Triangolazioni poetiche: Maria Banuș tradotta da Andrea Zanzotto e Dragoș Vrânceanu

Maria Banuş (1914-1999) è stata una poetessa romena nata a Bucarest in una famiglia di cultura ebraica. «Ha partecipato alla resistenza clandestina durante il periodo dell'occupazione tedesca» [1] ed è nota per il suo engagement letterario riguardante soprattutto le questioni relative alla guerra e all'antisemitismo, con un peculiare approccio critico, e per la trattazione di tematiche intimiste, strettamente connesse alla femminilità e al desiderio erotico. È stata traduttrice di Goethe, Heine, Rilke, Rimbaud, Neruda.
Le sue poesie sono state tradotte in molte lingue, ma per quanto riguarda l'italiano, la raccolta Nuovi spazi (Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1964*) è una delle rare testimonianze, se non l'unica.
Le diciotto liriche di Banuș che compongono la raccolta compaiono in Italia nel 1964, in un contesto editoriale di prim'ordine. Infatti, l'editore Vanni Scheiwiller, critico d'arte e di letteratura, dirigeva la casa editrice All'insegna del pesce d'oro dal 1936 e la collana di cui fa parte la selezione delle poesie di Banuș, «Pagine di letterature straniere antiche e moderne», ne era il fiore all'occhiello. Inaugurata nel 1954 con Ezra Pound, che collaborò attivamente alla traduzione delle sue stesse poesie, la collana fu consacrata dalle curatele di Salvatore Quasimodo per E. E. Cummings e di Cristina Campo per W. C. Williams, nonché da quella di Andrea Zanzotto, che si dedicò proprio a Banuș, supportato dal poeta Dragoș Vrânceanu [2]. Il legame tra i due curatori sarà rinsaldato da una successiva collaborazione [3].
Vrânceanu nacque a Babeni, in Romania, nel 1907, e fu traduttore dall'italiano al romeno di Eugenio Montale e Dino Campana. Vrânceanu, «fiorentino dal millenovencentoventinove» [4], insieme a Poggioli, Landolfi e Traverso, faceva parte del gruppo di studenti che «sedevano al caffè San Marco e rappresentava quel tantino di esotico che pur era indispensabile in un mondo molto chiuso e mortificato» [5], essendo «già un poeta e critico e per quanto riguarda la nostra cultura uno dei grandi ambasciatori della nuova letteratura» [6]. Quando nel 1969 Carlo Bo introdusse le poesie di Vrânceanu, erano già quarant'anni che il poeta «presentava illustrava e commentava le novità italiane in Romania». Nel caso delle poesie Banuș, Vrânceanu si era trovato a fare il percorso inverso e cioè a presentare le novità romene in Italia.
Il volumetto Nuovi Spazi fu stato stampato dalla Nuova Cartografica di Brescia, a tiratura limitata, in cinquecento copie numerate, in occasione del V Congresso Letterario di Conegliano Veneto.
Le poesie sono presentate senza testo a fronte e sono tratte dalle seguenti raccolte dell'autrice: Țara fetelor “Il paese delle fanciulle” (Cultura Poporului, 1937), Bucurie “Gioia” (pentru Literatură și Artă, 1949), Torentul “Torrente” (E.S.P.L.A., 1957), Magnet “Magnete”(pentru Literatură, 1962). Le liriche sono ordinate cronologicamente: per alcune viene riportata la data esatta di composizione, quando conservata in originale, per le altre si fa riferimento alla data di pubblicazione della raccolta originale da cui sono tratte. I testi sembrano esser stati selezionati in quanto rappresentativi delle due anime dell'autrice, quella politicamente militante e quella più intimista, attenta alla sensibilità femminile.
Zanzotto lavorava alla traduzione di Banuș già dal luglio del 1963, come riportato nella lettera [7] a Silvio Guarnieri, in cui l'autore esprime l'ammirazione per la poeta, nonché la preoccupazione per la situazione politica in cui versava la Romania.
La poesia di Banuș, concisa ed elegiaca, era affine a quella del poeta e traduttore ed era certamente consona ai suoi gusti negli anni Sessanta. Per non applicare analogie e analisi stilistiche fuorvianti, è doveroso contestualizzare l'interesse di Zanzotto nei confronti dei letterati romeni in relazione alla ricerca poetica che perseguiva in quel periodo. Nel 1962 Zanzotto aveva pubblicato le IX Egloghe (Mondadori, 1962), un «omaggio presuntuoso alla grande ombra di Virgilio», come dichiara lui stesso in un'intervista rilasciata a Pieve di Soligo il 25 luglio 1978, ma anche espressione di un avvicinamento al surrealismo. Alle Egloghe, seguirà la raccolta delle poesie composte tra il 1961 e il 1967, La Beltà (Mondadori, 1968).In entrambe le raccolte è fondamentale la riflessione sul linguaggio, che si fa rarefatto e sempre più radicale. Tale riflessione è accompagnata da una certa sperimentazione come traduttore, estendendo gli interessi oltre le lingue solitamente frequentate: ecco come mai, appunto, il romeno. 
I versi di Banuș, densi e materici, sono affini anche alla poetica di Vrânceanu, che nasceva e maturava in seno all'ermetismo italiano. È probabile che l'interesse di Zanzotto per Banuș sia maturato tramite la conoscenza di Vrânceanu che aveva già conquistato un ruolo piuttosto stabile nella cerchia intellettuale italiana, oltreché per la militanza partigiana contro l'occupazione tedesca, che aveva visto coinvolti sia Zanzotto che Banuș e che costituiva la base per un silenzioso dialogo oltre confine. 
Pertanto, alla luce di queste condizioni a contorno, la triangolazione ha potuto dare gli esiti felici testimoniati dalle traduzioni che seguono.
La lirica che dà il titolo al volume, Nuovi spazi, era originariamente apparsa nella raccolta Torentul.

