Lidia Popa: «Per me il romeno e l’italiano sono diventate due madrilingue»

In questo numero pubblichiamo un’inchiesta esclusiva sulla scrittura migrante romena in Italia, alla quale la nostra rivista dedica una sezione speciale e un database in costante aggiornamento. Abbiamo intervistato nove fra gli autori più attivi del momento, che rappresentano una realtà complessa e variegata: c’è chi scrive solo in italiano e chi scrive e pubblica in entrambe le lingue, c'è anche chi traduce libri romeni in italiano, c’è chi vive in Italia da più di vent’anni e chi è tornato a vivere in Romania dopo vent’anni oppure vive tra i due paesi. C’è chi scrive soprattutto poesia e chi predilige la narrativa. Quanto alla distribuzione di genere, la maggior parte sono donne.
I nostri ospiti sono: Ingrid Beatrice Coman-Prodan, Alexandra Firiţă, Lăcrămioara Maricica Niță, Lucia Ileana Pop, Lidia Popa, Irina Ţurcanu, Alina Monica Ţurlea, Viorel Boldiş e Cristina Stănescu, scrittrice di origini romene. Insieme a loro ci interroghiamo sui significati più profondi della scrittura in una lingua diversa da quella di origine, la lingua del paese di adozione, sulle principali tematiche affrontate e sulle peculiarità della loro creazione letteraria.
Tutti i contributi sono riuniti nel nostro spazio appositamente dedicato, consultabile qui.

Lidia Popa è poetessa, saggista, narratrice. È nata in Romania nel 1964 e dal 1999 vive e lavora in Italia, a Roma, dove è arrivata sull'ondata di emigrazione intellettuale dopo la caduta del muro di Berlino. Ha scritto la sua prima poesia all'età di 7 anni. Collabora con associazioni culturali, cenacoli letterari, riviste e pubblicazioni cartacee e online di letteratura romena, italiana e internazionale. Scrive in ​​romeno e italiano e anche in altre lingue come esercizio di conoscenza.
Ha pubblicato le sue poesie in sei libri e in 40 antologie letterarie e riviste letterarie online in Italia, Romania, Spagna, Serbia, Regno Unito, Canada, Bangladesh, Libano. Le sue poesie sono tradotte in italiano, francese, inglese, spagnolo, arabo, tedesco, bengali, portoghese, serbo. È promotrice della letteratura romena, italiana e internazionale, e fa parte delle giurie di alcuni concorsi.
È stata premiata in importanti concorsi internazionali con diplomi di riconoscimento, targhe, trofei e medaglie. È membro della Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS), membro onorario della Società Letteraria Internazionale Casa Poética Magia y Plumas, Repubblica di Colombia, membro dell’Unione Ispanomondiale degli Scrittori (Unión Hispanomundial de Escritores - UHE) e vicepresidente UHE Romania, consigliera per l’Italia della Suryodaya Literary Foundation Odisha, India, membro Motivational Strips - Oman e di altri gruppi letterari a livello internazionale.
 

Come ti definisci, scrittore/scrittrice «migrante», «italofono/a» o in un altro modo?

Come scrittrice mi trovo nella categoria scrittrice migrante, non nel senso dello straniero in Italia, ma nello specifico della scelta dell’impronta stilistica. Mi considero una scrittrice partoriente bilingue, principalmente, che ha scelto di scrivere in entrambe le lingue sin da quello che io chiamo nuovo inizio dell’attività letteraria, che è stato circa dodici anni fa, con una tentazione di spaziare da circa tre, quattro anni o di più, sperimentando anche la scrittura multilingue come un esercizio predisponente alla conoscenza, all’amicizia relazionale e alla comunicazione interculturale internazionale.


Che cosa differenzia uno scrittore «migrante» da uno «stanziale»? 

