Eminescu, Voivodi, Monte Athos. Uno sguardo storico

Il 10 agosto 1878 Mihai Eminescu pubblicava sul quotidiano «Timpul» un articolo dedicato al Monte Athos. Dopo aver accennato brevemente al governo dei monasteri, il grande poeta romeno sottolineava come la Santa Montagna fosse divenuta «oggetto di cure speciali da parte dei voivodi romeni e del popolo romeno». E aggiungeva: «Dobbiamo solo ricordare che dei 21 grandi monasteri, solo sei sono fondazioni russo-bulgare, otto sono fondazioni romene, ovvero San Gregorio, Caracal, Dochiarion, Cotlomus, Xeropotamus, Pantocratoros, San Dionisio di Trapezunt e infine la bellissima e splendida Lavra stessa». Più avanti, Eminescu lodava l’iniziativa dell’archimandrita Chiriac, romeno di Botoşani, che in quei giorni viaggiava attraverso i Principati romeni per raccogliere libri al fine di creare una biblioteca nel monastero di Cotlomus (Koutloumousiou), di cui era abate.
L’articolo di Eminescu, decisamente apprezzabile, contiene però alcune inesattezze, che riteniamo giusto emendare; per esempio, i monasteri athoniti erano 20 e non 21. Inoltre, parlare di «otto fondazioni romene» appare improprio, perché i notevoli benefici dei voivodi valacchi e moldavi furono diretti alla ricostruzione di monasteri già esistenti; ma è accertato che per almeno sei cenobi, cioè Koutloumousiou, Zographou, Simonos Petra, Karakalou, Xenophontos e Grigoriou, la munificenza dei sovrani romeni si rivelò determinante per una vera e propria rinascita dei monasteri.
D’altra parte, l’intento che muoveva Eminescu – evidenziare il ruolo svolto dai romeni nella storia del Monte Athos – rimane intatto; anzi, le precisazioni che faremo daranno ulteriore risalto alle osservazioni del poeta. Come ho riportato altrove, in una pubblicazione di Ortodoxia, periodico del Patriarcato di Romania, è chiaramente dimostrato come, a partire dalla metà del XIV secolo, e specialmente durante il lungo periodo della Turcocrazia, non esiste cenobio della Santa Montagna alla cui ricostruzione, restauro o mantenimento non abbia contribuito un principe o un dignitario ecclesiastico romeno.

