Un progetto per diffondere la cultura italiana nei principati romeni a metà ottocento

Marco Antonio Canini è personaggio noto e studiato da diversi ricercatori a partire da Nicolae Iorga [1]. Veneziano ed esule dall’Italia dopo le esperienze rivoluzionarie del 1848-49, fu in terra romena a più riprese per motivi personali, cioè come esule dalla patria in cerca di un ubi consistam e di un assestamento per la sua vita piuttosto avventurosa, ma anche con incarichi politici di carattere segreto, almeno nel 1862, nonché in età più avanzata come corrispondente di guerra (1877-78) [2]. Il periodo più lungo che trascorse tra i romeni coincise con gli anni 1856-1859. Reduce da una esperienza non breve a Costantinopoli, il veneziano giunse dapprima a Galați dove rimase per un tempo indeterminato cercando di guadagnare la vita per sé, la moglie Luigia Calegari [3] e il figlioletto [4] svolgendo attività di docente privato. Ben più a lungo restò a Bucarest, senza mancare di viaggiare attraverso la Valacchia e la Moldavia (era a Iași al momento della duplice elezione di Alexandru Ioan Cuza cui dedicò la sua Inno alla Romania) [5]. Furono anni di notevole produzione scrittoria, ma anche di iniziative di carattere culturale e pratico.
Tra queste ultime una ha qualcosa a che vedere con il compito che molti anni dopo si diede la Società Dante Alighieri nel mondo e, a partire dal 1901, in terra romena. Canini ebbe l’idea di creare un grande istituto di studi – d'istruzione secondaria – per i giovani dei Principati danubiani, studi incentrati sulla cultura italiana. Vi era l’intenzione di affiancare (e forse di fare concorrenza) alla cultura francese che era diffusa fuori di Francia e che aveva preso piede pure tra i romeni, anche in ragione del fatto che alcuni giovani di buona famiglia erano partiti da Bucarest e Iași per recarsi a studiare in Francia: una vicenda ben nota sulla quale è tornato in una sua recente monografia Antonio D’Alessandri. [6] Era una vera impresa finanziaria e culturale. Invero già cinque anni prima a Costantinopoli Canini aveva concepito qualcosa di simile con il rappresentante del Regno di Sardegna presso il Sultano, Romualdo Tecco. Nella capitale ottomana aveva constatato che era bene rappresentata la cultura francese, ma nella sua versione cattolica, per opera dei lazzaristi e delle Suore di Carità. Non era rappresentata quella laica, che riprendeva i principi della Rivoluzione francese. Tecco e Canini avevano, dunque, pensato a creare un istituto scolastico medio superiore che vedesse affiancate e diffuse la cultura francese laica e quella italiana. In Romania, pochi anni dopo, il veneziano riprese l’idea in forma più articolata e in parte diversa.
Il progetto aveva un suo contesto sia nel mondo intellettuale romeno, sia nell’attività dello stesso Canini. Intanto non si può non citare la funzione essenziale delle scuole nel processo di Nation building, anche quando esso non era pensato necessariamente allo scopo di dare vita a uno Stato nazionale. Si vedano, ad esempio, le considerazioni di Iacob Mârza di molti anni fa sulla diffusione delle scuole romene in Transilvania, allora inclusa nell’Impero absburgico, a partire dal Settecento sino al 1848 [7]. Inoltre va ricordato con Cornelia Bodea che «the struggle in the period 1849-1859 would be waged for the realization of the first stage, for the Union of Principalities» [8].
È noto poi che tra i romeni di un certo peso era la corrente italianistica o italianeggiante che faceva capo a Ion Heliade Rădulescu. Come si sa, si guardava all’affinità delle lingue italiana e romena, nel momento in cui quest’ultima era in una fase di sistemazione / normazione, non fosse altro che per il progressivo abbandono dell’alfabeto cirillico a favore di quello latino. Del 1838 e, rispettivamente, del 1841 erano due scritti di Rădulescu dal titolo significativo: Paralelism între dialectelele român şi italian. Forma sau gramatica acestor două dialectetele e Prescurtare de gramatica limbei româno-italiene. Si può dire che Canini fosse pienamente in linea con tale posizione, come rivela la sua unica opera scritta direttamente in romeno, gli Studi istorice asupra originei naţiunii române. [9] In essa non mancava di fare paragoni tra il romeno e i dialetti italiani, ma dimostrava anche il significato politico che avevano tali accostamenti, talora arditi, polemizzando con personaggi del calibro di Ion Brătianu [10]. Più in generale, il veneziano, in collaborazione con Ion Valentineanu [11], aveva cercato di rinsaldare la posizione della cultura italiana in un campo dove era già ben costituita: il teatro lirico. Aveva infatti tradotto in romeno la sintesi della trama di diverse opere italiane (Verdi, Donizetti) per il pubblico romeno, e si spinse fino a tradurre l’intero libretto della Norma di Bellini, opera di qualche significato politico [12].
