Trentuno conversazioni con Cioran

Da un po’ di anni, in Italia, assistiamo a un’interessante Cioran-renaissance. Numerose uscite editoriali sembrano rispecchiare un rinnovato interesse per le opere e la biografia dello scrittore di Rășinari. In realtà, la «scoperta» e il «lancio» di Cioran in Italia è avvenuto abbastanza tardi, all’inizio degli anni ’80, dopo alcune sporadiche iniziative precedenti. A partire da quel periodo, un promotore decisivo è stato il compianto professore di letteratura italiana Mario Andrea Rigoni (dell’Università di Padova), che è riuscito a «piazzare» Cioran nella prestigiosa casa editrice Adelphi. Del resto, Rigoni è stato anche il traduttore dei primi due volumi cioraniani pubblicati da Adelphi: Squartamento (1981) e Storia e utopia (1982). [1] Invece, il primo libro di Cioran tradotto direttamente dalla lingua romena, Pe culmile disperării/Al culmine della disperazione (trad. di Fulvio Del Fabbro e Cristina Fantechi), sarebbe uscito solo nel 1998, ed è – finora – l’unico dei cinque libri pubblicati da Cioran nella Romania interbellica a essere stato tradotto direttamente dal romeno in italiano.

Sia pure senza la collaborazione, diretta o indiretta, del professor Rigoni, la casa editrice milanese ha continuato a pubblicare, negli anni 2000, altri titoli cioraniani importanti, battendo perlopiù sentieri tracciati dalla francese Gallimard. Così, con i famosi Quaderni (2001) postumi e l’ultimo dei libri di Cioran, Aveux et anatèmes (Confessioni e anatemi, 2007), avrebbe completato la serie delle sue opere francesi maggiori; frattanto, nel 2004, usciva sul mercato italiano la raccolta di venti interviste Un apolide metafisico. Conversazioni (2004), tradotta, comme d’habitude, sull’edizione Gallimard (Entretiens, 1995). Da menzionare, a questo proposito, che il primo volume di interviste con Cioran è uscito in Romania, per i tipi di Humanitas (Convorbiri cu Cioran, 1993): vi erano raccolte sedici interviste, ovvero quelle pubblicate dalla Gallimard nel 1995, tranne le conversazioni con Duval, Gillet, Jakob e Liiceanu. (La seconda edizione, comprendente venti interviste, è stata pubblicata il 2004, nello stesso anno dell’edizione italiana).  
Soprattutto dopo l’anno del centenario dalla nascita di Cioran (2011), quando Adelphi ha pubblicato Il taccuino di Talamanca, l’iniziativa di pubblicare nuovi testi cioraniani è venuta da altre case editrici; editrici (più) piccole, le quali tuttavia hanno mostrato più curiosità per gli scritti cioraniani inediti o meno noti, a prescindere dal loro genere, contenuto o ampiezza. È così che sono usciti alcuni testi organici (ovvero autonomi, concepiti come ‘libri’, sia pure incompiuti o non limati) scritti in romeno negli anni ’40, come Despre Franța/Sulla Francia (2014), Îndreptar pătimaș/Breviario dei vinti (I, 2019; II, 2016) – pubblicati da Voland e Razne/Divagazioni (2016, Lindau). Inoltre, altri opuscoli e volumetti di piccole dimensioni, contenenti frammenti epistolari o interviste inedite, sono stati pubblicati a passo spedito dalle case editrici Mimesis e La Scuola di Pitagora; ricordiamo, in particolare, i carteggi con George Bălan (2017), Petre Țuțea (2019) e i fratelli Arșavir e Jeni Acterian (2021), curati da Antonio Di Gennaro per Mimesis.

