Sofonisba Anguissola, la modernità di una pittrice del Rinascimento

1Un 2020 molto rosa, a dicembre il Palazzo Reale di Milano inaugurerà Le Signore del Barocco, storie di grandi pittrici nell'Italia della Controriforma, una mostra per il grande pubblico che si propone di riscattare dall’anonimato nomi femminili come Sofonisba Anguissola (1532-1625) e Lavinia Fontana (1552-1614), Fede Galizia (1578-1630), Orsola Maddalena Caccia (1506-1676), Giovanna Garzoni (1600-1670), Virginia Vezzi (1600-1638) ed Elisabetta Sirani (1638-1665).  Una grande mostra per celebrare i pennelli italiani delle pittrici pioniere. Anguissola fu la prima donna italiana a conquistare fama internazionale con la pittura.

Bernardino Campi che ritrae Sofonisba Anguissola,
autoritratto di Sofonisba 1559, Pinacoteca Nazionale di Siena.
Doppio ritratto: nel soggiorno milanese del 1559, che ha preceduto la partenza della gentildonna artista per la corte spagnola, Sofonisba raffigura il suo primo maestro di pittura che dipinge un ritratto della sua allieva. Un'invenzione speculare che ha avuto sviluppi successivi, che si ritrovano nelle opere di Velasquez, Van Eyck e Magritte.


La cremonese Sofonisba Anguissola è una figura singolare – la prima pittrice italiana a raggiungere fama internazionale già durante la sua vita. Donna dotata di grande talento artistico, intelletto e profonde qualità umane, Sofonisba si è affermata come eccellente «ritrattista di anime», i suoi soggetti dipinti, a detta del Vasari, sembravano respirare. Nella sua lunghissima vita avventurosa (ha vissuto più di 90 anni) ha viaggiato su e giù per la penisola italiana e per quella iberica, attraversando il mare e spostandosi fra le più fiorenti corti. Con la sua intelligenza e laboriosità ha continuato a dipingere per tutta la vita, ispirando artisti e altre donne che hanno seguito le sue orme. Da giovane aveva impressionato il sommo Michelangelo con i suoi disegni, per poi impartire da anziana preziosi consigli a Van Dyck che le aveva fatto visita a Palermo.
La fama che ha accompagnato Sofonisba nella vita è sfumata rapidamente nei secoli nel dimenticatoio in cui è stata relegata la stragrande maggioranza delle artiste donne – lasciando, invece, ampio terreno alle opere maschili. Solo recentemente i musei del mondo hanno iniziato a recuperare spazio e fondi per celebrare le artiste donne, alla luce di nuove e interessanti scoperte a carattere storiografico. Nel caso di Sofonisba, ad esempio, gran parte della sua produzione non è firmata, perciò solo di recente, attraverso l'analisi della tecnica pittorica e di rilevazioni scientifiche, opere importanti sono state ricondotte ai suoi pennelli. Un centro di riferimento per lo studio dell'attività di Sofonisba è il Museo Nazionale del Prado, a Madrid, che ospita il maggior numero di quadri delle «Anguissole» (di Sofonisba e delle sue sorelle). In occasione del bicentenario, dal 22 ottobre 2019 e al 2 febbraio 2020, il Prado ha reso omaggio a due pittrici italiane del '600 del Rinascimento: Historia de dos pintoras: Sofonisba Anguissola y Lavinia Fontana. È stata la prima volta che le due artiste hanno convissuto nello stesso spazio museale in una mostra.


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A destra Autoritratto alla spinetta di Sofonisba Anguissola (1555 ca, Museo Capodimonte, Napoli)
A sinistra Autoritratto alla spinetta di Lavinia Fontana (1577, Accademia San Luca di Roma)

