La storia del presepe e la Natività nella pittura italiana

In Italia, la tradizione del Presepe [1] risale all'epoca di San Francesco d'Assisi, al quale si deve la prima rappresentazione vivente della Natività, a Greccio, nel 1223. Le immagini e le rappresentazioni precedenti della nascita di Cristo non erano che «sacre rappresentazioni» delle liturgie che si celebravano nel Medio Evo. [2]
L’arte presepiale ha affascinato scultori, pittori e architetti che l’hanno sviluppata e arricchita nel corso dei secoli, rendendola nota in tutto il mondo. Il presepe è la rappresentazione della nascita di Gesù, realizzata con statuette lavorate in vari materiali (legno, terracotta, cartapesta, cera, …) inserite in un’ambientazione di tipo naturalistico. La storia del presepe comincia nei primi secoli del cristianesimo, come attesta una lettera di san Girolamo del 404 che racconta che Paola, una sua discepola, visitando la Terra Santa ed entrando in Betlemme, aveva notato allo Speculum Salvatoris lo stabulum (la mangiatoia) scavato nella roccia, ove Gesù era nato. Lo stesso luogo lo aveva riferito anche l'evangelista Luca (Lc 2,7) [3]
Altre testimonianze archeologiche dei primi secoli del cristianesimo rimandano al prototipo del presepe, a una scena della Natività con il bue e l'asino, simbolo della relazione divina secondo il profeta Isaia: «Dice il Signore: Cielo e terra, fate attenzione a quel che sto per dirvi! Ho cresciuto dei figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ogni bue riconosce il suo padrone e ogni asino chi gli dà da mangiare: Israele, mio popolo non comprende, non mi conosce come suo Signore.»(La Sacra Bibbia 1, 2, 3)
Nella scena classica della Nascita di Gesù dallo pseudo-Vangelo di Matteo, il Bambino viene presentato tra il bue e l'asinello, e così è ritratto anche negli affreschi trovati nelle catacombe, andati distrutti. Pure Sant'Ambrogio riteneva Cristo nell'antica iconografia presepiale «in medio duarum animalium». Nei primi affreschi ad catacomba era posto in una cesta di vimini sotto una tettoia, avendo dietro di Lui il bue e l'asino adoranti, da un lato la Madonna, e dall'altro un pastore. [4]
L’immagine della Sacra Famiglia (Madonna, Bambino e San Giuseppe) era effigiata su stoffe antichissime, come quella dei Sancta Sanctorum di Roma, o su alcuni sarcofagi marmorei rivelando la Natività come quella di Mantova e quella di Sant'Ambrogio di Milano. Santa Maria Maggiore, una delle sette Basiliche di Roma, fu denominata, fin dal VI secolo, Sancta Maria ad Praesepem, o ad Praesepe, perché nell’oratorio era riprodotta la grotta di Betlemme; la grotta dove era venerata una reliquia della culla del Bambino, si chiamava anche Oratorium Sanctae Mariae.
Nella notte di Natale del 1223, ritenuta nella tradizione cattolica la data d'origine della pratica del presepe, San Francesco d'Assisi volle rappresentare nel monastero di Greccio, in modo vivo e sentito, il mistero della Nascita del Bambino, recuperando uno spirito di religiosità antica, già espressa dai contadini del Medioevo sotto l’influsso della cultura dei monasteri benedettini.


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Anonimo, Presepe di Greccio, affresco, fine XIV secolo, Greccio, Santuario Francescano


L’iniziativa del Padre Serafico di celebrare in questo modo il miracolo fu continuata dai più famosi artisti in opere pittoriche o scultorie: gli affreschi di Giotto nel ’300 nella Cappella degli Scrovegni a Padova e nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi, gli affreschi benedettini del Magister Consolus al Sacro Speco di Subiaco, fino all'Adorazione dei Magi di Botticelli agli Uffizi di Firenze, alla Pala Strozzi di Gentile da Fabriano, sempre agli Uffizi e alle altre pitture sulla Natività. [5]


Giotto, Presepe di Greccio (Storie di San Francesco), affresco,
1295-1299, 230x270 cm, Basilica superiore di San Francesco, Assisi


