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Le Madonne dipinte da Leonardo Da Vinci
Leonardo da Vinci [1] fu il genio in assoluto del Rinascimento, che rivoluzionò le arti figurative e la storia del pensiero e della scienza.
«Uomo d'ingegno e talento universale, considerato uno dei più grandi geni dell'umanità, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza: fu infatti scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, matematico, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista». [2]
Alcuni cenni sulla vita di Leonardo
Nato come figlio primogenito da una relazione illegittima tra il notaio ventiseienne Piero da Vinci e Caterina, donna d'estrazione sociale modesta, ebbe moltissimi fratellastri e sorellastre, tutti più giovani di lui, con i quali non ebbe molti rapporti, ma invece molti problemi dopo la morte del padre, sull'eredità. La sua nascita è specificata in un antico libro notarile trecentesco, in cui il nonno paterno dichiarava: «Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte (secondo il calendario gregoriano, il 23 aprile alle ore 21:40). Ebbe nome Lionardo. Battizzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni, Meo di Tonino, Pier di Malvolto, … ecc.». [3] Il luogo di nascita non è indicato in questo documento, ma si considera essere stato Anchiano, dove la famiglia di ser Piero possedeva una casa e un podere.
Nel trattato Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori del Vasari pubblicato nel 1550, nelle pagine dedicate a Lionardo da Vinci viene detto: «Adunque mirabile e celeste fu Lionardo, nipote di ser Piero da Vinci, che veramente bonissimo zio e parente gli fu, nell’aiutarlo in giovanezza» e aggiunge: «Quantunque non funse leggittimo figliuolo di Ser Piero da Vinci, era per madre nato di buon sangue». [4]
Insieme ad altri giovani artisti del tempo (Sandro Botticelli, Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di Credi), Leonardo fu allievo nella bottega di Andrea del Verrocchio, dove l'attività era poliedrica, dalla pittura alle varie tecniche scultoree (su pietra, fusione a cera persa e intaglio ligneo), fino alle arti «minori». Era stimolata soprattutto la pratica del disegno, che portava tutti i collaboratori a un linguaggio pressoché comune. Il giovane Leonardo s’interessò anche alla scuola di Antonio del Pollaiolo, dove si conducevano delle ricerche anatomiche, molto utili per il futuro scienziato. Dopo Firenze, visse a Milano alla corte di Ludovico il Moro, inviato in qualità di musico da Lorenzo il Magnifico. Leonardo si era dichiarato però, in una sua lettera scritta al Moro, «capace di inventare e costruire congegni bellici, di progettare opere di architettura, di fondere in bronzo e scolpire, di dipingere». [5] E fu qui che egli svolse la sua intensa attività di pittore, lavorando anche un monumento scultoreo per Francesco Sforza e preparando come scenografo spettacoli per le feste; egli si dimostrava anche un bravo ingegnere militare e architetto. A Milano studiò e approfondì argomenti scientifici di fisica e di scienze naturali. Dopo la sconfitta di Ludovico il Moro (il 16 marzo 1500) fu costretto a lasciare Milano e partì insieme al suo grande amico, il matematico Luca Pacioli [6] e all'allievo Salai [7], per Venezia, fermandosi prima a Mantova, alla corte di Isabella d'Este, alla quale disegnò un ritratto. Lasciata Venezia, dove aveva fatto degli studi per apprestamenti difensivi, ritornò a Firenze e si dedicò alla pittura, senza trascurare la scienza, specialmente la geometria. Sono di questo periodo le tele Sant'Anna e la Vergine e il Bambino.
Leonardo ricevette anche diverse commissioni dal re di Francia Luigi XII e tra il 1502 e 1503, lontano da Firenze, fu al servizio del duca Valentino (Cesare Borgia), che era amico di Luigi XII. Seguì un periodo di vari viaggi a Urbino, a Rimini, a Cesena, a Pesaro, a Cesenatico e in altre città delle Marche e della Romagna, dove studiò problemi d’idraulica e di fortificazioni. Descrivendo questi luoghi portò un importante contributo alla cartografia. Di ritorno a Firenze si occupò per Pier Soderini [8] «di pittura, di questioni militari e di canalizzazioni, a scopo sia pacifico, sia militare (alcuni progetti arditi e utopistici sono tuttavia impressionanti per la lucidità della progettazione) e incominciò a studiare il volo degli uccelli e le leggi dell'idrologia».
I suoi appunti dimostrano una visione d'insieme sulle «forze prime» attive nella natura. Le delusioni avute dopo l’infelice destino del grande dipinto murale della Battaglia d'Anghiari (che è rimasto ancora un mistero) nella Sala del Gran Consiglio del Palazzo Vecchio di Firenze e dopo l’insuccesso dei suoi progetti di ingegnere a causa «dell'incomprensione degli artisti e dei mecenati fiorentini verso il suo travaglio di ricercatore», andò di nuovo nel 1505 a Milano, dove rimase per tre anni e studiò sistemi di chiuse e di canali navigabili. Alcuni suoi disegni sono serviti a Luigi XII nel Bresciano durante la battaglia di Agnadello del 14 maggio 1509. Altri studi importanti furono condotti sulla navigazione fluviale, sull’anatomia e sulla botanica. Chiamato nel 1513 a Roma da Giuliano de' Medici, si vide escluso dai grandi progetti per la cattedrale di San Pietro e per la decorazione del Vaticano e portatogli via il trattato De vocie che aveva composto e ostacolato nelle sue ricerche di anatomia, continuò a dedicarsi alle scienze. Nei suoi appunti si legge: «li Medici mi creorno e destrusseno». [9]
Come non aveva interrotto in questo tempo i rapporti con la Francia, accettò nel 1517 l’invito fattogli da Francesco I che gli dava residenza nel castello di Cloux (Il maniero di Clos Lucé) presso Amboise insieme a una pensione annua come «premier peintre, architecte et méchanicien du roi». Leonardo portò con sé in Francia tre dipinti: un San Giovanni Battista giovane, la Madonna col Bambino e sant’Anna e il ritratto d’una dama eseguito «a istantia» di Giuliano de’ Medici, ovvero la Gioconda, insieme a una «infinità di volumi» di appunti; e benché impedito da paralisi alla mano destra, continuò a lavorare ad altri studi di anatomia, d'architettura (progetto per il castello e il parco di Romorantin [10]) e di apparati per le feste. Il 29 aprile 1519 faceva testamento e dopo tre giorni moriva.
