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Inchiesta esclusiva. 33 testimonianze sull’attuale condizione dell’artista donna in Italia (II)
La nostra rivista ha avviato un’inchiesta esclusiva sull’attuale condizione dell'artista donna in Italia che raccoglie qui le testimonianze di 33 artiste, curatrici, galleriste, storiche, critiche d’arte, collezioniste, appartenenti a generazioni diverse e provenienti da differenti centri culturali e accademici della Penisola. Il progetto andrà avanti nei prossimi numeri, continuando ad arricchire la nostra rete per il dialogo interculturale. Tutti i contributi sono riuniti nel nostro spazio appositamente dedicato a questo progetto, Inchiesta esclusiva donna artista.
In questa pagina
intervengono Susanna Janina Baumgartner, Maria Gloria Conti Bicocchi, Silvia Bottani, Federica Càfaro, Paola Capriotti, Margherita Fergnachino, Nicca Iovinella, Mila Maraniello, Cecilia Martinelli, Emanuela Mastria, Concetta Modica, Marina Novelli, Anna Paolini, Francesca Pirozzi / Ellen G., Franca Pisani, Rosy Rox, Marzia Spatafora, Sabrina Ventrella.
(Nell’immagine, Anna Paolini, L'abbandono)
Un'altra pagina ospita gli interventi di Alessandra Angelini, Lucilla Catania, Lea Contestabile, Simonetta Ferrante, Serena Fineschi, Rosanna Gangemi, Silvia Giambrone, Veronica Longo, Beatrice Meoni, Veronica Montanino, Francesca Pasquali, Luana Wojaczek Perilli, Eugenia Serafini, Luminiţa Ţăranu, Paola Romoli Venturi.
Nel format che vi proponiamo, la riflessione scaturita dallo scambio di idee e punti di vista viene accompagnata da una ricca galleria di opere che va dalla pittura alla scultura e alle installazioni, dalla rilettura della tradizione alle contaminazioni disciplinari e al dialogo con il fumetto e l’illustrazione.
La prospettiva italiana ci offre punti di incontro con la percezione romena espressa nell’inchiesta esclusiva che abbiamo pubblicato nel numero di marzo, con 29 voci rappresentative dell’arte romena contemporanea.
Susanna Janina Baumgartner (artista e docente, Lugano, laureata all'Accademia di Brera)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Sono convinta, da brava alchimista, che femminile e maschile siano opposti necessari per uno scambio e in seguito una riunificazione. Un lungo periodo storico ha dato importanza al mondo maschile, ora è giunto il momento che il piatto della bilancia penda verso il mondo femminile. In Italia l’artista, donna o uomo che sia, dovrebbe raggiungere maggior peso e considerazione. Si tratta, non solo in Italia, di combattere contro stereotipi e pregiudizi, di acquisire la capacità di accogliere e trasformare, seguendo quello che il momento richiede e di non essere unilaterali.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Nessuna ricerca può mai ritenersi veramente conclusa. Approfondire è una necessità. A volte è giusto lasciare e abbandonare, poi riprendere con altre prospettive e visioni.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità?
Esiste. A volte può essere strumentalizzato o frainteso.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
L’arte non può e non deve essere vittima. Per questo parole come «cura», «responsabilità», «resistenza» e «rivoluzione» sono molto importanti, e tra l’altro, in italiano, sono al femminile.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Come donna rappresento il femminile e il suo mistero che non può che essere velato. Il velo e il nascondimento sono necessari in un mondo dove la trasparenza ha perso la forza di mantenere un giusto segreto; nucleo vitale di uno spirito senza sesso e senza tempo che appare e si nega nello stesso tempo.
Vi propongo qui due mie opere: 3 volte 3, che si riferisce alle tre fatidiche sorelle (Macbeth atto I, W.Shakespeare), e 4 dimensioni, che riguarda la struttura quadridimensionale dell'universo che comprende spazio e tempo.
Il 27 è l'elevazione al cubo del 3, un numero lunare perché la luna è visibile 3x9 notti su 28.
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3 volte 3 (la composizione con 9 elementi),
tecnica mista su carta, 37x 37 cm, 2020 |
4 dimensioni (il lavoro con un solo elemento),
tecnica mista su carta, 27 x 27 cm, 2020
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Maria Gloria Conti Bicocchi (fondatrice di Art/Tapes/22, centro di produzione Videoarte, Firenze)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Erano gli anni in cui le lotte femministe usavano affermazioni pragmatiche proprio per smuovere l’attitudine maschilista del mondo dell’arte (molte mogli di artisti famosi erano importanti artiste soffocate dalla fama del marito, Benedetta Marinetti, Sonia Delaunay ecc.). Oltre a essere artiste esse stesse, molte donne passate alla storia come ispiratrici dei loro compagni in realtà erano le vere autrici perché erano loro a indicare la visione giusta delle cause, loro, le artiste.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
A questa domanda posso solo rispondere che dipende dall’opera d’arte di cui si parla: l’arte comprende tutto dalla manualità al concetto alla progettualità e anche solo all’idea. Ci sono sempre mille altre cose oltre quelle che vengono proposte rispetto a ogni argomento, Rispetto all’arte poi niente può dirsi esauriente.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
No, l’arte è fatta solo da artiste e artisti, tutte le altre persone sono necessarie alla sua divulgazione ma l’opera esiste anche senza essere riconosciuta. Spesso i progetti sono fatti a tavolino anche con i critici d’arte, ma sono meno interessanti.
Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
No, se è arte vera. L’arte è sempre rivoluzionaria.
Silvia Bottani (giornalista esperta d'arte contemporanea, Milano)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Tutta la pratica di Solanas è stata segnata da una critica feroce, da un umorismo caustico verso le contraddizioni di un sistema che metteva ai margini le donne non allineate. Lei stessa ha rivendicato per sé una marginalità – causata anche da un disagio psichico che si è aggravato con il passare del tempo – che non le è mai stata perdonata, e che ha pagato in prima persona, fino alla morte in solitudine e alla scelta della madre di bruciare tutti i suoi scritti. Carla Lonzi la definiva «un soggetto imprevisto», il che mi fa pensare al concetto di «glitch». Più che la frase in sé, una provocazione che ribalta gli stereotipi legati alle donne e alla pratica dell’arte, mi sembra interessante l’anomalia che una figura così radicale ha rappresentato. Nella pratica delle artiste mi piace pensare che si ritrovi quel glitch, un disallineamento che rende la loro prospettiva particolarmente feconda e utile per provare forme inedite di relazione con il mondo.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
La ricerca è un processo inesauribile, sostanziale alla pratica artista. Non c’è altro di più importante.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Esiste una rete fitta di relazioni tra le professioniste dell’arte, da cui germinano continuamente proposte, progetti e scambi. Non è un sistema strutturato, ma credo che tragga forza anche da questa ufficiosità, da questa forma rizomatica e sotterranea.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
L’arte non è mai vittima, è sempre asserzione. Il patriarcato agisce attraverso gli apparati di potere e ha modellato per secoli il sistema dell’arte, ma l’arte è di per sé un anticorpo molto potente.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Non so dire quale sia la relazione tra la mia scrittura e la categoria del femminile. Penso di agire una scrittura ondivaga, sostanzialmente androgina, che si muove tra le polarità del maschile e del femminile. Ciò che penso come individuo, i miei giudizi morali, le mie convinzioni, non trovano necessariamente riscontro nella pagina scritta, anzi direi che il continuo gioco di perdita di sé nel personaggio, la rielaborazione del portato autobiografico che si liquefa nella finzione e l’assunzione di punti di vista contraddittori rispetto alla mia soggettività siano alcuni degli aspetti centrali del mio approccio alla scrittura narrativa.
Federica Càfaro (illustratrice e cantautrice, Pontecagnano Faiano, Salerno)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Secondo me la sensibilità e la creatività che delineano la figura dell’artista sono caratteristiche che dipendono difficilmente dal sesso al quale si appartiene, ma certamente questo, come il contesto culturale, sociale ecc. può influenzare il percorso e il linguaggio dell’artista stesso.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Nell’ambito artistico credo che sia impossibile parlare di conclusione della ricerca, in quanto ogni opera, ogni input rappresenta uno stimolo di crescita e di insegnamento. La teoria e la pratica camminano di pari passo e la tecnica funge, almeno per quanto mi riguarda, da mezzo per rendere più efficace il messaggio da trasmettere.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Attraverso i social è molto più facile creare una rete, sia tra coloro che si occupano in prima persona di attività artistiche, sia tra chi si approccia a tali discipline in maniera collaterale.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Per fortuna, essendo all’inizio della mia carriera di illustratrice, ho avuto poche esperienze di discriminazione e nel mio piccolo cerco sempre di sostenere le giovani donne che si affacciano al mondo del lavoro esortando a denunciare ogni tipo di discriminazione o pregiudizio.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
I soggetti che rappresento sono nella maggior parte femminili, mi piace enfatizzare degli aspetti prettamente femminili all’interno delle mie illustrazioni.
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Federica Càfaro, nightsky
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Federica Càfaro, hai da accendere?
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Paola Capriotti (artista ceramista, Napoli)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
«Un artista maschio è una contraddizione di termini». La Solinas non è certo un esempio di femminismo costruttivo. Il vero femminismo rivendica l'uguaglianza e non la soccombenza di un genere sull'altro, fosse anche quello femminile a dispetto del maschile.