Il presepe è diventato nel tempo il tema della natività di Gesù presentato nelle opere dei più grandi pittori e scultori italiani sin dal Due e Trecento, Giotto, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Giovanni Pisano, Lorenzo Maitani, Lorenzetti, Beato Angelico, Donatello, Iacopo della Quercia, Luca Della Robbia, Benozzo Bozzoli, Botticelli, Raffaello, Correggio, Tiepolo e altri.
Arnolfo di Cambio, noto anche come Arnolfo di Lapo [6], scultore, architetto e urbanista, fu attivo in particolare a Roma e a Firenze alla fine del Duecento e ai primi del secolo successivo. Tranne i capolavori (come la scultura di bronzo del santo patrono della Basilica di San Pietro in Vaticano, oppure la scultura di marmo Madonna col Bambino che si trova nel Museo dell’opera del Duomo a Firenze ed altre) si considera molto importante e originale il Presepe della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma. In quest’opera scultoria, in marmo bianco, sono raffigurati la Madonna, seduta su un trono, con il Bambino, i Re Magi, a destra e san Giuseppe e il bue e l'asino, a sinistra. La scena accade conformemente ai racconti biblici, in una stalla.



Arnolfo di Cambio, il Presepe, Basilica di Santa Maria Maggiore, Roma


Il presepe dalla Basilica di Santo Stefano, a Bologna è uno dei più antichi d’Italia. Alla Madonna, seduta sul trono, con il Bambino Gesù nelle braccia e con san Giuseppe accanto, arrivano i Re Magi per offrire al Figlio del Signore i loro regali: oro, incenso e mirra, il cui significato fa riferimento alla duplice natura di Gesù, quella umana e quella divina: l’oro perché è il dono riservato ai re, l’incenso, perché testimonia l’adorazione della sua divinità e la mirra, che si usa nel culto dei morti, perché Gesù è uomo e come uomo è mortale.


Anonimo, (Presepe), Adorazione dei Magi, XIV secolo, legno policromato,
Basilica di Santo Stefano, Bologna


Altre rappresentazioni notevoli si trovano nella chiesa di Santa Chiara ad Assisi, nel Duomo di Volterra, nella Cattedrale di Teramo e in San Giovanni a Carbonara di Napoli. Questo luogo ha una particolare importanza nella Storia del presepe per le inedite connotazioni ivi verificatesi, alla fine del XV secolo, nell'universo simbolico e artistico della costruzione della scena che raffigura la Natività.


Il Presepe Napoletano

Nella Chiesa di San Giovanni a Carbonara di Napoli nel 1484 fu costruito il primo Presepe, utilizzando tecniche della scultura di legno e terracotta. Da qui quest’arte si diffuse e si sviluppò in Campania e in Toscana, collegata agli avvenimenti e ai personaggi storici delle singole epoche. Così, il presepe napoletano è l’unico che esprima il gusto barocco e che animi episodi leggendari e pittoreschi. A esso si collega l’apparizione di un artigianato specializzato nel XVIII secolo, che rappresenta ancora uno dei tratti caratteristici della cultura napoletana, diventato famoso in tutto il mondo.



Il Presepe del Museo Nazionale di San Martino, a Napoli, 1478


Interamente intagliate nel legno, a grandezza naturale, le figure presepiali del Museo Nazionale di San Martino, a Napoli, continuano ‘a vivere’. «In quello scrigno di tesori che è il museo di San Martino, dal quale si ammira il panorama più bello del mondo, girando tra i numerosi ambienti, si viene rapiti dalla bellezza di grandi statue che davano vita allo splendido Presepe di San Giovanni a Carbonara». [7] Della composizione originaria del 1478, sono rimasti quattordici pezzi superstiti al passare del tempo e alle vicissitudini. Sono i sei angeli, la Madonna, San Giuseppe, il bue, l’asino e altre quattro figure che rappresentano i magi e un nobile o una profetessa. Questa è un’opera unica nel suo genere, perché è a grandezza naturale e interamente intagliata nel legno. Fu lavorata da due artigiani, i fratelli Giovanni e Pietro Alemanno che hanno interpretato nella loro maniera la Natività che, poi, è stata seguita da altri artisti fino a oggi.
Le figure non hanno perso il loro fascino nemmeno dopo essere state spostate dal loro luogo originale, la cappella di Jacoviello Pepe, speziale di Alfonso d’Aragona, nella chiesa di San Giovanni a Carbonara. Nell'antico quartiere di San Gregorio Armeno i vari materiali usati sono adatti alle scenografie e ai personaggi presepiali: legno, sughero, cartapesta, tela, vetro, minuscola gioielleria, stoffe, gessi e terracotta. [8]
Per la costruzione dei pastori si utilizzarono tra l'altro il legno per le mani e i piedi, il vetro per gli occhi, il fil di ferro per imbastire i corpi rivestiti di stoffe e d’abiti in miniatura. In questo modo il presepe napoletano assunse caratteri e funzioni teatrali, rappresentando la vita della società e contribuendo a caratterizzare la scultura napoletana religiosa del '700, unanimemente apprezzata in tutto il mondo. Le personalità che contribuirono al suo perfezionamento artistico e alla sua diffusione furono il re Carlo III di Borbone e il domenicano padre Rocco, autore di celebri scene presepiali. In una sala della Reggia di Caserta, si può ancora vedere il presepe borbonico.


