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Le Madonne di Raffaello
«Raffaello è sempre riuscito a far quello che gli altri
vagheggiavano di fare». (W. Goethe) [1]
Raffaello Sanzio viene tradizionalmente collocato accanto a Leonardo da Vinci e Michelangelo, insieme ai quali ha costituito la cosiddetta «triade solare» del Rinascimento italiano. [2]
Figlio di Giovanni Santi, un modesto pittore, l’artista nacque a Urbino un Venerdì Santo, il 6 aprile del 1483, alle tre di notte. Nello stesso giorno e alla stessa ora, trentasette anni più tardi, questo genio, considerato il Mozart della pittura, lasciava il mondo, per una bizzarra coincidenza del destino, come descrive Vasari ricordando che prima di ammalarsi e di morire lavorava alla sua ultima grande opera La Trasfigurazione, che rimase incompiuta, ma ‘viva’ e collocata a capo del letto funebre, «nel vedere il corpo morto, faceva scoppiare l'anima di dolore». [3]
Alla sua morte, Raffaello era già entrato nella leggenda, amato e idealizzato come nessun altro artista nel tempo e forse per questo la sua opera, «che ha goduto d’ininterrotta fortuna dal classicismo secentesco in avanti, ha subito delle deformazioni interpretative, sia nell’accentuazione dei valori formali accademici (dai neoclassici ai puristi), sia nelle esagerazioni spiritualistiche e romantiche (dai nazareni tedeschi ai preraffaelliti inglesi)». La critica moderna ha rilevato però l’importanza non solo artistica, ma anche storica della sua opera nell’ambito del Rinascimento.
L’epitaffio che si trova sulla tomba di Raffaello, nel Pantheon di Roma, contiene le parole con le quali Pietro Bembo ha omaggiato la divina creatività del grande pittore urbinate:
«Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire».
Il pittore è stato l’interprete di un’ideale di bellezza classica, diventata universale, perché univa il bello artistico e quello naturale, come accennava Bembo parlando della sua concezione creativa basata sull’imitazione della natura. «Nella sua arte gli specialisti trovavano l’illusione all’equilibrio, al senso dell’armonia, alla solennità calma e serena».
Raffaello e Michelangelo sono stati paragonati a Mozart e Beethoven per la loro natura umana e artistica (sereni, giocosi, Raffaello e Mozart, che morirono giovani, quasi alla stessa età, inquieti, solenni, invece, Michelangelo e Beethoven).
Già orfano di madre a otto anni, il poeta urbinate del pennello a undici perdeva anche il padre, ritrattista di successo, pittore di corte, forse il suo primo e unico vero maestro. In pochi anni completò l’apprendistato nella bottega del Perugino, diventando un artista completo, affermato a diciassette anni come maestro in Umbria; trasferitosi a venti anni a Firenze, conobbe le opere dei grandi artisti di quel tempo, Leonardo e Michelangelo. Ma se a Urbino nella scuola del Perugino, dipingeva come il maestro, e anche meglio di lui, a Firenze e poi a Roma dovette misurarsi con questi sommi artisti e anche con gli autori di opere dell’antichità, che lui scopriva nella città eterna. A Firenze, dove era giunto nel 1504, aveva fatto legami con l'ambiente artistico, intellettuale, politico, che conserverà anche quando andrà nel 1508 a Roma, dove rimarrà – salvo brevi ritorni nei luoghi natali e a Firenze – fino alla morte.
Qui, convocato dal papa Giulio II, cominciò a lavorare diventando subito pittore del Palazzo Vaticano e Scrittore dei Brevi Apostolici. Il papa voleva ristrutturare i Palazzi Vaticani e decorare alcune stanze, delle quali Raffaello ottenne subito la piena responsabilità di dipingere la Stanza della Segnatura. Dopo il successo dell’opera (nello stesso momento in cui Michelangelo creava la volta della Cappella Sistina) ebbe il monopolio di tutti i successivi incarichi pittorici in Vaticano e dopo la morte del Bramante, nel 1514, e la partenza di Michelangelo nel 1516, fu nominato dal nuovo papa Leone X Architetto di San Pietro.
Lavorò anche come archeologo, facendo una completa ricostruzione filologica dei monumenti di Roma antica e fece la supervisione di una nuova edizione-traduzione di Vitruvio. Nominato Presidente delle antichità romane, ebbe l’incarico di tracciare una pianta di Roma antica, spiegando ogni monumento, indagini per le quali fu considerato «il fondatore della moderna scienza archeologica e di quella del restauro».
Parlando sulla ricostruzione ideale di Roma, Celio Calcagnini [4] definiva l’opera di Raffaello in queste parole: «Tanti grandi antichi e tanta lunga età occorsero alla costruzione di Roma; tanti nemici e secoli occorsero a distruggerla. Ora Raffaello cerca e ritrova Roma in Roma: cercare è di un uomo grande, ma ritrovare è di Dio». [5]
Questi impegni pieni di successi ebbero un’immediata influenza sui suoi contemporanei e l’impatto provocato da Raffaello sull'arte rinascimentale fu così grande, che tutti gli artisti italiani lo sentirono, anche se dopo il ’700 si ritenne solo la figura del pittore, dimenticandosi quella dell’architetto e dell’archeologo. Baldassarre Castiglione che lo aveva aiutato a fare la descrizione dei lavori inserita nel rapporto inviato a Leone X, ripeté alla sua morte, in un epigramma in onore di lui, il concetto di questo rapporto: «Mentre tu con mirabile ingegno ricomponevi Roma tutta dilaniata, e restituivi a vita e all'antico decoro il cadavere dell'Urbe lacero per ferro, per fuoco e per il tempo, destasti l'invidia degli Dei; e la morte si sdegnò che tu sapessi rendere l'anima agli estinti, e che tu rinnovassi, spezzando le leggi del destino, quanto era stato a poco a poco da morte distrutto». [6]
Quando Raffaello morì, dopo quindici giorni di malattia, restarono addolorati il Pontefice e tutta la città di Roma. Egli era stato considerato da tutti il «Principe dei pittori», come un essere divino, e alla triste notizia aspettavano vedere i segni del cielo «quali si mostrarono per la morte di Cristo», temendo persino di assistere alla rovina del palazzo papale.
L’artista ebbe numerosi discepoli, ma nessuno riuscì a esprimere con la serenità della sua arte, il senso musicale di questa, perché i tempi cambiavano, diventavano torbidi, sotto le minacce degli stranieri, in un paese sconvolto dai grandi avvenimenti religiosi e politici. Però l’arte, l’opera, il messaggio del grande artista, «in quelle bufere, in quelle miserie, in quel degrado italico, rimasero e sono rimasti indenni». L’Italia aveva avuto Dante, ma la sua parola non riusciva sempre a oltrepassare i confini italici, né essere compresa dagli invasori della penisola. Il linguaggio figurato lasciato invece da Raffaello, chiaro, limpido, semplice, non aveva bisogno di nessuna comprensione linguistica, potendo essere compreso anche dall'ultimo degli ignoranti perché faceva sentirsi felici tutti quelli che guardavano ammirando le sue tele. «Oltre che essere immortale, Raffaello rimarrà universale fino all'ultimo giorno dell'ultimo essere umano su questo pianeta. Un pianeta che ogni mille anni partorisce una stella, un genio, o lancia nell'Universo una meteora come lui!» [7]
All’alta tradizione quattrocentesca egli ha portato gli elementi più innovativi del Cinquecento in una visione completa, personale e unitaria, con una grande padronanza dei mezzi espressivi e di un linguaggio chiaro, preciso e disteso. Il suo stile è inconfondibile.