In Italia, e non solo, certamente è ancora difficile l'affermazione della donna e lo è in tutti i settori. Tuttavia, proprio in quello artistico, le donne si sono e si fanno strada sempre di più. La creatività in senso stretto di fatti è una prerogativa maggiormente femminile e personalmente, nella mia attività di ceramista, l'essere donna non è stato pregiudizievole: a piacere è l'oggetto in sé non il soggetto che lo ha concepito.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Il giorno in cui la ricerca giungesse a termine sarebbe la fine di ogni cosa e non solo nell'arte. Tutti i dualismi e le antitesi elencate sono e resteranno sempre senza risposta ovvero senza quella risposta che è stata e sempre sarà la base di partenza del nostro esperire per tendere a una verità che il prodotto artistico rappresenta.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Giusto: l'arte crea una osmosi diretta tra tutte queste figure professionali che tutte insieme concorrono a renderla unica, un linguaggio universale avente un unico comun denominatore: i sentimenti.
Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Quello artistico è un linguaggio libero, che nasce dalla libertà intellettuale di chi la crea nella piena spontaneità del proprio gesto. Coloro che adattano il proprio linguaggio all'interpretazione di un messaggio predefinito da terzi non fanno arte ma propaganda nella piena consapevolezza di farla.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
I mie oggetti in ceramica, a prescindere da quello che rappresentano, sono tutti ʽfemminili’: ne possiedono la grazia, la leziosità, la delicatezza. Alcune opere poi sono espressamente dedicate alle donne: è il caso delle tavole in legno con lastre di ceramica dipinte che vengono rotte con un martello e ricomposte rappresentanti figure di donne. Le mie «donne fatte a pezzi» sono un chiaro invito agli uomini a non farci fare, nella quotidiana realtà, la stessa fine. Al mondo femminile inoltre, alla lotta contro il femminicidio e alla violenza operata sulle donne, ho dedicato la produzione di una serie di scarpette rosse che sono diventate il simbolo ufficiale di tutto questo.
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Paola Capriotti, Della serie non ci fate a pezzi |
Paola Capriotti, Della serie non ci fate a pezzi
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Margherita Fergnachino (restauratrice, artista e curatrice, Chieri)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Sarebbe bello poter dire che il periodo storico e il contesto sociale in cui ha vissuto Valerie Solanas e il Manifesto SCUM è anni luce lontano da noi. Purtroppo non è così, anche se molte cose sono cambiate, la strada da percorrere è ancora lunga e difficile. Siamo ancora molto lontane da uno Stato di diritto che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti delle donne. Basti pensare che ogni giorno, nel mondo, vengono uccise per femminicidio 137 donne, dati approssimativi visto che vengono citati solo quelli riconosciuti come tali. La classe politica e la visione del mondo è quasi esclusivamente maschile e tristemente le donne di potere guardano con occhi da maschio, allineandosi all’agire consueto del mondo maschile. Ritengo che «a male artist is a contradiction in terms» in base all’analisi che ne fa Valerie Solanas sia ancora attuale. Non tanto per esperienza diretta nel mio agire nell’arte, in quanto spesso scelgo mostre e tematiche che mi offrono possibilità di un confronto di arte al femminile, ma per quanto leggo e osservo.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
La ricerca non credo si potrà mai dichiarare conclusa e sarà sempre da approfondire se non si intende ravvedersi come correggere, ma come evolversi.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Penso di sì, anche se non sono uguali a tutti i livelli, dipende dall’uso che viene fatto dell’arte.
Margherita Fergnachino, Primo Marzo-Maternità
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Sì. Un collega artista non guarda l’orologio per mettere su cena. Un uomo fa arte, una donna ha un hobby, un passatempo, uno svago. Se digiti su Google critiche d’Arte, Wikipedia non ci prende neppure in considerazione, ma se cerchi al maschile ci dà un elenco di 274 pagine in ordine alfabetico di critici d’arte…. Stiamo imparando? Le cose stanno cambiando? Io spero e agisco perché questo accada, come scriveva Valerie Solanas, «nessuna vera rivoluzione può esser fatta dal maschio».
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Sicuramente e volutamente esplicito. La scelta dei materiali è un tratto forte delle mie opere, sono materiali quasi esclusivamente di recupero che portano con loro una storia di vissuto di incontro generazionale. Vecchie matasse di filato, lenzuola, merletti, strumenti e pezzi di archeologia industriale, bottoni, rame, ferro, ecc. Materiali non solo intesi come materia o strumento ma come ricongiungimento tra passato e presente. Per alcuni di questi materiali ne conosco la storia vera, il passaggio di generazione in generazione, i nomi di chi ha tessuto, usato, rammendato ed è una grande commozione riportarli sotto altra forma al ciclo incessante della vita. Le mie opere parlano del fare e del sentire di donne.
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Margherita Fergnachino, Tracciati Urbani, 2017
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Margherita Fergnachino, Mare Nostrum, 2020
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Nicca Iovinella (artista visiva, performer, Napoli)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Nel Manifesto di Valerie Solinas in SCUM-FECCIA, la scrittrice inglese critica con un linguaggio diretto e crudele l'idea del Patriarcato e cita la teoria ʽfreudiana’ dell'invidia del pene che si trasforma in invidia della vagina. Il binomio sessuale su cui si fondano, a suo dire, gli stati moderni sono a mio avviso ancora presenti nella nostra società, in percentuale ridotta rispetto alla realtà degli anni ’70, data della pubblicazione del manifesto.
Il mio pensiero, proiettando tale tema nella realtà artistica contemporanea, di cui umilmente sento di far parte da 20 anni di produzione artistica, è diametralmente opposto alla scrittrice. L'arte per me è sempre stata percepita come asessuata e non ho mai vissuto né percepito una differenza né di opportunità né di crescita stilistica fra uomo e donna. La vera opera d'arte con la A maiuscola è il risultato di ricerca e di sacrifici, e tali caratteristiche non possono né devono essere etichettate banalmente come arte al femminile e non. Il Rinascimento è ormai lontano, la società che indicava come miracoloso un talento femminile applicato alla pittura o a tecniche artistiche è legato alla storia. Adesso la donna artista è una realtà accolta come mera normalità di una evoluzione sociale.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
L'operare nel campo artistico comporta una grande onestà intellettuale e spirituale, una continua ricerca e sperimentazione. La prima difficoltà è mettere in campo una forte sensibilità pronta ad accogliere e a trasformare le sollecitazioni esterne e interne, intese come problematiche sociali e umane. L'impegno dell'artista è quello di utilizzare tale sensibilità nel documentare i cambiamenti e trasformarli in messaggi artistici, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, compreso il suo corpo. La ricerca non è, e non sarà mai conclusa, la ricerca sarà sempre l'unica risposta onesta al servizio del fare artistico.
Nicca Iovinella, Depositi N° 10
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
La mia esperienza in merito al raccordo fra collezionisti, curatrice e critiche è combattuta, dovrò citare su tale argomento il manifesto della scrittrice inglese Salenas quando cita l«invidia del pene» di freudiano riferimento. Spesso il rapporto fra artiste e istituzioni sopra citate è conflittuale, non sempre si riesce a costruire rapporti empatici di affinità, ma spesso il comportamento di tali istituzioni è caratterizzato da una frustrazione latente di chi avrebbe voluto fare l'artista ma...
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Resistere sempre, perché la prima difficoltà che si affronta per chi vuol fare arte in libertà come me è non la sessualità dell'artista, ma fare o meno parte di alcune caste, che sia riconosciuto il talento nel gruppo intellettuale di tale città e non. Tale casta detta le regole del mercato e della visibilità dell'operato artistico di un dato artista.
Questa cultura provinciale è quasi del tutto italiana, meno predominante in Europa dove la possibilità di esporre e le opportunità di dimostrare il proprio talento sono quantitativamente e qualitativamente innumerevoli. Il potere penalizza sempre la libertà di espressione, il talento e la cultura; è il risultato del patriarcato? Sicuramente, ma anche del matriarcato in piccola percentuale di non lontana memoria.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Louise Bourgeois diceva: «la mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma»… In termini concettuali e di ricerca artistica sono molto vicina all'affermazione dell'artista francese. Credo che di profondamente femminile ci sia l'esigenza e il coraggio di scavare a mani nude la terra generatrice, non curanti delle ferite e della fatica che l'azione comporti, in nome della verità che solo nel profondo si può trovare, partendo dalle origini familiari. Essendo io un'artista che ha scelto nell'istallazione-video e in atto finale la performance come suo linguaggio artistico, prendo in prestito per pochi minuti il mio corpo, è solo in questa circostanza che il mio essere donna si rende visibile al fruitore, ma è solo un mezzo, potrebbe essere anche un uomo o una persona qualsiasi, compreso un fruitore di passaggio, il concetto che c'è alla base della mia opera non subirebbe variazioni o mutamenti.
Mila Maraniello (artista visiva, Napoli)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Credo che l’asserzione sia riferita alla preminente presenza maschile nel mondo dell'arte. Nei libri e nella cultura in generale, l'attenzione è da sempre focalizzata quasi esclusivamente su artisti di sesso maschile, e tuttora è difficile affermarsi come donne-artiste. Anche l'arte contemporanea, infatti, valorizza in maniera significativa artisti uomini.
