abbia pagato un prezzo molto alto nel genio, imprescindibile e di ognuno.
Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Azzardo, non ne son sicura. Forse le donne hanno raccontato con uno spirito implume e tragico il medesimo quesito che attiene all’amore. Non c’è altro, a pensarci bene. Questo fuoco le contraddistingue, in qualche modo.
CARMEN TRIGIANTE (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Oggi, sembra dato per scontato, quasi fuori moda, parlare di femminile, in ogni campo. È come se la donna avesse raggiunto tutto ciò che poteva sperare e dovesse tenersi stretto lo scettro al quale poteva ambire. Sembra quasi che parlare di temi legati al femminile sia diventato un cliché, capace di sconfinare nel banale, o, peggio, nel saccente. È come se ci si sia stancati di questa battaglia e le ultime guerriere debbano calibrare bene i fucili, prima di fare fuoco. I fucili sono le parole, quelle che incidono sulla carta il sangue gettato da generazioni di donne, in uno stillicidio che giunge ai nostri giorni. Non sono d’accordo con il tentativo di edulcorare il problema, di tradurlo in sordina, per relegarlo in un angolo, dal quale esso può urlare «Presente!» all’appello, ma senza dar troppo fastidio. Accade nel mondo del lavoro, accade nella letteratura, laddove si citano temi importanti, senza però addentarli, sbranarli, per paura di quel politically correct che va tanto di moda.
Sullo status della letteratura contemporanea, direi che ci sono sempre, come in ogni epoca, quelle onde anomale che travolgono tutto con la propria forza e portano nuova linfa. Se parliamo di bestseller, possiamo citare il caso della Ferrante, che, usando le parole del The Wall Street Journal, «dimostra profonda comprensione nei confronti dei conflitti e degli stati psicologici dei suoi personaggi».
Oppure di Cristina Caboni, con La rilegatrice di storie perdute, che ci riporta al primo Ottocento, quando alle donne era proibito esercitare la professione di rilegatrice, affrontando il problema delle donne che lottano per la propria indipendenza. Abbiamo poi, soprattutto nella letteratura di nicchia, autrici di straordinaria bravura, spesso anche autoprodotte, che non temono il confronto con le ‘linee editoriali’ e perciò sono capaci di portare nuova linfa al mondo della cultura. Potrei citare la talentuosa Roberta Mezzabarba o la blogger Patrizia Zito, che ho avuto modo di conoscere personalmente e che toccano temi radicali, con spregiudicata franchezza.
Dato che il confine dell’arte travalica quello delle vite umane, e qualche anno non può fare differenza nell’immenso scenario della comunione di intenti, vorrei citare colei che, secondo me, è riuscita a racchiudere in un solo libro il dramma di essere donna, nel dibattuto scontro tra maternità, aborto, bisogno di emancipazione: Oriana Fallaci, con l’indimenticabile Lettera a un bambino mai nato. Tra le pagine struggenti, si coglie tutto il disagio di un mondo femminile mai pienamente accreditato e succube di una mentalità dura a morire. L’identificazione donna/mamma è insita in primis nelle donne, instillata da una società che non ha alcun interesse a concederci la giusta emancipazione.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie e visioni del mondo; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Direi che la sensibilità verso il dramma di vivere è presente nelle autrici su menzionate, ma anche in tante altre. Ciò che fa grande una scrittrice è la capacità di scavare nei propri personaggi, di presentarli ‘a cuore aperto’, come in un intervento dove il pubblico avrà il bisturi per estirparne la sofferenza e analizzarla, senza temere il giudizio, senza temere di scandalizzare, uscendo da quei confini che sono stati stabiliti come leciti, ed entro i quali la massa si muove, per non venire additata. Destino di un pensatore/pensatrice è quello di essere additato. È sempre stato così, e così continuerà a essere: il pensiero porta all’innovazione, e fa paura. Siamo già fortunati rispetto a Giordano Bruno sugli esiti di questi attacchi conservatori.
FRANCESCA VALENTE (intervista integrale qui)
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Forse non si parlerà più di «letteratura (al) femminile» quando alle autrici e agli autori sarà dato uguale spazio – e peso (anzi, mi chiedo perché ci troviamo ancora nella condizione di attendere che qualcuno lo dia, il peso alle scrittrici). Ancora si sentono dire frasi come «sembra scritto da un uomo» (di solito intendendo che quel tale libro di un’autrice è bello) o «non leggo scrittrici, non mi piacciono». Come si fa a non leggere e amare Strout, Woolf, Tokarczuk, Ernaux, Munroe, O’Brien, Yourcenar e una lista infinita di altre scrittrici fondamentali?
Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
L’intelligenza.
A seguire la terza parte della nostra inchiesta
In precedenza, la prima parte della nostra inchiesta
A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone
(n. 6, giugno 2022, anno XII)
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