Dotato di eccezionale apertura mentale, Raffaello apprese sempre dagli altri artisti fino all’età matura. S’interessò alla cultura contemporanea, entrò in contatto con i protagonisti del pensiero neoplatonico e strinse amicizia con letterati e intellettuali. Sostenuto da un’incrollabile curiosità culturale, osservò e studiò tutto ciò che era di più interessante per arricchire la sua personalità, per rielaborare e reinventare motivi artistici. Dalle tantissime opere che ha dipinto, comunemente si possono considerare più celebri le seguenti dieci pitture:
1. Il San Sebastiano dell’Accademia Carrara di Bergamo, una delle sue prime opere, fu eseguito quand’era giovanissimo. Vicino per tecnica esecutiva e stile allo Sposalizio della Vergine della Pinacoteca di Brera, datato 1504, è forse dei primi anni del Cinquecento; il legame di Raffaello con il maestro Perugino è evidente.
2. La prima opera che Raffaello firmò è stata Lo sposalizio della Vergine, commissionato dalla famiglia Albizzini per la cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello. L’artista, allora appena ventenne, s’ispirò all’opera omonima del suo maestro, il Perugino. L’opera si trova a Caen, in Francia.
3. La Dama con l’unicorno dipinta negli anni del soggiorno fiorentino, rappresenta una giovane nobildonna dai capelli biondi e occhi azzurri, a mezza figura, seduta davanti a una sorta di terrazza con colonne, con il busto ruotato di tre quarti verso sinistra e con il viso che guarda frontalmente verso l'osservatore. Il modello di riferimento è sicuramente Leonardo da Vinci, per la posa, lo sguardo intenso e le mani che stringono l'animale come nella Dama con l’ermellino. Ha il vestito scollato e al collo indossa una catena d'oro annodata con un vistoso pendente di rubino e con una perla a goccia. Il piccolo liocorno che tiene in braccio è simbolo di purezza verginale poiché, nella mitologia, essi erano addomesticabili solo dalle vergini. L'animale era anche il simbolo associato alla famiglia Farnese e la giovane ritratta potrebbe essere Giulia, amante di papa Alessandro VI. Un'altra ipotesi condurrebbe a Caterina Gonzaga di Montevecchio, vedova del conte Ottaviano Gabrielli di Montevecchio (?-1510). [8]
4. La Pala Baglioni o la Deposizione Borghese è uno dei più grandi capolavori del maestro e raffigura una toccante immagine della deposizione dalla croce del Cristo morto, resa ancora più commovente dal significato celato dietro la sua commissione: Atalanta Baglioni aveva incaricato l’artista di dipingere questo soggetto dopo la perdita di suo figlio. La Pala Baglioni rappresenta da una parte la sofferenza cristiana incarnata dalla morte di Gesù Cristo, dall’altra quella più intima, ma non meno atroce, di una madre che come la Vergine, ha visto morire suo figlio.
5. La Madonna del Cardellino, opera stupenda creata nel 1506 a Firenze, dove è stato fortemente influenzato dalla figura di Leonardo, dal quale riprese l’impostazione piramidale delle figure, gli effetti di luce morbida e il dialogo affettivo tra i personaggi. A questo si aggiungono le caratteristiche proprie del grande artista di Urbino: «l’estrema dolcezza dei visi, soprattutto delle Madonne, l’uso magistrale del colore, la resa naturalistica del paesaggio e la profonda intimità tra le figure».
6. La Scuola di Atene, realizzata tra il 1509 e il 1510, rappresenta i più grandi filosofi riuniti in un grandioso edificio classico. L’opera è situata nella Stanza della Segnatura, una delle quattro ‘Stanze Vaticane’, poste all’interno dei Palazzi Apostolici. Una delle opere pittoriche più rilevanti dello Stato della Città del Vaticano, si può visitare all’interno del percorso dei Musei Vaticani.
7. Trionfo di Galatea è un affresco databile al 1512 circa, che è conservato nella Villa Farnesina di Roma. L’opera mostra «l’apoteosi della ninfa che cavalca un cocchio a forma di capasanta trainato da due delfini, circondata da un festoso corteo di divinità marine (tritoni e nereidi) e vigilata, in cielo, da tre amorini che stanno per scagliare dardi amorosi contro di lei». [9]
8. La Madonna della seggiola, del 1513-1514 circa, conservata nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze, che per la presenza della sedia camerale, prerogativa dei pontefici, lascia supporre una commissione diretta di papa Leone X Medici, è tra le più belle immagini create dall’artista per esprimere l’enigmatica e malinconica dolcezza della Vergine. Il plasticismo delle forme rivela l’influenza di Michelangelo.
9. Il Ritratto di Baldassar Castiglione che si trova al Louvre, fu eseguito nel 1514-15, nel periodo della maturità artistica di Raffaello. L’illustre umanista ebbe rapporti di amicizia e di stima con l’artista che rispondeva a tutte le qualità richieste dal suo spirito raffinato così come sono descritte nel libro celebre Il Cortigiano. Raffaello non ha riprodotto solo la fisionomia del letterato, ma anche l’espressione della perfezione spirituale di questo.
10. La Trasfigurazione del 1518-1520 che è conservata nella Pinacoteca vaticana. Nella pala sono raffigurati due episodi narrati in successione nel Vangelo di Matteo: la Trasfigurazione in alto, con il Cristo in gloria tra i profeti Mosè ed Elia, e, in basso in primo piano, l’incontro degli Apostoli con il fanciullo ossesso che verrà miracolosamente guarito dal Cristo al suo ritorno dal Monte Tabor. Il dipinto è l’ultimo eseguito da Raffaello e si configura come il testamento spirituale dell’artista. L’opera è stata considerata da Giorgio Vasari, il famosissimo artista e biografo del Cinquecento, la più celebrata, la più bella e la più divina. [10]
Il ciclo delle Madonne
Le Madonne dipinte a Firenze
L’arte di Raffaello raggiunge nella serie delle Madonne col Bambino dipinte a Firenze nuovi vertici. Per delle famiglie fiorentine dell’alta e media borghesia egli dipinse alcuni capolavori assoluti, come alcuni gruppi di Madonne a tutta figura col Bambino e san Giovannino: La Madonna del granduca (Palazzo Pitti, Firenze).