Valerie Solanas, nel suo manifesto tagliente, vuole evidenziare la mancanza, nel mondo dell'arte, di una visione prettamente femminile legata alla maternità, alla sessualità, alla disforia e ad altre condizioni esaminate quasi esclusivamente da un punto di vista maschile. La soluzione sta nel valutare in maniera ʽasettica’ le espressioni artistiche, a prescindere dal sesso e dalla vita privata del loro autore.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Un qualsiasi tipo di ricerca non può mai dichiararsi conclusa, e in particolar modo la ricerca artistica. Oggi, più che mai, c'è bisogno di riportare l’attenzione sul beneficio che la stessa – al pari di quella scientifica e tecnologica – comporta per l’essere umano sia come singolo sia come parte di una comunità. Nella società attuale si è portati a pensare al beneficio in termini di quantità, economia, velocità, risparmio, benessere... Il profitto artistico, ormai, è legato alla finanza e immischiato nei delicati meccanismi di un mercato elitario, le cui tendenze si manifestano tramite operazioni commerciali e culturali. Una ricerca, per essere portata avanti, ha bisogno di diversi supporti, che ultimamente, causa la pandemia da Sars-Cov-2, sono purtroppo venuti spesso a mancare.
Mila Maraniello, Sara
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Ogni artista ha bisogno di più figure professionali per poter riuscire nel suo intento. Parlando di esperienze personali, posso affermare, e non per misandria, di aver trovato più ponti di comunicazione con le donne. Credo che tale affinità sia dovuta ai temi trattati, più consoni al mondo femminile.
Ho avuto il piacere di collaborare con Daniela Wollmann, curatrice del Palazzo delle Arti Napoli (PAN), Daniela Marra, antropologa e mediatrice artistica, ma è in particolare con la critica d’arte Deborah di Bernardo – che ha più volte commentato le mie opere, cogliendone ed esplicandone il significato più profondo – che si è creata una particolare, corrisposta empatia.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
La presenza maschile è fin troppo numerosa nel mondo dell'arte. Il patriarcato ha fatto sì che molti concetti e rappresentazioni siano divenuti tabù: anche se, più che il patriarcato, credo sia la xenofobia a rendere le mie opere di più difficile comprensione. Il problema fondamentale, sia del patriarcato che della xenofobia, consiste nel meccanismo naturale di difesa causato dalla paura di non conoscere a fondo ciò che, semplicemente, è diverso da noi. Quando guardiamo un’opera la prima reazione deve essere puramente un commento sull’empatia che ne scaturisce, e la nostra conseguente interpretazione.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
La mia ricerca artistica si fonda sull’esplorazione dei ricordi d'infanzia, messi a confronto con gli standard imposti implicitamente dalla pubblicità. Il mio mondo ideale, popolato da colori sgargianti e luoghi ispirati a sogni febbrili, incontra uno scenario distopico, immagini inquietanti e personaggi da incubo. Mi ispiro moltissimo ai giochi che faccio con mia nipote, cercando di osservare attraverso i suoi occhi. I due mondi – innocente, quello di mia nipote, e delirante, il mio – anche se apparentemente distanti, si fondono perfettamente in un manifesto di femminilità molto forte. I miei personaggi sono interpreti di una realtà popolata di molestie, di ansie, di solitudine, di non accettazione e di dimensioni fortemente legati all’istinto materno innato.
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Mila Maraniello, Giochiamo a nascondino
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Mila Maraniello, Disgustata
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Cecilia Martinelli (pittrice, scultrice, ceramista, docente, Marzabotto, Bologna)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Mi trovavo in linea solo su alcune cose di Valerie Solanas espresse in SCUM quando ero più giovane. Con il tempo la mia mente ha iniziato a evolversi e a questa età e nel nuovo mondo che ha avuto una sua evoluzione, tali teorie lasciano il tempo che trovano. Purtroppo la società è nata con un sistema in cui sin dall’antichità a dominare è la figura maschile nei confronti della figura femminile, soprattutto perché ciò era dettato dalla legge della forza fisica che dalla preistoria all’antichità fino all’antica Roma è sempre stata fondamentale per vincere le guerre. Ma sappiamo che molte donne dell’antichità sono state basilari anche per far vincere delle guerre e dei conflitti politici e abbiamo nella storia anche donne che hanno governato. Ovviamente fino a oggi la parte maschile del sistema ha sempre avuto la meglio e le donne si sono conformate a tale sistema per ʽsopravvivere’. Sappiamo inoltre che le donne sono dotate di sistemi intellettivi molto avanzati e spesso tale nostra ʽsaggezza’ non sempre viene resa accessibile agli uomini.
Ciò che di Valerie Solanas ho avuto modo di leggere è vero solo in parte. Ritengo che la figura maschile possa essere educata e adeguata in funzione di una nuova società che oggigiorno è dettata dalla funzione culturale dell’intelletto che va educato in un sistema rivoluzionario, solo con un grande lavoro femminile anche genitoriale insieme al proprio uomo o compagno di vita, collaborando anche con le scuole dove si può formare e attivare una società di pari opportunità tra maschi e femmine. È nota la semplicità mentale maschile rispetto a quella femminile, e con la democrazia ʽpolitica’ noi donne potremmo fare molti passi in avanti. Sono anche dell’opinione che l’arte possa essere un mezzo molto importante per comunicare un nuovo modo di pensare, di riflettere, di educare una società come questa che adesso sta veramente conoscendo un cambio generazionale per il futuro. Abbiamo anche mezzi di comunicazione in cui è difficile ʽbloccare’ un’idea, un pensiero di sistema e come donna personalmente non mi sento di fare la guerra alla figura maschile dando risalto a delle mancanze, ma sento l’opportunità di dare un’educazione all’apparato mentale maschile di due diversità che collaborando possono arrivare a costruire cose meravigliose. Alcune mie opere sono impostate sul completamento della figura femminile con quella maschile dove la sensibilità femminile e di riflessione spesso contrasta con la figura maschile. Le opere maschili sono molto differenti dalle opere femminili, la parte maschile spesso punta sulla forza del segno, sul minimalismo, mentre la donna punta sul decoro che è spesso indice e lettura della sua sensualità, percezione spesso di pensieri intellettivi che precedono anche situazioni reali che devono ancora accadere. Le ricerche pittoriche, le teorie maschili erano spesso dettate da una ricerca stilistica, pittorica ma quasi mai di pensiero. Con gli anni l’arte ha cominciato gradualmente a essere parte integrante della politica ed è diventata sempre più un mezzo di comunicazione della politica per cui aveva la possibilità di coinvolgere le masse per governare. Oggi non è cambiato molto, l’arte è ancora strumentalizzata dalla politica e dai poteri forti, ma c’è qualcosa di diverso: è cambiata la comunicazione. Le generazioni future stanno cambiando la disparità tra l’uomo e la donna, che stanno iniziando a essere sempre più uguali perché stiamo accettando la parte intellettiva dell’individuo e sarà questo a dare forza a una parità tra i sessi. Uniamo l’arte contemporanea, diamo inizio a idee di forme nuove come l’arte contemporanea incanalata in un regime fiscale internazionale (nella Comunità europea dove già abbiamo alcune donne come rappresentati al potere), organizzando convegni internazionali per dare vita a un nuovo sistema pur mantenendo ogni paese le proprie caratteristiche culturali. Adoperiamoci con l’Europa a creare nuovi sistemi di controllo per il bene dell’arte contemporanea e sponsorizzare progetti culturali su scala europea collaborando tra noi, maschi e femmine. Solo in questo modo forse potremmo cambiare un sistema ʽmaschilista’ di cui molte donne artiste spesso si fanno divulgatrici senza portare soluzioni o proporre idee costruttive.
Ritengo che essere artisti oggi è anche cambiare un sistema attraverso le proprie opere che oltre a ideare dobbiamo essere in grado anche di costruire. I grandi sono diventati tali perché hanno fatto vedere cose, oggetti, un mondo con occhi diversi da un sistema abituato alla quotidianità e che oggi, se vogliamo essere artisti contemporanei ʽveri’, dobbiamo lottare per un sistema più giusto ed equo con la collaborazione di enti e istituzioni e con una democrazia ʽvissuta’ non solo parlata, insegnata anche nelle scuole e proprio in questo contesto l’arte potrebbe veramente diventare forte per la contemporaneità. L’arte contemporanea studiata come mezzo di unione delle culture potrebbe diventare una ricchezza per le scuole e non solo. Anche le scuole dovrebbero cambiare e in questo periodo ci sono molti che rimangono legati alle vecchie leggi per paura di perdere un potere. Questo è ciò che l’arte contemporanea deve distruggere come pensiero, deve raccontarsi e raccontare ciò che oggi potrebbe essere un nuovo trampolino di lancio e togliere quelle barriere patriarcali che si leggono in modo velato nelle esposizioni e alimentare la nostra istituzione per diventare un domani orgogliosi del paese in cui viviamo e poter essere di esempio per le generazioni future.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Facciamo una riflessione: fin dall’antichità l’uomo ha avuto necessità di raccontare e di raccontarsi e il segno o il disegno è stato la prima vera scoperta di espressione umana che con gli anni è andata evolvendosi. Siamo arrivati a concepire un segno, un disegno, un qualcosa che potesse racchiudere nell’individuo umano l’essenza dell’anima e ancora oggi con una civiltà così avanzata ci chiediamo il perché di tale esistenza. Ma sappiamo che tale materia che noi oggi chiamiamo ʽarte’ è l’unica cosa che ha reso grandi non solo il nostro paese ma i paesi del mondo, dando a ogni popolazione e a ogni individuo una personalità con i suoi monumenti, la sua moda e così via. Se riflettiamo su un segno a matita, su una pennellata tracciata al centro di una tela, possiamo trovare il tutto e il niente nello stesso momento e chiunque guardi e osservi il segno in una zona centrale nota qualcosa di diverso rispetto all’altra persona che gli sta accanto. Che cosa è questo e che cosa ci fa capire? Interpretazione, supposizioni, sensibilità individuale? Questo è il mistero dell’arte che rende tutto così enigmatico. Sono dell’opinione che sia proprio questa aurea di mistero e di non spiegazione – e anche la bellezza che le completa – a girare intorno alle opere che vengono realizzate da secoli dall’uomo. È la forza in un certo senso con cui noi paragoniamo le opere a forze ʽdivine’ posseduta dall’artista nel raccontare e nel raccontarsi e nella bravura di costruire e spesso di travolgere e di mettere nuovamente in discussione pensieri, teorie, e anche a volte come messaggi che anticipano ciò che deve ancora avvenire, dipende dalla sensibilità e dalla grandezza di sentirsi parte integrante del mondo dove colui o colei che crea non vuole essere giudicato ma vuole solo partecipare e la sua emozione è determinata esclusivamente da chi, osservandolo, lo apprezza per ciò che ha donato alla comunità e alla collettività.
