Il «destino» romeno di Giuseppe Ungaretti

In questo numero seguiremo la presenza di Giuseppe Ungaretti nella cultura romena, a livello di traduzione ma anche di studi, osservando quando, quanto e come è stato conosciuto il poeta italiano dai lettori romeni interessati.
La lirica di Ungaretti (1888-1970), di sicura discendenza leopardiana, è una delle più umane e drammatiche confessioni che si conoscano. È la poesia eroica del secolo XX che ha attraversato due guerre mondiali, la poesia della lotta umana con il passaggio, con la vita e la morte, con il mistero dell'universo. Il discorso poetico di Ungaretti, riconosciuto oggi come un esempio radicale di rinnovamento della forma, è stato per molto tempo etichettato come semplicemente «ermetico». L'oscurità rilevata dai critici dell'epoca non era, infatti, altro che semplicemente il risultato di un’assoluta concentrazione/condensazione linguistica. Lo stesso poeta afferma: «La mia poesia è nata a pezzi..., la guerra inaspettata mi ha rivelato la lingua..., dovevo dire brevemente, con parole che avevano una straordinaria forza significante/allusiva, tutto quello che sentivo» [1]. L'opera di Ungaretti rappresenta un esempio estremo di essenzialità lirica, le difficoltà incontrate dai suoi traduttori in altre lingue, e quindi anche in romeno, non sono poche.
Nonostante tutto questo, la sua lirica è penetrata, attraverso la traduzione, in quasi tutte le culture del mondo [2], e la Romania ha seguito da vicino la ricezione europea del poeta. Nel corso del secolo scorso, le versioni romene della lirica di Ungaretti sono apparse, sporadicamente e scarsamente, in diverse riviste culturali romene, in raccolte e antologie che comprendevano diversi autori o in volumi indipendenti.

Secondo la nostra ricerca, il primo tentativo di far conoscere questo importante poeta in Romania appartiene a Fernando Capecchi e Mircea Rășcanu, che traducono e pubblicano 14 poesie di Ungaretti nell'antologia Poezia italiana contemporană pubblicata nel 1938 dalla casa Editrice dell’Istituto di Cultura Italiana di Bucarest. Se queste prime versioni romene ebbero, all'epoca, un ruolo significativo nella ricezione del poeta, lo stesso non si può dire dei 13 testi tradotti e pubblicati nell'antologia di Marin Mincu, Poeti italiani del XX secolo (Cartea Românească, 1988), in quanto sono il risultato di un lavoro fatto in fretta. Saranno utili ai lettori interessati a comprendere, anche se brevemente, la poesia “marelui Bătrân”, le 20 poesie tradotte da Dan Ciachir e pubblicate in Lirica italiana contemporanea, Casa editrice Mirton, 1997.
Tra quelli che traducono la lirica di Ungaretti, in volumi separati, ricordiamo innanzitutto Petru Sfetca. È autore di una piccola, ma importante raccolta di sue traduzioni, apparse a Timișoara nel 1943. Il noto italianista Alexandru Balaci e il valoroso poeta Miron Radu Paraschivescu, riunisce in «simbioză afectivă» una gran parte della lirica di Ungaretti (circa 90 poesie) in un volume bilingue Poesie/Poezii (che è stato pubblicato tre volte: la prima nel 1963 da Editura Tineretului, la seconda nel 1968 da Editura pentru Literatură e la terza nel 1998 da Editura Helicon, Timișoara, con il titolo Fântâna dragostei). L'italianista più noto, Al. Balaci, ha tradotto integralmente Il taccuino del vecchio/Carnetul Bătrânului nel 1981. Questo contributo, grazie al quale il traduttore è stato premiato con il premio Circe-Sabandra in Italia nel 1983, rappresenta una tappa nettamente superiore nella conoscenza della personalità di Ungaretti. Anche Al. Balaci, sincero amante dell'opera di Ungaretti, ha tradotto e pubblicato sulla rivista «Viața Românească» una parte consistente del volume in prosa Ragioni d'una poesia, nel 1988, anno della commemorazione di un secolo dalla nascita del poeta. Con l’occasione, è apparsa una nuova versione romena della lirica di Ungaretti da parte di Alexandrina Ungureanu. L'autrice di questo nuovo volume bilingue, intitolato Bucuria (Editura Univers), traduce in romeno 95 poesie, dimostrando una reale comprensione della creazione del poeta. Infine, il poeta italianista Ilie Constantin, dopo aver tradotto 30 poesie di Ungaretti in un volume intitolato Cântecele altora (Canti di altri) nel 1972, ha pubblicato nel 2009 (con Editura Paralela 45) un grande volume con minuziose traduzioni di Giuseppe Ungaretti, con il titolo Viața unui om/Vita d’un uomo.                
Vanno fatte alcune osservazioni generali su queste traduzioni romene provenienti dalla creazione dell’importante poeta italiano: prima di tutto, i traduttori delle versioni offerte ai lettori romeni (da Petru Sfetca… a Ilie Constantin), hanno capito adeguatamente la sua espressione poetica, e, come tale, l’hanno tradotta nella propria lingua; poi, tra tutti i traduttori si osserva Al. Balaci come il più assiduo e insistente; e in fine, la pubblicazione delle versioni in edizioni bilingue esprime la voglia identica di offrire la conoscenza della creazione di Ungaretti a un pubblico ampio, capace di capirla e di apprezzarla.

