«Il cuore innumerevole / Le Coeur innombrable». La poesia di Anna de Noailles

All'inizio del XX secolo, la raccolta poetica Le Cœur innombrable (Calmann-Lévy, Parigi, 1901) imponeva «nell’empireo dei grandi letterati di Francia» un’esotica contessa di nemmeno venticinque anni, Anna de Noailles, già nota all'élite culturale parigina per i suoi versi pubblicati fin dal 1898 nelle prestigiose riviste Revue des Deux Mondes e Revue de Paris. La giovane autrice, nata a Parigi, il 15 novembre 1876, discendeva da una illustre famiglia cosmopolita: il padre, Grigore Bibescu Brâncoveanu proveniva dalla stirpa valacca dei Brâncoveanu (Brancovan), mentre la madre, Rachel Musurus (Ralouka Mousouros), virtuosa del piano, discendeva da una stirpe di umanisti greco-ottomani (il padre, fanariota, era stato ambasciatore della Sublime Porta e in tarda età aveva tradotto la Divina Commedia di Dante in greco). Cresciuta a Parigi, insieme ai suoi due fratelli, Mihai Constantin e Caterina Elena, Anna Elisaveta Bibescu Basarab Brâncoveanu ricevette un’istruzione improntata allo studio della storia, delle lingue, della musica e della letteratura, soprattutto della poesia francese, di cui i Brancovan erano grandi stimatori. In effetti, sin dalla loro più tenera età tutti e tre i figli della famiglia erano ammessi ai simposi a cui i coniugi Brancovan invitano personalità di spicco del mondo politico e culturale. Destino volle che pochi anni più tardi, la giovane, timida e sensibile Anna entrasse a pieno titolo nei circoli dell’alta aristocrazia francese grazie al matrimonio con il rampollo di una delle famiglie nobiliari più illustri di Francia, il conte Mathieu-Fernand-Frédéric-Pascal de Noailles. Successivamente questa «acquisita francité» sarebbe stata manifestata con orgoglio da Anna a giudicare dalla firma apposta sulle copertine dei suoi libri: «Comtesse Mathieu de Noailles».
Il volumetto menzionato, dedicato «ai paesaggi dell’Ile de France, limpidi e ardenti», sorprese subito «per l’accento spontaneo e appassionato», per «l’invenzione verbale inestinguibile e la liquida armonia delle combinazioni sonore». Articolato in sei parti di consistenza decrescente, ognuna introdotta da un motto che lascia intuire al contenuto, la raccolta lirica d’esordio della Noailles raggruppa cinquantanove poemi, elaborati nell’arco di sette anni. I temi delle liriche riflettono «la geografia emozionale» della poetessa e celebrano le meraviglie della natura e del creato in senso lato: albe, tramonti, stagioni, acque, fiori con i loro profumi, uccelli e insetti, gli ultimi designati con un’impressionante «esattezza nomenclatoria». L’universo cantato della Noailles appare in continuo movimento ed è pervaso da «un frenetico élan vital» che stupisce il lettore per il miscuglio di colori, suoni, profumi ed emozioni. Ma non solo. Nel volume si fanno strada anche poemi che trattano temi quali l’amore o la morte e che sottolineano ancora una volta le caratteristiche dell’estro poetico della Noailles e del suo cuore in perenne fibrillazione. Colpiscono inoltre l’interesse per il mondo e i miti della letteratura classica e l’attenzione rivolta ai ceti meno fortunati della società.
La versione italiana della raccolta noailliana d’esordio (con testo originale a fronte), Il cuore innumerevole, curata e magistralmente tradotta da Marzia Minutelli, per i tipi di Passigli Editore, 2023, è preceduta da un saggio introduttivo (p. 7-19), corredato di note (pp. 19-24), seguito da un ricco studio storico-bio-bibliografico dal titolo L’onore di soffrire: la vita e l’opera di Anna de Noailles (pp. 25-57), corredato anch’esso di note (pp.57-64). Chiudono il volume due sezioni che comprendono note alle poesie (pp. 237-239) e una notizia sul testo (pp. 239-248). Nel saggio introduttivo la studiosa, curatrice e traduttrice del volume ritiene doveroso soffermarsi sulla scelta traduttiva del titolo. Dopo aver scartato «l’arcaico e letterario innumere» ritenuto «troppo polveroso», in dubbio «se restituire l’attributo innombrable con il più aulico e blasonato – dantesco, petrarchesco, ariostesco, tassiano, leopardiano – innumerabile che recupera per via dotta il suffisso aggettivale latino -abilis, o con innumerevole che del medesimo suffisso documenta lo sviluppo popolare», la traduttrice opta per la seconda soluzione proprio per «il carattere meno sostenuto di innumerevole», scelta già operata all’epoca dall’amico della contessa, Gabriele D’Annunzio, il quale, nella sua vasta produzione lirica, accanto alle varianti innumerabile o innumerevoli, adopera anche il sintagma noailliano: «Il dio celebreremo noi, per cuore / Innumerevole avido di eterna / Vita».