Credo che essere artisti sia questo, ma di questi tempi, se ci riflettiamo, viviamo in un individualismo sfrenato dove i valori sinceri ed evolutivi dell’anima sono stati soppressi. Oggi abbiamo l’arte nevrotica dove tutto è determinato dai profitti economici personali dell’artista e non della collettività. Credo che un cambiamento radicale sia possibile solo se la collettività artistica (femminile) in tutti i settori collaborerà per riordinare le famose idee e sensibilità d’anima ritornando a prendere esempio da quegli artisti che nella storia hanno reso grande l’Italia, le cui stupende opere sono ammirate ancora oggi da milioni di persone. Bisogna prendere esempio da questi grandi artisti che hanno reso grande l’Italia con le loro opere e rendergli omaggio, organizzando laboratori in tutte le scuole, medie e superiori, delle aule di «arte e immagine» intitolate all’artista che ha reso importante la città in cui si trova la scuola. Queste idee forse sono utopistiche al momento, ma credo che se noi donne artiste saremo unite, riusciremo a costruire qualcosa di veramente storico in un momento come questo in cui il nostro mondo si mostra così fragile.
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Cecilia Martinelli, Divertiamoci,
tecnica mista
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Cecilia Martinelli, La Venere,
tecnica mista
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L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Il connubio esiste se lo vogliamo noi come teorici e attraverso la pratica dell’arte. Tutto è stato costruito con uno scopo dall’uomo, per vivere la comunicazione e la collettività. Collezionare è un modo di essere o dire agli altri: io sono o io posseggo qualcosa che tu non hai. Tutto è pura utopia e collezionare è anche un modo per dire che siamo esistiti e per lasciare qualcosa a qualcuno. Tutti abbiamo la mania di collezionare oggetti o opere per il piacere egocentrico della personalità umana, e questi scambi di opere, questo comprare all’infinito insito nell’individuo umano è una insicurezza della nostra non perenne esistenza sulla terra. Paure dettate dal mistero della vita e ci aggrappiamo a un qualcosa che costruiamo con la nostra mente parlando, esponendo, e confrontandoci per eliminare dalle nostre menti questa forma utopistica di cultura per sentirci importanti. Siamo donne, è vero, e spesso noi crediamo più nel valore del pensiero che emana un’opera che nel valore di mercato, cosa sempre presente nell’individuo maschile e meno in quello femminile. Nel mio percorso ho incontrato collezioniste che hanno arredato i loro uffici e le loro case, ma erano tutte imprenditrici e separate dai mariti. Le donne sposate con imprenditori spesso tendono ad annuire e a comprare ciò che il marito predilige. Quando facevo le fiere, se un uomo comprava un’opera al mio stand ed era accompagnato da una donna, si faceva consigliare da lei, quelli io li chiamo uomini di «altra portata». Esaminando, contemplando un’arte fiera e vivendola in prima persona, ti rendi conto di molte cose e di come il mercato sia dettato da una rete di pubbliche relazioni che uno riesce a tessere e in cui non importa se un’opera, non molto spesso, sia più o meno bella.
Sono dell’opinione che il mercato lo faccia l’artista non solo con le sue opere, ma anche con la sua persona, e ritengo il critico una persona che spesso ostacola il mercato. Tutto si gioca sulla comunicazione e di come questa comunicazione viene costruita. Gli artisti delle arti figurative devono diventare dei personaggi e non celarsi solo dietro la propria opera, devono essere acculturati, saper parlare di sé ed essere istruiti per affrontare anche delle discussioni se il caso lo richiede. Il critico è una figura costruita solo per la massa popolare dandole l’illusione che si può essere artisti, che con niente tutti possono diventare qualcuno, è il famoso meccanismo del nulla. Il critico è semplicemente uno storico dell’arte che spiega le opere degli artisti che non sono in grado di scrivere o che non hanno cultura, e che hanno l’illusione di diventare importanti se rappresentati da un critico, ma non è così. Solo con la costanza, lo studio e la dedizione forse riesci a comprendere questo mondo farraginoso e misterioso del mondo dell’arte e le idee, i lavori si sviluppano prima se a monte, oltre all’estro, c’è un bagaglio culturale formato, che ti dà la possibilità di raggiungere prima degli altri ciò che ti appassiona.
Prima era tutto diverso e tutto da costruire, ma oggi con i mezzi di cui disponiamo, il mondo si sta trasformando con specializzazioni, titoli di studio, questo metodo non è più concepibile ed è arrivato il momento di ammettere che esistono categorie intellettivamente molto più elevate e altre meno, ma questo è dettato da una scelta di vita che ogni individuo si costruisce nel tempo e niente è da invidiare o da odiare.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
L’arte è sempre stata e sempre sarà metodo divulgativo e di controllo delle masse e l’ho specificato molto bene nella prima risposta. È possibile uscire da tutto questo solo se unite possiamo lavorare raccontando, esponendo ciò che di reale esiste senza secondi fini. Unire le forze per creare artisti europei con le stesse leggi fiscali, costruire il registro degli artisti (non il registro dei collezionisti) può essere il mezzo migliore per dare la quotazione dei giovani emergenti, per la reperibilità delle opere rubate e un metodo per portare a tutti i paesi europei un profitto con l’arte contemporanea e investire questi soldi nelle scuole e nelle zone dove c’è più bisogno di progetti culturali. Io ci ho provato da sola, ma questo può solo essere dettato da gruppi di persone, di artisti che hanno esperienza, cultura e metodo in questo ambiente. Solo svegliando quella parte politica che ancora ʽsonnecchia’ sul da farsi. Noi artiste acculturate, che stiamo vivendo nostre idee da tanti anni ma abbiamo un carattere passionale, coraggioso, potremmo unirci per far venire fuori il meglio dell’arte. Sarebbe meraviglioso, senza pregiudizi o preconcetti, farlo in un convegno internazionale dove poter esporre le nostre idee, proponendo un sistema completamente differente da quello odierno.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
La mia espressione artistica rivolta al femminile è dettata dall’introspezione di me stessa e dalle fasi della crescita e della poliedricità che noi donne abbiamo dentro. Ciò che creo, realizzo è dettato solo da quello che provo e percepisco intorno a me come donna e le mie opere sono la rappresentazione palese della bellezza interiore che ha la donna. Riflettiamo: la donna è madre, la donna è una guerriera che difende ciò per cui vive, la donna è sensuale, la donna è amica, amante del suo uomo e con coraggio affronta tutte le avversità e prende decisioni. Alle donne che si sentono ʽfragili’ o sfortunate vorrei dare un consiglio: raccogliete tutta la vostra energia intellettiva e abbiate il coraggio di esternarla al massimo e vi accorgerete della grandezza della vita. L’arte permette di essere grandi e noi donne lo abbiamo compreso ma sbagliamo la maniera di divulgarla, ci adattiamo al pensiero maschile per avere uno status sociale. E continuiamo a farlo, spesso donne che hanno un potere anche se marginale e possono eventualmente avanzare in tale processo, iniziano ad agire e a pensare come un uomo, distruggendo la categoria della donna. Quando invece noi donne ci siamo poste in un modo diverso (per esempio, riuscendo a ottenere il diritto al voto), siamo state e diventate più orgogliose di noi stesse. Ma spesso questi esempi sono molto sporadici in una società ancora conformata al potere dell’uomo. Spesso non viviamo la nostra femminilità e la nostra sensualità in modo aperto e leggibile per paura di essere giudicate, criticate. Questo deve essere vissuto con naturalezza, cosa che spesso non insegniamo ai nostri figli, ma ci conformiamo agli stereotipi che per mio modo di vedere sono ormai automatici e privi di pensiero e di personalità. Questo modo di agire porta una società a privarsi di personalità e di autocritica, aiutando quei poteri forti che hanno lavorato per arrivare alla spersonalizzazione delle masse, dirigendole e usandole per meri motivi di lucro e potere. Ma il potere umano alla fine cosa sarebbe e cosa farebbe se arrivassimo un giorno in cui solo uno ha tutto e ha distrutto tutto? E la solitudine è la peggiore delle prigioni. Ora abbiamo una grande opportunità con la pandemia e mi auguro che in futuro l’Europa possa veramente diventare un sogno reale di democrazia e non solo un mezzo o un metodo per ottenere il dominio su cose e persone. Spero di insegnare e di far vivere la democrazia nelle scuole e forse solo in questo modo potremmo ricostruire, riscoprire valori che il metodo dell’apparire e della finanza ha distrutto.
