La (insostenibile) frivolezza del cristallo liquido: un focus sulla violenza di genere

Quando si tratta di Irina Țurcanu, non è arbitrario giocare con le parole né fantasticare su possibili rimandi intertestuali, volontari o involontari che risultino essere, dal momento che è l'autrice stessa a suggerirli. Per esempio, per il romanzo in cui un serial killer vuole restituire all'arte la sua dignità attraverso l'uccisione dei falsi idoli, Țurcanu sceglie come titolo il gioco di parole arguto Rigor artis (Absolutely Free, 2014). Basato sul sintagma «rigor mortis», il titolo vuole sia preannunciare le motivazioni del killer sia sottolineare lo stato di sterilità mortifera della cultura in Romania nel periodo di riferimento. 
Un approccio intersezionale [1] alla produzione letteraria di Țurcanu risulta a mio avviso necessario per ben comprenderne la complessità. Infatti, dopo aver ben delineato la condizione della migrante sia nel romanzo d'esordio Alia, su un sentiero diverso (Seneca, 2008) sia con la curatela della raccolta di racconti Ritorno a casa (Ciesse, 2013, ed. bilingue), Țurcanu si occupa dell'altra sua caratteristica intrinseca, cioè la condizione di essere donna, che è, come dichiara in un suo recente saggio [2], simile a quella dell essere romeno in Francia per Cioran [3], considerata la carica negativa con cui viene investita. In questa affermazione l'autrice prendeva a esempio Sabina, uno dei personaggi di L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera. Tale rimando intertestuale legittima la nostra rievocazione e ridefinisce i modelli di riferimento letterari e filosofici della scrittrice, irrobustendo la sua figura nel contesto culturale italiano ed europeo, soprattutto in un'ottica transculturale. Dal punto di vista tematico possiamo rintracciare anche una somiglianza tra le trame di La pipa Mr. Ceb e l'Altra (Ciesse, 2010) di Țurcanu e il romanzo di Kundera, appunto. Entrambi hanno come protagonista un uomo che non sa resistere al desiderio dell'Altra, la quale oltre a rappresentare la figura femminile dell'adultera, in senso più ampio incarna la curiosità umana, la tendenza alla divagazione, l'incessante mutevolezza del desiderio, sempre alla ricerca della libertà di evasione. In Kundera come in Țurcanu vi è una durezza negli eventi che si contrappone ai toni lievi con qui vengono narrati, il che contribuisce a rendere non respingente la lettura, in modo che chi legge sia facilitato ad ammorbidire i giudizi nei confronti delle piccole e grandi miserie umane.

Invece, non c'è traccia di leggerezza o morbidezza in La frivolezza del cristallo liquido (Absolutely Free, 2011).
Insostenibile è nell'incipit il gelo che attanaglia Marta, la protagonista, dopo aver subìto una violenza sessuale che l'ha «forse [...] resa una vera donna», con un accostamento di pensieri poco politicamente corretti ma che rendono bene la complessità delle relazioni che si instaurano, le quali da desiderate e ricercate possono trasformarsi in uno spazio per violenze e soprusi. Si scoprirà successivamente cosa significhi l'espressione «vera donna» nel lessico famigliare di Marta: sua madre era solita dire che vera donna è solo chi «porta in grembo un figlio» (p.18).
Insostenibile è l'odore pungente dello shampoo all'ortica che rappresenta sinesteticamente il sapore nauseante dell'esperienza [4] appena vissuta dalla protagonista che tuttavia non riesce a versare una lacrima e pensa alla vendetta più che al senso di colpa.
Insostenibile è per il lettore essere gettato in medias res nei postumi di una violenza, a confrontarsi con l'impotenza rispetto qualcosa che è già successo [5]. A volte, nel corso della lettura, se gli eventi si presentano nel loro divenire, il lettore può sperare che il peggio non avvenga, qui invece sappiamo fin dalle prime righe che il peggio è già accaduto e dovremo fare i conti con le conseguenze.
Il romanzo possiede una struttura ben congegnata, che si sviluppa su due piani temporali, il passato che inizia quando Marta ha dieci anni e si riallaccia al presente della narrazione in cui la protagonista ne ha sedici, con una successione di capitoli in montaggio alternato: i capitoli dispari seguono il presente narrativo e lo sviluppo della vicenda, mentre quelli pari raccontano la crescita di Marta, incentrandosi su eventi cruciali avvenuti anno per anno, come la prima delusione d'amore, il menarca, il primo amore corrisposto, il primo rapporto sessuale, tutti momenti di gioia o sorpresa cui segue inevitabilmente una delusione cocente, che instilla in lei un sempre più profondo desiderio di vendetta. Una volta che i due piani temporali si sono riallacciati, la narrazione prosegue cronologicamente negli ultimi capitoli.