Foto credits: chiaramontani.com       



Sofonisba e la vita a Cremona

Sofonisba nacque a Cremona nel 1532 da una famiglia di origini nobili, il padre era Amilcare Anguissola e la madre Bianca Ponzoni. Era la primogenita di sette figli; dopo Sofonisba sono nati Elena, Lucia, Minerva, Europa, Asdrubale e Anna Maria. Cremona era la seconda città più importante dello Stato di Milano sotto la dominazione spagnola. Amilcare Anguissola era impegnato nella vita culturale cremonese, e si occupava della Fabbrica del Duomo (studi umanistici) e dell'abbazia di San Sigismondo (pittura). Era nella cerchia di Marco Girolamo Vida, vescovo di Alba e autore di testi importanti. Attraverso la fabbrica di San Sigismondo, Sofonisba entrò in contatto con la pittura, però ai tempi era escluso che le ragazze frequentassero le botteghe dei maestri. Quindi, dopo un'educazione solida in famiglia, Amilcare ha predisposto che le due figlie maggiori imparassero a dipingere dal maestro lombardo Bernardino Campi, artista poliedrico e molto influente. Secondo i costumi del tempo, Sofonisba ed Elena si recavano direttamente nella casa di Campi, accompagnate da una domestica che successivamente sarebbe apparsa in alcuni quadri. Le fanciulle erano iniziate all'arte del ritratto, della pittura «al naturale», o a tematiche religiose, Campi faceva loro ricopiare molti modelli suoi o di altri artisti famosi del tempo. Qui Sofonisba studiò per circa quattro anni, dal 1546 al 1550, quando Bernardino Campi si trasferì a Milano chiamato a ritrarre Ippolita Gonzaga, figlia del governatore. La sorella Elena rinunciò e decise di diventare suora. Sofonisba invece proseguì gli studi artistici con Bernardino Gatti, su consiglio del padre. Nonostante il talento, Sofonisba non poteva fare dell'arte una professione, a causa del rango patrizio, non poteva ricevere commissioni pagate in denaro e neanche aprire una bottega. Il padre Amilcare diventò un assiduo promotore di sua figlia, vera enfant prodige. I suoi ritratti e autoritratti sovente venivano regalati per ricevere favori. Negli anni a seguire Sofonisba dipinse continuamente, da una posa riusciva a creare una scena di vita, utilizzando particolari del soggetto per uso narrativo – fino al 1559 la sua fama si diffuse gradualmente in tutte le corti, le famiglie nobili desideravano inserire un suo quadro nelle loro gallerie. A questo periodo risalgono alcuni quadri di scene di famiglia, capolavori senza tempo.

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Partita a scacchi, 1555, olio su tela, 72x97cm, Narodowe Museum, Polonia
(Lucia, Minerva ed Europa giocano a scacchi in giardino, la quarta persona è una domestica che comparirà anche in altri quadri.)




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Ritratto di dama, 1557, olio su tela,
98x75cm, Gemaldegalerie, Berlin

Ritratto della madre, la nobile Bianca Ponzoni Anguissola


Sofonisba alla corte spagnola di Filippo II

L’ingegno e la meraviglia della pittrice cremonese le portarono, nel 1559, un invito inaspettato: Sofonisba fu chiamata alla corte di Madrid dal Duca di Alba, Fernando Álvarez de Toledo, come dama di compagnia della futura regina, moglie di Filippo II – Isabella di Valois (figlia di Caterina de Medici). La cremonese lasciò famiglia e sorelle, già avviate alla pittura anche loro, per recarsi in Spagna al servizio del re.
Sofonisba era l’unica dama italiana alla corte spagnola e lavorava come insegnante di pittura per la giovane regina Isabella, incarico per il quale era stipendiata regolarmente. Quando la regina giunse alla corte del re Filippo II, nel 1560, aveva solo 14 anni. Con la pittrice cremonese instaurò subito un legame affettuoso, basato su comuni interessi culturali e artistici. Sofonisba era italiana come sua madre, e, per di più, colta e raffinata. Passavano molto tempo insieme e la regina fu ispirata dalla figura unica e preziosa della sua maestra cremonese.
Anguissola non poteva esercitare la professione di ritrattista di corte, totalmente incompatibile con il suo incarico di dama, però realizzò numerosi ritratti – non ufficiali e non firmati – che successivamente furono ricopiati dai ritrattisti ufficiali. Per familiarizzarsi con lo stille a corte si documentò nelle ricche gallerie delle residenze reali spagnole, dove ebbe la possibilità di studiare opere di grandi maestri europei (come Tiziano). Il principale ritrattista che accompagnava sempre Filippo II nei suoi spostamenti era il fiammingo Anthonis Mor, seguito da Alonso Sánchez Coello.
Sofonisba si trovava alla corte più importante d’Europa, ma anche la più complessa, eppure seppe distinguersi sempre nel ferreo rispetto dei ruoli, per le sue doti impareggiabili. Una giovane donna molto istruita, laboriosa e dotata di profonde qualità umane. I volti da lei dipinti erano di un'espressività straordinaria, sapeva come cogliere la personalità del soggetto che aveva di fronte e immortalarla sulla tela.

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Ritratto di Isabella di Valois, 1561-1565, olio su tela, 205x123cm, Museo del Prado, Madrid

Ritratto della regina che indossa un lungo abito nero alla moda ufficiale spagnola, impreziosito da file di perle.  Nella mano destra tiene una miniatura di suo marito re Filippo II. 