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Cecilia Martinelli, La fertilità, 2019,
scultura
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Cecilia Martinelli, Donna lumaca,
tecnica mista
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Emanuela Mastria (artista visiva, Roma)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Penso che sia un’affermazione su cui riflettere e che sia utile approfondire il contesto storico in cui è stata fatta. Personalmente condivido il pensiero di Alice Neel: «All’arte non interessa se sei una donna o un uomo. Una cosa che devi avere è il talento e devi lavorare come un matto».
Nel mio percorso personale, tra le artiste e gli artisti che ho studiato e che amo, la più significativa è Niki de Saint Phalle. Un’artista. Dopo aver osservato le sue opere, approfondito la sua ricerca e la sua storia, ho avuto la consapevolezza che finalmente anche le artiste possono essere riconosciute come tali. Lei mi ha fatto vedere che è possibile essere un’artista.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Molti di questi temi sono presenti anche nella ricerca attuale. Il rapporto con lo spazio riguarda anche la mia ricerca. Il modo in cui l’essere umano interagisce con le opere che ridefiniscono o creano lo spazio mi interessa particolarmente, sia come artista che come fruitrice di opere d’arte.
Ho avuto l’opportunità di vedere di persona le opere di Monica Pennazzi. Interagire con La teoria della linea o con Planimetria 1907202020, prendersi il tempo di attraversarle e osservarle da diversi punti di vista, percepirne la spazialità, è un’esperienza suggestiva che suscita riflessioni profonde.
Emanuela Mastria, Il fazzoletto di Desdemona
(foto Giorgio Benni)
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Penso che confrontarsi sia indispensabile da entrambe le parti. Ho partecipato al progetto FEMM[E]. Arte [eventualmente] femminile, a cura di Anna Maria Panzera e Veronica Montanino e ogni incontro è stato prezioso. Ho avuto l’opportunità di ascoltare e di conoscere persone straordinarie con cui ho stretto legami personali e professionali. Durante le ʽmaratone’ in cui siamo state invitate a raccontare il nostro lavoro, con alcune artiste ho percepito una vicinanza, un’affinità di ricerca e di pensiero che mi ha stupita.
Il mio lavoro richiede molta disciplina e concentrazione che riesco a trovare solo nel silenzio e nella solitudine del mio studio. Ma nei momenti che precedono e seguono l’elaborazione, la progettazione e la creazione di un’opera, rapportarmi con altre persone è necessario.
L’installazione Il fazzoletto di Desdemona ha richiesto una lunga fase di elaborazione ed è stato fondamentale e determinante il confronto continuo con la curatrice Michela Becchis.
Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
«A ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà».
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
La risposta a questa domanda si trova nelle mie opere.
Emanuela Mastria, Il fazzoletto di Desdemona
(foto Giorgio Benni)
Concetta Modica (artista visiva, Milano)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
In quegli anni è stato necessario rompere in modo anche violento con un ambiente che non lasciava spazio alle artiste e alle donne. Oggi la situazione ovviamente è diversa, noi artiste siamo moltissime, ma c’è ancora tanto da lavorare sulla presenza e la consapevolezza nella presenza, innanzitutto nominando le cose al femminile.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
L’arte per me non è ricerca, non so cos’è, difficile definirla: è uno sguardo; è trovare, più che cercare, relazioni: con la materia, con le altre artiste e gli artisti; è una necessità: aspettare la nascita di un’opera come la nascita di un soggetto e non di un oggetto.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Sì, certo, è un grande dialogo molto costruttivo e piacevole, uno scambio di visioni, dobbiamo sempre più lavorare in relazione per costruire sorellanze e meno competizioni.
Trilogia di Orlando #2 la furia, 2018,
Nottilucente San Gimignano, a cura di Michela Eremita,
Photocredit Daniela Neri,
Courtesy FPAC Milano Palermo
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Ci sono una serie di dati e statistiche che dicono di sì. Io non so rispondere bene a questa domanda. L’arte è anche libera e libertà. Ho dei rapporti molto belli con gruppi di donne, con artiste, curatrici, critiche, mi sembra che tante hanno posizioni decisionali interessanti, ma c’è ancora tanto da fare.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Non lavoro su temi ʽfemminili’ o che riguardano le donne; se volessi, sceglierei temi femministi. È importante tener conto che le opere sono realizzate da uomini o da donne, ma non hanno temi maschili o femminili. Ultimamente sto lavorando a delle sculture, ritratti di Tizia Caia e Sempronia, voglio dare un volto femminile anche a chi non l’ha mai avuto.
Tessere sguardi, 2020, Casa degli Artisti Milano, a cura di Gina X,
Photocredit Susanna Ravelli, Courtesy FPAC Milano Palermo
Marina Novelli (scenografa, illustratrice e scrittrice, Roma)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
L’asserzione dell’autrice di SCUM è indubbiamente di genere, come tutta l’opera del Manifesto che appare pubblicato nel ’68, da tenere conto in quanto un tempo di grande fermento e contestazione mirata a rompere schemi ideologici ben radicati e come in ogni sovvertimento radicale, bisognasse ʽpicchiare duro’ e senza ʽmezzi termini’ al fine di ristabilire un nuovo assetto il più vicino, un minimo almeno, a quello predicato e forse intenzionalmente estremizzato a causa di questa sfiducia.
Nel caso della Solanas e del collettivo SCUM, nonostante sia convinta che non esistesse un divarico ideologico tra il loro conclamato e il mantenere le promesse dette, emerge a mio avviso un altro movimento che dal sociale sessantottesco sposta l’attenzione sull’individuo in prima persona, in tal caso l’Artista, e in particolare riguarda il suo subbuglio interiore. Sto parlando del suo bisogno, dello stato di continua necessità di soddisfarlo con la creazione, la necessità di dare vita e di emozioni forti dalle quali farsi travolgere.
Ci si sente vivi soltanto quando si attraversano le emozioni, diceva qualcuno, e per l’Artista, tale il creatore, è una condizione indispensabile in quanto dove si genera vita c’è creazione. Una peculiarità ma a volte anche una condanna.
Non ci sono distinzioni di genere in quanto detto, ma il divario tra Artista donna e Artista maschio è sempre esistito tanto da indurre alcune a usare pseudonimi maschili e la maggior parte a ricoprire con maggiore consenso un ruolo di modella o musa ispiratrice per il tale pittore o scrittore, piuttosto che alla pari.
A oggi, dopo numerose mutevolezze della società e del pensiero mi sento di testimoniare in prima persona che per dare la giusta voce alla propria creatività femminile ci voglia nonostante, una buona dose di tempra e prepotenza per entrare nel mondo del lavoro connotato da una forte presenza maschile e per guadagnarsi la spettata collocazione, in un paese dove il mestiere dell’Artista viene inteso nullafacente e tutt’altro che bene prezioso. L’affermazione, ahimè, riguarda tutti, uomini e donne con un maggiore scarto penalizzante per il femminile.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Se per ricerca s’intende il percorso dell’Artista sono convinta che non smetta mai di cercare fino all’ultimo giorno della sua vita e ogni tale giorno è come se per lui fosse l’ultimo, in modo di fare uscire il massimo da sé stesso dando forma alla sua idea di creazione. È un tormento dal quale non ci si arrende mai e quando appare sopito o assente in realtà lavora interiormente andando a toccare altri livelli ben più profondi della sua pelle, trapassa il misero involucro esterno, reale, dal quale l’Artista spesso trascende e trasferisce su tela o su carta o in note nel caso della musica.
L’allenamento, la sfida sta a mio modesto avviso e per esperienza, mettere un limite a un certo punto e soddisfarsi del risultato, seppure consapevoli che insistendo migliorerebbe ancora, ma correndo il rischio di seguire una chimera e non concretizzare mai nulla. Sì, esatto, lo scarto è proprio la materia, il prodotto creativo per assurdo, conteso tra il sensitivo e la ragione e l’abilità manuale e lo spazio temporale e fisico che permette e avvolge.
Da Cambio Pelle, graphic novel, storia, disegni e copertina di Marina Novelli
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Io credo che inizialmente l’atto della creazione riguardi solo ed esclusivamente il suo creatore e il bisogno di rispondere innanzitutto a quella necessità. Che poi l’Artista sia un comunicatore e tu abbia voglia di ripeterti di farlo solo per te stesso dopo esserti soddisfatto, il desiderio dell’Artista è che la creazione non resti nel cassetto ma ʽparli’ ad altri dei suoi contenuti.
Accade allora che l’opera più gente raggiunge e maggiore identità acquista, che fino a quel momento l’aveva soltanto per l’autore, e succede che se i contenuti sono universalmente riconoscibili si arricchisce di consenso, o dissenso a volte, ma si completa. Smuove energia che già lo è di per sé, una luce riflessa come quando si ammirano le sfaccettature di un diamante.