La più gran parte degli scritti di Leonardo è scomparsa e quello che ci è rimasto è costituito da «annotazioni non sistematiche, spesso riunite dall'autore senza nesso logico, anche se lo stesso Leonardo aveva dichiarato di voler dare una disposizione più ordinata alle sue teorie». Tutto ciò che esiste proviene più o meno da quello che Da Vinci ha lasciato in eredità a Francesco Melzi, il suo allievo prediletto e dopo la morte di questo (1570) fu disperso; una parte è entrata in possesso di Pompeo Leoni, scultore ufficiale del Re di Spagna Filippo II, che smembrò i materiali formandone poi delle raccolte arbitrarie.
L’elenco delle biblioteche, degli istituti e dei vari enti europei (di Francia, Inghilterra, Spagna, Italia) in cui questi quaderni, disegni, e codici si trovano è impressionante. Alcuni quaderni, come quelli di Madrid (su argomento vario o sulla statica e meccanica) «per lungo tempo ritenuti smarriti, pur conoscendosene l'esistenza», furono ritrovati nel 1966. La difficoltà della decifrazione dei suoi scritti è dovuta anche al tipo di scrittura di Leonardo che era mancino e che, usando la mano sinistra, aveva una pagina «a specchio» (cioè con le lettere e le parole orientate da destra verso sinistra), secondo la testimonianza di Luca Pacioli nel 1498 e non «per motivi di segretezza, come è stato fantasticato». [11]
L’opera pittorica - Le Madonne di Leonardo
Nella pittura di Leonardo si ritrova lo spirito cosmico dell'universo, la natura multiforme alla quale l’artista cercava di scoprire i segreti per tracciare poi delle ‘regole’. La novità grafica delle sue ricerche scientifiche, l'interesse per il fenomeno naturale o per i moti dell'animo si ritrovano nella sua raccolta postuma di appunti Trattato della pittura e anche in altri scritti che testimoniano il suo pensiero estetico. Per le moltissime possibilità evocatrici che ha, egli considera la pittura superiore alla scultura e alla letteratura. Parlare sulle opere di Leonardo sia artistiche, sia scientifiche (di anatomia, botanica, matematica) o di tecnica e meccanica, d’architettura e d’ingegneria è molto difficile perché le sue invenzioni in tutti questi campi hanno confermato la sua straordinaria capacità di penetrare i segreti del mondo conosciuto e sconosciuto, e le sue idee si trovano alla base di quasi tutte le scoperte fatte fino ai nostri tempi. Lo dimostrano le esposizioni delle macchine inventate da Leonardo che IBM ha allestito in Francia, a Clos Lucé, e in Italia, a Vinci. Se si visitano i musei del mondo, nelle gallerie dove la maggior parte delle opere pittoriche appartiene agli artisti italiani, le più celebri sono quelle di Leonardo. Nella produzione pittorica del grande artista e scienziato, un posto speciale lo occupano le sue Madonne con Bambino, in cui Leonardo – che fu molto apprezzato e imitato ai suoi tempi – trovò nuovi modelli iconografici anche per i temi tradizionali, come l’immagine di Maria che tiene in braccio il figlio. Nel Quattrocento, c’erano due tipi di rappresentazione delle Madonne: con il figlio proteso verso la madre e attaccato al suo seno, con un gesto di tenerezza, o afferrato a un lembo della veste, o con Maria circondata da angeli, in adorazione del figlio divino. Nelle sue opere Leonardo ha rinnovato l’immagine mariana, introducendo modifiche sostanziali agli schemi tradizionali e usando un altro stile artistico.
La Madonna del garofano
Negli anni 1473-1478, quando lavorava ancora nella bottega del suo maestro, Verrocchio, Leonardo dipinse la Madonna del garofano, un quadro in cui la Vergine, in piedi, presentata a mezzo busto, offre questo bel fiore a Gesù Bambino che è seduto nudo accanto a lei, su un cuscino. Il piccolo vuole afferrarlo con le sue manine. Maria porta un abito variopinto, ricco di pieghe, stretto al petto da una bella spilla con un grande zeffiro circondato di perle. Il vaso che si trova accanto a lei, è stato molto lodato dal Vasari nelle sue Vite: «aveva imitato la rugiada dell’acqua sopra, sì che ella pareva più viva che la vivezza». La Madonna, che sembra che stia giocando con suo figlio, che non sorride, essendo piuttosto turbato da quel dono, è malinconica.
Leonardo, Madonna del garofano, 1473-78,
olio su tavola, 62x47 cm, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek
Il garofano è un simbolo molto significativo, perché i suoi frutti a forma di piccoli chiodi, sono associati alla Passione di Cristo, essendo chiamati anche «chiodini». In una leggenda medievale si parla delle lacrime di Maria, che mentre piangeva sotto la croce di Gesù crocifisso, diventarono, cadute sulla terra, garofani. Il valore del fiore è allegorico, una premonizione del destino del figlio. Il paesaggio che si apre alle spalle della Vergine è cromaticamente molto ricco: i monti e il cielo, in lontananza, sono azzurri. Le finestre ad arco creano contrasti di chiaroscuro, rendendo più grandi i personaggi nel primo piano. L’acconciatura della Vergine, il velo trasparente, ricordano la maniera di dipingere del Verrocchio. Queste novità artistiche di Leonardo spiegano l’influenza esercitata dalle sue opere sulla creazione dei suoi contemporanei. Il volto di Maria e il trattamento finissimo dei suoi capelli ricordano l'Annunciazione degli Uffizi.