A parte le traduzioni, un ruolo importante nella ricezione di Ungaretti nel nostro Paese l'ha avuto la letteratura critica ad rem. Dai libri di testo e dai corsi universitari, alle prefazioni ai volumi di poesie tradotte e alle tesi di laurea, agli studi di alto livello accademico, l'esegesi romena della creazione di Ungaretti è diventata più ricca ed efficace.
Senza pretendere di dare una trattazione esaustiva del problema, citeremo prima di tutto Alexandru Marcu, che in Introducerea al volume citato sopra, Poezia italiana contemporana (1938), presenta il Poeta come «il maggior esponente dell'ultima tendenza della poesia italiana... e, evolvendosi, potrebbe dar luogo a opere sempre più interessanti». Questo promettente inizio, interrotto dai tempi precari della guerra, riprende dopo il 1950. Così, nel 1959, Ioan Guția [3] pubblica a Firenze un libro su Limbajul lui Ungaretti/Linguaggio di Ungaretti, che viene ben accolto dalla critica italiana. In quel tempo, questo contributo era uno dei più rilevanti che affrontava la questione dell'originalità e dell'evoluzione della parola nel discorso poetico di Ungaretti.
Per un lungo periodo di tempo, dal 1964 al 1998, Al. Balaci ha dedicato più articoli e studi a “marelui Bătrân”. In un primo testo, nel suo volume di Studi Italiene III (Casa Editrice Literatură Universală, 1964), oltre ai dati biografici presentati sotto l'emblema dei quattro fiumi «Fluvii» che hanno attraversato la vita di Ungaretti (l'Isonzo, il Serchio, il Nilo e la Senna), l'autore, in disaccordo con quella parte della critica italiana che considerava la lirica ungarettiana una mera moda letteraria, rivela lo sforzo del poeta di costruire «una nuova architettura del verso moderno... e di introdurre nella letteratura italiana il gusto per il valore emotivo della parola». In qualità di direttore della prestigiosa Accademia di Romania a Roma (1969-1973), il professor Balaci ha conosciuto personalmente molti illustri italiani dell'epoca, di cui ha parlato, in seguito, nel suo Jurnal italian (1973). Su tutti domina la personalità di Giuseppe Ungaretti, presentata con il titolo Încarnarea poeziei (‘L’incarnazione della poesia’). Dopo che il poeta è andato «a dormire in un nido tutto suo», Al. Balaci ha continuato a mantenere vivo il suo ricordo nella cultura romena, in occasioni speciali come nell'anno del centenario, il 1988, quando ha pubblicato un articolo commemorativo su «Viața Românească» e nel 1998, quando ha scritto la prefazione alla terza edizione della lirica di Ungaretti tradotta in romeno da lui e da Miron Radu Paraschivescu.
Insieme agli italianisti, importanti personalità della cultura del paese scrivono articoli significativi sull'opera di Ungaretti, a dimostrazione dell'alto livello di conoscenza del Poeta nell'area romena. A.E. Baconsky, nel suo libro Meridiane. Pagini despre literatura universală contemporană (Editura pentru Literatură, 1968), gli dedica uno studio dottrinale in cui evidenzia magistralmente il contributo del «marelui Bătrân» (‘grande Vecchio’) al rinnovamento, al raggiungimento di una nuova struttura espressiva della poesia, sia in Italia che nel mondo. Per raggiungere questo obiettivo, dice l'acuto critico, Ungaretti ha compiuto un'operazione «per estirpare quello strato di cellule morte del linguaggio che soffoca la poesia - un'azione svolta nel nostro Paese da Tudor Arghezi», realizzando nell'espressione del verbo «quello che un Bracque o un Picasso realizzano nella pittura e soprattutto nel disegno». Il lirismo di Ungaretti, continua l'autore dello studio, è sempre diretto e fortemente intriso di emozione. Una sola immagine a volte racchiude un universo. E come esempio ricorda ai lettori, tra gli altri versi, il famoso distico: M'illumino/ d'immenso.