Quella rete di raccordo attorno è un buon sostegno per intraprendere certi percorsi, ma esistono delle forti e incisive realtà artistiche che mi seducono particolarmente perché arrivano direttamente allo sguardo di chiunque senza filtri e barriere, come la Street Art. Ecco, forse tra i miei ideali io ho letteralmente consumato la fantasia che l’Arte sia possibile e fruibile per tutti e faccia parte del nostro pane quotidiano.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Alcuni meccanismi tossici non salvano nemmeno le migliori intenzioni, sono il lubrificante di un certo burocratismo e l’Arte non sa difendersi perché non nasce per stare protetta, al contrario, e il talento artistico dovrebbe essere finanziato come un bene primario. La leadership patriarcale del nostro paese è ancora molto forte, nei valori morali e religiosi oltre che politici fino a quando, però, le donne ancora lo permetteranno. E per citare nuovamente Valerie Solanas e il suo manifesto SCUM in conclusione di questa chiacchierata: «Per bene che ci vada, la vita in questa società è una noia sconfinata…»
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Di veli me ne sono strappati moltissimi di dosso, fino ad arrivare alla carne viva, ritrovandomi spesso nuda o spolpata addirittura e con una espressione sempre più asciutta e diretta, seppur concedendomi la licenza di giocare con le parole o con le matite o i colori visto che nasco come disegnatrice.
Da diversi anni a questa parte mi occupo esclusivamente di scrittura, le parole e le storie narrate con questo piglio mi hanno dato le maggiori soddisfazioni. Il mio essere donna lo dichiaro, lo grido, e la mia femminilità se posso la esalto non nascondo quasi nulla dei miei punti di forza e questo ha un valore perché non celo nemmeno le mie miserie.
Mi uccido e rinasco ogni volta e non mi spavento più di stare alla mercé di quello che voglio raccontare.
La dimestichezza con la scrittura ora per me è nell’agire con meno compromessi possibili cercando di giocare con animo lieve e con assoluta onestà verso me stessa. Uno spazio libero dove le regole le faccio io e in quanto donna avente il massimo della libertà espressiva, infischiandomene molto più di quanto mi possa accadere nelle relazioni quotidiane.
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Da Cambio Pelle, graphic novel, storia, disegni e copertina
di Marina Novelli
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Da Cambio Pelle, graphic novel, storia, disegni e copertina
di
Marina Novelli
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Anna Paolini (illustratrice, Bologna)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
L'arte presuppone capacità introspettive ed empatiche che riescano a innescare comunicazione. Non penso si possa esonerare qualcuno da queste attitudini per il genere. Nell'arte come nella società credo sia evidente quanto il pregiudizio di genere contamini e precluda. La possibilità di espressione, la libertà di comunicare sé stessi per quello che si è, dovrebbe essere esentata da specifiche di genere e simili. Spesso, dove non si erge un ostacolo reale creato da altri, penso si inneschi il timore. Un timore dovuto a un condizionamento insito e difficile da sradicare, che rende difficile utilizzare un immaginario o un linguaggio.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Ci sono ancora stereotipi enormi che ostacolano il percorso di ognuna di noi. In tutti i campi. Non potersi dimostrare deboli per affermare il proprio diritto a essere, dover dimostrare capacità che in colleghi uomini vengono date per scontato. Di recente ho approfondito il tema degli stereotipi di genere e la complessità che li sorregge. Una trama intricata di doveri e modelli che vedono uomini e donne stereotipati in comportamenti, espressioni, mansioni. Rendersi conto che tutt’ora si è così condizionati non può che smuovere la voglia di lavorare per sovvertire queste dinamiche. Credo, quindi, che ci sia la necessità di affrontare questo tema e di approfondire più che mai, partendo dall’educazione, dalle scuole e facendolo grazie al potere comunicativo dell’arte.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Ho la fortuna di aver incontrato nel mio cammino professionale tante donne che hanno saputo fare rete e sfruttare la propria competenza creando dinamiche e realtà divenute importanti punti di riferimento nel settore editoriale e artistico. Editrici, curatrici e artiste. Donne capaci di creare grandi relazioni e ponti tra ambiti diversi.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Assolutamente, è innegabile. Ci illudiamo di essere in un’epoca di diritti, ma se ci guardiamo intorno e a volte anche allo specchio ci rendiamo conto di essere tutti condizionati da un’ideologia che si è fatta strada sottopelle. Fatta di limiti, stereotipi, classificazioni e quasi mai di merito. E il merito non ha genere.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
La figura femminile è al centro della mia comunicazione come soggetto e soprattutto come filtro per le emozioni. Il mio modo di elaborare sensazioni e stati d’animo passa attraverso una fase di grandi silenzi e di sguardi sospesi che traduco in immagini che associo alla figura femminile. Immagini che danno spazio ma che non sono per forza accomodanti. Non credo nel rumore a tutti i costi e credo che un’immagine silente spesso sia più potente e comunichi più forza come, ad esempio, nella mia rappresentazione di Artemisia Gentileschi (Logosedizioni, 2020).
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Anna Paolini, L'abbandono
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Anna Paolini, S'alza il vento
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Francesca Pirozzi / Ellen G. (artista visiva, Napoli)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Sono convinta che la creatività sia donna e che da sempre la donna, indipendentemente dal ruolo e dalla mansione che è chiamata dalla società a ricoprire, agisce istintivamente con una cura, con una perseveranza e con un’attenzione simultanea alla molteplicità, che in molti casi sono superiori a quelle che si manifestano nell’uomo e che in qualche modo tali aspetti conferiscono un valore aggiunto al suo operato, anche quando si tratta nello specifico di fare arte. Inoltre, a dispetto della millenaria egemonia del pensiero maschile razionale, ritengo che sia ʽsopravvissuta’nelle opere di molte donne che si sono fatte interpreti di un principio muliebre/materno ancestrale, quell’originaria specificità dell’arte primitiva che era al contempo atto sacro e sociale, in grado di connettere l’artefice alla sfera divina e di porlo in sintonia con l’ambiente e con gli elementi della natura. Questo penso sia un aspetto prevalentemente femminile dell’arte che andrebbe valorizzato e fatto oggetto di particolari tutela e attenzione.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Se è vero che molte giovani donne godono oggi di pari opportunità in molti settori della creatività, penso sia doveroso ricordare che la possibilità di un riconoscimento alle artiste è una conquista molto recente che si deve al lavoro tenace e pioneristico negli studi di genere operato soprattutto da storiche e critiche dell’arte delle ultime generazioni. E tuttavia, sicuramente molto ancora c’è da fare per riportare alla luce o approfondire le storie delle numerosissime e talentuose artiste che hanno vissuto in epoche precedenti alla nostra in condizioni decisamente sfavorevoli e che sono state relegate a una posizione marginale o addirittura oscurate dalla storiografia artistica ufficiale.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Oggi assistiamo a una vera e propria rivoluzione rispetto al passato per quanto attiene allo statuto e al ruolo delle artiste, che hanno finalmente l’opportunità di mettere in campo le proprie energie creative e di esprimere il proprio talento nella grafica e nelle arti decorative, così come nella pittura, nella scultura, in ambito fotografico, cinematografico e performativo. Trovo che in molti casi le artiste dimostrano attraverso il proprio lavoro una spiccata consapevolezza del legame fra realtà e questione femminile e una coraggiosa volontà di preservare e affermare l’essenza profonda della propria natura. Tuttavia, ritengo che, come accade in ogni ambito e in maniera trasversale tra i generi, purtroppo anche nel mondo dell’arte raramente si stabiliscono tra donne sinergie svincolate da interessi economici e/o di potere capaci di coinvolgere professionalità e figure diverse in un progetto umano e culturale di interesse comune. Ciò è a maggior ragione grave se si pensa all’enorme potenziale di trasformazione del mondo esprimibile attraverso la sorellanza, ovvero attraverso quello speciale legame basato su empatia e solidarietà che le donne sanno istintivamente instaurare tra loro al di là di qualsiasi differenza.
Retablo n. 1, terracotta ingobbiata e papier collé, 2014
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Non v’è dubbio che dalle origini del patriarcato l’arte ha smarrito il suo significato profondo e il proprio legame poetico e spirituale con l’intero cosmo. Prima, nell’Europa Antica, è esistita una società pacifica e poco stratificata, nella quale la donna era riconosciuta come figura centrale dell’ordinamento sociale del gruppo e punto di riferimento per i legami di parentela, nonché come interlocutrice privilegiata con la divinità. Questo tipo di organizzazione sociale, basata sul rispetto della natura e delle risorse disponibili, in grado di produrre agricoltura, allevamento, tessitura, ceramica e forse anche le prime tracce di scrittura, praticava il culto della Grande Dea, personificazione della nascita, della morte e del rinnovamento. Non vi era scissione tra sacro e profano, né tra natura e cultura, e ogni processo creativo, dal seminare al dipingere, dal preparare il cibo al fare ceramica, era intriso di rituali e di valenze religiose che richiedevano all’artefice una piena partecipazione fisica, mentale e spirituale a ciò che realizzava e riconoscevano all’oggetto del fare una sua propria ʽvitalità’. Con l’avvento della cultura razionale patriarcale e della produzione di massa, l’uomo acquista la piena comprensione e il dominio pratico della realtà e dei processi naturali, ma ne smarrisce il valore ecologico e il legame con il senso del sacro. In tal senso l’arte perde la propria anima e diviene appunto vittima di un sistema.