La Bella giardiniera
La Belle Jardinière (Bella giardiniera in italiano) è un dipinto a olio su tavola (122x80 cm) firmato e datato 1507 e conservato nel Museo del Louvre a Parigi. Il nome dell’opera, inventato nell'Ottocento, è legato alla bellezza della figura di Maria assisa in un prato che assomiglia a un giardino. Vasari indicò l'opera come eseguita per il senese Filippo Sergardi, ma lasciata incompiuta dopo la partenza dell’artista per Roma. Completata da Ridolfo del Ghirlandaio (soprattutto il manto blu di Maria), fu acquistata a Siena per conto di Francesco I di Francia, che lo fece portare oltralpe. Godendo uno straordinario successo e popolarità, fu copiata come esercizio dai maggiori artisti francesi e stranieri. Immersa in un ampio paesaggio lacustre con alberelli, la Madonna sta seduta su una roccia, con appoggiato alle gambe Gesù Bambino; san Giovannino si trova inginocchiato a destra, guardando Gesù. La composizione, di forma piramidale, con i protagonisti legati dalla concatenazione di sguardi e gesti, deriva evidentemente da modelli leonardeschi, come la Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, ma se ne distacca sostituendo, al senso di mistero, di allusioni e suggestioni, un sentimento fresco di calma e spontanea famigliarità. Al posto dei ‘moti dell’animo’ reconditi, Raffaello mise in atto una rappresentazione dell'affettuosità, con l’abbraccio tra madre e figlio e le carezze di quest'ultimo sul ginocchio di lei, mentre il Battista si genuflette con rispettosa devozione. Influenze da Leonardo sono il bruno del terreno, con qualche fiore, il paesaggio di fondo, che si perde in lontananza, mentre di Michelangelo sono alcuni dettagli come il piedino di Gesù su quello della madre, che ricorda la sua Madonna di Bruges. «Le figure sono attentamente studiate a "contrapposto". Maria è ruotata verso sinistra per abbracciare con naturalezza il figlio, che si allunga per prendere il libro che essa ha in grembo. Gesù di un elegante classicismo, fa pensare alla Madonna di Bruges di Michelangelo». [11]
Madonna del Cardellino
La Madonna del Cardellino è un dipinto a olio su tavola (107x77 cm) databile al 1506 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Secondo quanto testimonia Vasari, fu realizzato a Firenze per Lorenzo Nasi, ricco commerciante di panni di lana, in occasione del suo matrimonio con Sandra Canigiani, donna appartenente all'alta borghesia di Firenze. Nelle macerie della loro casa franata fu ritrovato il dipinto in diciassette frammenti, che recuperati furono restaurati, forse da Michele di Ridolfo del Ghirlandaio. Vasari ha elogiato quest’opera, l’unica del periodo fiorentino descritta con ampiezza nelle Vite. Dopo il restauro del 2008, fu recuperata la cromia originaria. Esistono numerose copie antiche dell'opera che ne attestano il successo e la fama; le migliori sono al Victoria and Albert Museum e nella sacrestia dell’Abbazia di Vallombrosa e in una collezione privata.
In un ampio paesaggio fluviale con alberelli e con un ponte a sinistra, la Madonna, seduta su una roccia, regge tra le gambe, Gesù Bambino, mentre san Giovanni, si trova a sinistra. I due fanciulli giocano con un cardellino (Giovanni lo regge e Gesù lo accarezza), che simboleggia la Passione di Cristo. La composizione, di forma piramidale, con i protagonisti legati da sguardi e gesti, deriva dai modelli leonardeschi, come la Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, ma se ne distacca sostituendo, «il mistero e l'inquietante carica di suggestioni, con sentimenti di serena dolcezza, e di spontanea famigliarità. Maria con le gambe e il busto ruotate verso destra, guarda in basso a sinistra, i due fanciulli. «Alla massa azzurra del suo manto si contrappone quella rossa della veste: il rosso rappresentava la Passione di Cristo e il blu la Chiesa» (nata dall’unione della Madonna con Suo Figlio sacrificato). Nel libro che tiene nella mano (da cui l'epiteto Sedes Sapientiae), legge le profezie sul destino di Gesù. «I movimenti eleganti, le proporzioni delicate e i volti aulici e gentili, dimostrano che l’artista aveva raggiunto un equilibrio formale e un ideale di bellezza, arrivato alla sua maturità stilistica». [12]
Madonna del Belvedere
La Madonna del Belvedere (o Madonna del Prato) è un dipinto olio su tavola (113x88 cm) datato 1506 e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. La data M.D.VI. si trova sull’orlo dell’abito della Vergine. Nell’opera il gruppo a piramide rimanda alla Sant’Anna di Leonardo. La figura della Vergine, monumentale davanti al paesaggio, domina con leggiadria ed eleganza, mentre rivolge gesti affettuosi ai bambini. L’opera è affine stilisticamente e nel soggetto alla Madonna del Cardellino (Uffizi) e alla Belle Jardinière (Louvre). Immersi in un ampio paesaggio lacustre, dall’orizzonte molto alto, sono la Madonna seduta, con Gesù Bambino, che sembra muovere i primi passi della fanciullezza, e san Giovannino che, «inginocchiato a sinistra, offre la croce astile, suo tipico attributo, al gioco dell'altro fanciullo». Il gesto di Gesù che afferra la croce richiama il destino del suo martirio. «Raffaello fece qui una rappresentazione dell’affettuosità, con la tradizionale malinconia della Vergine, che premonisce il destino tragico del figlio». Maria trascina con sé il manto azzurro bordato d’oro, che si contrappone alla veste rosa, colori della Passione di Cristo e della Chiesa. Il sole è sostituito dal volto della Vergine, che irradia il paesaggio circostante. I personaggi sono separati dal paesaggio che, a differenza della pittura leonardesca, viene posto in secondo piano. «Tra le varie specie botaniche raffigurate con cura, un altro stilema derivato da Leonardo, spicca a destra un papavero rosso: il colore, anche in questo caso, è un riferimento alla Passione, alla morte e resurrezione di Cristo». [13]
La Madonna d'Orléans
La Madonna d’Orléans è un dipinto a olio su tavola (29x21 cm) del 1506 circa e conservato nel Museo Condé di Chantilly. Nella tavola, che è in perfetto stato di conservazione, Maria è seduta su uno sgabello col Bambino in grembo, che si muove inquieto lungo la diagonale, guardando verso lo spettatore. Lo sfondo è domestico, vi s’intravedono infatti gli scaffali di una dispensa o di un armadio a muro e la luce investe i due protagonisti, facendo vibrare i densi colori. «Maria, dai capelli biondi arricciati ai lati del viso, indossa la tipica veste rossa, che scopre una manica ocra, e la tunica di un blu intenso. Il corpo del Bambino spicca per candore. Le due figure sono unite da una concatenazione di gesti che evoca con naturalezza il tono raccolto e famigliare del dipinto, come quello della Madonna che solletica il piede del Bambino e quello di questo che allunga una mano verso il seno materno». [14]
La Grande Madonna Cowper