È necessario chiarire questi due definizioni. Uno scrittore migrante è lo scrittore che ha avuto un percorso di vita che include lo spostamento in più posti geografici, alterando la sua percezione della vita, arricchendo il suo vocabolario, le sue immagini e metafore, alterando il suo percorso nella scrittura, non la sua creatività che può essere solo un arricchimento permanente del vocabolario dell’espressività artistica.
Uno scrittore stanziale è lo scrittore che per scelta o circostanze di vita non ha avuto percorsi che l’hanno portato a viaggiare, emigrare o abitare in altri posti del mondo. Quindi, secondo me, molte delle polemiche si basano su un errore interpretativo e l’offesa di sentirsi discriminati e non trattati a pieno titolo come scrittori è forse ingiustamente percepita.
Lo scrittore stanziale, abituato per diritto ad appartenere alla categoria degli scrittori senza aggettivo, percepisce lo scrittore migrante come appartenente a una nicchia, senza rendersi conto che la distinzione non è linguistica, di inferiorità o superiorità dell’opera scritta, ma di percorso di vita che, secondo me è un attributo dell’esperienza del secondo. Lo scrittore stanziale non ha la scelta dell’appartenenza alla sua stessa letteratura, perché non ha quindi domande da farsi o incertezza. Esso è scrittore e scrive.
Lo scrittore che viene da altri posti si trova quasi sempre davanti a una scelta, condizionata dalla sua realtà, dalla sua convinzione, dalla sua indole. Anche tra questi ci sono scrittori che hanno l’indole migrante e altri no. Ci sono scrittori migranti che dell’esperienza di emigrazione avrebbero volentieri fatto a meno, come ci sono scrittori stanziali che non desidererebbero altro che avere l’opportunità di viaggiare e di scoprire altre realtà nel mondo.
Per quanto ho osservato nei miei viaggi letterari, seppur molte volte avvenuti in realtà virtuali o di ricerca nei libri come modalità di studio, le due scelte principali per integrarsi nella scrittura contemporanea italiana principalmente è lottare contro l’emarginazione e la diffidenza reclamando a gran voce il proprio posto tra gli scrittori del luogo adottato; appartenere al gruppo degli scrittori internazionali e, soprattutto, degli scrittori migranti del quale fanno parte tutti i creatori che hanno percorsi di vita non stanziale, lottando in questo caso contro il pericolo dello sfruttamento che tende a voler mettere troppo l’accento sulle tematiche dell’emigrazione, sui ponti tra culture e di allontanarsi per motivi di interessi vari dall’obbiettivo e dai meriti letterari. Non è il mio caso, io ho fatto il percorso quasi sempre per scelta, con la consapevolezza di essere una scrittrice migrante per la quale la riflessione diventa una ragione di vita.


Quando hai cominciato a scrivere in italiano e perché?

Ho iniziato a scrivere in italiano come una necessità per comunicare ai miei conoscenti italiani la mia appartenenza al popolo romeno, che non è un popolo di delinquenti come era stato erroneamente sbandierato con titoli scandalistici in prima pagina, perché, ogni bosco ha i suoi alberi secchi. Inoltre, è valida la motivazione che la Romania ha dato alla scienza, alla letteratura, all’arte, alla musica, allo sport grandi nomi che hanno contribuito alla storia culturale dell’umanità. Gli esempi sono noti e tanti e non sento la necessità di enumerarli qui.


Quanti e quali libri hai finora pubblicato in Italia?

Dal 2014 ho pubblicato i miei scritti di poesia, narrativa e saggistica in circa cinquanta antologie letterarie italiane, romene e internazionali e in molte riviste letterarie e siti letterari internazionali. In Italia ho pubblicato tre libri di poesia: Punto differente (essere) (Aletti Editore, 2016); Nell’antro dei miei pensieri (Dacia) / În adâncul gândurilor mele (Dacia) (Aletti Editore, 2016, edizione bilingue italiano-romena); Anfora di cielo / Amfora de cer (Edizioni Divinafollia, 2017, edizione bilingue italiano-romena).


Quali sono i temi più ricorrenti nei tuoi scritti?

La mia scrittura ha come tema ricorrente la vita con la nascita, l’amore, il vissuto, la morte, che penso siano primordiali come la presenza di una musa nell’attività della creazione. Ho dedicato i miei scritti alle tematiche importanti come la pace, la guerra, eventi eccezionali, la terra e l’ambiente, l’umanità, la famiglia e l’individuo che sia uomo o donna, bambino o anziano.


È stato difficile trovare un editore in Italia?

All'epoca dell'esordio non è stato difficile trovare un editore in Italia. Oramai non mi considero più emergente e so che un editore che rispetta gli standard alti del suo servizio alla letteratura, dal punto di vista qualitativo e non dei costi di pubblicazione, accetta di pubblicare conoscendo il valore di uno scrittore. La mia proposta in manoscritto digitale non è mai stata cestinata. Sono stata io ad aver rifiutato delle proposte contrattuali non adeguate alle mie esigenze.


Hai partecipato a concorsi e festival letterari in Italia? Come promuovi i tuoi libri?