Com’è noto, il Protaton, la chiesa che sorge a Karyes, la capitale del Monte Athos, è l’edificio più antico della Santa Montagna, e la madre di tutte le chiese athonite. Edificato nel X secolo, il Protaton fu completamente rinnovato nell’anno 1508 grazie all’intervento del voivoda di Moldavia Bogdan III cel Orb, figlio di Ştefan cel Mare.
Il monastero della Grande Lavra, il più antico dell’Athos e primo nella gerarchia, fu interamente ricostruito all’inizio del XVI secolo dal voivoda valacco Neagoe Basarab. Da notare che il sovrano fece ricoprire con lastre di piombo il tetto del katholikon, che nel 1535 fu riaffrescato dal grande Teofane di Creta. È a questo monarca, erudito e pervaso da un forte spirito religioso, che la Romania deve due autentici gioielli: il monastero di Curtea de Argeş, costruito negli anni 1515-1517, e le riflessioni teologiche note come Învăţăturile lui Neagoe Basarab către fiul său Teodosie (Gli insegnamenti di Neagoe Basarab al figlio Teodosio, 1521) che Constantin Noica considerava «il primo grande libro della cultura romena».
Vatopedi, secondo nella gerarchia dei monasteri athoniti, ricevette donazioni alla fine del Quattrocento da parte di Ştefan cel Mare, e venne parzialmente ricostruito nel 1526 dal voivoda di Valacchia Radu de la Afumați, che edificò anche la chiesa dedicata alla Madre di Dio. Inoltre, alla fine del XVII secolo, il principe Constantin Brȃncoveanu, canonizzato dalla Chiesa Ortodossa e ricordato come uno dei più grandi benefattori di ogni tempo, donò a Vatopedi 21.000 aspri, (monete d’argento bizantine e successivamente anche turche), somma enorme per quei tempi.
Il monastero dei georgiani, Iviron, terzo nella gerarchia athonita, nel 1505 ricevette una donazione di 15.000 aspri da parte del re di Valacchia Radu Şerban; i suoi successori donarono più di 60.000 aspri per creare l’acquedotto e manutenere alcuni edifici.
Koutloumousiou fu letteralmente rifondato nel XIV secolo dall’igumeno Chariton (futuro Metropolita di Valacchia) grazie al supporto finanziario del voivoda di Valacchia Nicolae Alexandru Basarab e dei figli Vladislav e Radu. A seguito di ciò, e per il fatto che da allora molti monaci romeni furono ammessi nel cenobio, per un certo periodo di tempo Koutloumousiou venne denominato “la Lavra dei Valacchi”. Dopo aver ricevuto ulteriori donazioni e proprietà terriere per l’intero XV secolo, il monastero fu di nuovo restaurato, nel secolo XVI, dai regnanti Radu IV cel Mare e Neagoe Basarab, che edificarono anche la chiesa, il refettorio e parte delle celle dei monaci.
Per il monastero bulgaro di Zographou entrano in scena alcuni dei più grandi principi moldavi, fra i quali Alexandru cel Bun, benefattore del cenobio nei primi decenni del XV secolo, e Ştefan cel Mare, che fu di grande supporto a Zographou verso la fine del XV secolo; grazie a questi interventi, il monastero era considerato una fondazione romena.
Ştefan cel mare, Neagoe Basarab e Constantin Brâncoveanu si dimostrarono particolarmente generosi con il monastero di Aghiou Pavlou; in particolare, Neagoe Basarab fece costruire la torre e la cappella dei Santi Costantino ed Elena.
Simonos Petra fu interamente ricostruito dopo il devastante incendio del 1580 dal grande re di Valacchia Mihai Viteazul, che non a caso in un dipinto viene indicato come fondatore.
Il monastero di Chilandari beneficiò di donazioni romene dall’inizio del XVI secolo; ma è noto che questo cenobio, nel XIV secolo, ricevette benefici soprattutto dai regnanti serbi, in particolare da Stefano Uroš II Milutin e Stefano Uroš IV Dušan.
Quanto a Dionysiou, si distingue di nuovo Neagoe Basarab, che fra il 1512 e il 1515 ampliò il monastero, edificò una nuova chiesa dedicata a San Nifone e fece costruire l’acquedotto. Nell’ottobre 1534 un incendio distrusse quasi completamente Dionysiou; il voivoda moldavo Petru IV Rareş si occupò della ricostruzione del katholikon e dell’ala orientale del monastero.
Negli archivi di Xiropotamu, centinaia di documenti romeni provano le donazioni dei sovrani valacchi e moldavi, in particolare di Neagoe Basarab e Alexandru Lăpuşneanu, che fece ricostruire il refettorio. Altre elargizioni al monastero, semidistrutto dopo un rovinoso incendio, arrivarono all’inizio del XVII secolo.
Il monastero di Pantokratoros ricevette aiuti da parte di Neagoe Basarab; inoltre le celle dei monaci vennero ricostruite negli anni 1536-37 ad opera del logofat moldavo Gabriel Trotuşeanu.
Nella seconda metà del XVI secolo, Dochiariou ricevette consistenti donazioni da parte di Alexandru Lăpuşneanu e sua moglie Ruxandra. In particolare, i sovrani moldavi fecero costruire l’attuale katholikon, uno dei più grandi e belli del Monte Athos. Ma Lăpuşneanu e sua moglie beneficiarono anche Xiropotamu (decorazione della chiesa), Vatopedi (donazione di 1.060 monete d’oro per l’acquisto di un grande magazzino e donazione annuale di altri 300 pezzi d’oro) e Dionysiou (costruzione dell’infermeria e ampliamento del refettorio).
Karakalou fu completamente ricostruito dal grande Petru IV Rareş; sua figlia Ruxandra, moglie di Alexandru Lăpuşneanu, fu ugualmente generosa benefattrice del monastero.
Grigoriou venne quasi totalmente riedificato intorno al 1500 per iniziativa di Ştefan cel Mare; un’iscrizione del 1502 riporta che il monastero fu «costruito» dal grande sovrano moldavo. Da una crisobolla non più esistente, ma citata dal monaco e pellegrino russo Basil Grigorovič Barski (1701-1747), risultava che Grigoriou aveva ricevuto elargizioni dai voivodi moldavi sino al 1720.
Anche Xenophontos ha potuto contare su importanti donazioni dei regnanti di Valacchia e Moldavia, culminate con la ricostruzione del vecchio katholikon, operata nel 1637 dal principe valacco Matei Basarab, che in un dipinto della chiesa è indicato come fondatore. Vogliamo ricordare che questo sovrano, amante della cultura e sostenitore dell’Ortodossia, costruì in Romania quasi cinquanta edifici di culto, superando dunque anche il grande fondatore Ştefan cel Mare.
Dal XV secolo all’inizio del XIX, il monastero russo di Aghiou Panteleimonos ricevette dai regnanti romeni donazioni in denaro e in proprietà. E fra il 1812 e il 1819 la sua chiesa fu completamente ricostruita dal principe moldavo Scarlat Kallimachos.
Se consideriamo che anche i monasteri di Philotheou, Stavronikita ed Esphigmenou hanno beneficiato di contribuzioni monetarie e territoriali da parte dei regnanti romeni, e che da questa lista rimane fuori il solo monastero di Konstamonitou, la generosità della Romania verso il Monte Athos, attestata in migliaia di documenti conservati sia nei monasteri della Montagna sia negli Archivi di Stato romeni, risalta con tutta evidenza, e giustifica l’affermazione secondo la quale nessun Paese ortodosso ha supportato la Santa Montagna più generosamente della Romania.
























Armando Santarelli
(n. 7-8, luglio-agosto 2022, anno XII)