Gino Ruozzi: Giuseppe Pontiggia e gli aforismi
Giuseppe Pontiggia ha sempre avuto una grande passione per il genere letterario dell’aforisma. Lo ho approfondito come studioso e lo ha coltivato come scrittore in diversi testi e libri, inserendolo sovente anche all’interno dei romanzi e definendolo «aforisma narrativo». SOLDATI – Operatori di pace. Quattro parole per una definizione aforistica basata sulla struttura della «voce» lessicale del vocabolario, libro e modello amatissimo da Pontiggia. La voce è «Soldati» e il significato corrispondente è «Operatori di pace». L’effetto è paradossale e comico. In nessun dizionario troveremo questa spiegazione del termine «soldati». Si tratta evidentemente di una definizione ironica che capovolge la tradizionale natura del termine. Pontiggia esprime una contro verità, mostra l’uso falsificatorio del linguaggio e delle cose. Mette in rilievo e stigmatizza le forzature della storia e l’impiego improprio di un termine militare per indicare uno scopo pacifico. Dire che i «soldati» sono «operatori di pace» è una contraddizione in sé e pone in luce l’ipocrisia dominante della politica e della comunicazione di massa, ribadendo la facilità con cui esse si impongono e vengono accettate in modo acritico. INTER NOS – Inter omnes. INCREDIBILE – Usato per attirare l’attenzione su ciò che stiamo dicendo, perciò usato continuamente. Suscita rassegnazione in chi lo ascolta, perché non si tratta mai dell’incredibile, ma solo di ciò che è scarsamente credibile. Ho fatto un incontro incredibile (detto per «interessante»). Ma l’interesse di chi ascolta è già scemato. Ho conosciuto una donna incredibile. L’interesse è zero. Incredibile è, alla lettera, solo chi lo dice. VINCENTI – Basta guardarli. RILEGGERE – Si usa per i classici che si leggono per la prima volta. SINCERAMENTE – Lo stesso che onestamente. Sono sinceramente contento per te, credimi. Come credergli? SALTO DI QUALITÀ – Come diceva Lec, la pulce salta, ma non di gioia. Pontiggia presta tagliente e caustica attenzione ai modi di dire e ai neologismi recenti, che registra con premura in un aggiornato vocabolario della contemporaneità, a un tempo divertente e tragico: «tragicomico». Il sorriso corrosivo delle Sabbie immobili, afferma Pontiggia,scaturisce da «quella amarezza che nell’età matura non spera più di risolvere le contraddizioni e i conflitti, ma li accetta nella loro presenza irriducibile». Questa accettazione realistica della vita non è supponente bensì cordiale e dà luogo a un’indubbia simpatia per l’essere umano, le sue debolezze, i suoi limiti. Lo sguardo di Pontiggia è orizzontale, non verticale. Egli non pontifica poiché partecipa della comune fragilità umana ma ugualmente non rinuncia al giudizio e alla denuncia. Le sue armi contro la passiva ed euforica omologazione di massa sono la coinvolgente curiosità, il desiderio di sperimentare, l’ironia e l’autoironia. Nel tentativo di accendere la scintilla di un pensiero originale, oggi purtroppo raro. Nel saggio L’aforisma come medicina dell’uomo (introduzione alla raccolta Scrittori italiani di aforismi, Milano, Mondadori, I Meridiani, 1994), Pontiggia sostiene che la principale qualità dell’aforisma è di «racchiudere, entro i limiti di una definizione, il flusso altrimenti inafferrabile dell’esperienza». Concentrare il tanto nel poco, al servizio di una migliore ed economica comprensione della vita. In questa prospettiva già di per sé terapeutica, l’aforisma è «un aiuto che l’uomo offre a un altro uomo, una guida per evitare l’errore o porvi rimedio, il conforto che l’esperienza può dare a chi deve ancora affrontarla». L’aforisma ha il «carattere dialogico di un messaggio solidale», coniugando virtuosamente «brevità, medicina e prudenza». L’esempio dei cinquecenteschi Ricordi di Francesco Guicciardini è emblematico. L’esperienza è la base sulla quale si fonda il discorso aforistico, che arriva alla sua formulazione finale col timbro dell’essenzialità e del taglio netto. L’invito del celebre «ricordo» 210 di Guicciardini è magistrale: Poco e buono, dice el proverbio. È impossibile che chi dice o scrive molte cose non vi metta di molta borra [materiale di scarto]; ma le poche possono essere tutte bene digeste e stringate. Però sarebbe forse stato meglio scerre [scegliere] di questi ricordi uno fiore che accumulare tanta materia. Commenta Pontiggia: «Ammirevole la e copulativa che unisce il poco e il buono. Noi l’abbiamo sostituita con un ma avversativo e questo ci insegna qualcosa sulla nostra idea dello stile, nonché del lettore». La presenza dell’aforisma si manifesta in più testi di Pontiggia. Nelle particelle narrative che contraddistinguono il romanzo L’arte della fuga (1968) come nei saggi contenuti nelle raccolte Il giardino delle Esperidi (1984) e L’isola volante (1996). Ma direi soprattutto nel libro Prima persona (2002), composto di 180 pezzi («capitoli») ricavati dall’Album mensile pubblicato sul supplemento culturale “Domenica” del quotidiano «Il Sole 24 Ore» dal 2 febbraio 1997 al primo giugno 2003. L’Album è stata un’esperienza di scrittura morale e civile di altissimo profilo, pressoché unica nel panorama italiano odierno. Pontiggia è intervenuto su una quantità di temi attuali intrecciando in modo inscindibile etica ed estetica, secondo il modello della scuola letteraria lombarda, da Parini a Gadda, di cui egli è stato uno dei migliori interpreti novecenteschi. La misura dei testi inclusi in Prima persona è differente e abilmente variata tra l’aforisma e il saggio breve, l’aneddoto, il raccontino, l’apologo. Mi congedo con questi due esempi rappresentativi: Le leggi della prospettiva – Non valgono nell’ottica dei valori. I piccoli come vedono i grandi? Piccoli come loro. Gli errori irrimediabili – Non sono quelli che fai tu con gli altri, ma quelli che gli altri fanno con te. Non te li perdonano più.
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