 

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Ritratto di Filippo II d’Asburgo, 1573, olio su tela, 88x72cm, Museo del Prado, Madrid

L’opera fu dipinta nel 1565 da Sofonisba Anguissola, ulteriormente ritoccata nel 1573, poi assegnata ad Alonso Sánchez Coello.



Sofonisba restò alla corte spagnola per ben 14 anni, fino al 1573, tempo in cui fu partecipe di molti eventi, fra successi professionali, gioie e tragedie. La sua regina subì diversi parti ravvicinati che le procurarono problemi di salute. Nel 1564 Sofonisba ebbe lutti in famiglia: morì sua sorella Minerva e, a un anno di distanza, si spense anche la sorella Lucia. La tragedia di Don Carlo, il principe ereditario della Corona, che morì in condizioni terribili rinchiuso in una torre dal proprio padre, scosse l’intera corte spagnola. Dopo pochi mesi dalla morte del principe Carlo, nell’ottobre del 1568, morì anche la regina Isabella, reduce da un parto prematuro. Sofonisba si sentì molto provata. Restò ancora per alcuni anni alla corte di Filippo II per accudire le infante Isabella Clara Eugenia e Caterina Micaela, orfane di madre.


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Infante Isabella Clara Eugenia e Caterina Micaela
, 1569-1570, olio su tela, 133,5x145cm, Royal Collection, Buckingham Palace, Londra

Due bambine senza sorriso, lo sguardo malinconico, intrappolate in abiti sontuosi, in una posa rigida imposta dall’educazione di corte. Gli animali scelti da Sofonisba per questo ritratto regalano un po’ di ingenuità e tenerezza alla classica figura ritrattistica ufficiale.


Sofonisba torna in Italia, in Sicilia


Nel 1573 Sofonisba impresse una nuova rotta alla sua vita. Desiderava ritornare in patria, quindi il re Filippo insistette per trovarle un marito. All’Alcázar, nel maggio del ‘73 fu celebrato il matrimonio per procura fra l’illustre signora Sofonisba Anguissola e il principe di Paternò e Caltanissetta, Fabrizio de Moncada, il cadetto di una delle più importanti famiglie nobili siciliane. Sofonisba appena quarantenne si trasferì in Sicilia dove visse insieme al marito per cinque anni. Nonostante fosse molto diplomatica e abile a tessere relazioni, dovette inserirsi in un contesto culturale e politico di una corte differente da quella spagnola. Al suo arrivo fu coinvolta nelle problematiche ereditarie che suo marito disputava con la cognata. Fabrizio de Moncada morì nel 1578 in mare fra Palermo e Napoli, per mano dei pirati, dopo essersi imbarcato sulla galera Capitana che avrebbe dovuto portarlo in Spagna.
Nel 1579 Sofonisba dipinse una pala d’altare dedicata alla memoria di Fabrizio, donata poi ai francescani di Paternò.



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Madonna dell’Itria
, 1579, olio su tela, 230x122cm, chiesa di Santa Maria dell’Annunciata, Paternò, Sicilia

Composizione complessa recentemente scoperta nel 1995 tramite un atto di donazione, nel mese di ottobre 2020 la tavola sarà a Cremona per il restauro aperto al pubblico nel Museo Civico “Ala Ponzone”. Sarà possibile ammirare l’opera e il lavoro del suo restauratore passo a passo. La tavola andrà poi a Milano per la mostra Le Signore del Barocco.



