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«La rivolta dei demoni ballerini». Poesie di Antonio Catalfamo
Antonio Catalfamo è nato a Barcellona Pozzo di Gotto (provincia di Messina) nel 1962. È abilitato, tramite concorso nazionale, all’insegnamento come Professore Associato di Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea nelle Università. Ha insegnato Letteratura teatrale italiana all’Università di Messina (Corso di studi DAMS). Ha tenuto un corso di lezioni di Letteratura italiana per via telematica a beneficio degli studenti della Sichuan International Studies University (Cina). È coordinatore dell’«Osservatorio permanente sugli studi pavesiani nel mondo», organo interno della Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo (Cuneo), per conto del quale ha curato sinora ventun volumi di saggi internazionali di critica pavesiana, ai quali hanno collaborato docenti universitari e critici di chiara fama provenienti da tutti i continenti. Dirige la collana «Quaderni pavesiani» presso gli editori Guida di Napoli.
Nel 1991 ha conseguito il Premio «Bartolo Cattafi» per la sezione «Proposta» con la raccolta poetica Origini. Nel 1992 gli è stato assegnato il Terzo Premio «Mario Pannunzio» per la sezione «Giornalismo letterario» con un saggio dedicato alla scrittrice Liana De Luca. Ha ottenuto il Premio «Cesare Pavese» per la sezione inediti con i saggi «Davide Lajolo: una vita alla ricerca della libertà» (edizione 1995) e «Nuto Revelli: la guerra e la pace dei vinti» (edizione 1998), poi pubblicati. Nel 1995 gli è stato assegnato il Premio «Delos» per la sezione «Poesia dialettale». Nel 2000 gli è stato conferito il Primo Premio Assoluto «Goffredo Parise» per la sezione «Narrativa». È direttore del Centro Studi «Nino Pino Balotta» di Barcellona P.G. (Me). Ha pubblicato numerosi saggi di critica letteraria.
Sono uscite in precedenza in Italia otto sue raccolte di poesia: Il solco della vita (Cultura Duemila, Ragusa, 1989; con prefazione di Letterio Cassata); Origini (Bastogi, Foggia, 1991; con prefazione di Maria Grazia Lenisa); Passato e presente (Pendragon, Bologna, 1993; con prefazione di Roberto Roversi); L’eterno cammino (Pendragon, Bologna, 1995; con prefazione di Alfredo Antonaros); Diario pavesiano (Pendragon, Bologna, 1999; con prefazione di Paolo Ruffilli); Le gialle colline e il mare (Piero Manni, San Cesario di Lecce, 2004; con prefazione di Roberto Roversi); Frammenti di memoria (Nicola Teti, Milano, 2009; con prefazione di Jack Hirschman); Variazioni sulla rosa (Tabula fati, Chieti, 2014; con prefazione di Eleonora Cavallini). Nel 2017, presso le edizioni Sofia Cartonera della Facoltà di Filosofia e Scienze umane dell’Università Nazionale di Córdoba (Argentina), è uscita la raccolta di poesie Microcosmos, in edizione bilingue con traduzione a fronte in spagnolo di Silvia Cattoni e Sara Porta. Nel 2012, è stata pubblicata in Grecia l’antologia H ποίηση του Aντόνιο Κατάλφαμο, a cura e con un ampio saggio introduttivo di Anna Themou (Università Nazionale di Atene).
L’autore ha, inoltre, al suo attivo due volumi di racconti: Un filo di sangue (Sicilia Punto L, Ragusa, 1997; con prefazione di Antonio Piromalli); La casa delle rose (Fefè editore, Roma, 2018; con prefazione di Franco Ferrarotti).
L’ultima raccolta poetica di Antonio Catalfamo, che qui presentiamo, s’intitola La rivolta dei demoni ballerini (Pendragon, Bologna, 2021). Wafaa A. Raouf El Beih, docente di Letteratura italiana all’Università Helwan del Cairo, nella lunga prefazione, sottolinea il profondo legame del poeta e della sua opera con la terra di origine: l’area nord-orientale della Sicilia, che ha fatto parte della Magna Grecia, così detta perché, a un certo punto, i coloni greci che l’abitavano divennero più numerosi dei cittadini che popolavano la madrepatria. Opera, in Catalfamo, secondo l’illustre accademica, il principio della «biogeografia culturale». Il territorio non ha solo una dimensione geografica, ma anche una dimensione umana: in esso si sono stratificate tutte le civiltà che si sono succedute nei secoli, anzi nei millenni, con i valori e le culture di cui erano portatrici. Anche nel poeta, se si sente fortemente legato alla terra in cui è nato e vissuto, avviene questo processo di stratificazione. Si realizza, dunque, una «corrispondenza biunivoca» tra lo scrittore e il suo territorio di riferimento: egli riesce a percepire i messaggi che vengono da esso e a «decriptarli», a tradurli in poesia.