Țurcanu applica con maestria la tecnica del mostrare concretamente un tratto caratteriale invece di descriverlo.Per esempio, mostra l'avidità della madre per il denaro, dicendo che le piaceva «ammucchiato lì, uno sopra l'altro», e la peculiare scala di valori del padre, affermando che «l'unico bene di consumo di cui conosceva il prezzo» era la birra.
L'uso della lingua italiana come lingua seconda si nota in alcune scelte sintattiche e lessicali desuete o arcaiche, che, in casi analoghi, sono state banalizzate come scarsa conoscenza della lingua dall'interpretazione di certa critica letteraria conservatrice che tende a delegittimare le scritture italofone, ostacolandone l'inserimento non solo nel canone, ma anche all'interno del contesto editoriale italiano. Al contrario, a mio parere, si tratta di scelte linguistiche innovatrici come possono essere solo quelle di coloro che usano una lingua come seconda lingua. Nel romanzo di Țurcanu troviamo, per esempio, l'inversione dell'ordine SVO, consueto in italiano, a favore della dislocazione VSO, «interruppe Vica il solito bisticcio tra i suoi figli»: è una costruzione inusuale ma retoricamente efficace, sia che si tratti di una scelta volontaria e sorvegliata, sia nel caso in cui sia determinata involontariamente dall'ordine non marcato che prevale in romeno secondo alcuni studi [6]. Inoltre, troviamo l'uso del participio passato dal verbo talentare, «talentata» (p. 43), invece di talentuosa come ci si attenderebbe. In questo caso, a mio avviso, si tratta di una scelta sorvegliata e tematica perché l'autrice sta intendendo non tanto che il soggetto è pieno di talento (talentuosa), quanto piuttosto che si muove in base al suo proprio gusto e lo subisce (talentata), così come subisce le implicazioni sessuali della sua ricerca d'amore. Allo stesso modo, risulta difficile pensare che a p.117 l'aggettivo «inquietata vita» piuttosto che il più comune «inquieta» sia solo una svista linguistica della scrittrice, non notata dal correttore di bozze. Dal momento che i participi passati con valore aggettivale sono usati in più di un caso in questo modo apparentemente improprio, risulta plausibile avanzare l'ipotesi che si tratti di una precisa scelta dell'autrice, la quale tende spesso a disattendere le aspettative del lettore, soprattutto per quanto riguarda il contenuto poco politicamente corretto dei suoi testi.

La lingua letteraria di Țurcanu è fortemente materica. Cose inanimate, di solito non scelte come elementi poetici, lo diventano prendendo vita attraverso azioni inconsuete: «lo shampoo gorgoglia» e «la schiuma scoppietta» indicando che qualcosa sotto la superficie sta per esplodere. Il contrasto tra questa imminente esplosione e la terminologia usata di solito per elementi caldi o in procinto di ebollizione, come una zuppa o una fiamma, è in netto contrasto con il freddo assoluto delle temperature («i meno quaranta gradi sotto zero di Chișinău» (p. 7), capitale della Repubblica di Moldavia) e con l'episodio di violenza cui si fa riferimento, che ha appunto gelato la protagonista. Ma siamo anche in un luogo preciso, il bagno, metafora del corpo e delle sue scorie, con la sporcizia che si accumula sugli esseri umani e la pulizia che a un certo punto si sente il bisogno di fare. O di non fare, come forma di ribellione contro l'ordine costituito. Nel susseguirsi dei capitoli ci accorgiamo che si tratta di un ordine costituito basato su cliché di comportamento che prevedono un destino diverso in base all'essere nati maschi o femmine. In famiglia, Marta si ribella fin da bambina a questi cliché comportamentali, trovandoli ingiustificabili e costrittivi. Tuttavia, la scrittrice non dipinge il mondo in bianco e nero, ma mette in scena l'ambiguità dei desideri, l'imprevedibilità delle conseguenze della realizzazione degli stessi e il confine permeabile e non sclerotizzato dei punti di vista costantemente messi in discussione dagli eventi. Il fratello Florin, per esempio, percepito da Marta come maschilista, viene rappresentato in un atteggiamento opposto nei confronti della fidanzata Sonia. Al termine del romanzo i suoi comportamenti saranno riabilitati, mostrando come il punto di vista parziale di una bambina alteri la percezione della realtà. Peraltro, la prospettiva poco lungimirante di Marta la porterà a dare interpretazioni sbagliate dei comportamenti ambigui di altri uomini, il che sarà il motore della sua rovina. In un certo senso possiamo dire che la bambina assume il ruolo di narratore inaffidabile [7] della sua storia personale.

