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Lella Seminerio: «Il coraggio, il filo rosso che si intreccia alle anime delle donne scrittrici»
Ospite della serie Femminile plurale è la scrittrice catanese Lella Seminerio la quale, con la sua penna arguta e vivace, combatte con forza la violenza sulle donne. Appassionata da sempre di letteratura, svolge un lavoro diretto di ricerca delle tradizioni siciliane, orientando in particolare la sua attenzione sulla figura femminile. Il suo romanzo d’esordio, La Casa del Mandorlo, è stato candidato tra i dieci testi selezionati al prestigioso premio letterario «Brancati» di Zafferana Etnea 2014. Il libro è stato poi scelto tra i quattro finalisti, risultando anche il testo più votato dalla giuria popolare. Nel dicembre 2015, ha vinto la seconda edizione del premio letterario «Tito Mascali» sezione «autori esordienti», con la seguente motivazione: «Per aver dato una voce in più alle donne». Il 3 giugno 2018 le è stato consegnato il Premio «Donna Siciliana 2018» con la seguente motivazione: «Per la sua arguta arte nello scrivere». Il 2 febbraio 2020 le è stato consegnato il premio «Agata come noi: il coraggio delle donne».
Il suo romanzo Rosso Ulivo (Siké, 2019) ha suscitato notevole interesse nell’ambiente teatrale e cinematografico. Siamo negli anni ’80 e sul treno Catania-Roma prende vita, dai ricordi di un’anziana donna, una drammatica vicenda avvenuta anni prima in uno sperduto paesino della Sicilia montana. Una storia di povertà, soprusi e violenze che una ragazza, Tinuzza, subisce e di una gravidanza frutto di quelle stesse violenze che avrà conseguenze tragiche per i protagonisti delle vicende. Ma anche una tenera e candida storia d’amore tra la stessa Tinuzza e Mimmo, a riscatto di tutte le ingiustizie.
Del suo romanzo e del fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile, nell’intervista che qui pubblichiamo.
La scrittura contemporanea può annoverare letterate illuminate, vere pioniere quanto a innovazione e rispetto della tradizione. Qual è l’attuale status della letteratura esperìta da donne?
Le donne scrittrici occidentali oggigiorno sono riuscite a conquistare generi ritenuti da sempre appannaggio del sesso maschile e sono state capaci e determinate – a dispetto dei contesti patriarcali nelle quali erano recinte – a ritagliarsi una fetta importante di pubblico nel panorama letterario contemporaneo. Questo grazie al momento storico propizio che l’Occidente del mondo sta vivendo (e con tale definizione intendo includere la gran parte del mondo a nord dell’equatore) che permette alle donne scrittrici di aver riconosciuta la giusta valenza, la considerazione e l’apprezzamento che merita il loro talento. Tanto da poter dire che nell’epoca attuale non esiste una letteratura femminile e una maschile, non una più sensibile, né una più profonda. Tutt’altro discorso ha da farsi per le realtà a sud del mondo dove le donne soffrono discriminazioni di genere ben più gravi e profonde. Eppure anche lì abbiamo esempi di alta letteratura femminile dove il talento delle donne riesce comunque e sempre a emergere. Un classico riferimento può essere quello fatto a Joumana Haddad o Azar Nafisi.
Le scrittrici sono e sono state sensibili a diverse ideologie, visioni del mondo, sensibilità politiche e filosofiche; personalità diverse tra loro e spesso assolutamente inconciliabili. Riesce a scorgere un fil rouge che annoda le plurime e molteplici anime della letteratura declinata al femminile?
Se dovessimo analizzare il contesto della letteratura femminile in un’ottica generale, penso sia complesso, e forse anche a tratti pretenzioso, compiere la missione di trovare un legame tra tutte le straordinarie personalità che si distinguono nel panorama letterario mondiale. Ogni donna, infatti, ritengo che comprenda in sé un immenso universo fatto di meravigliose unicità, e volerle categorizzare sotto un’unica etichetta sarebbe come voler tentare di racchiudere il mare in un barattolo. Tuttavia sono sicura che ogni donna scrittrice condivida un sentimento a cui, prima o poi durante la sua vita, abbia fatto appello, e in nome del quale abbia lottato più o meno duramente: il coraggio. È questo sentimento che sono sicura possa essere un unico filo che si intreccia alle loro anime e che permette a tutte di sentirsi più vicine.
