Alexandra Firiţă: «Scrivere in italiano è una parte di me, è la mia identità ‘italiana’» In questo numero pubblichiamo un’inchiesta esclusiva sulla scrittura migrante romena in Italia, alla quale la nostra rivista dedica una sezione speciale e un database in costante aggiornamento. Abbiamo intervistato nove fra gli autori più attivi del momento, che rappresentano una realtà complessa e variegata: c’è chi scrive solo in italiano e chi scrive e pubblica in entrambe le lingue, c'è anche chi traduce libri romeni in italiano, c’è chi vive in Italia da più di vent’anni e chi è tornato a vivere in Romania dopo vent’anni oppure vive tra i due paesi. C’è chi scrive soprattutto poesia e chi predilige la narrativa. Quanto alla distribuzione di genere, la maggior parte sono donne. Come ti definisci, scrittore/scrittrice «migrante», «italofono/a» o in un altro modo? Direi che uno scrittore/un poeta è universale, esso appartiene al mondo, la sua patria è quella della parola con cui si descrive e descrive il mondo. L’identità dello scrittore/poeta che sceglie di scrivere nella lingua italiana, «italofono», è sospesa tra due culture, tra il desiderio di essere accettato e quello di non tradire la propria cultura di origine. La differenza tra uno scrittore «migrante» e uno «stanziale» è il percorso di vita. Lo scrittore «migrante», che ha avuto un percorso di vita in altri spazi geografici, arricchendo il suo vocabolario, le sue immagini, cambiando la sua percezione della vita, si trova davanti a una scelta condizionata da una nuova realtà e ha un suo nuovo percorso nella scrittura.Lo scrittore «stanziale» è uno scrittore che per scelta o circostanze della vita non ha avuto percorsi che l’hanno portato a viaggiare, emigrare o abitare in altri posti del mondo e resta appartenente alla sua scrittura. Per me scrivere in un’altra lingua era un sogno non espresso. L’avevo in mente, era una curiosità di sentire come ‘cantano’ le mie parole scritte in romeno e tradotte in un’altra dimensione linguistica. La mia esperienza lavorativa mi ha portato in Italia e così, sin dall’inizio (2004) ho provato a scrivere i miei versi in italiano come esercizio di studio per la nuova lingua in cui dovevo comunicare. Più tardi ho capito che l’italiano, pensando che la nostra latinità ci accomuna, è la lingua in cui la mia creatività si sente ‘a casa’. Concluderei che è stata una sfida con me stessa, scrivere in tutte e due le lingue poesie con tematiche diverse e raramente ho fatto la conversione linguistica. Ho pubblicato in italiano la raccolta La mia poesia viene da lontano (Libreria Editrice Urso, Avola 2017). I temi sono universali: vita, morte, amore, nascita, il sociale, la condizione del poeta e il suo posto nel mondo, la condizione della donna, la lotta contro la guerra. Parlo delle mie esperienze, cari ricordi, dell’Universo e delle mie radici. Ho iniziato a partecipare ai concorsi e festival organizzati da associazioni culturali per confrontarmi con quello che si scrive e quello che si legge di più, per uscire dall’anonimato e farmi presente con la mia scrittura. È stato un bel periodo in cui ho conosciuto tanta gente che scrive e che ama la scrittura, editori, giornalisti, critici letterari ecc. Così sono entrata in un altro mondo dove potevo anche pubblicizzare i miei libri. Anche la libreria editrice dove è apparso il mio libro l’ha pubblicizzato sui suoi canali social e su Amazon. Sì, come in un gioco. Ho iniziato con le poesie dei miei amici poeti romeni: Da dove vieni e dove vai di Alexandru Cazacu, 2018, libro preparato per un concorso di poesia in Italia e stampato ad Avola; Poemi in un verso di Dan Florica, 2022, Ravex, Bucarest, Romania, raccolta di poemi in un verso, in romeno, francese (trad. di Paola Romanescu), inglese (trad. di Vasile Moldovan) e italiano (trad. di Alexandra Firita), con la prefazione di Florentin Popescu. C’è poi Era d’agosto di Lorenzo Spurio, 2021, raccolta bilingue italo-romena (Cronedit, Iasi, Romania), con traduzioni in romeno di Stefan Damian, Geo Vasile, Alexandra Firita. Scrivere in un’altra lingua senza dubbio non è facile senza avere un bagaglio minimo di linguaggio ‘artistico’, di interpretare le parole nelle loro sfumature, di creare metafore o licenze poetiche. Non si scrive facilmente senza pensare nella lingua in cui scrivi. Solo quando hai questa ‘confidenza’ riesci a creare qualcosa di valido. Devi sentire bene il modo di esprimersi naturale in quella lingua, però s’impara col tempo. La scrittura nella lingua romena non l’ho mai abbandonata e la struttura della mia scrittura in italiano è praticamente creata su queste basi, direi conservando le mie impronte stilistiche personali in una nuova dimensione linguistica. Scrivere in italiano è importante, è il mio modo di esprimere i miei punti di vista, le emozioni, di come percepisco il mondo in cui vivo. È una parte di me, è la mia identità ‘italiana’. Il mio linguaggio poetico è diretto, con parole semplici che trasmettono emozioni, che hanno una certa musicalità e creano uno ritmo interiore, come un fiume o un fruscio di vento. Mi piace usare arcaismi e forme verbali meno usate. A volte uso anche le parole romene. Sì. Tornare a vivere in Romania fa parte della mia esistenza. Non so quando sarà quel giorno, ma di sicuro ci sarà, le mie radici sono là, i miei antenati, la mia cultura. Tornerò con un orizzonte culturale arricchito e spiritualmente più libera. Viviamo una realtà crudele in cui le guerre non finiscono, la Natura si ribella, le minacce atomiche ci soffocano giorno per giorno, i grandi del mondo non riescono a capire che la cosa più importante è la pace e la libertà, non riescono a capirsi. Cosa potrà fare la scrittura? In questa finestra di tempo in cui viviamo, quando la società evolve verso il tecnologizzare, computerizzare, quando siamo ogni giorno più soli e più ‘virtuali’, la scrittura ci apre nuove prospettive per rifare i ponti fra i mondi, condividere esperienze culturali positive, senza violenza e odio. La scrittura è quella che resta dietro a noi, è il nostro specchio nei tempi.
I poeti I poeti sono spazzini della luce.
L’arrivo della primavera La colpa non è della primavera la colpa è di nessuno dicono la colpa è dell’aria troppo avvelenata di odio la colpa è di un mondo che aveva dimenticato capisco che la mia tristezza non fermerà
A cura di Afrodita Carmen Cionchin |