Il recente rilancio di Cioran in Italia è avvenuto su più livelli: attraverso la pubblicazione di inediti come quelli poc’anzi menzionati, ai quali andrebbero aggiunti il libro-intervista con Gabriel Liiceanu Itinerari di una vita (Mimesis, 2018) e il carteggio Cioran-Eliade, Una segreta complicità. Lettere 1933-1983 (Adelphi, 2019); attraverso la ristampa costante dei titoli cioraniani ‘maggiori’ del catalogo Adelphi (alcuni, in edizioni tascabili); attraverso convegni scientifici (negli ultimi dieci anni, per esempio, simili iniziative si sono svolte presso istituzioni accademico-universitarie di Napoli, Roma e Trento); attraverso la moltiplicazione delle tesi di laurea, laurea magistrale e dottorato su Cioran (alcune di esse, pubblicate); infine, attraverso la pubblicazione di saggi importanti di esegesi e letteratura critica, apparsi – soprattutto negli anni 2015-2020 – presso la già menzionata casa editrice Mimesis, come anche presso le più giovani Orthotes (Napoli-Salerno), Criterion (Milano) – entrambe, con un accentuato profilo universitario – o Lemma Press (Bergamo), per limitarci agli esempi che ci paiono più significativi. [2]
Per quanto riguarda le interviste e le conversazioni con Cioran, fino al 2020 l’unica raccolta italiana era Un apolide metafisico, pubblicata da Adelphi nel 2004, giunta ormai alla quinta edizione. Quel volume, tradotto dal francese da Tea Turolla, comprendeva venti interviste apparse tra il 1970 e il 1992, delle quali solo otto erano state realizzate e pubblicate in francese, mentre le altre dodici erano traduzioni da altre lingue in cui si erano svolte le conversazioni con Cioran. Più precisamente, in otto casi si trattava della lingua tedesca e, in un caso, della lingua romena; le altre tre interviste erano state pubblicate inizialmente in spagnolo, e non si esclude – benché Cioran conoscesse bene la lingua spagnola – che fossero a loro volta tradotte da testi originali francesi non reperiti al momento della composizione del volume di Entretiens.




La seconda raccolta italiana di interviste con Emil Cioran – Ultimatum all’esistenza. Conversazioni e interviste (1949-1994), a cura di A. Di Gennaro, Napoli, La Scuola di Pitagora, 2020 – è notevole da più punti di vista.
È un libro che si presenta in una bella veste grafica, di gradevole lettura. Esso comprende trentuno interviste integrali cronologicamente ordinate, cui si aggiungono un frammento inedito di intervista e delle lettere di Cioran a quattro degli interlocutori (Leonhard Reinisch, Ben Amí Fihman, Alina Diaconu e Ion Deaconescu). Una nota finale precisa la fonte dei testi, ma non la lingua originale delle interviste, questione che attende ancora un chiarimento puntuale per varie conversazioni pubblicate precedentemente in tedesco, spagnolo, neerlandese, italiano ecc.
A differenza di altri volumi curati da Antonio Di Gennaro di nostra conoscenza, questo non comprende introduzioni, postfazioni, note esplicative o altri apparati critici; le poche note a piè di pagina indicano solo il nome dei traduttori della singola intervista e le opere di Cioran che vi sono menzionate. Pertanto, è un libro molto «zen», offrendo al lettore l’opportunità di entrare in contatto diretto col testo, senza altre guide ausiliarie. Da tale punto di vista (formale), questa seconda raccolta italiana di interviste è imparentata con quella pubblicata nel 2004 da Adelphi; quantitativamente, però, la supera di molto, non solo come numero di interviste, poiché 480 pagine formato15,5×21 cm (La Scuola di Pitagora), rispetto alle 362 pagini formato 10,5×17,5 cm (Adelphi), vuol dire, di fatto, un contenuto due volte più sostanzioso.
Delle interviste raccolte ora per la prima volta all’interno di un volume, solo otto erano state pubblicate precedentemente in Italia. [3] Ecco perché, l’effetto d’insieme prodotto dall’Ultimatum all’esistenza è quello di una novità rilevante e consistente. Ventitré conversazioni, ovvero circa tre quarti del totale, sono inedite in italiano. Inoltre, vi è un frammento inedito dell’intervista di Cioran con J.-F. Duval, pubblicata – non integralmente – nelle Entretiens, rispettivamente in Un apolide metafisico. [4] Un frammento che ha, dunque, il valore di un’utile integrazione documentaria, tanto più che consente al lettore di conoscere alcune delle opinioni «politiche» di Cioran – sul fenomeno migratorio, sulla decadenza e l’indebolimento dell’Occidente (ma non dell’Europa orientale), sulle riserve energetiche dei popoli islamici, sul fascino esercitato dall’argomento Hitler, ecc. –, spesso sottoposte, prima della pubblicazione in un libro, a interventi di (auto)cosmesi biografica. Occorre precisare che non tutte queste misure preventive hanno funzionato; ma alcune di esse hanno avuto un certo successo, contribuendo al rafforzamento del «mito» Cioran, che include anche l’auto-dichiarata ostilità nei confronti delle interviste. Come spiegarci, allora, le cinquantuno interviste? (Tale è la somma a cui giungiamo mettendo in fila le conversazioni pubblicate nelle due raccolte, del 2004 e del 2020, considerando che il testo di una stessa intervista, con Duval, è «spalmato» tra i due volumi, e che nella raccolta del 2020 Alina Diaconu è presente con due interviste).