Ecco come Canini descrive il suo progetto in un libro di memorie che pubblicò a Parigi nel 1868 e di nuovo nel 1869 (il titolo era Vingt ans d’exil e di esso non fu mai pubblicata una versione italiana): «Ho percorso la Romania, nel 1858, raccogliendo delle sottoscrizioni per la fondazione di un collegio italiano, dove volevo invitare come professori degli emigrati italiani molto preparati […] ho percorso tutta la Romania al fine di raccogliere delle sottoscrizioni per la fondazione del mio collegio. Ogni sottoscrittore si impegnava a dare 600 o 300 franchi, a delle condizioni che erano indicate nel progetto che avevo pubblicato… Dovunque fui ben accolto” [13]. A queste parole seguiva la descrizione dei paesaggi romeni, anche quelli fatti di terre non coltivate e deserte, che poté ammirare durante il suo lungo giro a bordo della diligenza postale (carrucioara de posta) finendo per conoscere la Romania più degli stessi romeni. Sono pagine di notevole interesse antropologico e sociologico che qui però tralascio, mentre basta dire che il mezzo di trasporto usato (“un véhicule tout en bois, sans un clou en fer”) era molto pericoloso perché instabile su un terreno accidentato [14].
Il cosiddetto collegio ebbe un’ambiziosa denominazione (Institutu filologo-sciinţifico-comercialu pentru educaţiunea junimei) (sic) che fu pubblicizzata con una brochure, data alle stampe a più riprese: i sottoscrittori avrebbero avuto qualche peso nella gestione dell’istituto, ad esempio per scegliere chi ammettere gratuitamente. [15] Per realizzare la sua idea Canini raccolse in varie parti di Romania sottoscrizioni di personaggi influenti quali alti prelati e uomini politici, tra i quali spiccavano Ștefan e Nicolae Golescu, nonché Gheorghe Magheru. L’elenco era, però, molto più lungo. [16] Il veneziano aveva ottenuto dal governo delle lettere di presentazione per i prefetti delle varie province e per gli abati dei monasteri. Non a caso egli girò a lungo attraverso il Paese, proprio per incontrare questi personaggi e ottenere delle sottoscrizioni, quanto più fosse possibile. Per informazioni gli interessati all’iniziativa potevano fare capo al “Naţionalul”, il giornale di Vasile Boerescu, il quale era anche a capo dell’Eforia per l’Istruzione pubblica. [17] Come si capisce, era un sostegno significativo.
La cifra sottoscritta fu alta, forse 100.000 franchi, ma probabilmente non furono versate in anticipo le quote promesse, ma solo 7-800 franchi. L’estensore romeno di una voce enciclopedica su Canini (Diaconovich) [18] parla di 80 sottoscrizioni da 50 galbeni.  Si può ritenere che questa fu la principale causa del fallimento dell’iniziativa cui si accompagnarono voci calunniose sullo stesso Canini. È difficile dire se a questi restarono soldi in tasca [19]. Se così fu, essi servirono per nuove iniziative culturali e persino politiche. È interessante che per il console austriaco Karl von Eder invece «il ricavato della sottoscrizione [...] fu utilizzato per fare propaganda rivoluzionaria nel Paese» [20]. Se Canini se ne servì per stampare nel 1859 il Buletinul resbelului din Italia con il quale sostenne (il 25 maggio 1859 apparve il primo numero) la guerra all’epoca in atto sui campi del Lombardo-Veneto, allora il console austriaco aveva ragione. Curiosamente non fu von Eder a ottenere la chiusura di quel giornale (che peraltro, con la fine delle operazioni militari, aveva cambiato di titolazione in Libertatea şi înfraţirea poporiloru [sic], prima di essere costretto a porre fine alle pubblicazioni) e l’avvio di un processo contro Canini, bensì il suo collega francese Louis Béclard perché, alla notizia dell’armistizio di Villafranca (a seguito del quale il Veneto restò all’Austria per altri sette anni) il veneziano non si era trattenuto dall’attaccare pesantemente Napoleone III [21]
Trovare un corpo insegnante e garantire gli stipendi, riuscire a fare iscrivere un numero di studenti tale da consentire all’istituto vita autonoma e persino un profitto, tutto ciò non doveva essere affatto una cosa semplice. Né si poteva contare indefinitamente sull’appoggio di persone influenti, disposte magari a dare un primo aiuto, ma non a impegnarsi a lungo nel tempo, senza vedere qualche frutto dell'attività intrapresa. Anche il console sardo Annibale Strambio parlò delle voci calunniose su Canini, ma non poté appurare la verità perché era giunto a Bucarest quando la questione si era già chiusa [22].
