Angela Marinescu: una retrospettiva (V). Da «Intimitate» (2013) a «Păsările pe cer țipă» (2021)

La quinta parte della retrospettiva dedicata ad Angela Marinescu include poesie provenienti dalle ultime tre raccolte, pubblicate dall’autrice con il nome di Angela Marcovici, tra il 2013 e il 2021: Intimità (2013), SOLDATO. Ombre del passato sul campo di battaglia (2019) e Gli uccelli in cielo urlano (2021). Riguardo a quest’ultima fase della poesia di Angela Marinescu, Grațiela Benga, in un’ampia monografia dedicata alla poesia femminile contemporanea, Vocile Penelopei. Tonuri și accente în poezia română contemporană (Editura Universității de Vest din Timișoara, 2023), scrive: “Con Intimità (2013), Angela Marinescu ritorna al nome del padre, Marcovici [...] una modificazione che annuncia, come sottolinea Ruxandra Cesereanu, anche una mutazione a livello dei suoi testi. L’intensificazione della confessione e il minimalismo del discorso forgiano le alleanze che avvicinano la poetessa alla generazione degli anni 2000, in una relazione d’influenza biunivoca. Questa volta, i versi scendono nel regime della non-poesia [...] documentando un’evacuazione della scrittura come messa in scena, ma anche come tentativo di allontanare il soggetto empirico del poema, nella sua concretezza biologica e prometeica [...] La raccolta Intimità cristallizza […] l’inferno – con profondità e torsioni a cui l’uomo può sopravvivere soltanto se rivolge l’energia della parola su se stesso, in un movimento che cambia la sostanza dell’'articolazione in un avvertimento della morte [...] Le poesie di SOLDATO. Ombre del passato sul campo di battaglia portano indubbiamente l’impronta specifica di Angela Marinescu: la rivolta e l’offensiva veemente, accompagnate sempre dal presentimento della morte; una carica eretica, che si trasforma in umile preghiera; l’oscuramento patologico, strettamente accoppiato con un’energia impertinente. [...] Da un sofisticato stato di flusso prende forma la sub-poesia, lasciando che i circuiti cerebrali, stabili e vivi, siano solo un compagno delle parole. [...] Incarnazione del vivo nell’inquietante tempo della morte, la sub-poesia di Angela Marcovici ha, in alcuni momenti, rovesciamenti meno adeguati e tensori temporaneamente indeboliti. [...] Nella lirica di Angela Marcovici, anche l’ars moriendi rifiuta l’immobilità, l’assenza di espressione. La morte può acquisire la mobilità della nascita, la plasticità della sua immagine. Poiché, l’orchessa (che emette poesia) le contiene entrambe”.


Da intimità (2013)

La luce del mattino

Quando mi sveglio la mattina, ciò che mi piace di più
è che mi appaia davanti all’improvviso il muso da monaco,
scarnificato e bianco, del muro che ho di fronte.

monaco disintegrato in orizzontale
monaco dilaniato in verticale

“la precisione sessuale della volta stellata”

le vibrazioni matematiche dell’intensità dello sguardo
del muro
le ho nel sangue, non nel cervello
le vibrazioni matematiche della sofferenza profonda che
mi dà l’immagine irreale del muro
le ho nel sangue, non nel cervello

sono un turibolo che oscilla e precipita
davanti al muro, cioè davanti al tabernacolo
folgorato
non c’è più bisogno di nessuna distorsione
o contorsione
tutto è così bianco e preciso
come una fredda esalazione dell’aurora boreale
di una bellezza che non puoi vedere

qui non c’è poesia
non c’è agonia o morte
o blasfemia
non c’è estasi o sporcizia
non c’è niente.


Sole

sole, tu ti spegnerai
sei un sesso
e basta.
io ho bisogno
della volta stellata di Kant
senza nessuna legge
morale
sono polvere
sono vuoto
sono niente
con la maiuscola
se così volete
e vi soddisfa
a me è
indifferente.

 

Diario

La fine del giorno
freddo,
un solo raggio di sole
come un fascio che taglia
nella carne viva
laser
ti ho inventato
ti ho frequentato
proprio quando ero in piena
nevrosi.
sono una buona a nulla
chi potrebbe mai essere interessato
alla mia oscurità
dalla quale
schizza
urina.