La Grande Madonna Cowper (o Madonna Niccolini) è un dipinto a olio su tavola (68x46 cm) databile al 1508 e conservato nella National Gallery of Art di Washington. L’opera è firmata e datata «MDVIII / R.[afael] V.[rbinas] Pin.[xit]». Non tutti ritengono la firma autografa, ma l'assegnazione del dipinto alla mano del Sanzio è indiscussa. L’opera ritrae la Madonna a mezza figura col Bambino in grembo, sullo sfondo di un paesaggio. C’è una notevole monumentalità nelle figure, rese assolute protagoniste dell'immagine. «Il tono è intimo, e connette il fisico e la psicologia di questi in un raro equilibrio. Il Bambino è imponente e giocoso, con una posa molto sciolta e naturale, mentre afferra il corpetto della madre, come se volesse allattarsi, volgendo lo sguardo sorridente allo spettatore. Le sue gambe sono divaricate e si poggia su un cuscino. La sua figura rimanda ai tondi michelangioleschi, come il Tondo Pitti». [15]
La Madonna Bridgewater
Conservata nella National Gallery of Scotland di Edimburgo, La Madonna Bridgewater è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela (81x56 cm) databile al 1507 circa. Su uno sfondo scuro, in cui s’intravedono appena alcuni elementi di una stanza (una nicchia con sportello aperto, una panca), Maria tiene in braccio il Bambino che si divincola verso sinistra. Le due figure, in un bilanciamento armonico, sono caratterizzate da un moto opposto e divergente dei loro di gesti: il Bambino prende con le braccia il velo della Madre, che sfiora con le sue mani il corpo del figlio; così si genera un movimento serpentino. I colori sono intensi e brillanti, evocando il volume delle figure affioranti dall'ombra. «Le radiografie hanno verificato come nel primo progetto la Madonna fosse sullo sfondo di un paesaggio, tipico delle altre Madonne dell'epoca, ma presto venne modificato dallo stesso autore, probabilmente per aumentare il contrasto tra luci ed ombre e quindi la resa volumetrica e monumentale». [16]
La Madonna Esterházy
La Madonna Esterházy è un dipinto a olio su tavola (29x21,5 cm), databile al 1508 e conservato nel Museo di Belle Arti di Budapest. Un biglietto sul retro ricorda come l'opera venne donata da Clemente XI all’imperatrice Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel. In un momento sconosciuto tra il 1721 e 1812, il dipinto venne acquistato da un membro della nobile famiglia ungherese degli Esterházy che la pose nella loro collezione del Palazzo dallo stesso nome, presso Fertőd, in Ungheria. La pittura venne trafugata la notte del 5 novembre 1983, insieme ad altre opere di Raffaello, Giorgione, del Tintoretto e del Tiepolo: tutte le opere, compresa la Madonna Esterházy, vennero recuperate dai Carabinieri italiani in un convento greco abbandonato, nella località di Eghjon. La Madonna è presentata qui a figura intera col Bambino poggiato su una roccia, mentre si sporge verso san Giovanni Battista fanciullo, a sinistra, che vuole decifrare il messaggio su un cartiglio, sullo sfondo di un paesaggio. La presenza di rovine romane nello sfondo, che ricordano il Tempio di Vespasiano nel Foro Romano (non presenti nel disegno preparatorio al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi), ha fatto pensare che l’opera «fosse pensata a Firenze ed eseguita immediatamente dopo l'arrivo del pittore a Roma». [17]
La Madonna Tempi
Nella Madonna Tempi – dipinto a olio su tavola (75x51 cm) databile al 1508 circa e conservato nell'Alte Pinakothek di Monaco di Baviera – l’artista ha raggiunto un sommo equilibrio tra reale e ideale. La Madonna è ritratta a mezza figura col Bambino in braccio, sullo sfondo di un paesaggio delineato sinteticamente, che evidenzia, per contrasto, la monumentalità delle figure. I due protagonisti appoggiano i volti l’un l’altro come nella Madonna Pazzi di Donatello, o come nel piccolo tondo inserito dallo scultore nello sfondo del Miracolo del neonato che parla nell'altare di Sant'Antonio da Padova. L’opera dà una sensazione di moto, che va dall'ampio giro di manto della Madonna in basso, fino all'abbraccio e al tenero gesto dei volti, così intimo e famigliare. [18]
La Sacra Famiglia Canigiani
La Sacra Famiglia Canigiani, dipinta a olio su tavola (131x107 cm), databile al 1507 circa e conservata nell’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera è firmata RAPHAEL URBINAS sulla scollatura della veste della Vergine.
L’opera creata verso la fine del soggiorno fiorentino, ha le espressioni e i gesti dei personaggi resi come parte facenti dalla quotidianità. La tavola fu dipinta per il fiorentino Domenico Canigiani in occasione delle nozze con Lucrezia Frescobaldi, nel 1507. Dopo essere diventata proprietà medicea, fu donata da Cosimo III a Giovanni Guglielmo del Palatinato in occasione delle sue nozze con la figlia Anna Maria Luisa de’ Medici. Dal palazzo di Düsseldorf fu trasferita nel 1801 a Monaco. Una vecchia replica dell'opera si trova alla Galleria nazionale delle Marche a Urbino. La forma piramidale è ispirata alle opere di Leonardo da Vinci. Al vertice, san Giuseppe, appoggiato al bastone, sorveglia serenamente la Madonna e sant'Elisabetta, sedute su un prato e con in grembo i loro figli, Gesù e Giovanni Battista. I corpi dei personaggi si trovano in un movimento avvolgente, a differenza della figura di Giuseppe stante, la cui figura richiama il san Giuseppe del Tondo Doni di Michelangelo, in cui non sono presente tante figure. L’atmosfera è serena e pacata e il paesaggio si perde in profondità con caratteri veneti, come nelle tele di Giorgione. [19]
La Pala Colonna
La Pala Colonna è un dipinto a olio su tavola (242x169,5 cm) databile al 1503-1505 circa e conservato, nei pannelli principali, al Metropolitan Museum di New York. L’opera è formata da uno scomparto principale con la lunetta e dalla predella. Nel 1503, dopo alcuni successi a Città di Castello, il giovanissimo Raffaello, erede di una bottega artistica dal padre prematuramente scomparso, iniziò a ricevere alcune importanti commissioni per pale d’altare da altri centri, in particolare da Perugia, uno dei centri artistici più vitali del centro Italia. In quell'anno probabilmente le monache di Sant’Antonio gli richiesero una pala volendo, come ricorda Vasari, che questa rappresentasse Gesù Bambino vestito. L’opera, avviata in Umbria (secondo la maniera peruginesca della lunetta), venne completata quando già l’artista risiedeva a Firenze, in uno dei suoi viaggi in Umbria, entro il 1505 circa. La tavola principale mostra una sacra conversazione con la Madonna col Bambino, san Giovannino e i santi Pietro, Caterina d’Alessandria, Margherita (o Cecilia) e Paolo, sormontata da una lunetta con l’Eterno tra due angeli. Queste due parti principali vennero autorizzate a essere cedute nel 1677, finendo in diverse proprietà (in Italia, Spagna e USA).