Purtroppo nel tempo questo sistema ha manifestato sempre più le proprie disfunzionalità e credo che mai come nel presente sia avvertita in modo così urgente l’esigenza di recuperare i valori perduti e di ripensare il senso dell’arte come termine di una visione globale e armonica dell’esistenza.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
L'origine dello pseudonimo, Ellen G., che ho adottato come artista, deriva dall'assonanza con la radice linguistica «lg» dalla quale, in greco, légo, ʽmettere insieme’; «lg» esprime pertanto il legame relazionale, la grande legge universale che porta all'esistenza i fenomeni: nulla esiste se non come relazione tra elementi. Questo pensiero rappresenta una costante nel mio lavoro che si determina, appunto, a partire dalla ricerca di correlazioni tra elementi del vissuto e del pensiero, talvolta desunti dal repertorio universale della storia dell’arte, come nei papiers collés, talaltra da quello naturale, iconico o simbolico, come nelle sculture ceramiche. Singolarità che dialogano, si contaminano, si fondono, mirando a una sintesi di armonia e di anelata bellezza. Trovo che questo approccio di ricerca della relazione e del dialogo abbia molto a che vedere con la ʽnostalgia’ per il modello di sviluppo e di organizzazione sociale equo e solidale nel quale affondano le radici profonde della nostra civiltà e dal quale hanno origine le strutture intemporali dell’inconscio. Si tratta evidentemente anche di una tensione al recupero del femmineo come valenza primaria dell’essere e del fare.
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Ellen G., La stanza del tempo
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Ellen G., Sogno lucido
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Franca Pisani (pittrice, scultrice e performer, Pietrasanta, Toscana)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Sono un'artista che ha vissuto i primi passi nella Poesia Visiva di Eugenio Miccini con Album Operozio, pubblicazione artistica manuale che garantiva agli artisti chiamati a partecipare una totale libertà espressiva, in aperta polemica con l'arte tradizionale della quale si rifiutavano tecniche, supporti e finalità, siamo nel 1976-78. Avevo venti anni, a Firenze l'arte d'avanguardia era per pochi e per le donne ancora meno. Ho vissuto con grande difficoltà la condizione femminile al punto che, dopo un inizio brillante, ho avuto problemi con il sistema. Ma questo mi ha reso autentica, profonda, le convinzioni maturate e mutuate dalle difficoltà mi convincono per una subitanea e continua evoluzione, sulla spinta di un'urgenza sperimentale che perdura ancora oggi. Quindi rispondo che il punto di vista di artista-donna mi rende molto forte, per me è stato un bene avere mille difficoltà, ho raccolto le forze, le energie più profonde e autentiche: L'ARTE VINCE SEMPRE.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
L'operazione artistica raggiunge la sua vera identità quando il talento si unisce alla cultura e alla libertà espressiva. Il problema attuale è raggiungere il segno, l'impronta digitale dell’artista, la più autentica, senza occhieggiare il mercato, la voglia di essere complicati, strategici, l'horror vacui estetizzante, opere rock, pop con una spolveratina new age. La sperimentazione non viene mai meno nel particolare clima sociale, artistico e politico in cui versa l'Italia e mi spinge a un progressivo avvicinamento a una serrata ricerca segnico-formale del tutto intima e interiore, in cui non viene mai meno la prospettiva sociale.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Nel panorama di una dimensione di ricerca, questo periodo è nuovo e fecondo per le collaborazioni con enti museali, istituzioni pubbliche e gallerie private che sposano totalmente il percorso di indagine dell'artista all'interno di una prospettiva che presenta tutto il suo potenziale innovativo come contributo alle convinzioni maturate e mutuate dell'arte, che mi convincono dell'urgenza sperimentale per un nuovo percorso artistico, una specie di metacorpo che racchiude idealmente ogni organismo vivente; temi che collegano mito e inconscio ricreano spazi mentali dalla forte connotazione segnica, un viaggio nelle memorie primordiali radici e rinascita.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Rispondo con le parole al femminile di donne che mi hanno seguito nel percorso dell'arte e che mi hanno dato la forza per descrivere l'arte dell'altra metà dell'umanità. «Quella di Franca è l'arte universale che non si pone limiti di sorta e che avvolge generosamente tutto il mondo», scrive Marzia Spatafora. «La parola scritta diviene così formula magica in una dimensione impalpabile, senza tempo», scrive Melanie Zefferino. «Sensibile al richiamo della fragilità, da qualsiasi settore minoritario e minacciato del mondo e della società», scrive Cristina Acidini. «Nei suoi teleri, i segni entrano nello spazio pittorico mossi da una forza che arriva da luoghi remoti, da oscure profondità e la convertono in una struttura rigorosa, che sfiora la monumentalità», scrive Marina Guida.
Quindi la risposta è nell'opera che appartiene alla caverna del rito collettivo, al fluido districarsi del progresso, all'umanesimo della vita sociale, perché l'identità femminile e le radici misteriose della vita camminano assieme e tendono a un'originaria sorgente.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Con Eugenio Miccini entro in contatto con Ketty La Rocca, esponente di spicco della corrente italiana della Poesia Visiva e inserita nel panorama delle avanguardie artistiche internazionali, che segnerà i miei primi anni di ricerca, attiva nelle dinamiche della lotta per la condizione della donna nella società, condivido con Ketty un approccio concettuale. Il mio manifesto illuminato del percorso artistico mi vuole ormai lontana dall'arte concettuale a temperatura fredda, auspico un ritorno sempre più serrato al manufatto e, di conseguenza, all'artista in quanto individuo.
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Franca Pisani, Poesia della memoria, 2019
(seta di Lione, ossidi, lacca)
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Franca Pisani, Movimento simbolico, 2020
(seta di Lione, ossidi, lacca)
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Rosy Rox (artista visiva, Napoli)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
L’affermazione di Valerie Solanas, provocatoria e assertiva, assume ancora oggi un grande valore se la si inserisce nel contesto storico in cui fu pubblicata. Parlo della fine degli anni Sessanta quando il movimento femminista, che pure aveva nobili precedenti nella prima metà del ventesimo secolo, comincia a delinearsi in maniera decisa e a diffondersi. Da allora sono passati più di cinquant’anni e in questo periodo, grazie all’impegno di tantissime donne in tutti i campi, in particolare in quello dell’arte che più ci interessa, molte cose sono cambiate avviando un processo ancora in fieri in cui certamente il ruolo della donna sta assumendo un contorno più netto e una presenza più definita. Credo, come da più parti già sostenuto, che oggi l’attenzione vada focalizzata sull’accettazione delle differenze e non solo «di genere». Ciò auspicabilmente porterebbe al superamento di ogni conflitto e alla realizzazione, per quanto oggi ancora utopistica, di un equilibrio armonico. Ma l’armonia, perché sia veramente tale, è prima un processo individuale poi collettivo. Solo così le differenze diventano ricchezza. Che cos’è l’arte, dopotutto, se non il superamento delle categorie – compreso maschile e femminile – attraverso l’atto creativo?
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
A una domanda così complessa che richiederebbe un’articolazione approfondita posso solo rispondere che la ricerca per sua natura non può mai definirsi esaurita perché a ogni approdo si propongono nuovi interrogativi. Credo, inoltre, che proprio la ricerca sui temi che lei suggerisce appartengano al definirsi dell’arte e degli artisti non solo di oggi ma di tutti i tempi. Si fa arte per rispondere ai nodi che avviluppano il proprio presente in un processo continuamente in divenire.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Sicuramente da alcuni decenni viene riconosciuta sempre di più attraverso ricerche storiche, mostre e saggi, il contributo femminile nei processi culturali. Certo il campo delle indagini e il recupero di una ‘verità’ storica vanno ancora approfonditi, ma si deve prendere atto almeno dell’avvio di una rete di raccordo di specifiche professionalità che, se strutturata, potrà aprire nuove procedure e nuovi orizzonti e soprattutto nuove possibilità.
Rosy Rox, Tempo interiore, 2012-13
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
La questione è complessa: certamente il ʽpotere patriarcale’ è un dato imprescindibile nell’analisi anche delle condizioni socio-politiche contemporanee. Il potere patriarcale ha subito una mutazione che stiamo ancora attraversando che si inserisce nel contesto attuale di crisi economico-sociale. Il nostro tempo fortemente segnato dalla violenza di genere – tanto più esplosiva quanto più il patriarcato è minato alle basi – ci rivela come modelli e strutture continuino a sopravvivere. Il dato nuovo è la consapevolezza che questo sistema sta collassando e che il riconoscimento del femminile, in quasi tutti i livelli, è ormai indiscusso. Il mondo dell’arte come sistema non è diverso da molti ambiti della vita sociale: va però anche detto che, in questo campo, da tempo assistiamo a un processo evolutivo che vede sempre più presenza femminile nei luoghi istituzionali.
Quando un artista lavora e produce un’opera porta sé stesso, le sue complessità, le sue contraddizioni e la sua unicità. Nella creazione artistica, che è un momento di assoluta libertà, gli artisti sono liberi di muoversi al di fuori degli schemi e dei meccanismi di potere, con assoluta indipendenza poetica. Il rischio è che poi questa libertà rientri in un sistema organizzato secondo un modello di impronta patriarcale. Forse la domanda da porsi oggi è quanto l’arte possa sovvertire questo modello e contribuire a creare altre modalità di coesistenza sociale a partire da una nuova capacità di relazionarsi all’altro, libera dalla logica della sopraffazione e dello sfruttamento.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Il nodo centrale della mia ricerca si concentra sulla condizione sociale dell’umanità e su tutte le problematiche che da essa derivano. Esploro soprattutto attraverso il corpo, i campi semantici dell’identità, alterità, memoria, tempo, dolore, consapevolezza… Tutto il mio lavoro parte da un profondo vissuto in cui è fondamentale il confronto con il reale. Si può dire che si basa su esperienze autobiografiche, nel senso che parte dalla vita e dalla relazione con gli altri e con ciò che mi circonda. Il rapporto con l’altro è fondante nella nostra esistenza con tutte le complessità che esso comporta. La mia ricerca artistica si orienta sull’analisi di queste dinamiche, nella costante volontà di comprendere la condizione esistenziale e sociale. In questo senso i confini tra arte e vita s’intrecciano. È, quindi, chiaro che il mio essere donna e il mio vissuto ha una sua evidente valenza nella scelta delle tematiche e dei suoi processi.
