La lezione di Kierkegaard sul conformismo religioso e l’odierno ambientalismo mainstream (II)

Nella prima parte del presente articolo abbiamo considerato la polemica condotta da Kierkegaard contro il conformismo religioso del proprio tempo. Per il filosofo danese il conformismo rappresenta una minaccia non solo per la religione ma anche per ogni individuo che voglia realizzare se stesso. Osservavamo inoltre che il conformismo si presenta come un fenomeno estremamente sfuggente e mutevole in grado di assumere le forme più impensate. Nello specifico, il venir meno del conformismo religioso non ha comportato la fine del conformismo tout court, ma l’affermazione di un conformismo secolarizzato che, se da una parte rende meno ambigua la posizione del cristianesimo nei confronti del mondo, in quanto la religione del paradosso torna ad essere minoritaria e perseguitata, dall’altra non cessa di costituire un pericolo per l’individuo. Cercheremo di argomentare, in questa seconda parte, come in realtà la secolarizzazione non consista nell’annullamento del sacro ma nel suo camuffamento (Eliade) e, in relazione a ciò, prenderemo l’esempio dell’ambientalismo come religione secolarizzata del nostro tempo. Tutto questo per cercare di rispondere alla domanda di partenza, se, cioè, la critica mossa da Kierkegaard al conformismo religioso del proprio tempo possa valere ancora oggi per demistificare le forme di conformismo attualmente in auge.


La volatilità del sacro

Sarà opportuno fornire innanzitutto un quadro, seppur sommario, dell’attuale scenario religioso, a partire dalle seguenti domande:

a) In cosa differisce lo scenario religioso attuale da quello in cui visse Kierkegaard?
b) Cosa si deve intendere per religione oggi?

Per quanto riguarda la prima questione, ai fini della nostra disamina sarà sufficiente prendere atto della disaffezione dell’uomo moderno verso la religione. La religione, nella sua forma tradizionale, è percepita come uno stile di vita inautentico, stante nell’inutile imposizione di regole di comportamento e pratiche codificate, disfunzionali al libero sviluppo del singolo individuo. Oltre al rifiuto delle tradizioni religiose, l’Europa ha assistito al declino delle grandi narrazioni ideologiche del Novecento (il marxismo innanzitutto) che possono essere considerate i loro primi surrogati. Il vuoto lasciato sia dalla religione tradizionale che dall’ideologia è quindi tangibile e deve essere colmato da nuove narrazioni.
Veniamo così alla seconda domanda: cosa si deve intendere per religione oggi?
È semplicemente fuori discussione che il «sacro» sia svanito nel vuoto. Facendo nostra l’idea di Mircea Eliade del «camuffamento del sacro», osserviamo che, nonostante il processo di secolarizzazione o desacralizzazione abbia compiuto il suo corso, il sacro non è mai veramente scomparso da questo mondo. Si è piuttosto celato sotto apparenze secolari. In questo quadro ermeneutico, lo storico romeno delle religioni raccomanda di procedere a una sorta di «demistificazione alla rovescia», cioè alla desacralizzazione delle narrazioni «secolari» o «a-religiose» del nostro tempo, mettendo in luce la loro reale carica religiosa:

«Dobbiamo demistificare i mondi apparentemente profani e i linguaggi della letteratura, delle arti plastiche e del cinema per rivelare i loro elementi “sacri” . Sebbene si tratti, naturalmente, di una “sacralità” ignorata, camuffata o degradata». [1]