La sacra conversazione della tavola centrale mostra il gruppo centrale raccolto attorno alla figura di Maria in trono e il vivace colloquio tra i due fanciulli. Dietro Maria si trova un panno steso di ricco broccato, che rimanda alla scuola veneta. L'influenza di Perugino si nota nelle pose flessuose delle sue sante, col capo ritmicamente inclinato; però Raffaello si allontanò dal maestro rendendo in maniera diversa i volumi e i colori, più intensi e con una maggiore profondità delle sfumature. Innovativa è la posa dei santi in primo piano, che rimanda alla conoscenza delle opere di Giovanni Bellini e Fra’ Bartolomeo. La predella, ceduta nel 1663 a Cristina di Svezia, dopo essere passata per varie collezioni, si trovò in quella del duca d'Orléans, disperdendosi quando venne venduta. Oggi si conoscono almeno tre scomparti: Orazione nell'orto, New York, Metropolitan Museum of Art; Pietà, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum e Andata al Calvario, Londra, National Gallery. Tra le scene figurate, o alle estremità, dovevano trovarsi dei santi a tutta figura, dei quali si conoscono due pezzi: San Francesco d'Assisi e Sant'Antonio da Padova, Dulwich Picture Gallery, che sono in cattive condizioni di conservazione e non tutti considerati interamente autografi. [20]
La Pala Ansidei
La Pala Ansidei è un dipinto a olio su tavola di pioppo (274 x 152 cm), datato (sull’orlo del manto della Vergine sotto la mano sinistra) 1505 e conservato nella National Gallery di Londra. In origine il dipinto era stato commissionato dalla famiglia Ansidei per adornare la cappella di famiglia nella chiesa di San Fiorenzo dei Serviti a Perugia; nel 1764 venne però sostituita con una copia di Nicola Antonio Monti, mentre l’originale finì per far parte della collezione di lord Robert Spencer, e poi del duca di Marlborough a Blenheim Palace, da dove arrivò nel 1885 alla National Gallery. L’opera è una sacra conversazione, con un alto trono della Madonna col Bambino in grembo e due santi ai lati: a sinistra Giovanni Battista rivolto al cielo, con la pelliccia di cammello, la croce astile e il tipico gesto di indicare Gesù, e san Nicola di Bari mentre legge assorto un libro a destra, con l’abito vescovile e, in terra, i tre pomi dorati con cui salvò tre fanciulle povere dalla prostituzione. Le figure sono salde e monumentali, dimostrano la conoscenza di opere fiorentine come quelle di Fra Bartolomeo; l’influenza di Donatello si nota nella possanza di san Nicola. Maria è in posizione leggente, mentre indica al figlio il libro, ed è caratterizzata da fini decorazioni dorate sul manto blu e sulla veste rossa, derivate dall'esempio di Pinturicchio; anche il Bambino ha una ricca veste, che gli copre solo la spalla e parte del braccio sinistro, con un lembo tenuto in mano dallo stesso lato. In alto, sul trono, si legge la scritta Salve Mater Christi. Un lungo filo di perle di corallo pende dal baldacchino, riferimento al rosso del sangue della Passione. [21]
La Madonna del Baldacchino
L’ultima opera del periodo fiorentino, del 1507-1508 è la Madonna del Baldacchino, dipinto a olio su tela (279x217 cm) conservato nella Galleria Palatina di Firenze. Fu lasciata incompiuta per la sua repentina chiamata a Roma, da parte di Giulio II. È una grande pala d’altare, la prima commissione del genere ricevuta a Firenze, «con una sacra conversazione organizzata attorno al fulcro del trono della Vergine, con un fondale architettonico grandioso ma tagliato ai margini, per amplificarne la monumentalità». La staticità si perde per l’intenso movimento circolare di gesti e sguardi, persino negli angeli in volo. Sant’Agostino allunga un braccio verso sinistra come per invitare lo spettatore a percorrere con lo sguardo lo spazio semicircolare della nicchia, legando i personaggi uno per uno, maniera ritrovata più tardi negli affreschi delle Stanze vaticane. L’opera diventò nel decennio seguente un modello per artisti come Andrea del Sarto e Fra’ Bartolomeo. [22]
Le Madonne romane
La serie delle Madonne romane continua quella del periodo fiorentino, in uno stile più maturo e spesso più serio.
La Madonna d'Alba
La Madonna d’Alba è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela (diametro 98 cm) databile al 1511 circa e conservato nella National Gallery of Art di Washington. La pittura è un tondo dei primi anni del soggiorno romano dell’artista, tra il 1508 e 1511. Le varie sue repliche, ne testimoniano il successo. Secondo un manoscritto dalla Biblioteca Ambrosiana, l’opera si trovava nel Seicento nel convento degli olivetani di Nocera dei Pagani, fondato nel 1530, da dove passò nelle mani del marchese del Carpio Gaspar de Haro y Guzmán, viceré di Napoli, che la portò in Spagna. Nel 1793 il dipinto è menzionato dal Conca (Descrizione odeporica...) nelle collezioni del Duca d'Alba a Madrid, dal quale prese il nome. Nel 1836 fu acquistato dallo zar Nicola I di Russia, che ne fece uno dei pezzi pregiati del Museo dell’Ermitage a San Pietroburgo. Un secolo dopo il governo sovietico lo cedette in maniera clandestina al collezionista americano Andrew W. Mellon, assieme a un vasto lotto di capolavori, in una delle più grandi transazioni della storia del mercato d’arte. La collezione Mellon fu poi donata al nascente museo statunitense, facendone uno dei nuclei base. Un disegno preparatorio della composizione si trova nel Musée des Beaux-Arts di Lille. [23]
La Madonna è del tipo ‘dell’Umiltà’, con Maria seduta in terra, su un cuscino, che tiene su una gamba il Bambino Gesù, il quale gioca con san Giovannino afferrandone la croce. Il gesto, che appare come un naturale gioco tra fanciulli, cela in realtà precisi valori religiosi, come l'accettazione del destino da parte di Cristo, preannunciato dal Battista. Tutti gli occhi convergono sulla croce, che è il fulcro della composizione. Le figure, inserite in un luminoso paesaggio bucolico, formano una composizione di tipo piramidale sviluppata spazialmente e perfezionata per la superficie rotonda del dipinto. Evidente è l’influenza dei maestri fiorentini come Leonardo da Vinci, nella resa sfumata degli incarnati, e Michelangelo, nell’esaltazione plastica e sciolta delle forme. Maria indossa una veste dai colori pastello, con un turbante in testa e sandali all'antica. La ricchezza di riferimenti e l’attento studio della composizione non diminuiscono però il senso d’immediatezza e spontaneità della scena, tipico di Raffaello.
La Madonna della Seggiola
La Madonna della Seggiola è un dipinto a olio su tavola (diametro 71 cm) databile al 1513-1514 circa e conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.
L’opera si trovava nelle collezioni medicee fin dalla prima metà del Cinquecento ed era sicuramente nata per una collocazione privata, secondo il formato della tavola. La presenza della «sedia camerale», la complessità compositiva e altri dettagli hanno fatto ipotizzare che l'opera fosse commissionata da papa Leone X, e da lui inviata ai suoi parenti a Firenze. Già agli Uffizi, venne destinata al palazzo reale dall'inizio Settecento, ricordata poi nella camera da letto del Gran Principe Ferdinando de' Medici, e in altri ambienti. Durante le spoliazioni napoleoniche, fu a Parigi dal 1799 al 1815 e solo nel 1882 tornò a Firenze, dove si trova nella Sala di Saturno insieme con le altre opere di Raffaello del museo. La datazione si basa su elementi stilistici poiché l'opera viene in genere considerata successiva agli affreschi della Stanza di Eliodoro. Vicina da un punto di vista stilistico e formale è la Madonna della Tenda, che propone gli stessi soggetti in una posa leggermente variata e su un formato rettangolare. «Una tradizione popolare vuole che l’ispirazione per quest'opera venne all'artista mentre transitava per Velletri, dove vide una contadina del luogo che cullava il proprio figlio in grembo e volle subito ritrarli sul coperchio di una botte lì presente». [24] L’opera prende il nome dalla sedia camerale su cui è seduta Maria con in braccio il Bambino, entrambi voltandosi verso lo spettatore. Alla scena assiste san Giovannino, che rivolge un gesto di preghiera a Maria. Per tenere in braccio il Bambino, la Madonna solleva una delle due gambe, coperte da un drappo azzurro. La sua posizione suggerisce il dondolio del cullare. Essa china il capo verso il figlio, facendo toccare le due teste, in un’atmosfera d’intima dolcezza familiare. La grande ricchezza visiva fa dell'opera «indubbiamente uno dei maggiori capolavori dell’arte rinascimentale». [25]
La Madonna del Diadema blu