Se A.E. Baconsky concentrò la sua attenzione sulla lingua di Ungaretti, Dragoș Vrânceanu, invece, nella sua raccolta Întâlniri cu scriitori italieni (Editura Eminescu, 1972), in cui inserisce due studi sul poeta, mostra preoccupazione per il problema dell'assimilazione, riconoscendo che la propria evoluzione poetica ha subito influenze ungarettiane. Un altro aspetto molto importante su cui l'autore rumeno si sofferma è la stretta amicizia che legava Ungaretti a Brâncuși. Questo fatto è evocato nelle parole del poeta stesso: «Ero amico di Brâncuși, che esprimeva la purezza dell'arte al massimo livello. Brâncuși era un grande uomo e un grande artista. Ci siamo conosciuti nel 1912, nella casa di Madame Picon in rue Raspail, dove Modigliani era solito venire...». Conoscendo personalmente Ungaretti, Vrânceanu ha potuto osservare e notare il contrasto tra «l'energia della parola quando il poeta scriveva i suoi versi e l'eruzione vulcanica quando recitava le sue poesie».
Il raffinato italianista e critico letterario Marian Papahagi apre la strada a una alta fase di decifrazione dei testi del Poeta in Romania. Nel suo volume Critica de atelier (Cartea Românească, 1983), il prezioso studioso, basandosi su un'ottima bibliografia e sull'erudizione, compie un'analisi completa e complessa della poesia di Isola/Insula, dimostrando dottrinalmente, con i mezzi della simbologia e della grammatica, che, lontana dall'essere una poesia oscura, ermetica in assoluto, come molti critici, tra cui Leo Spizer e Hugo Friedrich, hanno sostenuto, questa lirica ungarettiana è chiara e coerente. È una metafora, un punto nodale dell'intero volume Sentimentul timpului (‘il sentimento del tempo’), che presenta un viaggio alla ricerca di una «terra innocente», una «terra promessa». Nella cultura romena, il momento di Papahagi ha portato l'interpretazione e la presentazione dell'opera di marele Bătrân a un livello veramente accademico.
Nel 1988, anno della commemorazione di un secolo dalla sua nascita, un numero considerevole di riferimenti e saggi dedicati a Ungaretti è apparso sulle principali riviste culturali del Paese. G. Nivariu, in un articolo pubblicato sulla rivista «Ramuri», afferma che «a cento anni dalla nascita dell'autore, la poesia di Ungaretti continua a essere un importante punto di confronto nell'evoluzione della lirica italiana ed europea». Doina Condrea Derer firma un’ampia Prefazione del volume di traduzioni della lirica del poeta effettuate da Alexandringa Ungureanu, nel quale rileva le tappe principali per lo sviluppo del discorso poetico di Ungaretti, da temi e motivi dallo stile inconfondibile.
A sua volta, “il maestro” dei palinsesti, Cornel Mihai Ionescu, pubblica su «Revista de istorie și teorie literară» (37, nr. 3-4), un saggio notevole/accademico su Ungaretti, Palimpsestul literar. Alla luce della filosofia heideggeriana, fa una minuziosa analisi dei testi di Ungaretti, che ricordano il niente, l’ansia, l’eterno, l’autore romeno afferma che alla base della poesia di Ungaretti c'è un paradosso: dimostrare l’impossibilita del linguaggio di esprimere l’inesprimibile, cioè «neantul etern» (‘il niente eterno’). Questa analisi di C.M. Ionescu è così sottile e sofisticata che pochi sono quelli che riescono a godere e approfittare del suo contenuto.
Tra il 1980 e il 2008, Eleonora Cărcăleanu ha mostrato un particolare interesse per Ungaretti, fatto che si è concretizzato in tre saggi pubblicati su riviste prestigiose: Sunt un poet, Un strigăt unanim, Ungaretti-Poetul e Orizont greco-latin în poezia lui Ungaretti e uno studio monografico incluso nel libro Giuseppe Ungaretti e altri contributi letterari italiani (Editura Ars Longa, 2008). Lo studio in discussione, che presenta l'itinerario del suo discorso poetico: Mirajul deșertului; Om al suferinței; Memoria sau recuperarea mitului; Eternul și experiența religioasă; Durerea și revenirea la obiectivitate; Călător în căutareapământului făgăduinței”; Textele senectuții: între apocalipsă și iubire contribuiscono senza dubbio a una migliore comprensione/conoscenza del «Grande Vecchio» in Romania.
Nella cultura rumena saranno sempre benvenute altre nuove versioni e riferimenti legati alla creazione di Ungaretti che, come sostenne in un’occasione Marian Papahagi, «illustrano sia le acquisizioni interpretative consolidate sia la comprensione stessa del poeta, basata sulla lettura e sulla riflessione».