Il presepe napoletano borbonico della Reggia di Caserta


Nell’Archivio Storico del Palazzo è documentato come in occasione del Natale venisse allestito un grande presepe nella Reggia, cui concorrevano non solo gli artisti e gli artigiani di corte, ma gli stessi sovrani: le vestiture dei pastori costituiscono, oggi, un documento prezioso per la storia del costume dell’epoca. Tutte le figurine erano collocate sul cosiddetto «scoglio», lavorato principalmente in sughero, di cui venivano eseguiti dei veri e propri progetti. Teste, mani e piedi delle figurine erano realizzati in terracotta, mentre l’anima era in stoppa e fil di ferro. Le tempere dipinte da Salvatore Fergola (1799 -1874) – oggi esposte nella sala che ospita il presepe – raffigurano lo «scoglio» progettato dal Cobianchi nel 1844, a cui si ispira l'attuale presepe casertano allestito nel 1988. [9]


Presepe semplice, con la partecipazione solo di Gesù Bambino, della Madonna e di san Giuseppe,
prima dell’arrivo dei Re Magi e degli altri personaggi


Dal ’700, i migliori presepi napoletani che fanno ormai parte di collezioni private, si dislocano in luoghi importanti, come nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Roma, nella basilica di San Marco a Venezia, o nella chiesa di Capodimonte a Napoli; ci sono poi le raccolte museali dell'Abbazia di Montevergine, di Villa d'Este a Tivoli, di Berlino e di Monaco. [10] Oggi le tematiche artigianali e artistiche legate alla costruzione e alla rappresentazione del presepe sono trattate con varie modalità d’espressione, da quelle tradizionali a quelle d'avanguardia. I suoi valori e significati restano però gli stessi che l’hanno concepito e figurato: umani, personali, sociali, religiosi.


Alcune scene della natività nella pittura italiana [11]


SANDRO BOTTICELLI


Sandro Botticelli, Natività mistica, olio su tela,
108,5x75 cm, 1501, National Gallery di Londra


La tela della Natività di Botticelli appartiene all’ultima fase dell’attività del pittore. Il soggetto è interpretato come un’adorazione del Bambino da parte di Maria con Giuseppe, dei pastori e dei Magi tra cori angelici. Al centro si trova la grotta della natività, con il Bambino al centro su un giaciglio coperto da un telo bianco, la ‘giganteggiante’ Vergine a destra e l’adorante e meditante Giuseppe a sinistra; dietro si vedono il bue e l’asinello. In basso, «ai piedi di un piccolo sentiero tra rocce scheggiate, tre gruppi mostrano l’abbraccio e il bacio di comunione tra angeli e personaggi virtuosi, mentre sul terreno cinque diavoletti fuggono spaventati trafiggendosi con i loro stessi forconi per cacciarsi nelle profondità attraverso le crepe del suolo, forse una visione profetica della liberazione dell’umanità dal male». [12] Il soggetto fu ispirato dalla situazione religiosa e politica fiorentina al tempo di Girolamo Savonarola, la cui figura colpì profondamente Botticelli negli anni delle sue ultime creazioni.

 

GIORGIONE


Giorgione, Natività Allendale, olio su tavola,
90,8x110,5 cm, 1500-1505, National Gallery di Washington


La Natività Allendale di Giorgione si può dividere in due parti: a destra la grotta scura della natività, dove si trova la Sacra Famiglia raccolta e verso la quale si affacciano i due pastori e a sinistra, dove in un ampio paesaggio ci sono piccoli episodi di quotidianità. Qualche cherubino appare in alto, vicino al soffitto della grotta. La luce fa diventare luccicanti le vesti dei personaggi, specialmente quella di Giuseppe. Tipica per l’arte di Giorgione è la predominanza del colore che determina il volume delle figure steso in strati sovrapposti, senza il confine netto dato dal contorno, forse per fondere soggetti e paesaggio.