Si sa che l’Ottocento fu il secolo del recupero e valorizzazione di Dante Alighieri, come di recente ha illustrato Fulvio Conti con il suo Il Sommo italiano: Dante e l'identità della nazione. [23] Tale fenomeno che aveva le radici nell’ultimo Settecento e aveva trovato spazio sin dall’inizio del XIX secolo, si accentuò soprattutto negli anni che precedettero la ricorrenza del secentesimo della nascita del grande fiorentino, che cadde nel 1865. Nell’Impero russo limitrofo ai Principati romeni, ad esempio, Dante, già ben conosciuto a molti intellettuali, fu oggetto di corsi universitari tenuti da Michelangelo Pinto [24] presso l’Università Imperiale, poi console d’Italia a San Pietroburgo, e proprio nel 1865 fu fondata la Società italiana di beneficenza nella capitale zarista, come ricostruì molti anni fa Marco Clementi [25]. Ebbene, il nome di Dante non ricorre negli scritti di Canini di quello scorcio degli anni Cinquanta, se non di sfuggita. Nel 1860, in una sua polemica con il croato Eugen Kvaternik riguardante una frontiera ancora inesistente [26], fece ricorso ai notissimi versi in cui il poeta fissa al golfo del Quarnaro i confini dell’Italia:

Siccome a Pola là presso al Quarnaro
Che Italia chiude e i suoi termini bagna
Fanno i sepolcri tutti il loro baro.

Originale anche la spiegazione del termine ‘baro’ secondo Canini tipico dell’istro-veneto. Il ‘baro’ sarebbe un rialzo poiché Dante avrebbe visto nella sua visita all’abbazia benedettina di San Michele Sottoterra, in Istria, degli antichi tumuli sepolcrali che si stendono ai suoi piedi [27].
Ma non altro si trova di memoria dantesca nelle pagine caniniane. Eppure, il veneziano era un letterato di un certo livello e, oltre a scrivere libri e saggi di politica o memoria, fu autore sia di versi sia di raffinati studi filologici, di cui si giovò un importante nome dell’accademia italiana come Paolo Emilio Pavolini, padre del gerarca fascista Alessandro [28]. Curiosamente nel 1884 Canini, tornato a vivere nella natia Venezia, sollecitò la raccolta e l’invio di libri italiani a Bucarest, come testimonia la corrispondenza con lo scrittore e politico Giovanni Faldella. Principale esponente del comitato che si costituì allo scopo fu il sindaco della città lagunare, il conte Dante Serègo Alighieri (1843-1895) in carica dal 1880 al 1889 [29]. Suo padre Piero o Pietro (1815-1872) aveva portato nel 1865 a Firenze, per il VI centenario dantesco, la bandiera di Verona abbrunata perché la città era ancora staccata dal regno d'Italia; e aveva partecipato anche alla commemorazione in Ravenna dove nel 1863 era stata fondata una loggia massonica intitolata a Dante Alighieri. Infine, nel novembre del 1866 era stato eletto deputato al Parlamento italiano, poiché il Veneto era entrato a far parte del regno d’Italia [30].