Quanto più l’essere umano rifiuta di riconoscere apertamente il sacro, come parte fondamentale del proprio essere, tanto più quest’ultimo si vendica, per così dire, assumendo le forme più strane e inimmaginabili. Nelle lezioni di fenomenologia della religione tenute presso l’Università di Bucarest intorno alla metà degli anni Venti, Nae Ionescu (1890-1940) – mentore di Mircea Eliade – spiegava che l’atto religioso, come ogni altro atto noetico, comporta necessariamente due poli, un soggetto e un oggetto, e quest’ultimo riveste sempre i caratteri dell’assolutezza e della trascendenza. Pertanto, in condizioni normali, Dio è l’oggetto privilegiato dell’atto religioso, ma quando il divino viene rifiutato come tale, il suo posto è occupato abusivamente da altri oggetti come: l’amore, il denaro, l’ego. Ionescu intuì il rischio insito in ogni tentativo di surrogare Dio con qualcos’altro e mise in guardia contro tutte queste forme anormali di religiosità [2].
Ora, il fatto che i nuovi paradigmi dominanti mobilitino l’opinione pubblica attorno a temi che non hanno nulla a che vedere con concetti come creazione, trascendenza, Dio, sacrificio, redenzione, resurrezione della carne, ecc., che sono, per dirla in breve, avulsi dal cristianesimo e da altri credi tradizionali non significa che siano completamente privi di implicazioni religiose. Al contrario, le narrazioni mainstream della nostra epoca emanano un’aura di sacralità e i loro imperativi hanno lo stesso potere persuasivo delle idee religiose.
È potuto accadere allora che il sacro (sacer), che prima apparteneva a determinati individui (sacerdos) e atti (sacrificia), o si trovava in determinati luoghi (sacraria) e oggetti (sacra), «evaporasse» e andasse «sacralizzando» i più vari aspetti della vita umana in modo del tutto casuale: natura, amore, scienza, ecc. Siamo giunti al punto che l’appartenenza a una Chiesa è stata sostituita con l’appartenenza a una comunità di persone che condividono le stesse preferenze sessuali, che la dieta vegetariana o vegana ha rimpiazzato il digiuno, la scienza ha sostituito Dio nella percezione generale – al punto che capita sempre più spesso di incontrare persone che, apparentemente senza alcun intento umoristico, affermano di «credere» nella scienza.
Da parte sua, René Guénon, esponente della philosophia perennis, ha soffermato particolarmente l’attenzione su questo fenomeno, mettendo in guardia sulle conseguenze che discendono dall’ubiquità del sacro, con considerazioni che ci paiono in verità assai attuali:

«Non è la religione nel senso proprio della parola, ma qualcosa che pretende sostituirsi a essa e che meriterebbe piuttosto di essere chiamato “contro-religione” [...] Se gli Occidentali non avessero perduto completamente il senso religioso dei loro avi, non eviterebbero forse di usare in ogni occasione espressioni come “religione della patria”, “religione della scienza”, “religione del dovere” e altre dello stesso genere?». [3]