 

BEATO ANGELICO


Fra Angelico, Adorazione del Bambino, affresco,
193x164 cm, 1439-1443, Museo San Marco, Firenze


L'Angelico fece la decorazione di San Marco su incarico di Cosimo de' Medici, tra il 1438 e il 1445 e dopo aver lavorato per cinque anni a Roma, tornò al convento di Firenze per finire alcuni affreschi e per lavorare i codici miniati. Per molto tempo si pensò che tutti gli affreschi del San Marco fossero opera sua, ma negli ultimi anni i critici hanno deciso che la presenza di stili diversi di alcune opere, dimostra la mano di più artisti tra i quali i suoi discepoli, come Benozzo Gozzoli. L'Adorazione del Bambino ne sarebbe una di queste. La scena, composta a semicerchio, presenta le figure che adorano il Bambino. Queste sono: santa Caterina d'Alessandria, la Vergine, san Giuseppe e san Pietro Martire. In fondo nella capanna si vedono il bue e l'asinello, entrati nell'iconografia tradizione del Natale. La presenza dei due santi che non si trovano nella scena tradizionale della Natività è mistica, perché San Pietro Martire era un santo domenicano al quale alzavano le loro preghiere i monaci di quest’Ordine. I quattro angeli che si trovano sul tetto della capanna rendono ancora più solenne questo momento così beato.

 

FILIPPO LIPPI

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Filippo Lippi, Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer, tempera su tavola,
146,5x156,5 cm, 1455-1456, Museo civico di Prato


L’Adorazione del Bambino di San Vincenzo Ferrer [13] (o «Natività con san Giorgio e san Vicenzo Ferrer») è un’opera lavorata tra il 1455 (anno della canonizzazione del santo) e il 1466 (anno in cui il Lippi lasciò Prato) e messa nella chiesa di San Domenico a Prato. Oggi è conservata nel Museo Civico. Al centro si trova il Bambino adorato dalla Madonna e da san Giuseppe e a sinistra si vede san Giorgio, anche lui in adorazione, mentre sulla destra si trova la visione di san Vincenzo Ferrer del Cristo entro una ‘mandorla’ di luce. In secondo piano ci sono due pastori e alcuni angeli. La composizione e il disegno generale sono quasi certamente opera del Lippi, mentre ampie parti dell’esecuzione furono fatte da aiuti di bottega (specialmente Fra Diamante), con l’eccezione della Madonna, il Bambino e san Vincenzo, dipinti dal maestro. San Giuseppe è l’opera forse di Filippino o di Botticelli.

 

LORENZO LOTTO


Lorenzo Lotto, l’Adorazione del Bambino, olio su tavola,
46x34,9 cm, 1523, National Gallery of Art, Washington


La piccola opera che si trovava in una collezione privata a Bergamo, passò a più proprietari, per essere comprata nel 1937 e mandata due anni dopo a New York, come dono per il nuovo museo statunitense. La Sacra Famiglia è evocata in colori vivi, con contrasti tra luce e ombra. La scena è vista nella capannuccia, dove Maria e Giuseppe adorano il Bambino posto su un lenzuolo arrotolato in un cesto di vimini. Dalla porta si apre un bel paesaggio campestre, con tre angeli cantori che rasserenano la scena, mentre a sinistra si vede un crocefisso che annuncia il Calvario di Gesù. La presentazione di Giuseppe genuflesso in adorazione e sorridente è molto diversa dalle tradizionali raffigurazioni in cui si trovava lontano dalla scena centrale, proprio perché l'opera è stata commissionata da alcuni membri della Confraternita di san Giuseppe, che con il predicatore Girolamo Castro da Piacenza rivalutava l'immagine del santo. [14]

 

PERUGINO


Pietro Perugino, l'Adorazione dei pastori, olio su tavola, 263x147 cm,
databile a due fasi, una dal 1502 al 1512 circa e una dal 1513 al 1523 circa,
Galleria Nazionale dell'Umbria di Perugia


«La purezza formale, il disegno chiaro ed elegante, la composizione equilibrata e la dolcezza delle sue figure sono elementi presenti nelle opere di maturità, come si riscontra anche nell’Adorazione dei pastori, nella quale Perugino riprende lo schema già provato nell’affresco del Collegio del Cambio di Perugia». [15] Gli angeli annunciano la nascita del Bambino ai pastori, che compaiono in adorazione, uno a sinistra, altri due al centro. A destra si vedono il bue e l’asinello, mentre tra due angeli compare la colomba dello Spirito Santo. In primo piano, Maria e Giuseppe adorano il Bambino, appoggiato a terra e protetto solo da un lembo del manto della Vergine. Il paesaggio sullo sfondo è appena disegnato con gli elementi essenziali. Lo stile di Perugino segna l’inizio di un nuovo modo di dipingere che, a partire da Raffaello, il suo più importante allievo, sarà considerato l’inizio della maniera moderna.