Sfogliando le pagine della raccolta, appare evidente un aspetto di tipo formale: nonostante la ricchezza di temi e contenuti, la Noailles rimane fedele a una versificazione tradizionale, evitando «qualsivoglia tentazione avanguardistica». Tale scelta stilistica trae ispirazione dalla lirica di Victor Hugo, suo maestro spirituale, di cui un distico tratto dagli Chants du crépuscule serve da motto alla raccolta: «Murmurer ici-bas quelques commencement / Des choses infinies …» / «Mormorare quaggiù un inizio appena / Delle cose infinite…». Tuttavia, pur non aderendo totalmente ai dettami della poesia tradizionale e alla sua ben nota e rigorosa metrica, la lirica della Noailles riflette una palese propensione per la maniera tradizionale della verseggiatura, con i suoi peculiari «temi, cadenze, modalità retoriche». Marzia Minutelli cerca di rimanere quanto più fedele a tale caratteristica del testo di partenza e propone per l’alessandrino, maggioritario nei poemi noailliani, un corrispettivo della poesia italiana ovvero il doppio settenario o martelliano, mentre per l’hexasyllabe e l’octosyllabe, che all’interno del volume si alternano all’alessandrino, la traduttrice ricorre al settenario e al novenario. Le differenze strutturali tra le due lingue, francese e italiano, la frequente dissimmetria relativa al genere dei nomi nei due sistemi linguistici, nonché le difficoltà nell’adeguare i sistemi ritmici hanno senz’altro influenzato e determinato le scelte traduttive della Minutelli, la quale si è vista costretta a «surrogare sovente alle rime assonanze, consonanze e paronomasie e a operare qualche violenza nella riarticolazione dei periodi», modificando l’ordo naturalis dei vocaboli oppure l’ordo verborum, proponendo spesso «una spolveratura – leggera, per evitare effetti caricaturali – di colore temporale liberty”. Indicativa in tal senso una quartina del poema A soi-même / A se stessa: i versi noailliani «Devant la nuit tranquille et la bonté du jour, / Ces hommes ont le coeur plein de crainte et de haine / Et vous êtes enclin aux oeuvres de l’amour / Qui répand sa rosée et ne sait pas la peine» sono resi in italiano con «Solo hanno il cuore gli uomini lo spavento e il rancore / Davanti a un giorno chiaro e a una notte di luna / Voi siete incline invece alle opere d’amore / Che i suoi balsami spande e ignora la sua pena». Nell’intento di riprodurre le rime francesi jour / amourhaine / peine, la Minutelli modifica l’ordine dei vocaboli riuscendo a emulare il modello francese con le rime rancore / amore e luna / pena. Un altro esempio di modifica dell’ordo verborum si segnala nella traduzione di Les Saisons e l’Amour / Le Stagioni e l’amore: i versi della quartina finale «Ô reves des saisons heureuse / Temps où la lune et le soleil / Écument en rayons vermeils / Au bord des âmes amoureuses…» sono resi in italiano con «O sogni di tempi felici, / Quando la luna e il sole lambono / Le anime di quelli che si amano / schiumando in raggi vermigli…». Anche in questo caso, per ragioni di metrica e di rima la traduttrice sceglie di ricorrere alla modifica dell’ordo verborum nella trasposizione in italiano del distico finale, mantenendo tuttavia inalterato il significato del testo di partenza.
Pur consapevole della complessità dell’impresa traduttiva di un testo in versi, per sua natura e definizione (stando a quanto sostenuto da Jakobson) intraducibile, Marzia Minutelli si avvicina alla traduzione delle liriche noailliane con sicurezza e coraggio, svelando il proprio estro creativo e la propria sensibilità, nonché innegabili capacità traduttive e un’incontestabile erudizione. Uno dei poeti che si fanno riconoscere subito nella versione italiana è, ad esempio, Montale, con quel «pallida e assorta» che rende in italiano il costrutto «grave et pâle» con cui è descritta la ninfa Bitto nel poemetto eponimo.