L’ambientalismo, religione secolare del nostro tempo

Al fine di evitare indebite semplificazioni, ci asterremo dal sondare il complesso e controverso rapporto tra uomo e natura, troppo vasto per trovare in queste poche pagine una adeguata sede di trattazione. Osserviamo soltanto che la parola ecologia è di conio relativamente recente (proviene dal tedesco Oekologie e risale al biologo Ernst Haeckel che la impiegò per la prima volta nel 1866) e l’ecologismo, in quanto movimento socio-politico a difesa dell’ambiente, data a partire dagli anni sessanta del secolo scorso. Non c’è ragione perciò di chiamare in causa l’ecologia prima dell’affermazione della società industriale, prima cioè che il rapporto uomo-natura si evolvesse in forma drammatica, stante l’accresciuta potenza dell’uomo nel trasformare (e distruggere) l’ambiente. Fuor di dubbio, dunque, che l’ecologismo – bisognerebbe forse dire gli ecologismi, dato il carattere plurimo delle esperienze e degli orientamenti che animano il dibattito intorno a questo tema – sia un fenomeno tipicamente moderno. Con l’avvento della modernità l’uomo ha affermato la propria volontà di ergersi a signore della natura, fondando programmaticamente il proprio modello di sviluppo sulla profezia baconiana del regnum hominis super naturam, regno che si è fatto col tempo sempre più dispotico. In sintesi, l’ecologismo rappresenta la risposta che la società moderna offre a un problema, quello dello squilibrio tra uomo e ambiente, che essa stessa ha generato su scala planetaria, a partire dalla rivoluzione industriale.
Tuttavia, la soluzione che intende porre rimedio alle contro-finalità determinate da questo modello di sviluppo, non può prescindere da esso, né tanto meno metterlo in discussione. Non sorprende dunque che molte delle soluzioni proposte dall’ecologismo mainstream risultino condizionate dal paradigma a cui a livello puramente narratologico pretendono di contrapporsi. L’esempio più evidente è offerto dal green marketing: In una società mercantilista e massmediatica, in cui lo scambio di merce assurge a norma di ogni valore, la soluzione di un problema passa il più delle volte attraverso l’acquisto di altra merce (eco-sostenibile, green, a basso impatto, etc.) e la sensibilizzazione a un tema, attraverso una campagna pubblicitaria massiva.
Al netto di queste considerazioni, l’ecologismo odierno offre un buon esempio di «nuova religione secolare». Carl Reinhold Brakenhielm (Università di Uppsala) sostiene che non è un caso che proprio in Svezia, paese che da anni vede la scomparsa del cristianesimo dalla vita pubblica, l’ecologismo sia diventato una «religione civile» [4]. Molti intellettuali, tra cui anche alcuni rinomati uomini di scienza, come il premio Nobel per la fisica Ivar Giaever e il grande fisico americano dell’Institute for Advanced Study di Princeton, recentemente scomparso, Freeman Dyson (1923-2020), hanno denunciato il carattere pseudo-religioso assunto dall’ecologismo estremista. L’ambientalismo ha sostituito il socialismo come principale religione secolare [5].
L’economista francese Rémy Prud’homme (Università di Parigi XII) ha parlato dell’ecologismo come di una «nuova religione», «con la sua dottrina, il suo catechismo, i suoi pontefici, i suoi chierici, le sue processioni, i suoi gesuiti, e ora i suoi santi» [6]. I titoli dei giornali, di tutto il mondo, hanno recepito la portata religiosa del fenomeno in questione: «Santa Greta diffonde il Vangelo del clima» («Wall Street Journal»), «Greta Thunberg, la prima santa della religione ambientalista» («Telegraph»), «Greta, icona religiosa dell’anno» («Australian Herald Sun») [7].
Questa ondata di irrazionalità trova la sua ragione in diverse cause. «Tutte le ideologie stanno scomparendo. Il comunismo è scomparso, il cristianesimo è in grave crisi, il Papa nella Laudato si’ invoca quasi una nuova religione. C’è bisogno di religiosità nelle società ricche. C’è un vuoto culturale e l’ecologismo lo riempie». E Prud’homme aggiunge: «C’è un profondo senso di colpa in Occidente, mentre in Cina, in India e altrove non esiste questa afflizione. I ricchi occidentali si sentono in colpa di essere ricchi. È masochismo, dobbiamo pentirci per ciò che siamo» [8].
Il senso di colpa gioca infatti un ruolo fondamentale nelle narrazioni religiose. Bruno Ballarini, uno degli esperti di marketing e comunicazione più accreditati in Italia, ha un parere in merito: «è dimostrato che la leva più potente in grado di influenzare il comportamento umano è il senso di colpa». Ballarini presuppone che la Chiesa abbia inventato il marketing e ne abbia sperimentato tutte le tecniche nell’arco dei suoi duemila anni di storia. Fingendo di rivolgersi a un non meglio precisato alto prelato cattolico, Ballardini afferma:

«Voi su questo avete costruito la “motivazione alla scelta”, creando un forte senso di colpa verso colui che ha sacrificato la propria vita per salvarci dal peccato originale. Per così dire, avete comunicato ai potenziali clienti che avevate aperto una “linea di credito” per loro offrendo per primi la salvezza. E stiamo parlando di un “bene” che non è affatto superfluo. Tutto ciò, oltre a fornire una motivazione sufficientemente forte, ha creato una forma di debito morale verso Gesù e di chi lo rappresenta. Per questo sostengo che Paolo di Tarso fu il primo e più grande marketing manager della storia». [9]