 

TIZIANO


Tiziano, La Sacra Famiglia con un pastore, olio su tela,
99x137 cm, 1510 circa, National Gallery di Londra


La Sacra Famiglia con un pastore di Tiziano Vecellio è un dipinto che si trovava al Palazzo Borghese a Roma dal 1693 per tutto l’Ottocento. Qui fu probabilmente visto da van Dyck, che lo copiò in un disegno. La scena mostra un idilliaco paesaggio campestre, in cui sta la Sacra Famiglia, seduta in riposo, offrendo il Bambino all’adorazione di un pastore. Questo è posto di spalle e con la testa in profilo a destra. I colori chiari delle vesti di Maria, di Gesù e del pastore sono in contrasto lo sfondo scuro, in cui si vedono gli altri pastori con le loro greggi e il bue e l’asinello. La tela che rappresenta la scena tradizionale della natività e intitolata «La Sacra famiglia con un pastore» – è più conosciuta come L’Adorazione dei pastori. [16]

 

GENTILE DA FABRIANO

Considerata il capolavoro dell’artista e del gotico internazionale in Italia in generale, l'opera di Gentile da Fabriano è stata firmata sopra la predella: OPVS GENTILIS DE FABRIANO. Essa conserva l'elaborata cornice scolpita in legno dorato, in larga parte originale.


Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi, tempera, oro e argento su tavola,
203x282 cm, 1423, Galleria degli Uffizi, Firenze


La scena dell’Adorazione è decorata sfarzosamente, data anche la ricchezza dei committenti. [17] Il corteo dei Magi impressiona lo spettatore con i suoi dettagli, come le applicazioni in oro e argento, nelle vesti, nei finimenti dei cavalli, dei cani da caccia, nelle corone, nelle spade e nei doni. I personaggi sembrano irreali, di fiaba. Gentile ha «una poetica aperta, enciclopedica, nel rappresentare i particolari della storia dei Magi, le fisionomie e i costumi dei popoli lontani d’Oriente, le forme della fauna e flora esotica, le raffinate maniere dei principi e dei cavalieri; la luce è celeste e di emanazione divina, diventando un pulviscolo argenteo che aderisce alle cose come fosse brina». [18]

 

MASACCIO

La scena dell'Adorazione dei Magi è presentata come di solito di profilo (quest’iconografia verrà cambiata da Sandro Botticelli) e contrasta con la celebre Adorazione di Gentile da Fabriano.


Masaccio, Adorazione dei Magi, tempera su tavola, 21x61 cm, 1426,
Musei statali di Berlino


La composizione di Masaccio è quieta. A sinistra si vede la capanna, dove il bue e l'asinello sono presentati di spalle. La Sacra Famiglia ha le aureole scorciate in prospettiva. Maria è seduta in un seggio dorato e tiene in braccio il Bambino che benedice il primo dei Magi, inginocchiato. Il suo dono si trova già nelle mani di san Giuseppe. Dietro di lui sta un altro Magio con tunica rosa, inginocchiato anche lui, che ha dato la sua corona a un servitore. Così fa anche il terzo Magio, che è appena arrivato. Dietro i re si trovano due personaggi strani, che mancano nell'iconografia tradizionale; sono forse le figure dei committenti. A destra si vedono i cavalli e i servitori. Lo stile della pittura è morbido e sfumato, nello sfondo, forte e incisivo nei vestiti dei due committenti. Tutta la scena è piena di luce e di ricchezza cromatica. L’artista, fu, come accenna Giorgio Vasari «studiosissimo nello operare e nelle difficoltà della prospettiva, artifizioso e mirabile...» [19]

 

DOMENICO VENEZIANO

Il dipinto è uno dei primi tondi come opere d'arte, senza un determinato uso, assieme al Tondo Cook di Beato Angelico e Filippo Lippi. [20] Il corteo dei Magi è presentato in modo tradizionale, scendendo dalla sinistra verso la capanna che si trova all'estremità destra.


Domenico Veneziano, Adorazione dei Magi, tempera su tavola,
84x84 cm, 1439-1441, Gemäldegalerie, Berlino