Grazie a un consistente apparato critico e storico-biografico che accompagna la traduzione italiana del volume d’esordio della «divina contessa» (per citare D’Annunzio), il pubblico italiano/italofono ha l’opportunità di conoscere un personaggio affascinante, une femme de lettres e femme du monde che ha goduto di notevoli riconoscimenti nello spazio culturale francese: oltre alle numerose onorificenze ricevute, Anna de Noailles ha frequentato ed è stata amica dei maggiori esponenti della vita culturale e letteraria francese tra cui Proust, con cui ha mantenuto un intenso carteggio raccolto per altro in volume in epoca moderna, oppure l’estroso Jean Cocteau che le ha persino dedicato un famoso disegno-ritratto (reperibile in rete a questo link http://www.marcelproust.it/gallery/noailles/noailles6.htm ). Purtroppo, la contessa di Noailles non ha goduto degli stessi riconoscimenti in Italia o in Romania. Sebbene fosse amica di D’Annunzio, la «divina contessa» non ha riscosso lo stesso successo nella vicina Italia. A tal proposito, la Minutelli formula una possibile e parziale spiegazione fondata su «un pregiudizio culturale sessista» che caratterizzava «una nazione culturalmente attardata e provinciale come l’Italia fino a tutti gli anni Cinquanta» del secolo scorso. Nello spazio romeno invece i pareri sulla figura e sulla produzione letteraria della Noailles, «figlia dell’Oriente» come amava definirsi insistendo sulle sue origini greche («Je suis Greque, ma patrie est la Grèce»), sono piuttosto divergenti. Alcuni ne apprezzano le dotti letterarie: è il caso della cugina Elena Văcărescu che vede nella Noailles «una messaggera dell’Oriente» la cui «la forza verbale» e «uso sorprendente e impeccabile delle parole non sono stati eguagliati che da Victor Hugo nello scritto» (Elena Văcărescu, Memorial în mod minor, traducere de Anca-Maria Christodorescu, prefață de I. Bulei, București, Compania, București, 2001, p. 121). A sua volta, Zoe Dumitrescu Bușulenga ricorda il nome della Noailles (di cui sottolinea «il temperamento di rara qualità») insieme a quello di Elena Văcărescu e Martha Bibescu («la triade della presenza femminile romena nel contesto della cultura francese ed europea») ritenendo che siano «i nomi la cui risonanza ha intrecciato valori romeni e francesi nella poesia e nella vita letteraria europea, dall'ultimo decennio del XIX secolo fino alla metà del XX secolo» (Elena Văcărescu, Ana de Noailles, Versuri, în românește de Demostene Botez și Lazăr Iliescu, cuvânt înainte de Zoe Dumitrescu Bușulenga, București, Editura Albatros,1971, p. 5). Altri invece la ironizzano e le contestano soprattutto il disprezzo e il disconoscimento delle origini: è il caso, ad esempio, di Octavian Goga che le dedica una famosa poesia, in risposta ad una lettera della contessa redatta in francese in cui dichiarava di non conoscere minimamente la Romania, paese che aveva attraversato solo una volta durante un viaggio verso Costantinopoli (la poesia è reperibile in rete a questo link). Altri ancora cercano di mitigare gli animi e le posizioni critiche. Uno tra questi è lo storico Nicolae Iorga, colui che aveva proposto la nomina della Noailles a membro onorario dell’Accademia Romena. Nell’elogio funebre pubblicato su Neamul românesc e riportato da Mihai Dim. Sturdza nel volume dedicato agli aristocratici romeni amici di Proust (Mihai Dim. Sturdza, Aristocrați români în lumea lui Proust. Anton Bibescu, Martha Bibescu, Anna de Noailles, Elena Bibescu, București, Humanitas, 2016, p. 170), Iorga scriveva (trad.n): «Per alcune parole dette in un momento di capriccio, strappate dal suo idealismo e da quel ricordo dell’Ellade che risiede nell’animo di ogni ammiratore della bellezza, contro di lei […] si è scagliata l'accusa di aver rinnegato la propria nazione. Io, che ho proposto e sono riuscito a far sì che l'Accademia Romena la annoverasse tra i suoi membri onorari, credo fermamente che tra chi canta mediocremente in romeno ispirandosi a influenze completamente estranee e chi porta con genialità le armonie misteriose della nostra anima in una delle più grandi letterature del mondo, è preferibile con ammirazione quest'ultima».
Nella speranza che le righe precedenti possano aver in qualche maniera incuriosito i lettori italiani e/o italofoni, si propongono in chiusura di questa succinta segnalazione del volume di Anna de Noailles, Il cuore innumerevole, nell’intensa trasposizione italiana di Marzia Minutelli, sei componimenti, tratti ciascuno da una diversa sezione del volume. Si spera che la scelta operata, dettata da un gusto del tutto personale, possa costituire un ulteriore invito alla lettura del volume e al recupero della lirica noailliana che merita sicuramente di essere conosciuta e rivalutata, sia in Italia che in Romania.