Ho partecipato ai concorsi in Italia e anche ai festival letterari in Italia o all’estero, sempre invitata, dove ho vinto alcuni premi e meriti importanti e sono stata pubblicata in antologie letterarie. Molti dei premi o riconoscimenti internazionali ricevuti sono a titolo onorifico senza che io partecipassi con l’iscrizione dei miei testi, premi molto significativi rilasciati per l’attività letteraria o culturale al servizio dell’umanità. I miei libri e e-book sono stati promossi dagli editori e nelle librerie online, in eventi letterari personali o invitata da altri colleghi della letteratura italiana, romena o internazionale. Come molti scrittori uso i canali di comunicazione più conosciuti per sostenere il rapporto vendita libro con i propri lettori. Conoscere studiosi di altre parti del mondo ed essere tradotti nelle lingue di altri paesi per me è un onore e non finirò di ringraziare per la fortuna di questi incontri e scambi culturali.


Hai anche tradotto libri romeni in italiano? Se sì, quali?

Si, ho tradotto alcuni libri in italiano, non solo i miei, libri di altri autori che sono stati pubblicati in Romania e aspettano di essere presentati per i lettori italiani. Per la scrittrice Daniela Gumann il romanzo Il Natale che mi ha cambiato la vita dall’originale romeno Crăciunul care mi-a schimbat viața; per lo scrittore Mihai Merticaru un libro di poesie, Lumină invizibilă / Luce invisibile, edizione bilingue.
Come iniziativa del tutto volontaria ho tradotto testi anche per autori internazionali, un modo per creare amicizia e per conoscersi meglio nella condivisione della letteratura come un bene universale.


Cos’è più complesso, secondo te, scrivere o tradurre in italiano?

Essendo scrittrice bilingue non è difficile scrivere in italiano che considero una mia madrelingua tra le mie molte lingue di adozione, di cui è testimonianza proprio un premio importante che ho ricevuto circa cinque anni fa, il Premio Alberoandronico per gli autori di madrelingua non italiana. Tradurre richiede più tempo se si tratta di espressioni dialettali o arcaiche in qualsiasi lingua che ho adottato per le traduzioni.


Scrivi anche in romeno e pubblichi anche in Romania?

Sì, scrivo in romeno da quando avevo sette anni, come ho spiegato in varie occasioni, e ho pubblicato negli ultimi anni nella mia lingua materna in antologie, riviste e libri. Il debutto romeno è stato nel Cenacolo letterario guidato dal professore e scrittore Radu Zaharescu, al liceo scientifico dove ho conseguito il diploma di maturità. In quegli incontri, oltre a scrivere una composizione, abbiamo ricevuto insegnamenti utili per l’analisi di un testo letterario. Durante la mia formazione ho avuto eccellenti professori di letteratura che, per la mia immaturità di allora, apprezzo molto ora ricordando e applicando i loro insegnamenti per quali posso solo ringraziare il cielo. Avrei voluto ringraziarli di persona, però è tardi.
In Romania ho pubblicato tre raccolte poetiche: Sufletul cuvintelor / Shpirti i fjalëve(L’anima delle parole, Amanda Edit Verlag, 2021, edizione bilingue romeno-albanese, traduzione in albanese del poeta Baki Ymeri); Sintagme cu dor de trifoi (Sintagmi con desiderio di trifoglio, Editrice Minela, 2021, edizione in romeno) e La voce interiore / Vocea interioară (Amanda Edit Verlag, 2022, edizione romeno-italiana, con due autori, Lidia Popa e Baki Ymeri).


Cosa significa per te scrivere in italiano rispetto a scrivere in romeno?

Dopo aver parlato in italiano per più di vent’anni ho la scioltezza del linguaggio in entrambe le lingue, senza alcuna differenza che dei suoni e accenti, risonanza delle parole e delle espressioni, non trovando molta difficoltà dal punto di vista lessicale o dell’espressività metaforica e linguaggio spirituale. Per me sono diventate due madrelingua come le definivo prima, una di nascita e l’altra di adozione.


Quali sono i tratti peculiari del tuo linguaggio? Inserisci nei tuoi scritti anche parole romene o voci dialettali della regione italiana in cui vivi?