Sono al bilanciere dei mondi, sono.
Con quel mio vecchio sangue,
col sangue mio troppo lento;
un enigmatico astrale alfabeto
mi fulmina breve negli orecchi.
Sono al bilanciere dei mondi, sono.

Sono al formarsi dei mondi, sono.
E vago, presentendo appena
le albe di colui che viene.
Le cerco e non sto più in me stessa.
Le mani negli spazi tendo.
Sono al formarsi dei mondi, sono.

Sono al bilanciere dei mondi, sono.
viene altro ritmo dell'esistere,
viene una profonda osmosi;
in altro modo sentiranno una rosa,
in altro modo la luce del bosco.
Sono al bilanciere dei mondi, sono.

Sono al formarsi dei mondi, sono.
Vedo villaggi lacustri, su palafitte...
E vedo: ho fenduto l'abisso!
Trovami, anima, il non-scritto,
la nuova armonia tra le stelle.
Sono al formarsi dei mondi, sono.

In questo componimento, il tema del vagabondaggio – ricorrente anche nelle poesie di Vrânceanu, per esempio in Vaghe stelle dell'orsa [8] può essere attribuito alla volontà dell'autrice di una personale rappresentazione del mitologema dell'Ebreo errante. Le quattro sestine che costituiscono la poesia presentano il primo e il sesto verso identico, a racchiudere la singola strofa rendendola autonoma. Escludendo il primo e il sesto verso, gli altri quattro versi hanno le caratteristiche stilistiche e tematiche di un haiku, anzi, di uno pseudohaiku come quello descritto da Zanzotto, «fatto di tre versi, o quattro anche», che «è come un venire a galla di strati molto antichi», cui l'autore si interesserà soprattutto dagli anni Ottanta in poi.
La raccolta di Banuș con datazione più alta, Țara fetelor, dalla quale è tratta la prima lirica, Frammento di primavera, appare in armonia con le Egloghe di Zanzotto. Le poesie di questa raccolta sono caratterizzate dall'impiego degli elementi naturali e plastici (il bufalo, i lillà, le stelle, la mela) come simbolo del desiderio sessuale che si affaccia nell'adolescenza, in un'ambientazione idillico-pastorale, ma velata di tristezza e fatica. Frammento di primavera è costituito da una strofa pentastica seguita da una eptastica, in versi che nella traduzione risultano sciolti.

Una via per cui passo a dorso piegato
sotto la primavera greve come pancia di bufalo.
Le pietre del cammino e le stelle
stanno tanto buone da poter numerarle,
solo il mio canto mi lacera la veste,
sotto la primavera greve come pancia di bufalo.

Confusamente parlo. E taccio. E invano aspetto
tra gli steccati l'incupirsi del lillà.
Sotto i ginocchi è madida la carne,
come una mela appena spaccata;
torbido, torbido è il bianco degli occhi!
Rifletto, camminando così, piegata in due,
a questa primavera,
spoglia e triste come il collo di un ragazzo.