 

Sottomarini

sottomarini russi
distruggono
per autodistruggersi
negli abissi degli oceani
potrebbero essere la definizione
ingannevole
della volontà politica
i presidenti russi
sono sottomarini
in perfetto stato di funzionamento
dello schermo
autodistruttivo.

 

Ho sentito canti

ho sentito canti in cielo
e io sono sulla terra,
i miei movimenti sono freddi e precisi,
non hanno più il calore e la confusione
stupida
della gioventù,
non ho voluto nascere,
pulitemi la bocca
con un fazzoletto radioattivo,
infilatemelo in gola,
come una poesia astratta
e utopica.


Parenti

i miei parenti di sangue
precisi e irresponsabili
velati in una
nebbia densa
danzano
come immagini
violente sul muro
nel pieno processo
dell’oscuramento della scrittura
e della costruzione di una poesia
in via di
estinzione
l’impotenza esecrabile
di poterli toccare ancora
mi dà sensazioni
di criminale
decadente.

 

Da SOLDATO. Ombre del passato sul campo di battaglia (2019)

***

conoscimi
sono tua
con la forma sottile tra
l’ora della morte
e quella
della sub-poesia
qui non ruggisce più nessuno
l’urlo
è una tecnica
dell’amore
dell’altro
mutilazione
d’artista sepolto vivo.

 

***

voglio distruggermi
come gli acini d’uva
schiacciati dai denti dentellati dei metalli
di cui era fatto l’apparato di tortura di Kafka
stringermi il petto e farne scorrere sangue
incollarmi alla mia stessa pelle e far scorrere linfa dalla pelle
aprire i miei occhi con una spatola
fine d’acciaio e di stelle
poter guardare i campi ghiacciati
ai margini delle tombe
fare della disperazione argomento
indecente – argomento di festa
per strada tra gli amici
in famiglia e nella
chiesa
inaccessibile.

 

***

piovono parole che sento
in testa
come chiodi arrossati
che non toccano la materia grigia
del cervello
piuttosto la chimica
miracolosa
dell’infracosmo
destabilizzato per sempre
a causa di un fiore che non vediamo

dal diamante crescono sentimenti
nel centro del diamante
si sente un’inquietudine eterna
che non vediamo
ciò che non vediamo è un fiore
forte e immenso come il sole
che non vediamo.

 

***

a Paul Celan

vivo nel tempo
dei morti ridotti in cenere
scaviamo fosse di mattina
quando mangiamo uova morbide
il tuorlo prezioso come un papiro
ritrovato dopo migliaia di anni nelle catacombe
scaviamo fosse a pranzo
quando la mia patria è circondata
da una seta di ferro comunista
e non si sviluppa più
il ferro della seta è il mio vero
tiranno – un maschio del mondo
la mia patria non ha mastri rumeni
ha solo mastri zingari
non esiste legge rumena
scaviamo fosse di sera
finché non cadiamo morti di stanchezza
e la legge rumena
è la fossa comune e nera
dei poveri.

 

***

la finestra dalla quale voglio guardare fuori
ha la persiana abbassata e attraverso la persiana
si vede l’ombra di un ramo con le foglie che oscilla sempre
da quaggiù sento le ombre strane
le ombre splendide delle piccole cose
tutto è diventato ombra
è il tempo delle ombre oscure
guardo, adesso, quest’ombra del ramo
come se guardassi
il sudario insanguinato che può essere vero oppure no
le ombre sono sangue vero oppure no
sono coltelli tenuti tra i denti
quando non abbiamo più mani
solo la mutilazione perdura

les ombres splendides
alors qu’on n’a pas de mains

 

***

impenetrabile
come il leone sconfitto
da una luce intensa e rosa
là, nel tuo corpo straziato
là, dove termina,
nel tempo, l’incinerazione
tedesca.
un mantello militare psicotico
che nasconde il desiderio
di essere bianco come Dio
di essere neve
tagliata con un coltello raffinato
che brucia la pelle
macerata
dal tempo.