La peculiarità del mio linguaggio appartiene alla lettrice che sono diventata nel tempo. Leggo i classici e leggo anche i contemporanei per mantenere vivo il linguaggio letterario e il bagaglio culturale. Compro libri e li ricevo anche in dono da molti colleghi scrittori. Per quello che riguarda i miei scritti, caratteristico dello scrittore migrante al quale ho accennato in qualche domanda/risposta precedente, sono anche le creazioni di espressioni neodialettali con paternità letteraria riconosciute, seppur discutibili nel mondo accademico. Noi romeni abbiamo un linguaggio molto ricco dal punto di vista linguistico e fonetico proveniente da radici di latinità europea. Con il fenomeno dell’immigrazione l’apprendimento di parole con radici comuni è solo un’estensione del vocabolario di lingua.


Pensi di tornare un giorno a vivere in Romania oppure lo hai già fatto?

«No.  Adesso è troppo tardi per trasferirmi nel mio paese. Non ho tempo per affermarmi», avrebbe risposto Brâncuşi che ammiro molto per la sua caparbietà nella creazione, a cui ho dedicato varie poesie. Ma qualche volta ci penso, è inutile negarlo. Non so ancora che cosa mi riserva il domani dal punto di vista della salute e ho imparato da chi mi ha preceduto a non fare previsioni. Riguardo l’accettazione come scrittrice migrante e non come emigrata all’estero con linguaggio alterato, per ritornare o se vuole per entrare nel mondo letterario romeno ci sono criteri a cui è meglio non pensare. Il romeno è poeta per nascita e il numero dei creatori romeni è molto elevato, perciò, immagino quanto acerba sia la concorrenza per salire la scala dei valori della letteratura, per essere studiati nelle scuole e accademie. Tornare è il desiderio intimo, però, dal dire al fare c’è una lunga strada da compiere che implica ricominciare e adattarsi in un’età che per molti diventa difficile. Vedo molti connazionali ritornare in Italia o altrove dopo essere stati un lungo periodo nel paese di origine. Questo dovrebbe suscitare una domanda per le autorità del paese e chiedersi il perché del fenomeno di andata e ritorno. Dopo molti anni per noi diventa abitudine di fronte a un sistema adeguato alle necessità del cittadino. Secondo me, è questo da rivedere nel sistema romeno: le richieste, le necessità e i modi affinché tutto funzioni, perché nessuno desidera essere un immigrato a vita. A tutti gli immigrati manca la propria terra di origine, l’erba di casa, le montagne, i ruscelli, il cielo e i sapori del proprio paese. Tutti abbiamo un dor (nostalgia) o il cantico mattutino degli usignoli nel proprio cuore. Se bastasse solo questo…


Quale potrebbe essere, secondo te, il ruolo e la funzione della scrittura nel frangente storico che stiamo vivendo?

Ho la convinzione che la scrittura possa diventare uno strumento per la cultura di un popolo evoluto e per il risveglio delle coscienze per far sì che la pace funzioni, che l’umanità non viva di continue guerre fratricide, religiose o discriminatorie, che i popoli non soffrano per mancanza di beni di prima necessità per la vita e la cura della salute. Se si lavora cercando delle soluzioni migliori anche attraverso l’opera scritta dei pensatori, la Terra può diventare un mondo migliore e non andrà distrutto quello che abbiamo ereditato o creato. Ognuno di noi ha il dovere di creare qualcosa, di dare un contributo all’umanità. Non dimentichiamo che siamo di passaggio in questo frangente storico di vita e se possiamo essere un esempio è il modo migliore per mostrarsi e misurarsi.



Poesie inedite di Lidia Popa

Esiliato negli inchiostri

Molti anni sono passati
da allora camminando nell’erba
e dagli inchiostri sono diventato
di nuovo un poeta, un esiliato
nell’enigma di un Coșbuc, Enescu,
Cioran, Brâncuși, Tonitza in una lingua
per cui sono nato per non avere
alcuna immagine e somiglianza.

Io sono la strofa, il violino,
il pensatore, lo scalpello, la tela
con cui ho dominato il cielo
con le stelle che brillano nel petto
senza la certezza di essere
quello che sono –
Blu di Voroneț esiliato
negli inchiostri del Mare Adriatico.

 

Ho incontrato Brâncuși

in un ovale di luce brillante
nell’infinito come un silenzio che bacia il cielo
alle porte del desiderio nell’alba del giorno

nel bosco degli usignoli
la polvere d’oro era grazia e non richiedeva pietà
– migravo come un uccello maestro.



A cura di Afrodita Carmen Cionchin
(n. 3, marzo 2023, anno XIII)