Il primo dei Re Magi, il più anziano, si distende e bacia un piede del Bambino, mentre un servitore gli tiene la corona. Gli altri due, con la corona ancora in testa, stanno in piedi guardando la scena. Il dono del re inginocchiato è nelle mani di san Giuseppe, che sta dietro la Vergine assisa. Sotto la capanna ci sono il bue e l'asinello, due cammelli del corteo dei Magi e un servitore nero. I personaggi sono riccamente abbigliati e con cappelli e vestiti esotici. Alcuni portano i simboli aristocratici dei passatempi, come il falcone e i cani da caccia. In primo piano, su un praticello stanno alcuni uccelli, mentre altri sono in volo. Sullo sfondo c’è una vallata tra montagne e colline e al centro si vede una città, tra campi e prati, dove pascolano le pecore. Impressionante è l’immagine simbolica di una forca con un impiccato. Un altro simbolo, dell'immortalità di Cristo, è il pavone appollaiato, sul tetto della capanna. L'opera presenta elementi nuovi rinascimentali (l’uso dello spazio, dei volumi e della luce), ma anche influenze della pittura fiamminga come accenna Roberto Longhi paragonandola alle opere di altri maestri: «Pari ai fiamminghi nella verità lenticolare delle ‘province’, pari a Masaccio nella presa di possesso dello spazio, pari all'Angelico nei colori ‘amichevoli’», chiamandola «una delle opere più esemplari della formazione del maestro». [21]



GHIRLANDAIO


Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei Magi Tornabuoni, tempera su tavola,
diametro 172 cm, 1487, Galleria degli Uffizi, Firenze


L'Adorazione dei Magi Tornabuoni è un tondo dipinto che è stato forse commissionato da questa famiglia per decorare il palazzo dei Medici, quello che spiega il suo nome. Le Adorazioni di Botticelli e di Leonardo da Vinci (che si trovano agli Uffizi) hanno ispirato l’opera del Ghirlandaio nella disposizione dei personaggi della tela dietro la Sacra Famiglia, lasciando uno spazio circolare vuoto al centro ideale della scena. Il gruppo della Madonna col bambino «ha uno schema piramidale, con, ai vertici inferiori, i due Magi inginocchiati, uno di essi proiettato verso lo spettatore girato, per attirare la sua attenzione. Maria, seduta sopra un piedistallo, si piega verso il re porgendogli il figlio, che fa il segno di benedizione». [22] Dietro il re anziano si trova il più giovane (i Magi sono sempre rappresentati come le tre età dell'uomo: la gioventù, la maturità e la vecchiaia). A sinistra, san Giuseppe sta lontano per indicare la sua funzione di solo vegliante e protettore di Gesù e Maria, mentre ai lati si vedono oltre ai membri del corteo, due nobiluomini, forse contemporanei di Ghirlandaio, abbigliati con cura, un gruppo di cavalli e di soldati, con le armature lucenti. La capannuccia sullo sfondo, ricavata nel porticato di un edificio antico adesso in rovina, simboleggia il declino della religione pagana da cui nacque il Cristianesimo.

 

BENOZZO GOZZOLI

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Benozzo Gozzoli, la Cavalcata dei Magi, Cappella dei Magi, affresco, 1459,
Palazzo Medici-Riccardi, Firenze


La Cavalcata o il Viaggio dei Magi è un ciclo di dipinti murali creati da Benozzo di Lese detto Benozzo Gozzoli per immortalare il famoso corteo di personalità che arrivò a Firenze da Ferrara in occasione del Concilio del 1438-1439. [23] La spettacolarità delle schiere di angeli e del lungo corteo dei Magi sulle tre pareti impressiona per la grandiosità della scena, per il fasto e per la ricchezza cromatica dei personaggi e del paesaggio. Nell’abside e sulla parete settentrionale ci sono scene di vita pastorale e Angeli in adorazione. [24] Il Viaggio dei Magi venuti da lontano per portare i loro doni al Bambino fu immaginato come un lento e sontuoso percorso attraverso il paesaggio toscano. I Medici che ne parteciparono, volevano offrire come i Magi l’espressione della loro devozione a Gesù, sentendosi i legittimi rappresentanti della città fiorentina. «Nella straordinaria complessità delle scene si riconosce la raffinatezza della tecnica esecutiva di Benozzo: la pittura prevalentemente a buon fresco è integrata con alcuni dettagli eseguiti a secco che hanno consentito al pittore di lavorare con cura meticolosa i preziosi gioielli, i sontuosi tessuti, le bardature dei cavalli ma anche gli alberi carichi di frutta, i prati con fiori, il variopinto piumaggio degli uccelli, e le ali multicolori degli angeli. Per produrre questo effetto di magnificenza, l’artista utilizzò materiali rari e costosi, quali il lapislazzuli destinato ai fondali azzurri, le lacche lucenti e le foglie di oro puro che brillavano al buio, nella penombra delle candele». [25]

 

PINTURICCHIO


Pinturicchio, Natività di Gesù, Adorazione dei pastori e arrivo del corteo dei Magi a Betlemme,
affresco, 1500-1501, la Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore a Spello (Perugia)