Mentiva forse Cioran nel 1979 quando, per esempio, all’inizio della conversazione con Lea Vergine, le dichiarava: «Non ho mai rilasciato interviste in Francia e non sono mai andato in televisione, perché non mi importa di essere riconosciuto da tutti»? Nella stessa intervista, ammetteva di aver iniziato a fare «qualche concessione» in tal senso. In linea generale, Cioran aveva ragione. Fino al 1979 aveva concesso quattro delle interviste incluse in Entretiens, ma quella con F. Bondy era uscita in un volume austriaco, quella con Savater era stata pubblicata in Spagna, quella con Helga Perz in un giornale tedesco, e la conversazione con Duval, benché in lingua francese e rimasta inedita fino all’anno della morte di Cioran, era destinata al pubblico svizzero. (Duval stesso è un giornalista e scrittore elvetico). Sfogliando la recente raccolta napoletana, si nota il grande «vuoto», di oltre vent’anni, tra la seconda intervista (1950) e la terza intervista (1973). Le prime due conversazioni, del dicembre 1949 e del dicembre 1950, ci sembrano particolarmente preziose: non solo perché sono le prime interviste (note) del periodo parigino di Cioran – furono occasionate dall’uscita del suo primo libro in francese –, ma anche perché sono interviste radiofoniche (per emittenti pubbliche francesi), condotte con professionalità e empatia da Jean Lessay e, rispettivamente, da Jean Amrouche. Il 19 febbraio 1973, Cioran rilasciò però anche un’intervista televisiva – l’unica di questa raccolta –, registrata a Parigi da Christian Bussy, per un canale belga che la mandò in onda qualche mese dopo. [5] L’intervista successiva, con Leonhard Reinisch, è stata invece radiofonica, registrata a Parigi nell’autunno del 1974, in tedesco, e mandata in onda il 10 agosto dall’emittente pubblica Bayerischer Rundfunk di Monaco. [6] Infine, l’ultima conversazione prima di quella con Duval, già menzionata, è con Ben Amí Fihman, del dicembre 1978, ma destinata a una rivista di cultura in lingua spagnola di Bogotá.
Pertanto, tutto sommato, nel 1979 Cioran aveva detto il vero: dopo i due interventi radiofonici iniziali, non aveva più rilasciato interviste in (cioè: per la) Francia, e l’unica intervista filmata era destinata al Belgio.
Ora, nel nostro «villaggio globale» e iperconnesso, questi distinguo ci possono sembrare ingenui, se non ilari. In realtà, per Cioran erano iscritti in una logica personale sui generis, che rispecchiava il suo rapporto ambivalente con la realtà culturale francese.
A ogni modo, in seguito, Cioran sarebbe diventato molto più incline a concedere interviste. Lo dimostra la loro crescita esponenziale, negli ultimi quindici anni di vita, che riflettono la sua fama di «caso» letterario e umano. Così, in Entretiens/L’apolide metafisico le interviste degli anni Settanta sono appena quattro, contro le dieci degli anni Ottanta e le sei del periodo 1990-1994. In Ultimatum all’esistenza,le interviste degli anni Settanta sono cinque, quelle degli anni Ottanta arrivano a sedici, e quelle degli ultimi cinque anni di vita sono otto. Pertanto, le più numerose – circa due terzi del totale – sono quelle degli ultimi quindici anni di vita.