Taluni reputano che la Letteratura non prescinda dal tempo per interpretare semplicemente lo spirito della Storia universale e che, ciononostante, essa sia congiunta alla finalità delle mode ed a qualsivoglia ambito del gusto. Quali direzioni, mete o deviazioni vede attualmente caratterizzare il panorama letterario italiano e internazionale? Quali potrebbero essere il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare propedeuticamente una riflessione: viviamo strettamente interconnessi, in un mondo molto veloce. In tale contesto non abbiamo più bisogno di leggere un libro per aggiornarci, ma abbiamo ancora bisogno di leggere un libro per sentirci vicini, gli uni agli altri. I media attuali rimangono capacissimi di descrivere qualsiasi accadimento stia avvenendo in qualunque parte del mondo si stia consumando, ma procedono filtrando tutti i loro racconti sotto il setaccio del sensazionalismo. È avvincente, sì, ma è violento – nella sua potenza e nel suo impatto al pubblico – ed esasperante. La letteratura di oggi non progredisce più per mode e trend, e sentirne parlare nel XXI secolo fa tornare in mente a costrizioni della vecchia moda. Posso capire che categorizzare permetta di rendere familiari, standard e di facile comprensione i libri; posso anche comprendere che permetta una vendita e un marketing più efficace e semplice. Ma la letteratura è un’altra cosa. Non si muove per masse uniformate, né va avanti per generi. E oggi più che mai abbiamo bisogno di unirci ai sentimenti di chi vive esperienze tanto lontane dalle nostre, in luoghi e in periodi tanto distanti, o esperienze vicine a quelle che facciamo o abbiamo fatto, in posti e in tempi che padroneggiamo. Non importa che siano gialli, noir, romantici o storici, abbiamo bisogno che esistano libri in grado di saperci parlare.
In Rosso ulivo, il percorso della protagonista, Tinuzza, si dipana anche a ritroso nel tempo; si serve di ricordi ingialliti e via via emergenti. La sua personale indagine adopera flashback che compongono un puzzle di notevole suspense. Quale valore attribuisce all’elemento della ‘memoria’ nella sua produzione? Si possono davvero chiudere i conti con il passato?
La memoria è fondamentale. Non solo nell’economia del racconto ma anche nella nostra vita. La memoria è il fulcro attorno al quale ruota il presente, è essa stessa maestra del presente, ci insegna a dipanare le matasse odierne sia personali che sociali, ci permette di confrontare il passato con il presente. La memoria misura la distanza tra quello che è stato e quello che è, misura i passi in avanti nello sviluppo di una parità di genere (non ancora raggiunta) o nella sostenibilità ambientale, per esempio; i metri percorsi per evolverci come individui, come esseri umani; il cammino verso una coscienza più profonda di noi stessi. Con la memoria i ricordi vengono mantenuti presenti alla nostra coscienza e ci assicurano identità, e continuità. Se non avessimo memoria, non sapremmo chi siamo.
Non credo si possano mai chiudere definitivamente i conti col passato, perché la memoria ci riporta a quanto accaduto. Ed è importante che sia così, poiché i segni e i ricordi lasciati nella nostra storia personale, se siamo attenti nell’ascolto del nostro io, spesso sono capaci di guidarci nelle scelte del presente.
Il suo racconto rievoca una drammatica vicenda avvenuta anni prima in uno sperduto paesino della Sicilia montana. Lei fa riferimento alle piccole increspature dell’anima. Le crepe possono essere foriere di benefici interiori, quantunque le ferite?
