Artisti per la quarta Biennale di Genova 2021: Anna Coccia (Francia) e Chiara Avanzo (Italia)

La quarta edizione della Biennale di Genova - Esposizione Internazionale d'Arte Contemporanea, in programma dal 19 giugno al 3 luglio 2021, organizzata da SATURA Palazzo Stella, a cura di Mario Napoli, Flavia Motolese e Andrea Rossetti, con il patrocinio e il contributo di Regione Liguria, è la prima grande manifestazione dedicata all'arte dopo la riapertura, offrendo un'eccellente opportunità di ricerca-azione sul connubio tra Artista, Arte, Città e Cittadino. 45 location presentano le opere di 210 artisti provenienti da 20 nazioni diverse, una vera ‘capillarizzazione’ della mostra.
In questo servizio a cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin vi proponiamo uno sguardo su questo importante evento che assume particolare significato dopo le difficoltà legate alla pandemia, segnando l’inizio di una nuova ripartenza.
Vi invitiamo a conoscere da vicino, attraverso le loro opere, le testimonianze su questa speciale edizione della Biennale e attraverso le loro riflessioni sulle tendenze del panorama artistico italiano e internazionale, alcuni degli artisti partecipanti e premiati, tra cui: Chiara Avanzo, Lucio Barlassina, Adriana Bevacqua, Gianmaria Lafranconi, Veronica Longo, Luciano Mancuso, Maria Chiara Pruna, Isabella Ramondini, Alessandra Vinotto (Italia), Anna Coccia (Francia),
Marianela Figueroa (Cile).



Anna Coccia: «Le mie opere sono un invito a un viaggio nell’immaginario»

Anna Coccia è artista autodidatta di Thionville, in Francia, che ha una predilezione per la pittura blu.

Quali sono le sue prime impressioni e quali, secondo lei, le parole chiave di questa Biennale?

Questa Biennale rappresenta una festa artistica e culturale internazionale. Dopo la crisi che abbiamo vissuto, è un respiro per tutti: artisti e visitatori. La variazione delle opere, come realizzata, è molto ricca. Un vero concerto di cultura.

Come si intitola la sua opera esposta alla Biennale e qual è il suo messaggio artistico?

La
mia opera si chiama regard sur la planète (sguardo sul pianeta). Il nostro pianeta ci offre tanta bellezza, eppure è in pericolo. Siamo responsabili della sofferenza del nostro mondo. Dobbiamo prenderci il tempo di guardarlo bene. Abbiamo il dovere di prendercene cura, perché siamo legati e facciamo parte di un tutto.


Regard sur la planète, 50x50 cm


Idea ormai radicata è che l’Arte debba uscire dai cenacoli accademici per essere vissuta nella pratica quotidiana, così da produrre un’eredità concreta e tradursi in un’azione culturale efficace, sposando la filosofia postduchampiana secondo la quale ogni oggetto può diventare Arte. Quanto le sue opere integrano la tradizione a ricerche espressive innovative?

Sono un’autodidatta, dipingo istintivamente. Le mie opere, su tela, nascono da un’emozione e dalla mia immaginazione. Quando inizio non ho un’idea precisa o un modello. Parto solo da un desiderio di dipingere. Non so mai dove mi porterà la mia immaginazione. Sono in un continuo esperimento, cerco, metto alla prova… L’astratto mi lascia una grande libertà di creazione. Ogni creazione è una sorpresa per me e per il visitatore. Le mie opere sono un invito a un viaggio nell’immaginario.

L'arte contemporanea è caratterizzata da opere prodotte con tecniche e linguaggi interdipendenti. Quali sono gli elementi peculiari del suo linguaggio, del suo codice comunicativo soprattutto rispetto al ʽfemminile’ rappresentato manifestamente oppure per libera scelta occultato?

Il mio linguaggio è fatto di pittura blu, il mio colore di predilezione. Un colore che mi calma, perché come donna ho una sensibilità forte che genera pianti, rabbia, angoscia… Il blu è tutto intorno a noi e porta gioia, come il mare, il cielo... La sua variazione è infinita, dal più intenso, al più sereno. Come le variazioni di vita di una donna.
In francese, la parola pianeta è femminile proprio come la terra, la vita. Mi sento totalmente legata alla terra. Questa vita è spesso rappresentata nelle mie creazioni. La mia visione è portata dalle mie emozioni riguardo al mondo.