La Madonna del Diadema blu è un dipinto a olio su tavola (58x44 cm) di Raffaello Sanzio e Giovan Francesco Penni, databile al 1510-1511 circa e conservato nel Museo del Louvre a Parigi. Si tratta di una Madonna del Velo: Maria solleva un velo trasparente per scoprire il figlio addormentato, prefigurandone la tragica sorte. Alla Crocifissione rimanda anche la croce di san Giovannino. Raffaello addolcì con un tono intimo a famigliare, la scena a cui partecipa anche Giovanni Battista, abbracciato da Maria e dolcemente sorridente. Il Bambino dormiente ricorda forse opere della statuaria antica, o il celebre Cupido dormiente di Michelangelo. Spicca l’accento plastico nei panneggi, molto chiaroscurati, e l’effetto dinamico della figura di Maria, con il velo, retto dal diadema blu che dà il titolo all’opera, gonfiato dallo spostamento d'aria, a sottolineare il suo movimento in avanti. Lo sfondo è composto da un paesaggio aperto, con rovine che fanno da quinte, mentre al centro, in lontananza, si vede il profilo di una città, probabilmente Roma, con un tempio classico con statue sul timpano. La tavolozza ricca di colori pastello smaltati, simili alla porcellana appartiene allo stile di un allievo. [26]
La Madonna di Foligno
La Madonna di Foligno è un dipinto a olio su tavola trasportato su tela (320x194 cm), databile al 1511-1512 e conservato nella Pinacoteca Vaticana nella Città del Vaticano. Esso fu commissionato da Sigismondo de' Conti, segretario (scriptor apostolicus) di papa Giulio II, come ex voto per il miracolo che aveva visto uscire la sua casa di Foligno illesa dopo un evento di non chiara origine (bolide o fulmine globulare, oppure uno scoppio di bombarda che lancia una palla infuocata). [27] L’opera, che fu la prima pala d'altare romana dipinta da Raffaello, si trovava sopra l'altare maggiore della Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, nella cui abside era collocata la tomba di Sigismondo. Nel 1565 Anna Conti, una monaca nipote del donatore, la fece trasferire nella chiesa di Sant’Anna a Foligno, presso il Monastero delle Contesse della Beata Angelina dei Conti di Marsciano. Nel 1797 fu requisita durante l’occupazione francese e portata a Parigi, nel Grande Museo del Louvre. Visto il precario stato di conservazione del dipinto, fu deciso di trasportarlo su tela e restaurato tra 1800-1801. La relazione di una commissione che descrisse le fasi del lavoro, pubblicata nel 1802, è l’unica di questo genere fino ad oggi ed è un’importantissima fonte di studio per la Storia del restauro. Tornata in Italia (1816), fu trattenuta dal pontefice Pio VII a Roma nella Pinacoteca Vaticana, come altre opere importanti d'arte sacra. L'opera è datata al 1511-1512, periodo in cui l’artista lavorava alla Stanza di Eliodoro, ed è il precedente più vicino alla Madonna Sistina.
La Madonna col Bambino, vestita in abiti con i due tradizionali colori rosso come madre e azzurro come regina, appare seduta sulle nubi e circondata da un disco aureolare, a sua volta attorniato da una corona azzurra di serafini che prendono forma dalle nuvole. Ai piedi di Maria si stende un paesaggio naturale dal quale emerge una cittadina sovrastata da un arco luminoso, entro cui è inserita una palla infuocata che sembra cadere sulle case. «In basso, da sinistra, sono raffigurati a coppie san Giovanni Battista con san Francesco d’Assisi (fondatore dei Minori che reggevano la chiesa) che impugnano entrambi una croce, e in una inconsueta veste azzurra san Girolamo, riconoscibile dal leone mansueto, che presenta a Maria il committente inginocchiato ritratto di profilo. Sigismondo indossa un sontuoso mantello di colore porpora foderato di pelliccia d’ermellino da cui fuoriescono le maniche nere dell’abito sottostante. Al centro si vede un angioletto che rivolge uno sguardo verso l’apparizione celeste; regge in mano una tabella biancata all’antica priva d’iscrizioni». [28]
La Madonna della Tenda
La Madonna della Tenda è un dipinto a olio su tavola (65,8x51,2 cm), databile al 1513-1514 circa e conservato nella Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. L'opera viene di solito collegata strettamente alla Madonna della Seggiola, della quale sembra una variante, riferita come anteriore o posteriore dalla critica. Si accenna abbia fatto parte delle raccolte dell’Escorial, da dove all’inizio dell’Ottocento sarebbe passata in Inghilterra. Qui fu acquistata per Ludovico di Baviera. Una tenda scostata sullo sfondo, che dà il nome al dipinto, mostra un piccolo brano di cielo su cui si staglia la figura di san Giovannino. Esso si rivolge, con un gesto di preghiera, ai protagonisti della scena, Maria e Gesù Bambino, che si girano per guardarlo. La posa di Maria ricalca quella della Madonna della Seggiola, con l’analoga posa del braccio che abbraccia Gesù e delle gambe semi sollevate e scivolanti in avanti. «Il Bambino abbraccia teneramente la madre ma, a differenza della tavola di palazzo Pitti, il tono di intima famigliarità è rotto dal coinvolgimento di san Giovannino. L'opera appare come un interessante documento della continua ricerca di Raffaello verso forme rinnovate di armonia e bellezza sempre maggiore, variando gli elementi compositivi e formali anche in base alla committenza». [29]
La Madonna del Pesce
La Madonna del Pesce è un dipinto a olio su tavola, trasportato su tela (215x158 cm), databile al 1514 circa e conservato nel Museo del Prado di Madrid. Fu lavorato da Raffaello insieme agli aiuti. Presenta una sacra conversazione con al centro la Madonna col Bambino su un trono rialzato e ornato da intagli, tra l’arcangelo Raffaele con Tobiolo e san Girolamo col leone addomesticato. Il nome dell’opera deriva dal pesce che Tobiolo tiene in mano, parte integrante della sua leggenda (narrata nel Libro di Tobia), secondo la quale Raffaele l’aveva aiutato a catturare un pesce velenoso, con la cui bile il giovane avrebbe poi guarito il padre dalla cecità.
Lo sfondo è una tenda verde scostata su un cielo cupo e un sintetico paesaggio collinare, come nella Madonna della Tenda, databile a quegli stessi anni. La composizione è particolarmente ricca di gesti e sguardi che rimandano da un estremo all'altro della pala. Emblematica è la figura del Bambino che guarda verso Tobiolo benedicendolo, mentre con la sinistra tiene il segno al libro retto da Girolamo. «Il gesto ha forse un significato dottrinale, e allude all’inserimento del Libro di Tobia nella Vulgata a opera proprio di Girolamo». L’uso magistrale del colore e della composizione, che nasconde complesse forme triangolari, rettangolari e diagonali, richiama la Stanza di Eliodoro dipinta da Raffaello in Vaticano. «Gli sguardi teneri dipinti, danno un'armoniosa unità emotiva, anche per lo spettatore, grazie al taglio stretto della composizione e al dettaglio del gradino in prospettiva, che sembra quasi invitarlo a partecipare». [30]
Madonna del Granduca
Il dipinto ha questo nome perché fu acquistato dal granduca di Toscana Ferdinando III nel 1799, per la sua camera da letto. Tra le numerose tavole di Raffaello dedicate alle Madonne, questa è senza dubbio la più importante e rappresenta la Vergine in piedi, a tre quarti di figura, con il corpo leggermente ruotato a destra, con il Bambino in braccio, che a sua volta ha un movimento opposto in modo da bilanciare la composizione. L’immagine si trova su un fondo scuro, aggiunto forse nel Seicento, le indagini hanno dimostrato che dietro le due figure c’era una finestra aperta su un paesaggio. Nella Madonna del Granduca il Bambino e la Madre sono ritratti in un inestricabile abbraccio eterno. Il disegno prevedeva un'inquadratura dell’immagine in un cerchio, o addirittura su tavola tonda. Lo dimostra il movimento elicoidale su cui è ‘costruito’ il Bambino, avviato sul corpo della Madre che ha una composizione statica. «Si tratta di un’influenza subita dall’iconografia tipica della scultura gotica francese, che aveva servito da modello a Jacopo della Quercia. I volti, dei personaggi, particolarmente quello di Maria, anche se idealizzati, sono dalla realtà quotidiana. Questo elemento è molto importante perché spiega il perché della straordinaria popolarità di Raffaello». [31]
Raffaello è stato il pittore che ha dipinto il più gran numero di Madonne (registrate nei cataloghi, ne sono quarantacinque). Anche se la posizione dei personaggi, i loro gesti e le loro espressioni, l’ambiente in cui accade la scena dell’amore materno, non variano molto, in tutti questi quadri la Madre di Gesù Bambino ha un fiore, un frutto, un libro, un certo oggetto che simboleggia la sacralità della sua vita e di quella di Suo figlio che verrà sacrificato per la salvezza dell’umanità. I nomi dei quadri indicano sia questi elementi rappresentati, sia il nome del proprietario che aveva commissionato l’opera.