Prima di tutto tengo a precisare che la drammatica vicenda raccontata nel mio romanzo è tratta da una storia realmente accaduta. Io penso che i solchi di un’anima segnata rimangano cicatrici interiori che si intrecciano nel cammino della nostra vita, iniziano a far parte di noi sin da subito e si incollano al nostro destino. Sta a noi trovare in noi stessi la capacità di comprendere tali crepe e coltivarle con amore, per trarre le migliori lezioni da poter imparare. Perché le cicatrici vanno curate bene, altrimenti si rischia che un evento possa riaprire le ferite con maggiore dolore. L’unica cura efficace è la consapevolezza di ciò che è accaduto senza più nasconderlo o negarlo perché significherebbe allontanarsi dall’obiettivo insito in ciascuno di noi di raggiungere e vivere una vita serena e felice.
L’ascolto interiore dalle sue righe pare configurarsi come elemento focale per la riscoperta dell'amore verso se stessi. Come si coniuga con la fatica del quotidiano?
Lavorandoci. C’è bisogno di impegno e di costanza, non solo di tempo. Bisogna anche sviluppare la capacità di ascoltarsi. Chiaramente nel racconto i personaggi sono impegnati nelle attività quotidiane primarie e non hanno né la cultura, né il tempo, né la consapevolezza di dover approfondire la conoscenza di sé per migliorare il proprio io e il proprio stato d’animo. Purtroppo, tale era la condizione del popolo contadino. Oggi esiste una netta e profonda differenza con il passato. Oggi siamo chiamati a essere molto più attenti ai nostri bisogni, ai nostri desideri, ai nostri valori. Viviamo, inoltre, circondati in un mondo che ci stimola costantemente e ci porta a interrogarci (a volte anche in maniera estenuante) su noi stessi. Siamo portati a metterci in discussione costantemente. Dobbiamo però imparare a placare questa velocità anche di pensiero per riuscire ad ascoltarci più serenamente. Insomma, tanti passi si sono fatti verso una maggiore consapevolezza del proprio io, ma tanta strada deve essere ancora percorsa per imparare ad ascoltarci e ad amarci veramente.
Tinuzza e Mimmo: legami, solitudini, ferite, volti incrociati casualmente. Quale idea ha inteso veicolare delle relazioni interpersonali?
La mia idea principale è solo una: l’amore non ha tempo. Esso è un sentimento che esiste da sempre e quando è puro, come quello che racconto tra Tinuzza e Mimmo, si riconosce e fiorisce anche in una società primitiva e spietata come la società contadina del passato. La storia non è stata volutamente collocata in un preciso momento storico. Potrebbe essere ambientata nel primo dopoguerra come nel secondo o ancora dei primi anni del Novecento. È una storia senza tempo proprio perché l’amore vero, appunto come quello tra i protagonisti, non credo possa avere collocazione storica. Mimmo e Tinuzza sono figli di un mondo dove l’amore è privo di slanci vitali, non ha voce, si manifesta solo con passionalità o brutalità, e dove spesso sfiora la tragedia, la dolorosa rinuncia.
Le sue pagine conservano un’impostazione laica, tuttavia il focus attentivo è puntato sulla spiritualità, vettore di un’umanità positiva. Cosa l’ha indotta a valicare i confini del pudore che protegge, solitamente, l’animo umano, nella fattispecie muliebre?
All’interno del mio romanzo è possibile individuare sia personaggi legati visceralmente alla fede e alla professione della religione cattolica come Palmina, sia figure che non ricercano nessun dialogo religioso, come rappresentazione del mondo che ci circonda tutt’oggi. Al contrario la natura e la sua potenza evocativa è fonte di ispirazione, meditazione e spiritualità. Un romanzo ambientato in un contesto rurale si ritrova immerso in un microcosmo intriso di piccoli miracoli, partendo dal fiore che sboccia sino all’ulivo secolare che vive, resiste e protegge. Quindi non potevo far altro che sottolineare questa connessione spirituale e l’osservanza che hanno i personaggi del tempio natura.
Per ciò che concerne le caratteristiche peculiari delle mie figure femminili, le ho volute connotare come donne reali, donne che quindi possano avere la capacità di fronteggiare le avversità, le circostanze sfavorevoli, gli atteggiamenti e i soprusi maschili. Grazie a una spavalderia e una forza d’animo, a volte celate, a volte palesi ma che, quando gli avvenimenti e le situazioni lo richiedono, riescono sempre a fare emergere.
A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin
(n. 4, aprile 2022, anno XII)
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