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Rosy Rox, Agile, 2020
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Rosy Rox, Monumento di passaggio, 2015
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Marzia Spatafora (curatrice e gallerista MS Spazio Culturale Brescia)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
Io non sono d’accordo con questa asserzione perché una donna è ʽcreatrice’ per costituzione e fare arte vuol dire creare. La donna è colei che procrea, condizione esclusiva femminile negata all’uomo. La donna dovrebbe pensare a questo suo stato privilegiato per riscattarsi di fronte a certe sopraffazioni maschili. In Italia la condizione delle artiste è senz’altro meno facile rispetto a quella degli uomini, ma bisogna considerare che si sono fatti molti passi avanti e le donne si stanno affermando sempre di più in Italia e nel mondo. La forza femminile è proverbiale!
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
La ricerca non finisce mai. Un’artista che si possa definire tale è sempre alla ricerca di Nuove Sperimentazioni perché il proprio animo è in eterno divenire e muta col passare del tempo arricchendosi di nuovi elementi. Le identità artistiche nuove sono espressioni di sé stessi.
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Secondo me ogni professione ha le sue peculiarità:
L’artista crea scevra da ogni condizionamento critico.
La critica ha il compito di sviscerare l’essenza dell’artista.
La collezionista è un’appassionata d’arte che vuole possedere l’opera.
La curatrice rende leggibile il lavoro intimo dell’artista al pubblico.
Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
L’arte prima di tutto è espressione di libertà. L’unico condizionamento può essere di tipo sociale e di sistema, nel senso che un’artista esprime il suo tempo e la condizione che vive. Non si può parlare di responsabilità di pensiero, l’artista deve poter denunciare la propria contemporaneità. Molti artisti illuminati colgono le condizioni future prima dei loro contemporanei e per questo spesso non vengono compresi e in alcuni casi sono addirittura denigrati. Talvolta succede che vengono apprezzati in tempi successivi.
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Franca Pisani, Ritratto Segnico, 2020
(seta di Lione, ossidi, lacca)
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Franca Pisani, La foresta di pietra, 2017
(tronchi d’albero, marmi di Carrara scolpiti)
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Sabrina Ventrella (scultrice, Roma)
Valerie Solanas in SCUM, manifesto del 1967, affermava che «a male artist is a contradiction in terms». Può commentare questa asserzione in riferimento alla condizione dell’artista-donna in Italia e all’eventuale specificità d’un punto di vista esclusivamente muliebre?
I suoi toni esasperati, il feroce attacco alla cultura patriarcale non possono non tener conto delle sue vicende famigliari: gli abusi continui da parte del padre, la separazione dei genitori che la portarono all’età di quindici anni alla vita di strada. Nel manifesto SCUM, le sue lucide analisi, i suoi sillogismi, seguono una logica che personalmente ritengo convincente. Ancora oggi la contemporaneità ci parla di un genere maschile più che mai in crisi con il proprio ruolo, di un processo involutivo in pieno corso, se paragonato allo sviluppo che invece sta avendo il genere femminile. Di conseguenza, quando Valerie Solanas afferma che «a male artist is a contradition in terms» si fa fatica a non essere d’accordo su ciò che indica siano le caratteristiche ʽdell’essere’ artista. Così com’è inconfutabile che storicamente la cultura sia sempre stata appannaggio degli uomini e che attraverso questa hanno sempre esercitato un potere sulle donne, le quali faticosamente si sono poi guadagnate, grazie alla loro caparbietà, uno spazio, a dire il vero con poche concessioni da parte degli uomini. Tuttavia, da amante dell’arte da sempre, non posso ignorare la bellezza dell’arte a prescindere da chi l’abbia prodotta. Se dovessi, ad esempio, giudicare un grande artista come Picasso riguardo alla sua sfera privata e alle sue relazioni col mondo femminile, le mie valutazioni non sarebbero positive, però amo l’artista Picasso per la bellezza che ha prodotto ed è innegabile che la sua innovazione ha portato un grande cambiamento nella storia dell’arte.
«La pelle dell’artista, reazione e resistenza, la materia tra apparire sensibile e intelligenza manuale, lo spazio, estetica ed esistenza» [1]. La ricerca si può dichiarare conclusa o ravvede tratti da approfondire?
Ho seguito con grande interesse il progetto della storica dell’arte Anna Maria Panzera e dell’artista Veronica Montanino sulla specificità «eventuale» dell’arte al femminile. Penso che sia stato affrontato con grande profondità e competenza, sviscerato con creatività e cura nelle sue complesse sfaccettature. Tuttavia, trattandosi di una ricerca che riguarda l’universo femminile, ritengo che non solo non possa dirsi conclusa, ma che sia in continua evoluzione. È peculiare nel carattere femminile, nella vita come nell’arte, sviluppare mondi immaginari, retaggio e necessità data dalla condizione che vedeva le donne segregate in ruoli minoritari. È proprio la necessità di evasione che ha favorito la capacità di immaginare mondi diversi, di trasformare la condizione di oppressione in forza creativa.
Sabrina Ventrella, Flusso Armonico, 2020
(opera commissionata dal VII Municipio di Roma nell'ambito del progetto Comunità Educante Diffusa,
per essere installata in un luogo pubblico)
L’arte non è fatta esclusivamente da artiste ma anche da collezioniste, critiche, curatrici. Esiste una rete di raccordo delle specifiche professionalità, un connubio tra i paradigmi teorici e le pratiche dell’arte?
Nella mia esperienza professionale, ho avuto occasione di incontrare molte donne operanti a vario titolo nel settore artistico (collezioniste, critiche, curatrici), e spesso si è trattato di incontri molto prolifici ed empatici. Senza voler generalizzare, ho riscontrato sovente in loro la capacita di anteporre grande passione agli interessi personali, a differenza di alcuni uomini che hanno la predisposizione a porre in primo piano il proprio ego, riflesso di una mentalità baronale che tradizionalmente appartiene al genere maschile, storicamente abituato ad avere l’egemonia e il potere sulla cultura. Credo però che la rivoluzione sia in corso e non potrà arrestarsi. Pertanto ritengo che, in effetti, una rete al femminile esista, anche se a volte l’apparato burocratico ne rallenta l’azione.
«Resistenza», «rivolta», «rivoluzione», «cura», «responsabilità» sono parole ricorrenti durante i convegni, le esposizioni, le mostre. Anche l’arte è vittima della coercizione, spesso istituzionalizzata, del patriarcato?
Come in ogni settore della società, anche il mondo dell’arte è stato ed è soggetto a un’organizzazione istituzionalizzata di tipo patriarcale. Il movimento femminista ha acceso un faro su questa condizione, rivendicando la necessità di un cambiamento, nella società e nell’arte. Percentualmente si riscontra ancora un numero maggiore di artisti uomini che espongono in luoghi istituzionali, rispetto alle artiste donne. Inoltre, seppur alcune cose siano cambiate rispetto al passato, quando moltissime artiste di grande talento hanno sacrificato la loro professione per sostenere l’arte dei propri compagni (Lee Krasner, moglie di Pollock in testa), tuttavia ancora oggi le donne, rispetto ai loro colleghi uomini, troppo spesso devono coniugare la loro professione con tutta una serie d’incombenze quotidiane. La cosa che noto però, confrontandomi con tante artiste donne, è la grande tenacia e caparbietà con la quale portano avanti i loro progetti, anche a costo di notevoli sacrifici.
Quali sono gli elementi peculiari della sua espressione rispetto al ʽfemminile’ rappresentato esplicitamente o velato?
Il linguaggio artistico che ho sviluppato nel corso del tempo unisce le tecniche tradizionali, che fanno parte della mia formazione accademica, con l’utilizzo dei materiali di scarto. La scoperta del fascino dei materiali di scarto, così carichi di memoria, è stato un punto di svolta per lo sviluppo di un mio linguaggio originale, poetico e onirico, congeniale alla mia immaginazione, con la quale do vita a un universo visionario. Si tratta spesso di narrazioni introspettive, con le quali esploro, attraverso una serie di personaggi femminili, le molteplici percezioni sottili proprie dell’universo muliebre. Parallelamente con lo stesso sguardo indago i temi sociali.
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Introspezioni Onoriche tra Meraviglia e Visione, libro d'artista, 2016
acquisito dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea Roma
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Sabrina Ventrella, Sorelle (Immaginando), 2021
assemblage - pittura
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A cura di Giusy Capone e Afrodita Carmen Cionchin
(n. 4, aprile 2021, anno XI)
© Tutti i diritti riservati
NOTE
[1] In Femm[E]. Arte [eventualmente] femminile (2019, Bordeaux Edizioni), a cura di Anna Maria Panzera e Veronica Montanino.
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