L’amministratore delegato di «Libération», il principale quotidiano della sinistra francese, Denis Olivennes ha sottolineato un parallelo tra ecologismo e radicalismo religioso, parlando di «puritanesimo senza Dio». Come nel puritanesimo religioso, troviamo nell’ecologismo questa

«idea del peccato originale che ti fa nascere colpevole. In questo caso è la società mercantile, sessista, razzista, inquinante da cui devi liberarti per riscoprire la tua purezza morale. Perché non si tratta di continuare gradualmente a migliorare la situazione. L’idea non è quella di risolvere i problemi, ma di scomunicare i colpevoli».

L’ecologismo «ha i suoi apostoli, i suoi santi o i suoi predicatori che, come Greta, denunciano i peccatori e invocano la redenzione» [10].

Della stessa opinione è Brendan O’Neill, direttore della rivista «Spiked».

«È millenaristico […]. Il culto verde si differenzia dalle antiche religioni in un modo molto importante: non offre ricompensa o trascendenza per il nostro sacrificio. Le grandi religioni hanno richiesto molto da noi ma hanno promesso ancora di più: una vita eterna di amore e abbondanza. Il miserabile e misantropo movimento verde non promette nulla del genere, ma che viviamo di meno, viaggiamo di meno, discutiamo di meno e che non c’è altra ricompensa della riduzione della “impronta umana”». [11]

Michael Shellenberger, nominato nel febbraio 2016 eroe dell’ambiente dalla rivista «Time», stigmatizza «il moralismo ecologista che ci dice che dovremmo vivere come nei paesi poveri» – problema strettamente connesso ad altri temi etici, storici, politici, su cui non possiamo soffermarci in questa sede. Insomma, gli ecologisti «vogliono fare del clima una minaccia apocalittica». Le critiche di Schellenberger danno adito a una interpretazione dell’ecologismo in chiave religiosa: «All’inizio c’era Al Gore come Mosè. Ora siamo a Giovanna D’Arco, con Greta Thunberg alla guida di questa guerra religiosa» [12].
Il giornalista e saggista italiano Giulio Meotti – al quale sono largamente debitore per l’impressionante quantità di notizie, opinioni e articoli che ha raccolto e a cui ho ampiamente attinto nello stendere questo articolo – è l’autore del saggio Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche [13]. Robert Redeker, che ha prefato il libro, ha parlato di «religione ambientale», «neocatarismo» inconsapevole, «nuovo oppio dell’Occidente post-cristiano» [14]. Giulio Meotti sostiene in termini molto chiari che: «Il nuovo conformismo è verde. E tutti i segni di un totalitarismo verde si manifestano davanti ai nostri occhi: massiccia propaganda, manipolazione della gioventù, restrizione delle libertà, psichiatrizzazione degli avversari, culto della personalità» [15]. Il giornalista del «Foglio» ritiene inoltre che:

«l’ecologismo sta edificando un vero e proprio culto: ha i propri giorni santi (la Giornata della Terra), i propri tabù alimentari (veganesimo e campagne per ridurre il consumo di carne di mucca, come in Germania), i suoi templi (le università occidentali) e un proprio proselitismo (gli scettici vengono trattati da eretici e peccatori malvagi)». [16]

Un aspetto interessante di questa vicenda è il fatto che in seno alla Chiesa svedese – ma forse anche in altre Chiese – c’è chi ha accolto e fatto proprio un certo ambientalismo superficiale. Il 1° dicembre 2018, dalla parrocchia locale di Limhamn nella città di Malmö, nel sud della Svezia è stato lanciato il seguente tweet: «Ascoltate! Gesù di Nazareth ha nominato uno dei suoi successori, il suo nome è Greta Thunberg». Il vescovo di Lund, invitato a pronunciarsi sul fatto, ha commentato in termini negativi l’uso di Twitter (l’attuale piattaforma X) da parte della parrocchia di Limhamn:

