SPECIALE PIER PAOLO PASOLINI: 1922-2022


Roberto Chiesi: «Pasolini, la ricchezza rinascimentale della sua opera»

In apertura del numero di dicembre, l'intervista a Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini presso la Cineteca di Bologna, critico cinematografico e insigne studioso pasoliniano. A partire dal suo recente Pasolini, il fantasma del presente (1970-1975) (Vallecchi), Roberto Chiesi mette in luce i lasciti più significativi di Pasolini, tra cui «la ricchezza rinascimentale della sua opera, il suo respiro fra antico e postmoderno, il suo sperimentalismo e nella ecletticità linguistica». A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone.



Angelo Fàvaro: «Pasolini, un poeta veramente nostro contemporaneo»

Angelo Fàvaro, docente di Letteratura italiana all’Università «Tor Vergata» di Roma, è membro del Comitato Scientifico Internazionale per il Centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Focus del dialogo a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone è il volume da lui curato Pier Paolo Pasolini. 6 domande a giovani poeti (Delta3, collana Aeclanum, 2022) in cui 18 giovani poetesse/poeti riflettono sulla «complessità e varietà degli approcci di lettura e di interpretazione dell’Opera pasoliniana».



Con Giommaria Monti su «Pasolini. La città dei sensi»

«In Pasolini si chiude un cerchio che va dal futurismo al neorealismo passando per l’esistenzialismo. A lui non sono consoni gli stilemi dell’ermetismo poetico di Montale o il lirismo di Ungaretti. E nemmeno il classicismo di Quasimodo o il manierismo di D’Annunzio. In Pasolini c’è più Baudelaire che Novecento italiano. Ma è, per usare una sua espressione, il “più moderno di ogni moderno”». Così Giommaria Monti, autore del libro Pasolini. La città dei sensi (Diadema, 2022, a cura di Flora Fusarelli), dal quale prende spunto l’intervista a cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone.



Con Rosella Lisoni sull’universo femminile di Pasolini

Il rapporto di Pasolini con le donne fu continuativo e molto proficuo. Il cinema e la letteratura gli offrirono tante opportunità di collaborare con anime rivelatisi affini: la madre Susanna, Laura Betti, Maria Callas, Giovanna Bemporad, Lorenza Mazzetti e Silvana Mauri. Rosella Lisoni ne segue meticolosamente le tracce per interpretare la «figura femminile» nella copiosa produzione pasoliniana; figura mediante la quale accusa i processi di corruzione, lo svuotamento di valori, in un permanente processo di contestazione dell’ideologia dominante. A cura di Afrodita Cionchin e Giusy Capone.



Renzo Paris: «Pasolini è stato anch’egli un Proust delle periferie»

Nell’ambito dello «Speciale Centenario P.P. Pasolini 1922-2022» pubblichiamo l’intervista curata da Afrodita Cionchin e Giusy Capone a Renzo Paris (1944), poeta, romanziere e critico, già professore di letteratura francese presso l’Università di Salerno e Viterbo. Nel dialogo il professore riflette sulla poesia di Pasolini, oggi quasi «un’icona pop», una poesia che si scosta da quella della tradizione italiana perché «era lirica e comunicativa insieme» e con la morte del poeta nel 1975 di fatto «è morta la poesia italiana», sparita «assieme al mondo agropastorale da cui proveniva».



Sciascia e Pasolini: intellettuali, aporie, verità

Daniela Marcheschi, una tra le più rinomate italianiste e critiche letterarie, affronta in questo corposo saggio, tratto dal volume Pasolini e Sciascia. Gli ultimi eretici, a cura di Filippo La Porta (Marsilio, 2021), alcuni aspetti fra i tanti dell’opera di Sciascia e Pasolini, «due personalità luminose», autori «amati o rifiutati», caratterizzati, nella loro ‘diversità’, anche da «contraddizioni concettuali», stabilendo un raffronto trasversale per cogliere quelle problematiche che li accomunano e per comprendere in tal mondo il loro posto e insegnamento nel Novecento italiano.