A mo' di conclusione, vale la pena ricordare un bel legame, quello tra l’artista Eugen Dragutescu e Ungaretti. Nato in Romania, Dragutescu si è stabilito in Italia, dove ha vissuto dal 1946 e fino alla fine della sua vita nel 1993. È stato borsista dell’Accademia di Romania in Roma e ha goduto di un’ampia reputazione nel mondo artistico italiano. A Roma e ad Assisi, Eugen Dragutescu era una presenza costante tra artisti, scrittori e musicisti che ha immortalato in ritratti pieni di sensibilità. I ritratti del suo amico, il poeta Giuseppe Ungaretti, realizzati lungo tre decenni, sono stati esposti in una mostra del 1970.



Eleonora Cărcăleanu

Traduzione di Astrid Oprişa, III anno, Università dell’Ovest di Timişoara
A cura del prof. Lorenzo Marmiroli

(n. 9, settembre 2024, anno XIV)




NOTE

1. Cfr. Giuseppe Ungaretti, Ragioni d'una poesia in Vita d'un uomo, Tutte le poesie, a cura di Leone Piccione, Mondadori, Milano, 2001.
2. Ricordiamo che colui che ha tradotto Ungaretti per la prima volta in spagnolo fu il romeno Horia Vintilă.
3. Sebbene abbia vissuto ed esercitato in Italia, è pur sempre un autore romeno e, come tale, lo abbiamo incluso tra i nostri studiosi dell'opera di Ungaretti.