Leonardo, Madonna del garofano, 1473-78, particolare
Leonardo ha sempre cercato di evidenziare la dimensione umana dei suoi personaggi sacri, che sono spesso privi di aureole e fanno dei gesti spontanei, conformi ai loro «moti dell’anima», come usava chiamarli. Così sono tutte le sue Madonne, sincere, che trasmettono bontà e tenerezza, come la Madonna Dreyfus, o la Madonna Benois, che fa lo stesso gesto di offrire al bambino un fiore e nella Madonna Litta (dipinta più tardi ma giunta a noi attraverso la copia di un allievo). L’immagine della Madonna Litta che allatta il bambino come qualsiasi madre, vuole esprimere il carattere sacro del tema universale della maternità.
La Madonna Dreyfus
Leonardo, Madonna Dreyfus, 1469 cca,
olio su tavola, 15,7x12,8 cm, Washington, National Gallery of Art
Conosciuta anche sotto il nome di Madonna della melagrana, la Madonna Dreyfus è un dipinto attribuito a Leonardo da Vinci o a Lorenzo di Credi. L'attribuzione a Leonardo è datata in genere al 1469 circa, il che significa che fu il primo dipinto su tavola autografo conosciuto, eseguito dal pittore all'età di circa diciassette anni; l’attribuzione a Lorenzo di Credi tra il 1475-1480 circa, indica invece di essere solo una copia di un originale leonardesco perduto. Documentata per la prima volta nelle collezioni di Gustave Dreyfus a Parigi, l’opera passò, dopo la morte del pittore, ai suoi eredi, che decisero nel 1930 di metterla in vendita. [12]
La Madonna col Bambino si trova in una stanza, con due finestre sullo sfondo di una parete scura, dietro le quali si vede un luminoso paesaggio di colline. Su un parapetto in primo piano si trovano Maria con il suo manto e il Bambino, che sta in piedi (una maniera di presentazione derivata dall'arte fiamminga, che all'epoca era molto in voga a Firenze). Maria tiene in mano una melagrana, che è un simbolo di fertilità, ma anche una prefigurazione del sangue di Cristo che verrà versato, a causa del colore rosso dei chicchi. Il Bambino, nudo e in piedi, prende con la manina alcuni chicchi e li porge alla madre. Lei lo guarda con un'espressione strana, non allegra, come se conoscesse già il destino tragico del figlio.
La Madonna Benois
Leonardo, Madonna Benois, 1478 cca, olio su tavola trasportato su tela,
48x31 cm, San Pietroburgo, Museo dell'Ermitage
La Madonna Benois deve il suo nome alla famiglia che ne fu a lungo proprietaria, i Benois, che l'aveva acquistata nel 1824 ad Astrachan’, da un mercante d'arte di nome Sapoznikov. Si trova nel museo russo dal 1914. L'opera, conosciuta anche con il nome Madonna del fiore, èsicuramente leonardesca; la Madonna si trova col Bambino sullo sfondo di una stanza scura, rasserenata dal colore del cielo che entra sulla piccola finestra aperta dietro i santi. Maria, che sta seduta, regge in una mano un fiore e tiene sulle ginocchia il figlio che vuole afferrarlo, cercando di coordinare i movimenti con lo sguardo concentrato, come fanno i bambini piccoli.
Secondo alcuni specialisti, i quattro petali del fiore sarebbero un'allegoria della futura crocifissione. Il modello iconografico sembra essere stato la Madonna di Domenico Veneziano nella collezione Berenson, in cui Maria porge al Bambino un bocciolo, o un piccolo pero, un’allusione forse al Peccato originale che Cristo laverà con il suo sacrificio. Maria è giovanissima e, contrariamente alla tradizione iconografica, «sorride guardando la tenera goffaggine del figlio e tra loro si crea un rapporto di serena famigliarità». La presentazione dei personaggi sacri in questa tela mostra una svolta stilistica nel soggetto, in cui agli schemi tradizionali viene preferito invece un accurato studio dal vero, come nella realistica fisionomia del Bambino. Non ci sono gli abbellimenti delle proporzioni che facevano dei fanciulli uomini in miniatura, e la gestualità qui è molto naturale. Con quest'opera Leonardo iniziò a divergere dalla maniera di dipingere dei pittori fiorentini di spicco, come Botticelli, il Ghirlandaio e il Perugino, perché per lui il dipinto non era più un «esercizio di maestria», ma piuttosto un modo di interpretare e conoscere la natura. «Al posto del nitido disegno dei fiorentini, prezioso ma innaturale, Leonardo contrappone un delicatissimo ‘sfumato’, con cui l'artista coglie i valori atmosferici e la mutevolezza dei lineamenti e dei contorni, soggetti alla mutevolezza delle psicologie e del cosmo». [13]
La Madonna Litta
Leonardo e allievi, Madonna Litta, 1490,
tempera su tavola, 42x33 cm, San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage
La Madonna Litta è un dipinto attribuito generalmente a Leonardo da Vinci, ma eseguito in gran parte da uno dei suoi allievi, forse Giovanni Antonio Boltraffio o Marco d'Oggiono, su un originale probabilmente perduto del maestro. Al Museo dell'Ermitage il quadro è presentato come opera di Leonardo da Vinci. L'attribuzione a Boltraffio è discussa, benché sia sostenuta dai maggiori esperti. Un'altra ipotesi è l'attribuzione a Marco d'Oggiono. La Madonna Litta è stata lavorata forse durante il primo soggiorno del maestro in Lombardia, alla corte degli Sforza. Secondo il professor Carlo Pedretti, proprio nella Madonna Litta si vedono le prime tracce del cosiddetto leonardismo, cioè di una vera e propria scuola lombarda di pittura diretta dallo stesso da Vinci e caratterizzata da un modo di rappresentare le figure «molto nitide e con colori vivaci rispetto al passato». Oggi esistono due bozzetti a mano di Leonardo della Madonna Litta, esposti uno al museo del Louvre e l’altro allo Städel Museum di Francoforte. [14]