Harieta Topoliceanu


***

La città natale

Felice chi a casa sua, nella sua città,
Fin dall’aurora fulgida e gaia della vita
Sempre in un luogo vede le stagioni tornare
E serate quiete seguire la mattina.

Innocenti e fedeli come due bei piccioni
La luna e il sole vegliano sopra la sua dimora
E simile a un roseto carico di bottoni
La sua vita fiorisce ai raggi di ogni ora.

Annodando tra loro i getti del destino,
L’irta ramaglia mischia al virgulto recente
E il suo cuore ordinato è come il suo giardino
Pieno di fiori nuovi sulle annose cortecce

Felice chi si appaga dell’ombra e dell’amore
Di un quartiere operoso sulle floride chine
E nell’innumerevole trama dei giorni può
Dissetare il suo sogno alle acque cittadine…

(I, p. 107)

 

L’amore

Amore, che fluttui dall’alba
Del tempo su mari e su terre,
Tu che, nello stagno e sull’albero,
Fai muovere i peschi e gli uccelli,

Tu che nella selva fremente
Turbi i succhi sotto la scorza
E unisci, nelle ore violente,
L’arrendevolezza e la forza,

Al di là del bene e del male
Guidi i fosforescenti cuori,
Amore dal guardo animale,
Di anime e sangue signore…

(II, p. 157)

 

Gli animali

Dèi guardiani dei greggi che impugnate le verghe
Rendeteci l’antica purezza delle bestie;

Perché possiamo apprendere la pazienza dei mali,
Dateci la dolcezza dei frugali animali.

– Fate che ci appartenga nel dolore furioso
Dei cigni il taciturno distacco disdegnoso;

Dateci per patire l’azzardo delle sorte
La placida e distratta indolenza del bove;

Fate che il nostro cuore dove l’infanzia smuore
Dell’asino possieda la gaiezza e il candore;

Dateci per ostare ai falsi giuramenti
La diffidenza accorta e pronta degli uccelli;

Fate che ci appartenga per riempire le veglie
L’alacrità gioiosa e saggia delle pecchie;

Dateci per smorzare desiderî e appetiti
L’impassibilità assoluta dei gufi,

E, nei giorni crudeli in cui il senno vaneggia,
La fissità dei pesci sull’onda che mareggia;

Fate che il sentimento misterioso ci tocchi
Dell’infinito accolto in fondo ai loro occhi.