I capitoli presentano una focalizzazione interna variabile della voce narrante extradiegetica in terza persona onnisciente, che si sposta da Marta per seguire altri personaggi e ripercorrere i misfatti perpetrati dal suo carnefice Sandu su altre donne, a partire dalla moglie Maria, che l'uomo aveva persuaso alla sterilizzazione a soli diciannove anni dopo aver avuto tre figli.
La violenza sulle donne è un tema cruciale nel percorso dell'autrice, che infatti se ne occupa anche in altri contesti, come nel caso della curatela dell'antologia Io scelgo (Rediviva, 2014) in cui sei donne – tre scrittrici italiane e tre artiste ed esperte di comunicazione romene – elaborano l'esperienza della violenza in modo diverso ma sempre costruttivo, liberato dalla frangibilità cristallina di un'identità sporcata dal senso di colpa.
In questo romanzo, invece, il lettore assiste inesorabilmente a una escalation di violenze psicologiche e fisiche subite dalle donne che compaiono nella vicenda, finché il dubbio di Marta di portare «in grembo il figlio del suo stupratore» (p. 91) non si trasforma in realtà. Se fino al momento dello stupro tutti i personaggi sono immersi in una bolla di violenza che percepiscono come normalità, ignari che stanno giocando con le vite degli altri e con la propria, dopo lo stupro la situazione precipita e tutti si trovano a dover fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni, ma alcuni rifiutano di assumersi le proprie responsabilità. Sandu, il poliziotto stupratore trova rifugio nella superstizione pagana e si fa leggere le carte da due diverse zingare, attribuendo alla magia nera i tentativi di intimidazione di un ignoto vendicatore, nella totale incapacità di mettere in discussione sé stesso. La madre di Marta, dopo aver saputo dello stupro e dell'aborto della figlia, trova conforto nella superstizione cattolica e sottopone la ragazza a un esorcismo, sublimando l'idea inaccettabile della possessione carnale operata su Marta prima dal carnefice e poi persino dal feto.
A partire da un'esplorazione cruda delle dinamiche relazionali della Romania di fine anni Ottanta, in cui una bambina, «ignara che non si può correre via dal proprio tempo» (p. 88), ingaggia un gioco pericoloso con la vita, alla disperata ricerca di un amore che la porta ai confini della prostituzione, Țurcanu ha costruito un romanzo che svela con coraggio sia i pregiudizi della comunità sia le responsabilità individuali che alimentano la violenza di genere.








Serena Vinci
(n. 1, gennaio 2024, anno XIV)




NOTE

[1] L'esigenza dell'intersezionalità come strumento di analisi letteraria è argomentata da Silvia Camilotti e Tatiana Crivelli in Che razza di letteratura è?: intersezioni di diversità nella letteratura italiana contemporanea, Venezia, Edizioni Ca' Foscari Digital publishing, 2017.
[2] Irina Țurcanu, I confini dell'autofilosofia di Cioran, Rediviva, 2021.
[3] Țurcanu fa di Cioran il simbolo del migrante che cerca il suo posto nella nuova società pur restando sempre «altro» ai margini del «noi», nonostante sia esempio di una integrazione di successo.
[4] Solo verso la fine del romanzo il lettore scopre che nel corso della violenza è avvenuta una fellatio.
[5] Di come si trasformi la narrazione e l'esperienza di lettura se il racconto inizia quando il fatto traumatico è già successo, è stato discusso in modo narratologicamente puntuale da Romano Luperini in Il trauma e il caso: appunti sulla tipologia della novella moderna in Italia, «Moderna» V, 1, 2003. Del resto, il romanzo di Țurcanu può essere considerato una novella, secondo i canoni, per la sua densità e brevità, per il suo essere incentrato su un avvenimento specifico – lo stupro – e perché vi si può intravedere un intento pedagogico.
[6] «Quando l argomento è uno solo, la frase italiana si bilancia con risultati più o meno variabili tra gli ordini S+V e V+S e quella romena trova addirittura una stabilità più sicura nell ordine V+S, cioè con il S in posizione postverbale». Shingo Suzuki, L ordine delle parole in italiano e romeno: ricerca della non marcatezza dal punto di vista pragmatico, «Usage Based Linguistic Informatics», 7, 2005, pp. 211-249, p.240, https://www.coelang.tufs.ac.jp/common/pdf/research_paper7/211.pdf
[7] Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Vera Nünning, Unreliable Narration and Trustworthiness: Intermedial and Interdisciplinary Perspectives, Berlin, Gruyter, 2015.