L’omonimia e soprattutto la discendenza del sindaco di Venezia erano una coincidenza che avvicinano molto tenuemente Canini e Dante Alighieri. Si può ricordarne un’altra legata al centoventesimo anniversario della Società Dante Alighieri di Bucarest che questo volume ha ispirato. Nel 1877 sui campi di battaglia in Bulgaria Canini, al seguito dell’esercito russo impegnato contro quello ottomano, conobbe ed ebbe collega come corrispondente di guerra Giuseppe Marcotti, il quale scriveva per Il Fanfulla di Roma (precedentemente per un anno pubblicato a Firenze tra 1870 e 1871). Questi era allora molto giovane tanto da interrompere l’invio dei suoi articoli per tornare in Italia a sposarsi, ma dell’esperienza sul basso Danubio trasse il suo primo libro: Tre mesi in Oriente. Ricordi di viaggio e di guerra (1878) [31]. Anni dopo fu segretario generale della Società Dante Alighieri, dal 1900 al 1906 e alla morte fu nominato socio perpetuo. Come dicevo, si tratta di un’altra coincidenza poiché Canini, defunto nel 1891, non ebbe nulla a che fare con la Dante Alighieri, né sembra abbia mantenuto rapporti con Marcotti dopo la comune esperienza di corrispondenti di guerra.

Alla conclusione di questo scritto, torno al progetto per cui ho usato per Canini il termine precursore, se pure mancato. Nel 1868 egli lamentava non solo il fallimento dei suoi tentativi di dieci anni prima, ma anche il fatto che, quando essi avrebbero trovato una diversa e più fortunata realizzazione, di lui non ci sarebbe stato alcun ricordo. Ecco le sue parole, tradotte dai Vingt ans d’exil: «Il progetto concepito dal povero Tecco e da me, a Costantinopoli, e il mio grande progetto a Bucarest saranno probabilmente ripresi con il tempo da altri… Noi, i primi picconatori, noi saremo dimenticati: non c’è bisogno di dirlo. Che importanza ha se il bene sarà fatto!» [32]. Possiamo dire che Canini aveva torto: non è stato dimenticato.

Francesco Guida
Università Roma Tre
(n. 11, novembre 2023, anno XIII)


NOTE

[1] Nicolae Jorga, Un précurseur de la confédération balkanique, in «Bulletin de la Séction historique de l’Academie roumaine», II, 1913, pp. 43-56; Nicolae Jorga, Un pensatore politico italiano all’epoca del Risorgimento, Marco Antonio Canini, ivi, XXII, 1938; anche in Atti del XXIV Congresso di storia del Risorgimento [Venezia, 10-14 settembre 1936], Roma, 1941, pp. XXI-XXVIII; Walter Maturi, Le avventure balcaniche di Marco Antonio Canini nel 1862, in «Studi storici in onore di Gioacchino Volpe», Firenze, Sansoni, 1958, II edizione, pp. 561-643; Angelo Tamborra, Canini, Marco Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 18, 1975; Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1984.
[2] Francesco Guida, Marco Antonio Canini corrispondente dal fronte di guerra russo-turco nel 1877, in "Archivio storico italiano", CCCXXXVII, 1979, pp. 335-424.
[3] Luigia Calegari probabilmente era figlia di un maestro d’orchestra che viveva a Costantinopoli, dove visse anche Canini nei primi anni Cinquanta fino al 1856: i due, dunque, si sarebbero incontrati nella capitale ottomana. L’orchestra portava il nome di Garibaldi e aveva una sua cifra patriottica, tanto da rifiutarsi di suonare per il rappresentante absburgico presso la Sublime Porta.
[4] Non se ne conosce il nome e forse morì in tenera età. I coniugi Canini ebbero un altro figlio, nato a Corfù nel settembre 1859, cui fu imposto il nome di Italo Emilio. Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, cit., pp. 120-124.
[5] La lunga poesia era stata scritta prima, ma ben si adattava a quel passaggio importante della storia risorgimentale romena, quale fu la Piccola Unione (Mica Unire). Apparve sul numero 14 del “Naţionalulu” il 25 gennaio 1859. Fu ripubblicata anni dopo insieme con la versione italiana di Ginta latina di Vasile Alecsandri (che approvò la traduzione di Canini); Alexandru Marcu, V. Alecsandri e l’Italia. Contributo alla storia dei rapporti culturali tra l’Italia e la Rumenia nell’Ottocento, Roma, Istituto per l’Europa Orientale, Anonima romana editoriale, 1929. Marcu parla molto di Canini nel suo Conspiratori şi conspiraţii în epoca renaşterii politice a României: 1848-1877, Bucureşti, Cartea Româneasca, 1930.
