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Leopardi e il mito. Il Nulla come verità assoluta
Il pensiero mitico non è appannaggio solo delle società arcaiche o primitive, come dimostra il famoso libro di Roland Barthes Mythologyes [1], o certi scritti di Mircea Eliade sul «mito del mondo moderno» [2]. La possibilità di pensare al mito, che opera nella modernità, è il frutto di un processo. Esso non si presenta come tale, ma sotto la luce della distanza critica. Il mito ha valore allegorico (i miti religiosi, per esempio), o indica un’idea o una costruzione che non ha alcun rapporto con la realtà. In effetti, è solamente accettando una definizione in senso largo del termine, che i mitologi e gli etnologi come Mircea Eliade, Roger Bastide o gli intellettuali, come Roland Barthes, hanno potuto analizzare i miti, che, silenziosamente operano nella società moderna, spesso in forma «clandestina», così come la definisce Eliade. L’idea del mito in Leopardi può sembrare paradossale, poiché il poeta rivendica «uno scetticismo ragionato e dimostrato» ma, che denuncia a partire dalla teoria empirica della «conformabilità», i miti delle idee innate, delle idee platoniche, ma anche l’idea di Dio stesso [3]. In realtà da sempre Leopardi è stato attratto dal mito, come testimonia il saggio Sopra gli errori popolari degli antichi del 1815, che rappresenta un’immersione critica nelle superstizioni mitiche degli antenati. In un rapporto quasi contradditorio con l’idea di Platone, Leopardi denuncia le sue idee, considerandolo come «il più profondo, il più vasto e sublime filosofo tra gli antichi», nel suo diario Zibaldone dei pensieri. Dunque è una contraddizione apparente tra denuncia e fascino per il mito, che si trova nelle opere di Leopardi.
Il Nulla per Leopardi
Il termine «mitologia», «acerbissima mitologia», è prodotto dalla ragione quando essa pretende di operare facendo astrazione dal «sistema della bellezza, delle illusioni» [4]. Leopardi rivendica solamente lo «scetticismo ragionato», che ritroviamo a volte nella sua poesia come nei Canti - Sopra un bassorilievo antico sepolcrale, Sopra il ritratto di una bella donna. Questo scetticismo si potrebbe rivelare come un mito personale del grande poeta. Per Nietzsche, Leopardi è un «ultra platonico» [5]. La filosofia di Nietzsche è a volte un’accusa contro la tradizione filosofica occidentale che avrebbe opposto il mondo sensibile a quello ideale. Quest’opposizione, secondo Nietzsche, risulta da una proiezione personale dei filosofi. Leopardi mantiene una dicotomia tra un al di là, il nulla, è un qui percepito come reale e insignificante. Il nulla per Leopardi non indica solamente l’impossibilità di mostrare l’essenza delle cose, ma il nulla è la realtà vissuta e percepita durante le esperienze personali evocate nello Zibaldone, il diario intellettuale poeta: «Io ero spaventato di trovarmi nel mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Mi sentivo soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla». [6]
Questa realtà Leopardi l’ha tradotta nella sua poesia attraverso il motivo del nulla, ma anche molto discusso nelle Operette morali che trasmettono le riflessioni materialiste del poeta sull’universo. La materia e l’universo sono eterni per Leopardi, invece gli esseri e le cose sono destinate a perire e a ritornare da dove sono venute, cioè nel non essere. Leopardi fa del nulla l’origine e la fine di tutte le cose, esprimendo così la sua idea dell'essenza del pensiero occidentale. Le cose vengono dal nulla e rappresentano il nulla. I critici leggono il nulla leopardiano come esperienza di ordine mistico: «Anche il Nulla leopardiano (come il Nulla heideggeriano) si trasforma in Essere, anch’esso genera angoscia e pace, anch’esso - che, nella sua natura religiosa è fonte di altissima vita e poesia, tanto che l’uomo le ricerca segretamente, pur temendole - può essere frainteso e confuso con il «nulla del pessimismo e del nichilismo». [7]
Il Nulla come verità assoluta
Il nulla diventa così il santo Graal, un assoluto, una realtà che può essere l’oggetto di una conoscenza anche mistica. Emil Cioran, nella prefazione del saggio di Mario Andrea Rigoni [8], riconosce nel grande poeta un fratello spirituale, dichiarando che l’esperienza del Nulla è la più nobile fra tutte le esperienze, rappresentando anche una relazione «poiché essa conduce alla desolazione o alla Nirvana». Considerare il nulla come verità assoluta costituisce uno dei posizionamenti filosofici di Leopardi, ma non solo, poiché coabita in modo parallelo è contraddittorio con una prudenza scettica espressa nello Zibaldone quando Leopardi lega il suo «pensiero-sistema» a quello cristiano: «Osservo che il cristianesimo, legandosi col mio sistema, può supplire a spiegare quella parte della natura delle cose che nel mio sistema resta intatta, ovvero scura è difficile. L’origine del mondo e dell’uomo, mediante il cristianesimo, si spiega con la creazione.»
Questa è la prudenza che Leopardi «chiarisce» nella sua poetica, ma anche nella prosa filosofica, della relatività dell’uomo, del suo sapere e delle sue idee innate. Per Leopardi l'analisi è il metodo che consente di vedere l’«essere delle cose», perché ogni essere è «sciolto» dal tutto, dall’infinito, dalla «grandezza».
Alina Monica Turlea
(n. 4, aprile 2019, anno IX)
NOTE
1. Roland Barthes, Mythologies, Paris, Seuil, 1957, p. 267.
2. Mircea Eliade, Miti, sogni e misteri, Edizioni Lindau, 2007.
3. Giacomo Leopardi, Zibaldone dei pensieri, Roma, 2001.
4. Ibidem.
5. Nietzsche, Intorno a Leopardi, Genova, 1992, p.99.
6. Giacomo Leopardi, Zibaldone dei pensieri, Roma, 2001, p.85.
7. Alberto Caracciolo, Leopardi e il nichilismo, Milano, Bompiani 1994, p.48.
8. Si tratta del saggio di Mario Andrea Rigoni, Il pensiero di Leopardi, Bompiani, Milano, 1997.
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