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INCHIESTA SCRITTORI ITALOFONI MIGRANTI Nell'ambito dell’inchiesta a cura di Afrodita Cionchin, Andreea Simionel (n. 1996), scrittrice italo-romena, trasferitasi in Italia nel 2007 con la famiglia, ci parla di Male a est (Italo Svevo Edizioni, 2022), il suo primo romanzo, segnalato per il Premio Strega 2023. Vi si «racconta la lacerazione dell’emigrazione» in una «lingua nuova che si misura e combatte con la lingua madre, anche se il romeno ha la stessa radice latina dell’italiano» che per lei, che si considera italofona, resta comunque componente preziosa di sé pur avendo lottato duro per poter scrivere in italiano a livello letterario. Ingrid Beatrice Coman-Prodan: «L’italiano ti danza sotto la penna» Pubblichiamo un’inchiesta esclusiva sulla scrittura migrante romena in Italia, a cura di Afrodita Carmen Cionchin. In apertura, Ingrid Beatrice Coman-Prodan (n. 1971), nota scrittrice che usa l’italiano, l’inglese e il romeno, in Italia dal 1995 al 2019, quando è tornata in Romania. Ha adottato l’italiano per la scrittura, seguendo laboratori di narrativa e di sceneggiatura cinematografica. Ha al suo attivo romanzi, novelle e traduzioni, in cui usa sia l’italiano sia il romeno. «Scrittrice. Penso che basti così» afferma risoluta rispondendo a come si definirebbe.
Irina Ţurcanu: «Mi affascina la questione dell’identica e delle radici» Irina Țurcanu (n. 1984), scrittrice e traduttrice, laureata in Filosofia, vive in Italia dal 2002. Ha lavorato nel giornalismo e come editor per varie case editrici. È autrice di cinque romanzi, di due antologie e di un volume su Emil Cioran. Sulla differenza tra scrittore migrante e stanziale dice: «Lo scrittore migrante ha sperimentato una forma di ‘suicidio’ e di rinascita, che gli permette di appartenere a due culture. Da un lato, ciò lo arricchisce perché è veicolo di due visioni sul mondo. Dall’altro, lo impoverisce poiché fare spazio a un altro implica rinunciare a qualcosa».
Alina Monica Țurlea (n. 1979) è poetessa, traduttrice, pubblicista e consulente editoriale. Risiede in Italia dal 2000 dove si è laureata in Filosofia e in Letteratura, Linguistica e Traduzione alla Sapienza. Accanto a una ricca attività letteraria, presta servizio come consulente tecnica al Tribunale di Roma. «Mi definisco una scrittrice italofona», afferma, «scrivo in italiano da diversi anni e ho cominciato a scrivere in italiano delle poesie. Comunque, l’italiano è la lingua della quotidianità, dei miei pensieri, sogni e, inevitabilmente, è anche la lingua della mia scrittura». Lucia Ileana Pop: «Scrivo di più in romeno perché mi sento più libera» Lucia Ileana Pop (n. 1977) vive ad Ardea (RM) dal 2006. Laureatasi in Lettere ed Etnologia in Romania, in Italia si è specializzata in Scienze dell’Educazione e in Didattica dell’italiano. All’insegnamento affianca anche il suo amore per la poesia essendo autrice di volumi di versi in italiano e romeno usciti in Italia e in Romania. Sul rapporto con l’italiano afferma: «Ho cominciato a scrivere in italiano quando ho sentito più mia la lingua, a pensare anche in questa lingua di adozione, in altre parole ho cominciato a usarla nello scritto quando mi sono sentita più capace di farlo».
Lidia Popa (n. 1964) è poetessa, saggista, narratrice. Vive e lavora a Roma dal 1999. Anima poetica fin da bambina, ha pubblicato sei volumi di versi e sue poesie sono presenti, in italiano o tradotte in numerose lingue, in antologie e riviste letterarie di molti paesi, ottenendo parecchi premi e riconoscimenti. Attiva in molte società e unioni letterarie italiane ed estere, ha fiducia nella scrittura in quanto che può «diventare uno strumento per la cultura di un popolo evoluto e per il risveglio delle coscienze» affinché l’umanità possa vivere in pace e senza patimenti. Lăcrămioara M. Niță: «Scrivere è come una medicina per le anime ferite» Lăcrămioara Maricica Niță (n. 1974) è poetessa e vive in Italia dal 2006. È educatrice per bambini diversamente abili e volontaria presso la Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio. Ha pubblicato tre raccolte di poesie ed è presente in diverse antologie poetiche, finalista in vari concorsi letterari in Italia con altri testi inediti. Di sé dice tout court: «Sonouna scrittrice e basta!» evitando l’etichetta di autrice migrante anche se i suoi «primi scritti appartengono a una donna migrante con il cuore pieno di dor», evoluti poi «in una poesia sociale, seria, matura».
Alexandra Firiță (n. 1956) vive e lavora nell’Oltrepò Pavese dal 2009. Laureata in Romania in Scienze infermieristiche e Psicologia, la passione per la poesia non l’ha mai abbandonata, e debutta nel 1974 in un’antologia poetica da cui poi negli anni sono seguite sette raccolte di versi in romeno e una in italiano, continuando a essere presente in varie antologie italiane e romene. La sua opinione è «che uno scrittore/un poeta è universale, appartiene al mondo, la sua patria è quella della parola con cui si descrive e descrive il mondo» ma senza tradire la propria cultura di origine.
Cristina Stanescu (n. 1970) è giornalista e scrittrice, nata a Milano, da una famiglia romena trasferitasi in Italia negli anni ’60. Laureatasi in Filosofia alla Cattolica, si è specializzata in comunicazioni sociali, e dal 1995 lavora a Mediaset. Alla letteratura ‘migrante’ reputa che non venga dato il giusto spazio perché in Italia la fascia magari interessata è piccola e molto acculturata. Sarebbe utile darle spazio, offrendo così ai lettori la possibilità di conoscerla e apprezzarla. L’ultimo suo romanzo, La linea della vita (Sem, 2022), è un affresco della Romania interbellica. Viorel Boldiş: «Ho radici romene e fare poesia in italiano è un innesto» Viorel Boldiş (n. 1966), giornalista, scrittore, poeta (si definisce il ‘Poeta della Diaspora’ romena), arriva in Italia nel 1995 dove, dopo aver lavorato a Brescia come mediatore culturale, si è man mano imposto come traduttore e prolifico autore di prosa e versi venendo insignito di numerosi premi. «Dalla migrazione all’amore, dal tempo ai temi sociali, dalla solitudine alla spiritualità»: questi sono temi ricorrenti, afferma, nei suoi scritti. Su cosa sia più complesso, scrivere o tradurre, per lui due cose diverse e complementari, ritiene che «bisogna saper scrivere per tradurre». |
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