Il quadro rappresenta Maria che allatta il Bambino, guardandolo con tenerezza. È ritratta in una posa naturale e disinvolta. Sullo sfondo c’è un paesaggio montano sotto il cielo sereno, come nelle tele leonardesche. La Madonna ha un volto candido e i capelli morbidamente intrecciati. Il copricapo finemente lavorato dona lucentezza alla chioma e la stacca dal buio della stanza. La sua mantella riprende il colore del panorama. Dalla veste rossa di velluto è visibile il seno destro rigonfio di latte materno. «Pudicizia e femminilità». [15] Il Bambino è finemente rappresentato «non come neonato, ma all’età di circa un anno. Egli osserva un punto, mentre è sostenuto dalle mani della Madre. Il corpo in torsione del Bambino è un altro elemento classico leonardesco. Vicino alla Vergine si vede un cardellino, che nell’iconografia cristiana e pagana ha un significato spirituale». [16] Una leggenda cristiana narra che un cardellino si fosse poggiato sulla corona di Cristo morente e avesse iniziato a estrarre le spine dal capo. Trafitto con una delle spine, si macchiò il capo con il sangue di Gesù. Con questa macchia rossa, sarebbe volato verso il cielo, portando al Padre il messaggio della vicina morte di Suo figlio. Il cardellino diventa così nella tela di Leonardo il simbolo del «legame indissolubile dell’amore tra madre e figlio». [17]
La Madonna di Camaldoli
Il dipinto su tavola raffigurante Madonna con Bambino, detto comunemente Madonna di Camaldoli per la sua collocazione nell'eremo in provincia di Arezzo, è una elaborazione della Madonna Dreyfus, tanto da ipotizzare che questa ne rappresenti il modello; il volto della Madonna è sovrapponibile a opere di Lorenzo di Credi; la testa del Bambino è identica a un disegno di Verrocchio.
La Madonna di Camaldoli,
dipinto a uovo e olio su tavola di pioppo, 76,5x56,1 cm, Museo di Camaldoli
Sullo sfondo di un paesaggio colto dall'alto, in prospettiva aerea, immerso in una luce soffusa che accentua il senso di profondità al di qua di una balaustra in pietra, Maria tiene sulle sue ginocchia Gesù bambino in piedi: è la tipica iconografia sviluppatasi in Veneto, soprattutto per mano di Bellini, riproposta in pittura e in scultura nella Firenze medicea da Verrocchio. L'intimità tra i due personaggi è accentuata dal contatto tra le mani e dal gesto protettivo della madre che impedisce al figlio di cadere. Lo sguardo tenero di Maria dimostra uno studio accurato della composizione.
La Madonna dei Fusi (o dell'Aspo)
Madonna dei fusi (o dell'Aspo), olio su tavola trasferito su tela e incollato su tavola,
50,2x36,4 cm, Collezione privata, New York
La Madonna dei Fusi (o dell'Aspo) è un dipinto attribuito a Leonardo da Vinci e aiuti, databile al 1501 e conservato in una collezione privata a New York. La sua storia è legata a Isabella d'Este, che voleva avere un suo ritratto dipinto da Leonardo, quando questo era venuto due volte a Mantova nel 1499 e nel 1500. Il frate carmelitano Pietro da Novellara, che lei aveva incaricato di portarle una risposta da parte del pittore, l’aveva informata in una lettera che Leonardo «era carico di impegni a Firenze, eseguendo un ‘quadrettino’ per il segretario del re di Francia, Florimond Robertet. Questo quadro raffigurava la Vergine nel momento in cui ‘inaspareva i fusi’ e il Bambino afferrava l'aspo come se fosse una croce». [18] Sembra di trattarsi della Madonna dei Fusi, che ha molte versioni, però nessuna pienamente autografa. [19]
Il dipinto mostra la Madonna seduta su una roccia con le gambe verso sinistra, il busto frontale e la testa voltata verso destra, dove si trova il Bambino; questo, semisdraiato, gioca sorridente con un aspo per la lana filata, tenendolo e guardandolo intensamente come se fosse una croce. Leonardo rinnovò la tradizione iconografica del tema della Passione, inserendo nel soggetto una serenità, come per suggerire la piena accettazione di Gesù del suo futuro sacrificio. I rapporti tra madre e figlio sono molto espressivi, come quello di Maria che vuole proteggere il figlio. I trapassi di luce e ombre nel quadrosono tipici del morbido stile «sfumato» di Leonardo che ha creato una fusione atmosferica tra le figure in primo piano e l'amplissimo paesaggio sullo sfondo, in cui si intravedono un fiume e alcuni picchi rocciosi (identificati da alcuni con i Calanchi del Basso Valdarno, vicino alla città natia del pittore. [20]
Le Madonne dipinte da Leonardo fecero scuola nel Cinquecento. Purtroppo pochi quadri autografi suoi ci sono rimasti, perché molti originali si sono persi: Madonna del giglio, Madonna del gatto, Madonna della bilancia, Madonna delle ciliegie. Forse questi modelli non sono mai esistiti, o forse sono stati solo immaginati dall’artista. Ma gli schizzi, i disegni, alcuni cartoni preparatori di Leonardo, corredati dai commenti adeguati, furono sufficienti a influenzare le opere di altri pittori. Leonardo ha dedicato anche altre tele alla Madonna, in cui appaiono ancora altri personaggi, come San Giovannino, Sant’Anna e un angelo. Queste sono:
La Vergine delle Rocce
La Madonna col Bambino, San Giovannino e un angelo, o meglio conosciuta come Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, è l’iniziale denominazione, quella originale, della grandiosa opera di cui si conoscono due versioni: la Vergine delle Rocce, che si trova a Parigi, al Museo del Louvre, e la Vergine delle rocce, custodita al National Gallery di Londra. Due versioni che riportano differenze e similitudini, analogie e contrasti. Su uno sfondo naturale caratterizzato da rocce si svolge la stessa scena con gli stessi personaggi: la Vergine, Gesù e san Giovanni bambini e un angelo.