Dalle tele dipinte da Raffaello per venerare la Vergine, oltre a quelle già presentate, fanno ancora parte: La Madonna di Casa Santi, La Madonna Solly (Madonna leggente col Bambino), La Madonna col Bambino tra i santi Girolamo e Francesco, La Madonna di Pasadena, La Madonna Diotallevi, La Madonna Conestabile, La Piccola Madonna Cowper, La Madonna Terranuova, La Madonna dei Garofani, La Madonna della Torre o Madonna Mackintosh, La Madonna Aldobrandini o Madonna Garvagh, La Madonna del Velo o di Loreto, La Madonna dei Candelabri, La Madonna dell'Impannata, La Madonna del Passeggio, La Madonna della Rosa, La Madonna del Divino amore, La Sacra Famiglia di Francesco I, La Sacra Famiglia sotto la quercia (o Madonna della Quercia).
Il quadro che gode un apprezzamento speciale resta però la Madonna sistina, una delle opere più celebri di Raffaello per lo sguardo della Madre e del bambino che tiene in braccio, «mentre avanza su nubi impalpabili e anche per i due irriverenti e pensierosi angioletti che si trovano alla base del dipinto». [32] Questo quadro, commissionato nel 1512 dal papa Giulio per la chiesa del monastero benedettino di San Sisto (da cui prese anche il nome) a Piacenza, è stato celebrato da poeti, filosofi, romanzieri [33], mentre i due putti sono diventati un'icona a sé, riprodotti in poster e oggetti vari. Il dipinto, seppur famosissimo, ha avuto una storia avventurosa e in occasione del 500esimo anniversario dalla morte di Raffaello, il 26 dicembre, Sky Arte propose La Madonna Sistina di Raffaello – Il capolavoro ritrovato, il documentario che ripercorre le vicende di un'opera che ha rischiato di sparire per sempre e di un uomo, un soldato dell'Armata Rossa, che l’ha cercata e salvata. [34] L'opera è rimasta nella chiesa piacentina per 240 anni e fu sostituita da una copia di Giuseppe Nogari dopo che, nel 1754, l'originale venne ceduto dai monaci ad Augusto III di Sassonia per venticinque mila zecchini, quasi novanta chili d'oro, una cifra enorme per l'epoca. È così arrivò a Dresda, dove fu ammirata per quasi due secoli. Durante la guerra i nazisti hanno messo in salvo in luoghi segreti le opere esposte nei musei tedeschi e quando i soldati dell’Armata Rossa entrarono nella città nel 1945, trovarono solo macerie e distruzione in seguito ai bombardamenti Tra i soldati sovietici c’era anche Leonid Rabinovich, un giovane artista ebreo ucraino che decise di salvare l’opera che sperava di trovarci e dopo aver ispezionato i castelli e le rocche nei dintorni riuscì a ritrovarla insieme a molti altri celebri dipinti che arrivarono in Russia. La Madonna Sistina rimase per un decennio nascosta nel Museo Puškin di Mosca, conservata e restaurata e dopo la morte di Stalin, nel 1956, in seguito all'instaurazione del Patto di Varsavia, viene restituita a Dresda. Esposta prima in una celebre mostra al museo moscovita, fu visitata da più di un milione di russi. Leonid raccontò qui la sua avventura, che farà nascere il libro e poi nel 1961, anche il film Five days, five nights, prima coproduzione Urss e Germania dell’Est con le musiche composte da Shostakovich.
Oggi la Madonna Sistina si trova nelle Collezioni della Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda dove è esposta al pubblico.
La Madonna Sistina
La Madonna Sistina, un dipinto a olio su tela (265x196 cm) databile al 1513-1514 è considerato unanimemente uno dei massimi capolavori dell'arte occidentale per numerose ragioni, «per tutta la complessità concettuale e simbolica nascosta dietro l'apparente semplicità dell’immagine e l’unione armonica fra l’ideale di bellezza greco-romana e il sentimento religioso cristiano». [35] La datazione dell'opera alla prima metà degli anni ’10 del XVI secolo si basa su dati stilistici ed è in genere legata ai primi anni del pontificato di Leone X, prima della Estasi di Santa Cecilia. Il quadro è concepito come una vera e propria quinta teatrale. Una tenda verde apre il palcoscenico della scena in cui appare al centro una rivelazione, la Madonna con il bambino Gesù in braccio, ai suoi lati il Papa Sisto e Santa Barbara. La Vergine, ritratta a figura intera, appare sulla scena come discendendo da un letto di nuvole che a uno sguardo più attento si rivelano composte come da una miriade di teste di cherubini. Maria e il bambino guardano lo spettatore. Nell’opera si nota un sottile movimento, come un lieve soffiare di vento che muove le vesti della Madonna che è rappresentata in una veste semplice, priva di ornamenti, mentre si avvicina a piedi nudi, circondata dalla luce.
«Le Madonne raffaellesche, oggettivamente bellissime, sono forse fra le più conosciute, ammirate e riprodotte dell’intera storia dell’arte occidentale. Si caratterizzano per la straordinaria eleganza formale, per l’equilibrio della composizione, per la profonda e intangibile serenità emanata dai personaggi rappresentati. Maria è sempre calma, materna e dolcissima, talvolta pensosa e tuttavia mai dubbiosa o turbata. Lei incarna un senso religioso profondamente radicato nella tenerezza. Anche quando contengono simboli che rimandano a significati complessi, i quadri di Raffaello appaiono comunque naturali, immediatamente fruibili». [36]
«Raffaello lasciò un’eredità importantissima per la storia dell’arte. I suoi discepoli rappresentavano una vera e propria scuola artistica che pose le basi per tutta la pittura dei secoli successivi. Artisti legati al Classicismo come Carracci, Caravaggio, Rubens e Velázquez dovettero moltissimo al genio urbinate; alcuni movimenti del XIX secolo come quello dei Preraffaelliti, presero da lui, oltre al nome, il giovanile interesse per la rievocazione arcadica del Quattrocento e del primissimo Cinquecento». [37]
Otilia Doroteea Borcia
(n. 11, novembre 2022, anno XII)
NOTE
1. https://www.cronologia.it/biogra2/raffaell.htm .Raffaello Sanzio - Biografia - Cronologia.it.