«Quando si designa qualcuno come proprio successore, si deve mettere in conto che ciò possa essere percepito come se si avesse l’intenzione di dimettersi. Non sorprende quindi che vi sia chi ha interpretato il tweet di Limhamn sulla nomina di un successore da parte di Gesù come una presa di commiato da Gesù». [17]

Comunque sia, la critica del vescovo si basa su obiezioni puramente semantiche, e non stigmatizza la scelta di affiancare la seconda persona della Santissima Trinità all’icona del movimento ambientalista. Interpellata al riguardo dal quotidiano «Arbetet», l’ex arcivescovo Antje Jackelén ha osservato che la parola “seguace” sarebbe suonata meglio, ma sulle colonne dell’«Expressen» (28 settembre 2019), ha precisato che Greta Thunberg ha molto in comune con i profeti dell’Antico Testamento: «È notevole ciò che ha realizzato a livello globale. La considero profetica, non diversamente dai profeti dell’Antico Testamento, che erano profondamente coinvolti e perseveranti nella loro missione» [18].
Per concludere questa veloce ricognizione intorno alle sfumature religiose dell’ecologismo, vogliamo ricordare che un’applicazione digitale per l’insegnamento della religione in adozione presso alcune scuole elementari svedesi, oltre a Gesù, Buddha, Maometto e altre figure religiose, fornisce agli alunni una comprensione più profonda dei pensieri e dei risultati di Greta Thunberg [19].


Igor Tavilla
(n. 4, aprile 2024, anno XIV)



NOTE

[1]
M. Eliade, La nostalgia delle origini, Morcelliana, Brescia 1972, p. 143.
[2] N. Ionescu, Conoscenza metafisica ed esperienza religiosa, prefazione di P. Stagi, postfazione di H.C. Cicortaș, Stamen, Roma 2020, pp. 150-151.
[3] R. Guénon, Oriente e Occidente, Ed. Studi Tradizionali, Torino 1965, p. 47 («La superstizione della scienza», 1 luglio 1934), e p. 161 («L’accordo sui principi» 16 novembre 1934).
[4] G. Meotti, In nome del padre verde. I segreti del brand Greta, «Il Foglio», 28 settembre 2019.
[5] Id., La nuova religione dell’ambientalismo, «Il Foglio», 8 novembre 2021.
[6] Id., Greta è la santa degli occidentali che si sentono in colpa di essere ricchi, «Il Foglio», 2 luglio 2019.
[7] Id., Santa Greta Thunberg, «Il Foglio», 13 dicembre 2019.
[8] Id., Greta è la santa degli occidentali, art. cit.
[9] B. Ballardini, Gesù e i saldi di fine stagione, Piemme, Milano 2011, p. 48.
[10] G. Meotti, Gli ecologisti “woke” sono puritani senza Dio, «Il Foglio», 14 settembre 2021.
[11] Id., Santa Greta Thunberg, art cit.
[12] Id., “Greta è come il Gosplan sovietico”. I francesi contro il millenarismo green, «Il Foglio», 21 agosto 2019.
[13] Id., Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche, Liberilibri, Macerata 2021.
[14] R. Redeker, L’ecologismo: un conservatorismo distruttore, «Il Foglio», 8 novembre 2021.
[15] G. Meotti, Greta è la santa degli occidentali, art. cit.
[16] Id., L’ecologismo, una religione occidentale, «Il Foglio», 9 settembre 2019.
[17] Id., Greta è la santa degli occidentali, art. cit.
[18] https://www.svenskakyrkan.se/ga-till-kallan/no-church-of-sweden-has-not-proclaimed-greta-thunberg-as-one-of-jesus-christs-successors [ultimo accesso: 27 marzo 2024].
[19] G. Meotti, Santa Greta Thunberg, art. cit.