La poesia di Banuș rispecchia inoltre una sensibilità e un uso dei campi semantici similare ad alcuni dei maggiori poeti italiani. Per esempio, il componimento tradotto con il titolo Nel bosco, tratto dalla raccolta Bucurie, ha un incipit familiare: ricorda l'incedere de La pioggia nel pineto di D'annunzio, con l'invito all'ascolto dei linguaggi naturali, simbolo di verità profonde e sensuali. In Banuș c'è però un'inquietudine di fondo, smossa dal perturbante che si annida dietro la superficie della realtà.

Sono entrata nel bosco.
Ed ho ascoltato.
Come dal fondo di un lontano secolo
suona il linguaggio della pioggia, delle verdi frecce.

Ho cercato d'intenderlo
ma non potevo più.
Betulle sottili incontravo, e bianche e morte.
Sotto i piedi calcavo erba come nervi sottile.

Nel bosco mi sono trattenuta, ho ascoltato.
Continuamente gocciava, continuamente
lacci agili e verdi oscillavano per impiccare.

 

Di Bucurie fa parte anche Inno sotto i carro armati, esempio magistrale dell'afflato pacifista dell'autrice.

Nessuna fiaba muore
e non è morta,
più forte canta sotto i carri armati
tutto quello che amai.

Gridano le immense spaccature,
geme la terra colpita,
scivola sulle vetrate
ritrovata l'umana sembianza.

Peraltro, il sapore amaro del gemito della «terra colpita» appare speculare al celebre verso ungarettiano «è il mio cuore il paese più straziato» della poesia San Martino del Carso.
Infine, è interessate come il componimento La felice contraddizione, tratta dalla raccolta Magnet, evochi i temi di Ed è subito sera di Quasimodo, in particolare la precarietà e l'alternarsi improvviso della gioia e del dolore.

Alla bellezza, alla serenità
porta con te l'elemento oscuro il grido stridente.
E ti trafigga in pieno azzurro, scattando dal mare
fulmineo il tridente del dio.

Alla luce di queste considerazioni, la traduzione delle poesie di Banuș e l'introduzione di esse nel panorama intellettuale italiano sembrano testimonianza non solo del valore letterario dell'autrice, ma anche di una temperie culturale nella quale l'internazionalità degli scrittori e delle scrittrici non era una mera condizione astratta e formale, ma un'esperienza vivace e caratterizzante sia il contesto editoriale, sia quello critico.



Serena Vinci
(n. 5, maggio 2024, anno XIV)



* Le diciotto poesie sono state ripubblicate in Andrea Zanzotto, Traduzioni Trapianti Imitazioni, a cura di G. Sandrini, Mondadori, Milano 2021, pp. 178-191 (Nota redazionale).


NOTE


[1] Banuș Maria, Notizia, in Nuovi spazi, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1964, p.33.
[2] Nel volumetto è riportato come Vrînceanu”, il che crea qualche problema di tracciabilità nelle ricerche bibliografiche.
[3] Zanzotto è stato qualche anno dopo traduttore di Vrânceanu: Vrânceanu Dragoș, Tachicardia di Atlante, traduzioni di Elio Filippo Accrocca, Piero Bigongiari, Lino Curci, Mario De Micheli, Mario Luzi, Alberico Sala, Roberto Sanesi, Giancarlo Vignorelli, Andrea Zanzotto, Milano, Edizioni Istituto di Propaganda Libraria, 1971.
[4] Bo Carlo, Poesie di Dragos Vrânceanu, in «L'approdo letterario», n.4, 1969, pp. 37-40, p. 37, http://www.approdoletterario.teche.rai.it/Download.aspx?data=1969%7C4T%7CIV%7C4%7C000%7CA.
[5] Per approfondimenti sul rapporto tra Bo e Vrânceanu si consiglia: Bo Carlo, Vrânceanu Dragoș. Carteggio (1930-1976), a cura di Aurora Firţa, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2016.
[6] Carlo Bo, Poesie di Dragos Vrânceanu, cit., p. 37.
[7] Lettera del 1° luglio 1963 trascritta da Maria Antonietta Grignani e Anna Modena, in Lettere a Camerino, Della Corte, Gatto, Guarnieri, Sereni e Raboni (1946-1991), in «Autografo», n°46, 2011, pp. 155-188, p.169.
[8] Carlo Bo, Poesie di Dragos Vrânceanu, cit., p.40.