La sua Adorazione dei pastori è ambientata nel prato davanti a una capanna che sostenuta da due colonne diventa grandiosa, permettendo di vedere in prospettiva ogni dettaglio, come il recinto con il bue e l’asino. Da una piccola finestra aperta nella parete si può distinguere un paesaggio, come un dipinto nel dipinto. Sullo sfondo, a sinistra, è raffigurato il bel corteo dei Magi. Le figure della scena sono: Gesù Bambino, proteso verso la Madre – e non disposto in una mangiatoia, come descritto nel Vangelo, ma su un drappo disteso sul prato fiorito – Maria Vergine, vestita in un manto blu, con una stella sulla spalla che adora suo figlio e San Giuseppe, dietro di lei, pensieroso. Nel primo piano i Pastori stanno inginocchiati vicino al Bambino insieme a due angeli, mentre altri angeli cantano lodi verso il cielo. «L'immagine di una croce dorata e una corona di spine simboleggia la passione di Cristo, mentre il pavone, sul tetto della capanna, è come in altre tele, il simbolo della resurrezione e dell'immortalità dell'anima. In questa scena piena di luce e di colore i due pezzi di legno, gettati sul prato e le due tegole sul tetto della capanna, disposti in forma di croce, preannunciano il Calvario di Gesù». [26]


CONCLUSIONI

Il Presepe, che oggi si trova in tutte le chiese e anche nelle case dei fedeli, è diventato sin dal Duecento il simbolo del Natale nel mondo cattolico. La grotta, o la stalla, fu, secondo le testimonianze dell’evangelista Luca e dei santi Girolamo e Ambrogio il luogo dove vennero a salutare la nascita di Gesù Bambino non solo i Re Magi, ma anche altre persone diventate personaggi celebri nella tradizione del presepio.
La prima raffigurazione di questa meravigliosa scena, piena di mistero e d’antica religiosità si deve a San Francesco d’Assisi, che l’immortalò nella notte di Natale del 1223 nel monastero di Greccio. Nata a Napoli e nella Campania, questa tradizione si è subito diffusa in tutta l’Italia e in tutto il mondo cattolico, arricchita dalle opere pittoriche e scultorie di grandi artisti come: Giotto, Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Giovanni Pisano, Lorenzo Maitani, Lorenzetti, Beato Angelico, Donatello, Iacopo della Quercia, Luca Della Robbia, Benozzo Bozzoli, Botticelli, Raffaello, Correggio, Tiepolo e altri. Le credenze e le leggende natalizie hanno aggiunto nel tempo nuovi elementi presepiali, come: il pozzo, la fontana, il ponte e l’osteria – per il luogo – e oltre ai Re Magi, la lavandaia, la zingara, il pescatore, il cacciatore e i venditori di legumi, di carne, pesce, formaggio, e altre – per i personaggi, collegando numerosi aspetti laici, terreni, alla misticità del momento della nascita di Gesù e alle pratiche


Otilia Doroteea Borcia
(n. 12, dicembre 2021, anno XI)



* Il testo è tratto dal vol. Otilia Doroteesa Borcia, La Vita e la Passione di Cristo nella pittura italiana dal Trecento al Seicento, Editura Eikon, București, 2020, pp. 90-100.