Per coloro che conoscono già l’opera cioraniana, le interviste con Cioran non portano con sé grandi «novità». Nonostante ciò, la loro lettura, sia come insieme, sia singolarmente, può rivelare dettagli sconosciuti o precedentemente trascurati. Esse ci aiutano a cogliere con più chiarezza, anche nelle evocazioni aneddotiche – più naturali nelle conversazioni dal vivo che non nel testo scritto –, gli argomenti di riflessione, i leitmotiv e le tendenze personali dello scrittore transilvano.
Per questo, va salutata questa ammirevole realizzazione editoriale, frutto di un lavoro di équipe, coordinata dall’infaticabile Antonio Di Gennario e composta di traduttori da più lingue (francese, tedesco, olandese, romeno e spagnolo). [7] Come i carteggi, forse più di essi, le conversazioni di Cioran sono uno strumento prezioso di accesso all’«officina» del pensiero vivente e di approfondimento di un’opera straordinaria.
C’è da augurarsi che simili iniziative vengano seguite anche in altri spazi culturali, ivi incluso – e forse innanzitutto – quello romeno.




Horia Corneliu Cicortaș
(n. 2, febbraio 2022, anno XII)


* Per un orientamento sulle pubblicazioni di e su Cioran in Italia, segnaliamo la rubrica Spazio Cioran della nostra rivista.


NOTE

[1] Successivamente, dal 1984 al 1995 (periodo in cui Adelphi ha pubblicato altri sette titoli), i traduttori sarebbero stati altri, tutti dal francese, anche nel caso dell’unica opera romena, Lacrimi și sfinți, che è stata tradotta sull’edizione francese «rimaneggiata» dallo stesso Cioran e curata da Sanda Stolojan. Nel 1996, Rigoni è tornato come traduttore, accanto a Tea Turolla (che aveva tradotto già La chute dans le temps e avrebbe in seguito tradotto i Cahiers), del libro con Cioran ha esordito in Franca, Précis de décomposition­/Sommario di decomposizione. Per l’amicizia con Cioran, si veda l’intervista rilasciata da Rigoni (nel 2012) ad Afrodita Cionchin.
[2] Oltre agli atti dei convegni ricordati e alla biografia di Bernd Mattheus, Cioran. Ritratto di uno scettico estremo (Lemma Press, Bergamo 2019), menzioniamo anche la monografia di Paolo Vanini Cioran e l’utopia. Prospettive del grottesco (Mimesis, 2018), i volumi di Marta Petreu Il passato scabroso di Cioran (Orthotes, 2015) e Sulle malattie dei filosofi: Cioran (Criterion, 2019), nonché il saggio di Ion Vartic, Cioran ingenuo e sentimentale (Criterion, 2020).
[3] Più precisamente, sei erano state tradotte e pubblicate direttamente come opuscoletti o volumi tascabili, oppure all’interno di volumi (è il caso dei colloqui con Christian Bussy, Leonhard Reinisch, Rossend  Arqués, Verena von der Heyden-Rynsch, Philippe D. Dracodaïdis, Fernando Savater); le altre due, con Benedetta Craveri e Ann Van Sevenant, erano uscite nel quotidiano  «la Repubblica» (1988), rispettivamente nella rivista «Tempo presente» (1992).
[4] L’intervista con Duval (del 1979) non è l’unica a essere stata «tagliata» in Entretiens/Un apolide metafisico: secondo la Nota ai testi del volume Adelphi, una parte della conversazione con la critica d’arte Lea Vergine, uscita dapprima nella rivista «Vogue Italia» nel 1984, è stata «esclusa per esplicita volontà di Cioran (e di conseguenza assente anche dal volume di Entretiens)», e il frammento escluso è stato pubblicato nel giornale «il manifesto», il 16 gennaio 1997. Aggiungiamo che, nel 1990, la stessa Lea Vergine aveva pubblicato una versione abbreviata della conversazione con Cioran nel suo libro di interviste a varie personalità culturali, intitolato Gli ultimi eccentrici (Rizzoli).
[5] Una prima edizione italiana di questa conversazione, tradotta dal francese da Massimo Carloni, è uscita nel 2014 come volumetto autonomo presso la stessa editrice La Scuola di Pitagora. Esistono anche altri tre piccoli libri di interviste (editi da Mimesis e tuttora in commercio) con Cioran, le quali interviste non sono state incluse in Ultimatum all’esistenza: si tratta dei colloqui con Jason Weiss, L’intellettuale senza patria (2014) e Paul Assal, La speranza è più della vita (2015), e del volume Al di là della filosofia. Conversazioni su Benjamin Fondane (2014).
[6] Il volume di cui ci occupiamo qui contiene una quarta intervista radiofonica, con Georges Walter, del marzo 1991, trasmessa dalla mittente France Culture.