Sofonisba si sposta in Liguria

Rimasta vedova a quarantasette anni, Sofonisba concluse il capitolo siciliano e decise di ritornare a casa, a Cremona. Chiamò suo fratello Asdrubale perché l’aiutasse con il trasloco e le vicende burocratiche finanziarie. S’imbarcò su una nave diretta in Liguria, però il destino le fece incontrare il nobile Orazio Lomellini, capitano di quindici anni più giovane di lei. Per colpa del mare in burrasca, approdarono a Livorno, e da lì si trasferirono provvisoriamente a Pisa dove si sposarono, contro il volere del fratello e della corte spagnola. La pittrice aveva scelto per sé come vivere l’ultima parte della sua vita, che sarebbe stata lunghissima. Dal 1580 al 1615 i coniugi Lomellini vissero in Liguria.
Genova, snodo di grandi centri di potere europeo, era in quel periodo a cavallo fra due secoli, in uno sviluppo economico e politico importante. Sofonisba si inserì in quel movimento culturale artistico che interessò la città ligure in un momento di risveglio edilizio e aristocratico. Entrò in contatto con pittori come Bernardo Castello (1557-1629) e Luca Cambiaso (1527-1585).
Durante i trent’anni in cui Sofonisba visse in Liguria, la sua relazione dedicata alla famiglia reale continuò. La pittrice ritrasse entrambe le infante figlie della sua regina nel loro passaggio ligure a Savona e a Genova.
Nel 1585 Caterina Micaela d’Asburgo sposò Carlo Emanuele I di Savoia e, nel suo trasferimento a Torino, approdò a Savona con le galee reali. La presenza della pittrice alla Corte Sabauda è testimoniata dal ritrovamento di altre pitture degli anni ‘90 e dei primi del ‘600 che raffigurano i figli di Caterina Micaela, i duchi di Savoia.
Nel 1599 passava dalla Liguria anche Isabella Clara Eugenia, la primogenita di Filippo II. L’infanta si fermò insieme al marito arciduca d’Austria Alberto per dieci giorni a Genova, ospitati nel palazzo Doria. In quell’occasione Sofonisba ritrasse Isabella e si intrattenne con lei durante lunghe conversazioni.



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Ritratto dell’Infanta Isabella Clara Eugenia
, arciduchessa d’Austria 1599, olio su tela, 194,5x110cm, Museo del Prado, Spagna



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La partita a tric-trac, olio su tela, 149x117cm, Verbania, Isola Madre, Collezione dei Principi Borromeo

In senso orario i principi Vittorio Amedeo, Emanuele Filiberto, Filippo Emanuele e Margherita che abbraccia un grosso cucciolo, forse il dipinto è stato realizzato prima della morte della duchessa Caterina Micaela.

 

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Ritratto nuziale di Margherita di Savoia con il Leone sabaudo, 1604, olio su tela, 199x108cm, Galleria Sabauda, Torino

 

Da Genova a Torino e poi a Palermo

Dopo un lungo periodo trascorso tra Liguria e Piemonte, la coppia Lomellini si trasferì in Sicilia, a Palermo, nel 1615. Sofonisba, ormai ottantenne, trovò una città profondamente cambiata e rinnovata. Continuò a dipingere, nonostante il forte calo della vista. Insieme al marito vissero nell’antico quartiere arabo e frequentarono sopratutto connazionali genovesi.
Nel 1624 Sofonisba ricevette la famosa visita di Anton Van Dyck, talentoso discepolo di Rubens (che conosceva personalmente Anguissola). Van Dyck fu invitato in Sicilia dal nuovo viceré, Emanuele Filiberto di Savoia, che Sofonisba aveva ritratto da bambino. Al pittore fiammingo furono commissionati un ritratto e una grande pala d’altare.
Di questo incontro fra due mondi, fra due epoche differenti, ci è rimasta oggi la testimonianza del «Quaderno italiano» di Van Dyck. Si potrebbe affermare che fu proprio lui l’ultimo allievo di Sofonisba Anguissola, uno dei maggiori esponenti del ritratto psicologico.



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Ritratto di Sofonisba Anguissola, Palermo, 1624, autore Anton Van Dyck, olio su tela, 41,6x33,7cm

L’anno successivo, nel novembre del 1625, Sofonisba Anguissola si spense a Palermo e fu sepolta nella chiesa di San Giorgio dei Genovesi. Della sua tomba oggi non c’è più traccia, però è rimasta una lapide commemorativa istallata nel 1632 dal marito Orazio Lomellini. L’iscrizione in latino esalta il talento e le qualità della pittrice: «Alla moglie Sofonisba, del nobile casato degli Anguissola, posta tra le donne illustri del mondo per la bellezza e le straordinarie doti di natura, e tanto insigne nel ritrarre le immagini umane che nessuno del suo tempo poté esserle pari, Orazio Lomellini, colpito da immenso dolore, pose questo estremo segno di onore, esiguo per tale donna, ma il massimo per i comuni mortali».



Irina Niculescu
(n. 10, ottobre 2020, anno X)





Bibliografia

Pizzagalli Daniela, La Signora della Pittura. Vita di Sofonisba Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Rizzoli, 2003


Sitografia

Autoritratto «Bernardino Campi ritrae Sofonisba Anguissola», 1559

Relazione di Alfio Nicotra, specialista storico di arte

Museo del Prado, presentazione mostra «Historia de dos pintoras» di Letizia Ruiz, curatrice

Conferenza quadri di un’esposizione, Accademia San Luca, Roma, gennaio 2019, di Francesco Solinas