Vergine delle Rocce, 1483-1486, olio su tavola trasportato su tela,
199x122 cm, Parigi, Museo del Louvre
Lo sfondo, caratterizzato da svariati elementi floreali e piante, denota in entrambe le opere le conoscenze di Leonardo in questo campo e la sua maestria nel renderlo realtà dipinta. Ma da questo primo elemento, dallo sfondo e dalle piante che lo arricchiscono, Leonardo distinse le due versioni. I personaggi in entrambe le opere hanno le stesse pose. La Vergine abbraccia San Giovannino con modi materni, dall’altra parte Gesù Bambino lo benedice con la mano. Una modifica è presente nel gesto dell’Angelo: se nella prima versione egli indica San Giovannino il quale è più attento degli altri personaggi, nella seconda versione il suo sguardo è arricchito da Leonardo con più emotività. I colori dello sfondo e del cielo così come quelli dei santi personaggi differiscono: più scuri nella prima versione, più chiari nella seconda. I colori così chiari, ma con una gradazione più fredda della seconda versione, rendono la seconda opera meno solenne, meno aulica, attenuando il livello del soggetto narrato.
Vergine delle rocce, 1494-1508,
olio su tavola, 189,5x120 cm, Londra, National Gallery
Si conoscono molteplici versioni di quest’opera create da vari artisti italiani, il che riafferma la grandezza del Maestro toscano. La Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci è un capolavoro in cui l’artista esprime tutta la sua genialità. «L’uso della luce per produrre contrasti e mettere in risalto i vari componenti del dipinto; un accenno di sfumato e di prospettiva area, le due più grandi innovazioni tecniche leonardesche e lo scenario del tutto naturale derivano da uno studio personale dal vero che ricorda, nuovamente, come per il grande Maestro l’arte parta dall’osservazione diretta della natura». [21]
Sant'Anna con la Vergine e il Bambino con l’agnellino
Un’altra opera dedicata alla Madonna insieme a Sua madre e al bambino Gesù è Sant'Anna con la Vergine e il Bambino, che raffigura le tre generazioni della famiglia di Cristo: Sant'Anna, sua figlia Maria e Gesù bambino. «Anna tiene Maria sulle ginocchia, quasi fondendosi l'un l'altra; Maria sta per afferrare il Bambino sporgendosi verso destra, mentre egli gioca con un agnello, prefigurazione della sua futura Passione». La composizione, ricca di significati allegorici, «è modellata efficacemente secondo una forma piramidale, come in molte celebri pale rinascimentali, con la sommità nella testa di sant'Anna, che assume quindi un'importanza preminente». Essa guarda benevolmente e sorridendo Maria e Gesù, come nei quadri di maturità di Leonardo. «Il suo ruolo è quello di simboleggiare la Chiesa che, ostacolando l'azione di materna apprensione di Maria, ribadisce la necessità del sacrificio volontario di Gesù. La luce è soffusa e la cromatica è modulata, rendendo monumentali le figure in primo piano con l'ampio paesaggio dall'orizzonte altissimo sullo sfondo con una veduta montana. Il gruppo centrale ha una plasticità data dai gesti e dai personaggi». [22]
Sant'Anna con la Vergine e il Bambino e l’agnellino, 1510-1513 circa,
olio su tavola 168x130 cm, Parigi, Museo del Louvre
La struttura del dipinto influenzò Raffaello e Andrea del Sarto in pittura, e Andrea Sansovino (Sant'Anna della basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio, Roma) e Francesco da Sangallo (Sant'Anna di Orsanmichele, Firenze), in scultura.
Le Annunciazioni leonardesche
La Madonna è protagonista di un’altra opera leonardesca famosissima, che ha sempre come la Vergine delle rocce, due varianti, una custodita nelle Gallerie degli Uffizi di Firenze e l’altra nel museo del Louvre di Parigi. Si tratta dell’Annunciazione in cui la Vergine è presentata in un quadro insolito, completamente diverso da quello dell’iconografia tradizionale. Lavorando, oltre alle pitture, a numerosi disegni, Leonardo cercava di conoscere profondamente la realtà, dando valore all'esperimento e all'osservazione diretta: «l'esperientia» sola «è madre di ogni certezza» accennava l’artista-scienziato nel suo Trattato sulla pittura. [23]
Le sue due opere – la prima, agli Uffizi, nella quale si nota ancora l'influenza della scuola verrocchiana, e l'altra, che faceva parte della predella di un'opera dipinta da Lorenzo di Credi, e che si trova al Louvre – sono considerate abbastanza tradizionali per l'ambiente fiorentino, come la collocazione dell'angelo a sinistra e della Vergine, a destra. «Una nuova concezione è rappresentata però dall'ambientazione in un giardino fiorito inserito in un vasto paesaggio, invece che nell'intimità della camera verginale o, come nella pittura d’Angelico o di Domenico Veneziano, in un chiostro lontano dalla vita del mondo». La Madonna si trova in un angolo dell'edificio che è alle sue spalle, come il giardino separato da un muretto. Il significato è chiaro: «il miracolo che si sta svolgendo (la concezione divina per opera dello Spirito Santo) nel momento stesso in cui coinvolge la vita futura di Maria, diviene un fatto che trascende la sua persona, per investire tutto il mondo, redento dalla nascita del figlio». [24] Leonardo contraddice in parte l'iconografia tradizionale, interpretando in maniera molto più profonda la narrazione evangelica, perché «parla all'intelletto», dimostrando che «la pittura è una poesia che si vede e non si sente». [25]