Così Antonio Catalfamo ha sentito dentro di sé la civiltà greca che sta alla base del suo essere e del suo mondo, ha ereditato la dimensione culturale del «mito», l’ha rielaborata in maniera originale nei suoi versi, continuando quel processo di progressivo rinnovamento ch’esso ha conosciuto nella cultura greca classica, in mille varianti. Ha dato nuovi connotati alla figura dei satiri, che hanno assunto le sembianze dei contadini del suo paese di origine, Bafìa, eredi di quei coloni greci che sbarcarono in Sicilia parecchi secoli prima. E qui va ricordato che Bafìa deriva dal greco «bafèus», che significa «tintore» di pelli. Gli antenati di Catalfamo erano, allora, pastori greci dediti all’allevamento del bestiame, alla concia delle pelli e all’agricoltura. Il poeta immagina che i braccianti del suo paese impersonino i satiri, figure «ipoctonie» che, come tutti gli esseri «inferini», hanno in sé una carica distruttiva e, nel contempo, costruttiva del mondo terreno: distruggono il «vecchio», nelle sue componenti negative, e costruiscono il «nuovo». I braccianti di Bafìa, guidati politicamente e sindacalmente dal nonno e dal padre del poeta, attraverso la Camera del Lavoro, hanno demolito la vecchia società semi-feudale, che esisteva ancora in quelle plaghe della Sicilia nell’immediato secondo dopoguerra, e costruito una nuova società di uomini liberi ed eguali. Il processo rivoluzionario, però, a un certo punto, ha esaurito la propria «spinta propulsiva» e le vecchie classi dirigenti hanno ripreso il potere.
Nel dramma satiresco Il ciclope, ambientato in Sicilia, Euripide rappresenta i satiri che si affrancano progressivamente da Polifemo e, alla fine, festeggiano la sua sconfitta assieme a Ulisse, che è riuscito ad accecarlo grazie alla forza del suo intelletto. L’istinto satiresco si unisce, dunque, alla ragione e all’intelligenza alacre del più saggio dei sovrani greci che hanno partecipato alla guerra e alla conquista di Troia. Anche nella poesia di Antonio Catalfamo assistiamo a questa unione tra forza istintiva e raziocinio: per sconfiggere le vecchie classi dominanti e il loro regime semi-feudale non basta la forza fisica dei pastori, occorrono anche l’organizzazione, assicurata dalla Camera del Lavoro, la formazione culturale e ideologica apportata dal ceto intellettuale, rappresentato in paese dal nonno e dal padre del poeta.
Maria Elena Gutiérrez, docente di Letteratura italiana alla New York University di Buffalo, in una nota apparsa alcuni anni fa su Il Ponte italo-americano, ha sottolineato la centralità che in quel paese dell’estremo Sud d’Italia di cui parla Antonio Catalfamo nelle sue poesie, ha assunto la Camera del Lavoro, in quanto nella sua sede non si disbrigano solo pratiche sindacali, ma si svolge anche attività culturale e di formazione dell’«uomo nuovo», animato da sentimenti di solidarietà, superando le componenti egoistiche che pure sono presenti nella società contadina e che, a un certo punto, come abbiamo già detto, sono riemerse, segnando un ritorno al passato e cancellando l’esperienza rivoluzionaria.
Maria Elena Gutiérrez e Wafaa A. Raouf El Beih hanno, inoltre, evidenziato come il mondo poetico di Antonio Catalfamo riproponga figure umane eccezionali che sono espressione del nuovo mondo reale che è scaturito dal processo rivoluzionario avviato grazie all’esperienza della Camera del Lavoro. Figure come Peppe Trelire, bidello della sede sindacale, plasmate dal clima innovativo che si è venuto a determinare, dominate dall’orgoglio, da una dimensione ieratica, che le porta a ribellarsi ai potenti e a non togliersi davanti ad essi il cappello in segno di sottomissione e riverenza servile. Queste figure assumono, nella poesia di Catalfamo, carattere epico.
Nei versi del Nostro è presente pure una componente erotica, anch’essa legata al mito greco classico, che è stata oggetto di analisi e di riflessione critica da parte di Wafaa A. Raouf El Beih nel corso di un’ampia e approfondita relazione tenuta alla Conferenza 2023, svoltasi a Montréal per iniziativa della Canadian Association for Italian Studies, di concerto con la locale Università. L’Eros viene concepito da Catalfamo come un momento fondamentale del processo conoscitivo umano, che, attraversando diversi gradi, sfocia, infine, nella scienza e nella poesia, a conferma del fatto che la poesia, per l’appunto, rappresenta il principio e, allo stesso tempo, il momento culminante delle grandi civiltà.
Paola Bianco
(n. 6, giugno 2023, anno XIII)
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