Con Rosella Lisoni, un viaggio nell’universo creativo pasoliniano

Nel centenario dalla nascita, la nostra rivista inaugura, curato da Afrodita Cionchin e Giusy Capone, uno Speciale dedicato a Pier Paolo Pasolini (1922-1975), intellettuale friulano, gigante del Novecento italiano. Ad aprire questo spazio Ad aprire questo spazio che porteremo avanti nei prossimi numeri è l’ampia intervista alla studiosa Rosella Lisoni, autrice di due recenti saggi, L’ultimo Pasolini tra forma e realtà (Sette città, 2021) e Eros e Thanatos ne «I Racconti di Canterbury» di Pier Paolo Pasolini (Sette città, 2020), sulla cui eredità ella offre una riflessione.



Antonio Catalfamo: Riflessioni su Pasolini, poeta in dialetto friulano

Una particolare angolatura la propone Antonio Catalfamo, autore del saggio Pasolini «eretico solitario» e la lezione inascoltata di Gramsci (Solfanelli, 2021). Qui analizza il rappresentare del mutamento della società italiana da contadina a industriale e consumistica attraverso il dialetto friulano. Ciò dimostra che gli anni trascorsi da Pasolini in quelle terre lo hanno segnato profondamente e che egli considera l’esperienza sconvolgente del popolo friulano emblematica di quella più ampia del mondo subalterno italiano, non solo contadino, ma anche (sotto)proletario.



Donato Di Poce e il suo Pasolini

Interviene anche Donato Di Poce, poeta che ha visto in maestri come Pasolini e Giordano Bruno, autori e padri dichiarati di riferimento, studiati e indagati anche in recenti pubblicazioni di critica, tra cui P.P. Pasolini: L’ossimoro vivente (I Quaderni del Bardo, 2021). «La tesi centrale del mio libro è che Pasolini era un ossimoro vivente. A lui non veniva perdonato proprio il fatto che non si accontentava di essere testimone del proprio tempo ma di esserne un protagonista corsaro e poetico, impavido, lucido e irriverente». A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin.



Pierpaolo Pasolini e il linguaggio del potere

Smaranda Bratu Elian incede da Sciascia a Pier Paolo Pasolini. Prendendo spunto dalla scomparsa delle lucciole, Pasolini, sensibile come pochi ai problemi del linguaggio, scrive un articolo in cui analizza la svolta avvenuta, insieme alla scomparsa delle lucciole, nel linguaggio del Potere: quando è apparso un linguaggio completamente nuovo, oscuro e incomprensibile, intento a eludere non a esprimere i problemi e che in sostanza non comunicava alcunché. L’esempio più clamoroso e ripetutamente offerto da Pasolini era il linguaggio di Aldo Moro.



L’ultimo Pasolini, nostalgia di un'irriducibile passione sociale

Nell’ultima parte della sua vita, Pier Paolo Pasolini si dedicò ad un’intesa attività pubblicistica di impronta pedagogica. Tuttavia, viste le sue considerazioni sulla società, non sembra che tale attività si possa derubricare unicamente a progetto pedagogico, potendo invece rappresentare anche, da un lato, un chiarimento pubblico con se stesso e, dall’altro e soprattutto, un atto creativo peculiare e di sostanziale rilevanza. Sono queste le premesse dello studio presentato da Federico Sollazzo in un convegno di italianistica all’Università di Craiova, che qui pubblichiamo.



L’eresia alla rovescia nel «Decameron» di Pier Paolo Pasolini

George Popescu analizza il film Decameron, citando Mario Luzi come una possibile chiave di accesso a Pasolini. Il che può sembrare curioso, però non è affatto casuale che Pasolini abbia prodotto una pellicola cinematografica a partire da un vangelo, quello di Matteo. E, poi, è ancora vivo un tratto significativo della sua personalità, in parte sbagliato, in parte malinteso, quello di eretico, epiteto che ha proposto e assunto da solo e di cui si devono cogliere non solo alcune sfumature vere e proprie, ma anche l'idea del gioco che Pasolini ha sempre interpretato.







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