Leonardo da Vinci (o Lorenzo di Credi), Annunciazione, 1475-1478, tempera su tavola, 16x60 cm, Louvre, Parigi
Nel dipinto l'Angelo Gabriele, appena planato sul giardino davanti all'abitazione di Maria (allusione all'hortus conclusus), la benedice con un gesto, mentre la Vergine reclina dolcemente il capo in segno di accettazione, incrociando anche le braccia al petto. Davanti a lei si vede un leggio ligneo e a destra la casa con pancali lungo il perimetro esterno: dalla porta aperta si potrebbe osservare la stanza vuota di Maria. In lontananza si vedono «alcuni alberi e un paesaggio azzurrino di montagne sfocate dalla foschia». [26]
Leonardo da Vinci, Annunciazione, 1472-1475, olio e tempera su tavola, 98x217 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze
La scena dell'Annunciazione degli Uffizi si svolge davanti a una villa toscana del tardo Quattrocento, che non è il castello medievale dalle forti mura in pietra, ma una costruzione civile, aperta verso l'esterno, in un mondo in cui tutto è calmo, sereno, perché gli ideali umanistici fanno sì che «la ragione supplisca le grida». [27] Il prato è ricco di piante e fiori reali, perché tutto deve essere visibile, «certo», come le ali dell'angelo, che, per la prima volta, invece che simboliche, sono «battenti» [28], e restano ancora aperte. L'angelo, inginocchiato, pronuncia fervidamente le parole divine, mentre la Madonna, con la destra appoggiata sul libro per impedire che si richiuda, ascolta e già mostra, alzando la sinistra, la propria consapevole accettazione. Questa poetica leonardesca degli «affetti» vuole rivelare chiaramente «ciò che i personaggi stanno pensando». Altri elementi presenti sono la luce e la prospettiva. La luce non è piena ma attenuata, per ammorbidire i tratti, e la prospettiva lineare colloca gli oggetti secondo la distanza, facendoli più piccoli. La convergenza delle linee nel «punto di fuga» è geometrica, quindi astratta. [29] «Leonardo ha scoperto la prospettiva lineare, cromatica e aerea, in cui i colori diminuiscono d’intensità e i volumi si riducono mentre si allontanano». [30] Le immagini sono avvolte in modo piacevole in una «controluce». La tavola preannuncia un modo nuovo d’intendere la pittura, in cui protagonista è «la vastità spaziale».
Conclusioni
«Le prime raffigurazioni della Vergine risalgono ai sec. II-III (catacomba di Priscilla a Roma) in cui la Madonna è rappresentata col Bambino tra le braccia. L'arte bizantina creò vari tipi iconografici della Vergine, tra cui la Hodigìtria (conduttrice), in piedi col Bambino sul braccio sinistro; la Blacherniòtissa (dal nome della chiesa delle Blacherne, Istanbul), o Vergine orante; la Nikopoià (portatrice di vittoria), seduta col Bambino sulle ginocchia. A queste si aggiunsero poi altre figurazioni, come la Glikophiloùsa, stante e nobilmente vestita che vezzeggia Gesù, e la Galaktotrophoùsa o Madonna del Latte». [31] Queste ultime due si diffusero anche in Occidente con maggiore libertà iconografica, umanizzandone il contenuto. Il tema della Madonna col Bambino fu prediletto dalla pittura italiana: presente fin dal sec. IV nelle scene di Adorazione dei Magi, dominò l'arte dei sec. XII-XIII particolarmente nel motivo della Vergine in Maestà, assisa in trono col Bambino sulle ginocchia, «grave e ieratica». A questo si affiancarono temi più liberi: la Madonna protettrice o della Misericordia o del Manto, che raccoglie i fedeli sotto il mantello, la Madonna del Latte, la Madonna del Roseto, «cara al gotico fiorito», la Madonna dell'Umiltà, seduta in terra col Bambino in braccio, la Vergine addolorata o Pietà (creazione del gotico tedesco e francese), molto sviluppata dall'arte successiva. l'Immacolata è un tema diffuso dall'arte barocca, raffigurante «la Vergine vestita di bianco che poggia sulla falce di luna e schiaccia col piede il serpente, simbolo del peccato originale».
La figura di Maria compare con grande frequenza nella rappresentazione di scene come l'Annunciazione, la Natività e l'Adorazione dei Magi, la Crocifissione, ecc., e naturalmente nei vari episodi dei cicli ispirati alla sua vita: nascita della Vergine, infanzia di Maria, morte della Vergine (o Dormitio Virginis), Assunzione. [32]
Le prime immagini della Vergine Maria sola o con il bambino sono state rinvenute nelle catacombe romane, ma la Madonna divenne soggetto di sculture e dipinti dopo il Concilio Ecumenico di Efeso del 431 che ribadì la centralità di Maria Madre di Dio. Essa è stata raffigurata moltissimo nella pittura lungo i secoli. [33]
Due famose raffigurazioni della Vergine create da pittori del’300 sono: la Madonna di Ognissanti di Giotto (tempera e oro su tavola molto grande (2x3 m) e la Madonna con bambino di Duccio da Boninsegna (una tempera su tavola), del ’400 sono poi la Madonna dell’umiltà di Gentile da Fabriano, l’Annunciazione del Beato Angelico (un fresco nel convento di San Marco a Firenze) e l’Annunciata di Palermo di Antonello da Messina – capolavori dell’arte preumanistica, e rispettivamente, rinascimentale. Alla Pala di Brera o Pala Montefeltro, una pittura in tempera e olio su tavola di Piero della Francesca e alla splendida Madonna di Filippo Lippi, una tempera su tavola, s’ispirarono molti pittori del ’500, soprattutto Sandro Botticelli nella Madonna del Magnificat e Madonna con gigli e angeli.