Les sphères, 65x80 cm


Stante la sua personale esperienza, quali contorni assume lo status muliebre della donna artista in relazione all’affermazione della propria opera in un tempo in cui da più parti – sociali, economiche, politiche – si profondono riflessioni circa le sperequazioni di genere?

Oggi possiamo dire che abbiamo raggiunto una grande libertà artistica femminile. Le donne non hanno più alcun complesso, creano, si espongono e ricevono riconoscimento. Ma dobbiamo stare attenti perché la libertà delle donne rimane fragile… a tutti i livelli. Come ha scritto Simone de Beauvoir: «Non dimenticate mai che basterà una crisi politica, economica o religiosa per mettere in discussione i diritti delle donne. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete rimanere vigili per tutta la vita».

Il cosiddetto ‘sistema’ dell’Arte contemporanea è intrinsecamente legato al mercato dell’Arte; un mercato controllato, in gran parte, da esigui gruppi finanziari. Ciò comporta, spesso, assenza di criteri oggettivi per stimare la qualità artistica delle varie espressioni.Qual è stata la sua esperienza in tal senso?


Sì, purtroppo il mondo dell’arte è controllato da un sistema finanziario internazionale. È un mondo difficile. Certe opere sul mercato si vendono a prezzi matti, inimmaginabili. A volte non si può capire l’importo esorbitante. Ci possiamo chiedere: l’opera ha un prezzo, ma qual è il suo valore? Comunque, molti artisti vivono al di fuori di questo sistema.


Cerf-volant, 90x90 cm


Taluni reputano che l'Arte non prescinda dal tempo per interpretare semplicemente lo spirito della Storia universale e che ciononostante essa sia congiunta alla finalità delle mode e a qualsivoglia ambito del gusto. Quali direzioni, mete o deviazioni vede attualmente caratterizzare il panorama artistico italiano e internazionale?

Certo, l’attualità influenza l’artista contemporaneo. Alcune opere della biennale parlano della crisi del Covid. Ad esempio, il primo premio esprime il dolore della quarantena. L’arte contemporanea ha un senso attuale che ci porta riflessione e viaggio.
Una direzione che pone degli interrogativi è il digitale. Ormai fa parte del panorama artistico e ci possiamo chiedere se l’assistenza della tecnologia nell’arte ha lo stesso livello di lavoro. E porta un’altra riflessione: e se domani l’arte diventasse solo tecnologia?

Può commentare l’aforisma di Ernst Jünger: «Il mondo diventa sempre più brutto e si riempie di musei»?

C’è molto da dire. Ernst Jünger ha vissuto la guerra con tutto ciò che comporta di sofferenza, di odio, di sangue versato. E ancora oggi le guerre, l’odio e la sofferenza dell’essere umano rendono il mondo brutto. Eppure, abbiamo bisogno di bello. I musei sono considerati come luoghi che richiudono tesori. Il pensiero che viene è: il museo esiste solo per custodire questi tesori? Oppure è anche una finestra aperta, in un luogo chiuso, che ci fa vedere il mondo più bello?


3 larmes pour Arthur Rimbaud, 80x80 cm






Chiara Avanzo: «Amo la realtà per ciò che è non per ciò che dovrebbe essere»

Chiara Avanzo (n. 1984, Biella) è artista visiva specializzata in monocolore (bianco/nero) e grafite.

Quali sono le sue prime impressioni e quali, secondo lei, le parole chiave di questa Biennale?

È stato il risultato dell'impegno e della dedizione del dott. Napoli e dei suoi collaboratori durante un periodo senza precedenti nella storia contemporanea. La mia prima impressione è stata di sorpresa, nell'accezione positiva ovviamente, nel vedere così tanta partecipazione. È qualcosa che paradossalmente non siamo più abituati a vedere. Le parole chiave, a mio parere, sono «dedizione» e «talento».

Come si intitola la sua opera, premiata alla Biennale, e qual è il suo messaggio artistico?

La mia opera si intitola end in Venice. Ho ritratto un colpo d'occhio dalla mia prospettiva, che mi ricorda un momento particolare della mia vita. Quando lo spettatore lo osserva, in realtà si immedesima in me e vede quello che ho visto io in quel momento particolare, con tutti i suoi dettagli.



end in Venice, 40x60 cm, grafite su carta, 2020


Idea ormai radicata è che l’Arte debba uscire dai cenacoli accademici per essere vissuta nella pratica quotidiana, così da produrre un’eredità concreta e tradursi in un’azione culturale efficace, sposando la filosofia postduchampiana secondo la quale ogni oggetto può diventare Arte.Quanto le sue opere integrano la tradizione a ricerche espressive innovative?

