Le malattie del filosofo Cioran

Da almeno una decina di anni, si assiste in Italia a un fiorire di pubblicazioni di e su Cioran, segno di un rinnovato interesse per il pensiero, le opere e la biografia di questo pensatore sui generis. Il saggio di Marta Petreu, Sulle malattie dei filosofi: Cioran (traduzione e cura di Mattia Luigi Pozzi e Giovanni Rotiroti, introduzione di M.L. Pozzi, postfazione di G. Rotiroti, Criterion Editrice, Milano 2019, pp. 176) viene a collocarsi come nuovo, importante tassello in questo mosaico editoriale. Uscito verso la fine dell’anno scorso, il libro, di bella veste grafica, inaugura la collana «Studi di cultura romena» della giovane casa editrice milanese. Opere di altri autori romeni erano state pubblicate in precedenza, in edizione con testo a fronte, nelle due collane letterarie di Criterion – «Erbaluce» (dedicata alla poesia) e «Classici dell’Avanguardia».

Marta Petreu (n. 1955), poetessa, romanziera, saggista, direttrice del mensile «Apostrof» (dal 1990) e docente di storia della filosofia presso l’Università di Cluj (dal 1992), è una personalità di spicco nel panorama culturale romeno di oggi. Diversi sono i suoi libri finora usciti in Italia, sia sul versante della produzione poetica (L’Apocalisse seconda Marta. Poesie 1984-2014, Joker, Novi Ligure 2016), sia su quello della saggistica: Il passato scabroso di Cioran (2015) e Dall’Olocausto al Gulag. Studi di cultura romena (2016) – entrambi stampati da Ortothes (Napoli-Salerno). In Romania, le opere della Petreu sono attualmente edite in una collana d’autore presso la casa editrice Polirom di Iași, una delle più importanti del Paese. Il saggio pubblicato da Criterion ha come riferimento la terza edizione romena, riveduta e aggiornata (Polirom, 2017), il cui titolo originale è Despre bolile filosofilor. Cioran.

È già il titolo di questo saggio a indicare non soltanto il tema della trattazione – Cioran e le (sue) malattie –, ma anche la prospettiva in cui è affrontato: infatti, il titolo fa pensare a una serie dedicata alle malattie di (più) filosofi, il primo dei quali, intanto, è l’aforista. La domanda che sorge spontaneamente è se l’autrice avesse potuto dare a questo libro un titolo diverso, per esempio Sulle malattie degli scrittori. Domanda non peregrina, dacché il carattere ‘filosofico’ dell’opera di Cioran è contestato da chi, invece, preferisce affibbiargli altre etichette un po’ meno problematiche, quali ad esempio ‘moralista’, ‘aforista’ o semplicemente ‘scrittore’. La studiosa romena preferisce, invece, considerare serenamente Cioran un filosofo, con la precisazione che la sua filosofia non va intesa nella sua accezione tecnica e accademica (o comunque sistematica); accezione che lo stesso Cioran ha sempre rifiutato in riferimento al proprio pensiero. Un pensiero radicalmente soggettivo, ascrivibile tutt’al più alla figura del Privatdenker, del pensatore, per l’appunto, ʽprivato’, che nell’esercizio della riflessione è interessato e rivolto unicamente a se stesso, senza alcun intento costruttivo, organizzativo o normativo. Ciò spiega anche la forma scelta dall’autore di Rășinari per il suo scrivere: quella frammentaria («sono nato per il frammento», dirà in un’intervista), che meglio si confà alla propria, anarcoide visione sul nostro essere nel mondo.

Solo in questa particolare accezione del carattere filosofico dell’opera cioraniana – la quale, va da sé, è imprescindibile dalla materia ‘autobiografica’ che la innerva e con cui tende ad amalgamarsi in una vigile alchimia stilistica – si comprenderà appieno l’invito dell’autrice, di seguirla in questo tour virtuale tra le malattie vissute e i mali pensati da Cioran. L’approccio della Petreu, pur basandosi su una documentazione solida e una profonda familiarità con l’universo cioraniano, non è analiticamente freddo bensì empatico e dialogante, «sempre partecipe sebbene mai condiscendente», come osserva anche Mattia Luigi Pozzi nella sua breve ma efficace Introduzione. E anche certi toni ‘didattici’, percepibili in altri saggi della (professoressa) Petreu, fortunatamente sono assenti qui.

Il libro si articola in ventuno brevi capitoli, undici dei quali sono dedicati al tema della malattia, sei alla mistica, tre comuni ai due temi, mentre l’ultimo, mirabile testo, intitolato Acquarello, riassume la materia del libro fornendo un originale profilo del suo ‘protagonista’. A un lettore profano la presenza della mistica accanto alla malattia potrebbe sembrare off topic. Ma è un legame organico nell’autore di Lacrime e santi, e il merito della Petreu è quello di illustrarlo, mettendo il evidenza l’articolazione del pensiero (metafisico e pseudo-teologico) cioraniano attorno a un dualismo drammatico i cui poli sono l’io (o l’individuazione) e l’Assoluto (o l’indistinto): un baratro percepito soprattutto nella malattia e nella paura, colmabile (forse) attraverso la mistica. Per Cioran, la mistica è diversa e autonoma dalla fede, è quell’«avventura dell’io nell’assoluto, l’itinerario dell’anima sballottata fra la conoscenza e il piacere», che consente di riscattare la vita, ossia l’«inconveniente di essere nati».

In questo libro, la studiosa di Cluj ci conduce con mano sicura in un territorio in cui scopriamo le malattie (reali o presunte) di Cioran, il Cioran ‘esegeta’ della malattia, il Cioran-malato ma anche il Cioran-medico (auto-terapeuta ma anche terapista solerte che consiglia ad altri rimedi naturali, tisane o cure omeopatiche da lui seguite); e anche il Cioran mistico (mancato), figlio dell’insonnia e dei vari reumatismi patiti fin dalla giovinezza. A quest’ultimo aspetto si riallaccia, nella sua postfazione dal taglio psicanalitico (Cioran. Tra il bisogno di credere e il desiderio di sapere), anche Giovanni Rotiroti; interessante, tra l’altro, rispetto alle figure genitoriali della madre e del padre, la funzione sostitutiva assunta dagli autori preferiti del giovane Cioran (da Pascal e Schopenhauer fino a Heidegger e Jaspers), ovvero quei «padri cartacei» di cui Rotiroti ha scritto anche altrove.

Sapientemente curato da Pozzi e Rotiroti, il libro di Marta Petreu ha il merito di illuminare, con un discorso rigoroso ma scorrevole e di piacevole lettura, il percorso di un uomo che ha magistralmente convertito i mali fisici e le varie ossessioni e paure, cioè i propri vissuti affettivi, in «frammenti duri come il diamante». E sono questi diamanti il lascito ‘filosofico’ di Cioran.







Horia Corneliu Cicortaș
(n. 12, dicembre 2020, anno X)