2. Piero Adorno, L’arte italiana, volume secondo – tomo primo Il rinascimento dalle origini alla sua piena affermazione, Casa editrice G. D’Anna, Messina – Firenze, 1993, p. 622.
3. Pierluigi De Vecchi e Elda Cerchiari, I tempi dell’arte, vol, 2, Milano, Bompiani, 1999, p. 217.
4. Celio Calcagnini (Ferrara, 17 settembre 1479 – Ferrara, 24 aprile 1541) un umanista, scienziato e diplomatico italiano, al servizio del Ducato di Ferrara. È stato uno dei più dotti sapienti dell’epoca rinascimentale, soldato, ecclesiastico, professore, poeta, filosofo e storico, fu celebrato da Ludovico Ariosto nell’Orlando furioso (XLII.90, XLVI.14), e formulò una teoria sul moto della Terra influenzata da quella copernicana. Durante il suo viaggio a Roma nel 1519 entrò in contatto con gli studiosi del mecenatismo di papa Leone X – Girolamo Aleandro, Fabio Calvo, Paolo Giovio e Raffaello – che poi descriverà come studiosi degli antichi, cfr. Wikipedia, l’enciclopedia libera.
5. Raffaello Sanzio, genio dell'arte rinascimentale https://www.artuvisite.com›.
6. idem 5.
7. idem 5.
8. Dama col liocorno – Wikipedia https://it.wikipedia.org› wiki › Dama_col_liocorno.
9. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975, p. 105.
10. Barbara Jatta, La più celebrata la più bella e la più divina https://www.osservatoreromano.va› news › quo-015.
11. B. Mottin, Un exemple d'étude de laboratoire: La Belle Jardinière, in «La Revue du Musée des arts et métiers», n. 46-47, ottobre 2006, p. 20.
12. Franzese Paolo Raffaello | Libro Mondadori Electa 06/2008 https://www.hoepli.it› libro › raffaello.
13. Idem 12.
14. Pierluigi De Vecchi, op. cit.
15. Idem 14.
16. Paolo Franzese, op. cit.
17. Raffaello, Madonna Esterhazy, Wikipedia, l’enciclopedia libera.
18. Pierluigi De Vecchi, op. cit.
19. Raffaello, La Sacra Famiglia Canigiani, Wikipedia, l’enciclopedia libera.
20. Pierluigi De Vecchi, op. cit.
21. Raffaello, Pala Ansidei https://www.raffaelloinumbria.it› opere › raffaello-pala...
22. Pierluigi De Vecchio, Raffaello, la Madonna del Baldacchino, cfr. Wikipedia, l’enciclopedia libera.
23. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, La Madonna d'Alba, Rizzoli, Milano 1975, cfr. Wikipedia, l’enciclopedia libera.
24. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, La Madonna della seggiola, Rizzoli, Milano 1975.
25. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, La Madonna del Diadema blu, Wikipedia, l’enciclopedia libera.
26. Idem 25.
27. Pierluigi De Vecchi ed Elda Cerchiari, I tempi dell'arte, volume 2, Bompiani, Milano 1999.
28. Idem 27.
29. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975 e Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008, cfr. Wikipedia l’enciclopedia libera.
30. Idem 29.
31. Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Madonna del Granduca, Rizzoli, Milano 1975, Wikipedia, l’enciclopedia libera.
32. Madonna Sistina – Wikipedia https://it.wikipedia.org› wiki › Madonna_Sistina
33. Dostoevskij la menzionò in Delitto e castigo, in L'adolescente e in I demoni, dove Stepan Trofimovič
è incapace di spiegare la profondità che vede nel dipinto.
34. Il documentario – realizzato da 3D Produzioni per Sky Arte su soggetto Didi Gnocchi, sceneggiatura di Arianna Marelli e regia di Claudio Poli – ne segue la storia raccontata nel libro Sette giorni di Leonid Rabinovich, arricchita da filmati d'epoca e testimonianze di storici dell'arte, direttori di musei e la partecipazione di Sonia Bergamasco che dà voce allo scrittore e giornalista sovietico Vasilij Grossman, uno dei tanti intellettuali affascinati dal quadro del pittore italiano, che richiamava in lui il ricordo delle vittime di Treblinka. cfr La Madonna Sistina di Raffaello, storia di un capolavoro https://www.repubblica.it › cinema › 2020/12/16 › foto.
La Madonna Sistina di Raffaello, in un doc la storia del ...https://www.repubblica.it› cinema › 2020/12/16 › news.
35. La rivelazione della Madonna Sistina, l'opera più bella di ... https://www.arte.it› raffaello › la-rivelazione-della-mad...
36. Sandro Barbagallo, LE MADONNE DI RAFFAELLO – San Paolo Patrimonio https://www.sanpaolopatrimonio.it› Opere.
37. Raffaello, genio indiscusso del rinascimento maturo: https://www.artesplorando.it› 2017/10 › raffaello-geni...
Bibliografia
Piero Adorno, L’arte italiana, volume secondo – tomo primo “Il rinascimento dalle origini alla sua piena affermazione”, Casa editrice G. D’Anna, Messina – Firenze, 1993
Pierluigi De Vecchi e Elda Cerchiari, I tempi dell’arte, vol, 2, Milano, Bompiani, 1999, p. 217.
Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975; La Madonna del Baldacchino, La Madonna d'Alba, La Madonna della seggiola, La Madonna del Diadema blu, La Madonna del Granduca.
B. Mottin, Un exemple d'étude de laboratoire: La Belle Jardinière, in “La Revue du Musée des arts et métiers”, n. 46-47, ottobre 2006.
Franzese Paolo Raffaello, Mondadori Electa 06/2008
Sitografia
Raffaello Sanzio - Biografia - Cronologia.it https://www.cronologia.it/biogra2/raffaell.htm
Raffaello Sanzio, genio dell'arte rinascimentale https://www.artuvisite.com›
Dama col liocorno – Wikipedia https://it.wikipedia.org› wiki › Dama_col_liocorno
Barbara Jatta, La più celebrata la più bella e la più divina https://www.osservatoreromano.va› news › quo-015
Franzese Paolo Raffaello, Mondadori Electa 06/2008 https://www.hoepli.it› libro › raffaello
Raffaello, Madonna Esterhazy, Wikipedia, l’enciclopedia libera
Raffaello, La Sacra Famiglia Canigiani, Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Raffaello, Pala Ansidei https://www.raffaelloinumbria.it› opere › raffaello-pala...
Madonna Sistina – Wikipedia https://it.wikipedia.org› wiki › Madonna_Sistina
Madonna Sistina di Raffaello, storia di un capolavoro https://www.repubblica.it › cinema › 2020/12/16 › foto
La Madonna Sistina di Raffaello, in un doc la storia del ...https://www.repubblica.it› cinema › 2020/12/16 › news
La rivelazione della Madonna Sistina, l'opera più bella di ... https://www.arte.it› raffaello › la-rivelazione-della-mad...
Sandro Barbagallo, LE MADONNE DI RAFFAELLO – San Paolo Patrimonio https://www.sanpaolopatrimonio.it› Opere
Raffaello, genio indiscusso del rinascimento maturo https://www.artesplorando.it› 2017/10 › raffaello-geni... |
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