[6] Antonio D’Alessandri, Sulle vie dell’esilio. I rivoluzionari romeni dopo il 1848, Lecce, Argo, 2015. Dei vari romeni recatisi in viaggio oppure per studio in Occidente va ricordato quale antesignano Dinicu Golescu che lasciò ampia memoria della sua lunga escursione da Presburgo e Pest, a Vienna, Venezia, Vicenza (“cu trei teatre”), Brescia (“are cişmele foarte frumoase”), Milano (“Parisul cel nou”); Dinicu Golescu, Însemnare a călătorii mele, Bucureşti, editura Eminescu, 1971 (le citazioni alle pagine 118, 123 e 124).
[7] Iacob Mârza, Şcoala şi naţiune (Scoliile de la Blaj în epoca renaşterii naţionale), Cluj-Napoca, Editura Dacia, 1987.
[8] Cornelia Bodea, The Romanians’ struggle for Unification. 1834-1849, Bucharest, Academy of Socialist Republic of Romania, 1970, p. 245.
[9] Bucuresci [sic], 1858. Per quest’opera Dan Berindei ricorda Canini presentando un grande numero di intellettuali romeni che prepararono e concorsero a creare il giusto clima culturale per l’unione dei Principati di Valacchia e Moldavia; Dan Berindei, Epoca Unirii, Bucureşti, Editura Academiei RSR, 1979, p. 212 (nel capitolo “Dezvoltarea culturală).
[10] Francesco Guida, Marco Antonio Canini et l'ethnogenèse du peuple roumain, in "Studia historica", Analele  universităţii "Dunarea de jos", Galaţi, 2002, tom I, pp. 87-101.
[11] Valentineanu nacque a Piteşti, molto giovane partecipò ai moti del 1848 per cui fu arrestato ed esiliato in Russia. Tornato in patria nel 1856, si avviò al giornalismo e nel 1859 fondò “Reforma”.
[12] Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, cit, pp. 120-124.
[13] Vingt ans d’exil par un ancien emigré venitien, Paris, Baudry, 1868, p. 153; una seconda edizione dell’opera fu pubblicata, come si è detto, nel 1869 dal medesimo editore.
[14] Ivi, p. 154.
[15] Ivi, p. 130.
[16] Ibidem.
[17] Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, cit., p. 131.
[18] Corneliu Diaconovich, Enciclopedia română, Sibiu, Krafft, 1898, p. 696.
[19] Canini affermò di avere impegnato persino i mobili. Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, cit., pp. 131.
[20] Hof-Haus-Staat Archiv, Vienna, P.A., XXXVIII, Consolato di Bucarest, Von Eder a Rechberg, 30 luglio 1859.
[21] Dan Berindei, La lutte pour l’Unité de l‘Italie reflétée dans la presse des Principautés Unies (1859-1860), in « Revue roumaine d’histoire », II, 1963, 1, pp. 17-108.
[22] Archivio storico diplomatico del ministero Affari Esteri, Roma, Rapporti di Agenzie consolari, Strambio a Durando, Bucarest, 28 giugno 1862, n. 210.
[23] Roma, Carocci, 2021.
[24] Francesco Guida, Michelangelo Pinto, un letterato e patriota romano tra Italia e Russia, Roma, Archivio Guido Izzi, 1998 [edizione russa: Mikelandzelo Pinto rimskij literator i patriot meždu Italiej i Rossiej, Sankt-Peterburg, Liki Rossii, 2011]
[25] Marco Clementi, Ricchezza e povertà straniera nella Russia degli zar. La beneficenza italiana da Pietroburgo al Caucaso (1863-1922), Cosenza, Periferia, 2000.
[26] Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, cit., pp. 156-159.
[27] Ivi, pp. 131-132.
[28] Ivi, pp. 437-439.
[29] Ivi, p. 424.
[30] Fulvio Conti, Il Sommo italiano: Dante e l'identità della nazione, cit., pp. 69-70.