NOTE

1. Presepe – forma letteraria del presepio, n. l’aut.
2. Antonio Perrone, Il Presepe a Napoli. Cenni storici (Introduzione di F. Mancini), Lecce 1994, p. 14.
3. San Girolamo, Epistulae, 108,10; PL 22, 384, cfr. Pasquale Saviano, Civiltà del presepe Natale e storie di paese – con un saggio storico-artistico di Franco Pezzella, Roma 2009.
4. in Lucam, PL (Patrologia Latina) 15, 26 49, cfr. Wikipedia, enciclopedia libera.
5. Roberto Saviano, Il presepio nella storia della fede e della devozione, Milano 2007 p. 2.
6. Il patronimico di «Lapo» sarebbe però un'invenzione del Vasari, in Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di Jacopo Recupero, Rusconi, 2002, p.37, nota 47.
7. Le statue del Presepe di san Giovanni a Carbonara, cfr. www.presepio.it
8. Luciano Zeppegno, Presepi artistici e popolari, Novara, 1968, p. 6.
9. Presepe Reale di Caserta - Monumento - Arte.it, cfr. caserta.arte.it.
10. Enrica Salvatori, Storia e simboli dietro le statuine del presepe, Quark n. 11, pp. 124-125
11. Otilia Doroteea Borcia, op. cit., pp. 53-88
12. Matilde Battistini, Simboli e allegorie, Dizionari dell'arte, ed. Electa, 2003, p. 109.
13. San Vincenzo Ferrer fu un importante modello nella cultura domenicana, come simbolo di lotta all’eresia in difesa della Chiesa.
14. Carlo Pirovano, Lotto, Electa, Milano 2002, cfr. Wikipedia, enciclopedia libera
15. Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004, p. 34.
16. Francesco Valcanover, L'opera completa di Tiziano, Rizzoli, Milano 1969, p. 23.
17. Il dipinto fu commissionato dal ricco banchiere e raffinato amante delle arti Palla Strozzi per la cappella di famiglia situata nella sacrestia della chiesa di Santa Trinità a Firenze.
18. Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, vol. 2, da Giotto a Leonardo, Sansoni per la scuola, 1995, p. 75.
19. op. cit., p. 224.
20. Fu commissionato da Piero de' Medici nel 1438 e terminato nel 1441.
21. Breve ma veridica storia della pittura italiana, 1914, cfr. Wikipedia, enciclopedia libera
22. Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
23. I Medici ebbero l’onore di presiedere l’incontro delle somme personalità del tempo, che mirava a riunificare la Chiesa latina e quella bizantina, accordo rimasto solo sulla carta perché il tentativo disperato dell'Imperatore di Bisanzio di ottenere aiuto dall'occidente nel caso dell'assedio stretto del Sultano dei turchi Mehmet il Conquistatore alla città di Costantinopoli (accaduto nel 1453) fallì dato che l’imperatore rimase senza alcun aiuto da parte del papa e dei principi occidentali. Il corteo con papa Pio II Piccolomini che arrivò a Firenze nell’aprile del 1458 era diretto a Mantova, dove il pontefice aveva chiamato principi e autorità ecclesiastiche per progettare una crociata in difesa della cristianità contro l’avanzata turca in Europa. Tra questi principi, accanto ai Medici, c’erano Galeazzo Maria Sforza, il figlio quindicenne di Francesco duca di Milano e Sigismondo Malatesta, signore di Rimini, tutti dipinti dall’artista, cfr. Marco Bussagli, Benozzo Gozzoli. Edizione illustrata, Giunti Editore, Collana: Dossier d’art, 1999.
24. L'intento celebrativo del ciclo è evidente; infatti, nel 1439, Firenze aveva ospitato il concilio ecumenico che doveva riconciliare e riunire le chiese dell'Occidente e dell'Oriente. In tale occasione Cosimo de' Medici accolse in città l'imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo e il patriarca di Costantinopoli, Giuseppe II. Accompagnati da nobili, prelati, teologi, questi incontrarono papa Eugenio IV, a sua volta circondato da un imponente seguito d'alti dignitari della Chiesa. Il 6 luglio 1439, i fiorentini per quanto abituati a cerimonie fastose, poterono assistere al corteo al seguito dell'imperatore, del patriarca e del papa, che per le vie della città s'incamminava verso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore con una sfilata simbolica che ricordava quella dei Magi.
25. www. museobenozzogozzoli.it: corteo-dei-magi
26. Claudia la Malfa, Pinturicchio, Giunti Editore, Firenze 2008, p. 41.


BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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Pasquale Saviano, Civiltà del presepe Natale e storie di paese – con un saggio storico-artistico di Franco Pezzella, Roma 2009.
Roberto Saviano, Il presepio nella storia della fede e della devozione, Milano 2007.
Giorgio Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti, a cura di Jacopo Recupero, Rusconi, 2002.
Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, vol. 2, da Giotto a Leonardo, Sansoni per la Scuola, 1995.
Luciano Zeppegno, Presepi artistici e popolari, Novara 1968.
Enrica Salvatori, Storia e simboli dietro le statuine del presepe, Quark n. 11.
Matilde Battistini, Simboli e allegorie, Dizionari dell'arte, ed. Electa, 2003.                                    
Carlo Pirovano, Lotto, Electa, Milano, 2002.
Vittoria Garibaldi, Perugino, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
Francesco Valcanover, L'opera completa di Tiziano, Rizzoli, Milano 1969.
Emma Micheletti, Domenico Ghirlandaio, in Pittori del Rinascimento, Scala, Firenze 2004.
Marco Bussagli, Benozzo Gozzoli. Edizione illustrata, Giunti Editore, Collana: Dossier d’art, 1999.
Claudia la Malfa, Pinturicchio, Giunti Editore, Firenze, 2008.
*** Breve ma veridica storia della pittura italiana, 1914
Le statue del Presepe di San Giovanni a Carbonara cfr. www.presepio.it
Presepe Reale di Caserta - Monumento - Arte.it, cfr. caserta.arte.it.
www. museobenozzogozzoli.it: corteo-dei-magi
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