Tendo a considerare la mia tecnica di esecuzione estremamente tradizionale. Uso unicamente grafite e bianco e nero, non amo i colori. Ma la mia ricerca espressiva si basa sulla realtà nuda e pura. Attraverso la riproduzione di oggetti di uso comune o edifici decadenti, situazioni famigliari. Amo la realtà per ciò che è non per ciò che dovrebbe essere. A volte è cruda e spietata, a volte è semplice e senza profondità. Non cerco una via di fuga da ciò che è reale. Quindi, ritengo che le mie opere abbiano sì una tecnica definibile tradizionale, ma i miei soggetti, se non di gusto innovativo, sono senz'altro contemporanei.

L'arte contemporanea è caratterizzata da opere prodotte con tecniche e linguaggi interdipendenti: videoarte, pittura, fotografia, arte digitale, disegno, musica, happening, fluxus, performance, installazioni.Quali sono gli elementi peculiari del suo linguaggio, del suo codice comunicativo soprattutto rispetto al ʽfemminile’ rappresentato manifestamente oppure per libera scelta occultato?

Sicuramente un elemento base è la ricerca quasi maniacale del dettaglio. La tendenza alla perfezione (che non si raggiunge mai, ovviamente). Per questo i miei soggetti sono per la maggior parte dei casi oggetti inanimati, con una quantità di dettagli infinita. La dimensione femminile, come anche quella maschile del resto, è quasi del tutto assente.

Stante la sua personale esperienza, quali contorni assume lo status muliebre della donna artista in relazione all’affermazione della propria opera in un tempo in cui da più parti – sociali, economiche, politiche – si profondono riflessioni circa le sperequazioni di genere?

Nella mia esperienza che negli anni ha spaziato sia nel campo dell'arte figurativa che di quella scenica non ho mai subito ‘ghettizzazioni’ per via del mio sesso. Venivo considerata unicamente attraverso il valore delle mie opere. Tuttavia è innegabile che una sperequazione ci sia e che sia presente purtroppo anche nel mondo artistico dove, in realtà, il genere non dovrebbe avere peso alcuno.


Un corpo morto, 50x70 cm, grafite su carta, 2020


Il cosiddetto ‘sistema’ dell’Arte contemporanea è intrinsecamente legato al mercato dell’Arte; un mercato controllato, in gran parte, da esigui gruppi finanziari. Ciò comporta, spesso, assenza di criteri oggettivi per stimare la qualità artistica delle varie espressioni.Qual è stata la sua esperienza in tal senso?

La mia esperienza in questo senso è considerabile ancora agli esordi. Stimare la qualità artistica è tuttavia un argomento che rimane controverso proprio perché giudicare l'arte a mio parere è qualcosa che non può prescindere dalla soggettività. Si può giudicare oggettivamente la tecnica, ma non il messaggio o ciò che l'artista vuole esprimere.

Taluni reputano che l'Arte non prescinda dal tempo per interpretare semplicemente lo spirito della Storia universale e che ciononostante essa sia congiunta alla finalità delle mode e a qualsivoglia ambito del gusto.Quali direzioni, mete o deviazioni vede attualmente caratterizzare il panorama artistico italiano e internazionale?

Credo che l'arte debba sempre essere un passo avanti alla contemporaneità. Raccontare il proprio tempo va bene, ma l'artista si distingue per natura dalle persone ‘normali’ perché ha un punto di vista originale e diverso da ciò che vede la massa. In questo momento storico a mio parere si è un po' persa la volontà di uscire dagli schemi, di esprimere senza paure il proprio punto di vista. Alcuni, pochi, lo fanno e non solo nell'ambito figurativo.

Può commentare l’aforisma di Ernst Jünger: «Il mondo diventa sempre più brutto e si riempie di musei»?

Do la mia personale interpretazione: in un mondo in cui non si vede altro che guerre, morte e sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la necessità di esprimersi e di esprimere il proprio malessere diventa sempre più pressante. Gli artisti diventano in un certo senso coloro che danno voce a chi non ce l'ha. Per questo i musei si moltiplicano. Più il mondo abbrutisce, più si sente il bisogno di Arte.


A Pandemic life, 50x70 cm, grafite su carta, 2021




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A cura di Giusy Capone e Afrodita Cionchin

(n. 7-8, luglio-agosto 2021, anno XI)