Un momento particolare nella storia dell’arte l’hanno rappresentato le opere di Leonardo da Vinci: la Madonna col bambino, San Giovannino e un angelo, più nota come Vergine delle Rocce, con due versioni conservate, la prima al Louvre, la seconda alla National Gallery. Apparentemente uguali questi dipinti differiscono nel colore e in diversi particolari come la dimensione delle figure. Si devono accennare, in ordine cronologico, il Tondo Doni (una tempera grassa su tavola) e la Madonna della Seggiola (olio su tavola con un’alternanza dei colori caldi e freddi) di Raffaello Sanzio. Considerato da molti una curiosità, l’utilizzo della forma tonda nella tradizione pittorica ebbe il massimo fulgore nel rinascimento fiorentino come «derivazione del cosiddetto vassoio da parto, un vassoio di forma tonda decorato da pittori con scene che rappresentavano la nascita, la fertilità, l’infanzia e che veniva regalato alla puerpera». [34] Questi quadri divennero dei dipinti veri e propri con forme sempre più grandi. Il formato tondo fu utilizzato da tutti i più grandi artisti del Rinascimento (Michelangelo, Botticelli, Raffaello, Caravaggio e altri). Dopo le Madonne dipinte da un pittore manierista come Jacopo Carucci detto il Pontormo e da Pietro Cristoforo Vannucci detto il Perugino (con la sua Madonna della consolazione), all’inizio del ‘600 una bellissima Madonna fu creata da Caravaggio (l’Annunciazione,) in cui «l’artista ha usato una nuova prospettiva, con l’Angelo in volo più grande della figura di Maria che s’inchina di fronte al messaggero di Dio». Nei secoli che seguirono famose Madonne furono dipinte da Orazio Gentileschi di Torino, Pompeo Gerolamo Batoni, pittore toscano, e Giovan Battista Tiepolo, che lasciò la bellissima Madonna del Cardellino, paragonabile alla Madonna del Raffaello.
E la storia dei dipinti mariani continua ad arricchirsi con molte opere in diversi stili e maniere, anche nei nostri giorni. Ma un luogo speciale tra i più grandi creatori di Madonne resterà sempre, nella galleria dei capolavori dell’umanità, quello che spetta a Leonardo Da Vinci.
Otilia Doroteea Borcia
(n. 3, marzo 2022, anno XII)
NOTE
1. n. Vinci, Firenze, 15 aprile 1452 – d. castello di Cloux, od. Clos-Lucé presso Amboise, 2 maggio 1519
2. Mariangela Mazzocchi Doglio (a cura di), Leonardo e gli spettacoli del suo tempo, Electa, 1983, pp. 14-20.
3. Milena Magnano, Leonardo, collana I Geni dell'arte, Mondadori Arte, Milano 2007
4. Vita di Lionardo da Vinci pittore e scultore fiorentino
5. Magnano, op, cit., p. 20
6. Fra Luca Bartolomeo de Pacioli, o anche Paciolo (Borgo Sansepolcro, 1445 circa – Borgo Sansepolcro, 19 giugno 1517), è stato un religioso, matematico ed economista italiano, autore della Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalita e della Divina Proportione. È ritenuto il fondatore della ragioneria.
7. Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì o il Salaino (da "Sala[d]ino" ovvero "diavolo") (Oreno, 27 dicembre 1480 – Milano, 19 gennaio 1524), è stato un pittore italiano, allievo prediletto di Leonardo da Vinci. Figura emblematica, ebbe col maestro un rapporto controverso come testimonia il suo curioso soprannome, finendo per essere una delle persone a lui più vicine; Venne spesso usato come modello, e il suo volto androgino rappresentato, si pensa, anche in soggetti femminili.
8. Pier Soderini (Firenze, 18 maggio 1450 – Roma, 13 giugno 1522) uomo politico italiano, gonfaloniere a vita a Firenze dal 1502, figlio di Tommaso Soderini e di Dianora Tornabuoni, sorella di Lucrezia, moglie di Piero il Gottoso.
9. Leonardo da Vinci nell'Enciclopedia Treccani https://www.treccani.it
10. Dopo il successo avuto in Italia, nella battaglia di Marignano, il re aveva deciso di costruire un castello ai margini della zona boscosa di Chambord per celebrare la sua gloria. L'idea del re era di fondare una nuova città, Romorantin, e edificare una grande residenza basandosi sui canoni della nuova architettura rinascimentale come descritto da Leon Battista Alberti nel trattato De re aedificatoria, fondendo elementi di derivazione italiana a elementi provenienti dalla tradizione francese. Anche se quasi tutti i documenti originali sulla progettazione del castello sono andati perduti, è possibile che anche Leonardo da Vinci, stabilitosi ad Amboise alla fine del 1516, vi abbia partecipato, così come l'architetto Domenico da Cortona.
11. L'opera di decifrazione e di edizione dei manoscritti e dei disegni è stata compiuta dal 1800 in poi, in particolare dalla Commissione vinciana, creata nel 1902. Tutti i manoscritti citati hanno avuto una o più edizioni in facsimile.
12. Acquistata dalla ditta Duveen Brothers, nel 1951 venne venduta a Samuel H. Kress, che nel 1952 la donò al museo di Washington, cfr. Wikipedia, enciclopedia libera
13. Cfr. Madonna Benois, Wikipedia, enciclopedia libera
14. Il quadro sembra essere appartenuto ad Alberico XII Barbiano di Belgioioso d’Este e poi a Giuseppe Rho. Secondo alcuni la tavola era precedentemente conservata presso il Santuario della Madonna di Campagna di Piacenza. Entrò a far parte della collezione Litta nel 1814, quando fu scelto in legato da Alberto Litta Visconti Arese (1759-1832), a compenso per il suo ruolo di esecutore testamentario dello stesso Alberico XII. Nel 1865 Antonio Litta Visconti Arese (1819-1866) lo vendette allo zar Alessandro II di Russia, che lo pagò per una cifra enorme. Inizialmente posta a Mosca, l’opera passò poi all'Ermitage, dove fu esposta solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
15. Madonna Litta: fascino e ambiguità del dipinto di Leonardo, di Federica Grimaldi – in Eroica fenice del 31 ottobre 2020, https://www.eroicafenice.com›