 

***

mi piacerebbe entrare nel mare
mi piacerebbe entrare nel cielo plumbeo
entrare nella terra
fino al collo
entrare in te
mi piacerebbe entrare in mio figlio
mi piacerebbe che entrasse in me
per sempre
un uomo ferito.

 

Da Gli uccelli in cielo urlano (2021)

gli animali mi piacciono solo da lontano
la loro pelle, i loro peli e il loro odore mi bruciano
mi viene la nausea
li voglio tra le grate
o in foreste ignote e lontane
dove puoi penetrare
solo al prezzo della morte o della vita
le foreste sono d’argento
gli animali sono rossi
i sentieri intorno sono oscuri

 

la solitudine è un animale
un puma, una tigre
è aggressiva, sanguinaria, ti attacca
alle spalle con aspri coltelli
che ti entrano dietro la fronte
ti circondano a distanza
senza amore
devi addestrarti per
guardarla negli occhi
inginocchiarti davanti a lei
con gli occhi bui e lucenti
con le occhiaie desolate
guardare nel vuoto

 

graffiamo il cancello dell’ospedale
con le spine dei fiori portati per i nostri malati
ci raduniamo tutti con una tenerezza simile a quella delle madri feline
mettimi in un vaso con cardi immensi
per conoscere me stessa fino in fondo
ci sono quasi riuscita
ma è stato penoso
oscillano gli alberi alla finestra
e bruciano nel tramonto costretto alla bellezza
gli alberi lontani sono Tuoi
soave è il giovane
il vecchio è evaos
ho la nausea, vomito, batte il vento
e viene il freddo insieme alla solitudine

 

tu abusi del potere che ti dà la coscienza della vita e della morte
quando noi due facciamo l’amore, la coscienza della vita e della morte
fa parte di ogni cellula dei nostri corpi
e noi ci ricordiamo delle mani, della pelle, della scrittura
e della tua conoscenza delle leggi fisiche, della chimica e della medicina
che porti avanti
nello spazio infinito
e poi ci guardiamo entrambi uno negli occhi dell’altro
e ci abbandoniamo alla vita e alla morte
con la voluttà che ti dà la coscienza della vita e della morte
ci abbracciamo, ridiamo e piangiamo
crolliamo all’approssimarsi della morte
e saremo annientati dal sistema
non sarebbe stato necessario morire qui
come spaventapasseri di metallo
potevamo morire in silenzio
in un’altra parte del mondo

 

ti sputo poesia – questa è poesia
energia oscura ti sputo – questa è poesia
mi annoio – questa è poesia
mi piace stare in posizione d’attacco – questa è poesia
mi piace stare in posizione d’abbandono – questa è poesia
mi piace stare al margine
mi piace stare al di là del margine – questa è poesia
al di là del margine del margine
infatti non so che cosa dico
non so perché ho scritto la parola sub-poesia
sembra che sia più interessante
sembra che sia più misteriosa
mi stressa
mi colpisce
è qualcosa

 

quando salgo gli scalini del tuo corpo
col tuo nome sulle labbra
dico che arrivo da qualche parte dove c’è bello
quando scendo gli scalini del tuo corpo – gli stessi –
col tuo nome sulle labbra
obbligata da te
so che morirò

 

sono una donna che vuole estrarre il proprio sangue dalle sue poesie
che il sangue sia solo quello delle sue poesie
che non sia sangue carico di informazioni estranee
ho versi che appartengono solo a me
il verso “profuma di diamante”
è mio e solo mio
e presuppone che odi la materia
nonostante mi bagni nella materia come nel ventre di mia madre
quando ero un feto brutto e viscerale, in piena trasformazione
in cielo come in terra avviene la trasformazione che sento
invano la bellezza sembra essere fuori di noi
la bellezza è solo dentro di noi
il dentro significa pazzia
la pazzia è il solo strumento che cambia il mondo
scientificamente parlando, la pazzia è
il ratto meccanico
che fa il balletto nell’oscurità compatta
del pianeta





Retrospettiva parte prima, parte seconda, parte terza, parte quarta.

A cura di Giovanni Magliocco
(n. 10, ottobre 2024, anno XIV)