[31] Il volume fu pubblicato (Firenze, Tipografia della Gazzetta d'Italia) a ridosso degli eventi nel 1878. Allo stesso Marcotti fu dovuto un robusto e interessante volume intitolato La nuova Austria, Firenze, G. Barbèra, 1885, dedicato alla Bosnia-Erzegovina divenuto un territorio amministrato dalle autorità austro-ungarica per decisione delle Potenze riunite nel Congresso di Berlino, a bilanciare l’ampliata influenza della Russia nei Balcani orientali.
[32] Vingt ans d’exil, cit., p. 151.



Bibliografia


Dan Berindei, La lutte pour l’Unité de l’Italie reflétée dans la presse des Principautés Unies (1859-1860), in «Revue roumaine d’histoire», II, 1963, 1, pp. 17-108.
Dan Berindei, Epoca Unirii, Bucureşti, Editura Academiei RSR, 1979.
Cornelia Bodea, The Romanians’ struggle for Unification. 1834-1849, Bucharest, Academy of Socialist Republic of Romania, 1970, p. 245.
Marco Antonio Canini, Studi istorice asupra originei naţiunii române, Bucuresci [sic], 1858.
[Marco Antonio Canini], Vingt ans d’exil par un ancien emigré venitien, Paris, Baudry, 1868.
Marco Clementi, Ricchezza e povertà straniera nella Russia degli zar. La beneficenza italiana da Pietroburgo al Caucaso (1863-1922), Cosenza, Periferia, 2000.
Fulvio Conti, Il Sommo italiano: Dante e l'identità della nazione, Roma, Carocci, 2021.
Antonio D’Alessandri, Sulle vie dell’esilio. I rivoluzionari romeni dopo il 1848, Lecce, Argo, 2015.
Corneliu Diaconovich, Enciclopedia română, Sibiu, Krafft, 1898.
Dinicu Golescu, Însemnare a călătorii mele, Bucureşti, editura Eminescu, 1971.
Francesco Guida, Marco Antonio Canini corrispondente dal fronte di guerra russo-turco nel 1877, in «Archivio storico italiano», CCCXXXVII, 1979, pp. 335-424.  
Francesco Guida, L’Italia e il Risorgimento balcanico. Marco Antonio Canini, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1984.
Francesco Guida, Michelangelo Pinto, un letterato e patriota romano tra Italia e Russia, Roma, Archivio Guido Izzi, 1998 [edizione russa: Mikelandzelo Pinto rimskij literator i patriot meždu Italiej i Rossiej, Sankt-Peterburg, Liki Rossii, 2011].
Francesco Guida, Marco Antonio Canini et l'ethnogenèse du peuple roumain, in «Studia historica», Analele Universităţii «Dunarea de Jos», Galaţi, 2002, tom I, pp. 87-101.
Nicolae Jorga, Un précurseur de la confédération balkanique, in «Bulletin de la Séction historique de l’Academie roumaine», II, 1913, pp. 43-56;
Nicolae Jorga, Un pensatore politico italiano all’epoca del Risorgimento, Marco Antonio Canini, in «Bulletin de la Séction historique de l’Academie roumaine», XXII, 1938; anche in Atti del XXIV Congresso di storia del Risorgimento [Venezia, 10-14 settembre 1936], Roma, 1941, pp. XXI-XXVIII.
Giuseppe Marcotti, Tre mesi in Oriente. Ricordi di viaggio e di guerra, Firenze, Tipografia della Gazzetta d'Italia, 1878.
Giuseppe Marcotti, La nuova Austria, Firenze, G. Barbèra, 1885.
Alexandru Marcu, V. Alecsandri e l’Italia. Contributo alla storia dei rapporti culturali tra l’Italia e la Rumenia nell’Ottocento, Roma, Istituto per l’Europa Orientale, Anonima romana editoriale, 1929.
Alexandru Marcu, Conspiratori şi conspiraţii în epoca renaşterii politice a României: 1848-1877, Bucureşti, Cartea Româneasca, 1930.
Walter Maturi, Le avventure balcaniche di Marco Antonio Canini nel 1862, in «Studi storici in onore di Gioacchino Volpe», Firenze, Sansoni, 1958, II edizione, pp. 561-643.
Iacob Mârza, Şcoala şi naţiune (Scoliile de la Blaj în epoca renaşterii naţionale), Cluj-Napoca, Editura Dacia, 1987.
Angelo Tamborra, Canini, Marco Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 18, 1975.