16. Idem 15
17. Idem 15
18. Milena Magnano, Leonardo, collana I Geni dell'arte, Mondadori Arte, Milano 2007, pag. 110.
19. Le più vicine alla mano leonardesca sono: una che si trova in una collezione privata a New York, un’altra nella collezione del duca di Buccleuch, nel Drumlaring Castle presso Edimburgo, in prestito alla National Gallery of Scotland, avendo molti elementi comuni ma anche una differenza che si può notare in un dettaglio: il piede del bambino che si trova in un cestino con i fusi. Esistono anche altre versioni nei musei, tutte provenienti dalla bottega di Leonardo da Vinci, attribuite agli allievi e collaboratori del maestro. Tra queste, numerose, sono da ricordare: quella della National Gallery of Scotland di Edimburgo, quella del Musée des Beaux -Arts di Digione, quella del museo di Palazzo Costa a Piacenza, quella del Worcester Art Museum e quella del Louvre a Parigi (quest'ultima realizzata da un tardo imitatore). Cfr. Marco Horak, Il mistero della Madonna dei Fusi, in «Panorama Musei», anno XV, n. 3, dicembre 2010, in Madonna dei fusi, Wikipedia, enciclopedia libera.
20. Nella versione in collezione privata a New York, lo sfondo assomiglia alla valle dell'Adda, da Lecco a Vaprio.
21. «La Vergine delle Rocce» di Leonardo da Vinci in due versioni https://ilchaos.com› la-vergine
22. Milena Magnano, op, cit,, pag. 112.
23. Usò questo metodo di lavoro per far nascere molte delle sue opere come: il Battesimo di Cristo, Gioconda, La Vergine delle Rocce, il Ritratto di Ginevra Benci, la Madonna Benois e Madonna del Garofano, San Girolamo e tantissime altre sparse nei musei del mondo.
24. Otilia Doroteea Borcia, La vita e la passione di Cristo nella pittura italiana dal Trecento al Seicento, Eikon, Bucarest, 2021, p. 40.
25. Trattato della pittura, condotto sul Cod. Vaticano Urbinate, 1270, I, pp. 33-39 pelagus.org/it.libri/Trattato_della_pittura.
26. Milena Magnano, Leonardo, collana I Geni dell'arte, Mondadori Arte, Milano 2007, p. 128
27. Piero Adorno, L’arte italiana – vol. II, tomo primo, Il rinascimento dalle origini alla sua piena affermazione, Casa editrice G. D’Anna, Messina – Firenze, p. 504.
28. forse quelle degli uccelli che Leonardo indagava mentre progettava il volo umano, cfr. Pietro Adorno, op. cit.
29. «Il primo principio della scienza della pittura è il punto, il secondo è la linea, il terzo è la superficie, il quarto è il corpo [...] il secondo principio della pittura è l'ombra»; e si estende alla prospettiva, che tratta della diminuzione dei corpi, dei colori e della «perdita della cognizione de' corpi in varie distanze». Dal disegno, che tratta della figurazione dei corpi, deriva la scienza «che si estende in ombra e lume, o vuoi dire chiaro e scuro; la quale scienza è di gran discorso»., cfr. il Trattato della pittura, condotto sul Cod. Vaticano Urbinate, 1270, I, pp. 33-39 pelagus.org/it.libri/Trattato_della_pittura
30. Otilia Doroteea Borcia, op. cit., pp. 40 – 43.
31. Maria (madre di Dio) su Enciclopedia | Sapere.it https://www.sapere.it.
32. https://www.sapere.it/enciclopedia/Mar%C3%ACa+%28madre+di+Dio%29.html
33. Una delle immagini ortodosse più conosciute e venerate è quella della protettrice della Russia: la Madre di Dio della tenerezza o Vergine di Vladimir di autore ignoto, accanto all’immagine della Madonna Nera di Częstochowa, un’icona bizantina di cui non si conosce l’autore; ma una leggenda narra che sia stata realizzata da un santo contemporaneo alla Madonna, San Luca, che la dipinse con il volto scuro perché la Vergine era mediorientale. Cfr. n. 30.
34. Donata Graziano, Le prime immagini della Vergine Maria sola o con il bambino ...http://www.grupposiriomilano.com › Madonne 19...
Bibliografia
Giorgio Vasari, 2002, Le vite dei più eccellenti pittori scultori e architetti, a cura di Jacopo Recupero, I Classici Rusconi, Roma.
Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte, vol. 2, Sansoni per la scuola, Firenze, 1995.
Mariangela Mazzocchi Doglio (a cura di), Leonardo e gli spettacoli del suo tempo, Electa, 1983.
Milena Magnano, Leonardo, collana I Geni dell'arte, Mondadori Arte, Milano 2007.
.Otilia Doroteea Borcia, La vita e la passione di Cristo nella pittura italiana dal Trecento al Seicento, Eikon, Bucarest, 2021.
Piero Adorno, 1997, L’arte italiana – vol. II, tomo primo, Il rinascimento dalle origini alla sua piena affermazione, Casa editrice G. D’Anna, Messina – Firenze.
Leonardo da Vinci in Wikipedia, enciclopedia libera
Sitografia
Madonna Benois, Wikipedia, enciclopedia libera
Madonna Litta : fascino e ambiguità del dipinto di Leonardo, di Federica Grimaldi – in Eroica fenice del 31 ottobre 2020, https://www.eroicafenice.com
La Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci in due versioni https://ilchaos.com› la-vergine
Trattato della pittura, condotto sul Cod. Vaticano Urbinate, 1270, I, pelagus.org/it.libri/Trattato_della_pittura,
Le prime immagini della Vergine Maria sola o con il bambino ...http://www.grupposiriomilano.com › Madonne 19...
https://www.sapere.it/enciclopedia/Mar%C3%ACa+%28madre+di+Dio%29.html
Maria (madre di Dio) su Enciclopedia | Sapere.it https://www.sapere.it.
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