– Liberateci i corpi, miseri come sono,
Dall’anima gloriosa e dannata dell’uomo!...

(III, p. 195)

 

Canzone del tempo opportuno

Il Tempo, dai suoi flauti, cava limpidi accordi,
Mettetevi a ballare al sole, anime e corpi;

Per strade polverose e nella macchia spessa
Date fondo ai piaceri, è l’unica saggezza;

Prendetevi, lasciatevi, inseguitevi a turno,
Nulla c’è di reale tranne l’amore e il sogno.

Sulla povera terra gravata da tanta ombra
Garantitevi un poco di giustizia e di gioia;

Del sapere tenete quanto è felicità;
Si è profondi abbastanza per quando si morrà.

Vivete; fate vostri amore, brame e ira,
Sventurati viventi, c’è soltanto la vita.

(IV, p. 213)

 

I miserabili

Come rientra placido nella stalla un armento,
Povera gente, andata alla tranquilla morte,
Lei sola vi sarà benevola e clemente,
Generosa accordandovi, senza pena né sforzo,
Il riposo, il diletto, la casa e il nutrimento.

Fiaccati dal calore e dal freddo straziati,
Passate, schiera muta dai volti sbigottiti,
Sapendo che per voi al mondo non c’è spazio
E che del godimento di ogni vostro diritto
Vi si farà garante la morte avventurata.

Voi, cui la chiarità non venne mai offerta
Di intricate città nel torbido fermento,
Sarete finalmente nella campagna aperta,
Nell’ozio delle braccia, e dell’estate il vento
L’odore esalerà su voi di frutta acerba.

Gente che camminate tra cuori indifferenti,
Vestita di stupore, di umiltà e di miseria,
Vi innalzerà la morte al rango preminente
E vi porterà i semi la gaia primavera
Del superbo papavero e del giglio fragrante.

Voi, per i quali il sole e la luna impassibile
Non ebbero indulgenza né amorevoli sguardi,
Dormirete con gli occhi rivolti all’invisibile
E la morte prudente userà dei riguardi
Ai vostri corpi affranti e ai cuori sensibili.

Sulle fronti stordite più non avvertirete
Gocciare le stagioni, colare la foschia,
Dei giorni ormai andati più non saprete niente,
Seguiterà infinito il tempo la sua via
Affinché il vostro oblio perduri eternamente…

(V, p. 225)

 

Il tempo di vivere

La calda vita ormai verso la sera inchina,
Respira giovinezza,
Corre il tempo dall’alba all’ora vespertina,
Dalla vigna alla pressa.

Spalanca la tu anima ai profumi dell’aria,
Al fluttuare dell’onda,
L’amore ama, lo zelo, l’orgoglio, la speranza,
E la cosa profonda;

Quanti via sono andati dei cuori che vivevano
A solingo soggiorno
Senza suggere il miele né respirare il vento
Dei mattini del mondo,

Quanti via sono andati che assembrano stasera
Le radici del rovo,
Non avendo goduto la vita ove si spiega
Il sole vittorioso.

Non hanno riversato né balsami né oro
Dai loro colmi palmi,
Eccoli addormentati dentro quest’ombra ora
Senza sogni e senz’alito.

–Tu, vivi, innumerevole sii nei tuoi desiderî,
Nelle ebrezze e nei palpiti,
Protendi sulle vie ove il mortale è servo
Come una coppa l’anima,

Stringiti contro il petto, presa al gioco dei giorni,
La vita brada e agra;
Lascia che gioia e amore come uno sciame ronzino
Di api sulle tue labbra.

E guarda poi fuggirsene, senza rincrescimento,
Le menzognere sponde,
Perché il tuo cuore hai dato e il tuo consentimento
All’infinita notte...

(VI, p. 233)



(n. 11, novembre 2024, anno XIV)