«Siamo felici come i giunchi». Versi di Virgil Mazilescu

«La morte è iniziata il 22 dicembre 1983». Con questa dichiarazione si apre il diario di Virgil Mazilescu, i suoi ultimi otto mesi di vita raccontati in poche pagine tormentate, lucide, grottesche, piene di vodka e ʻanestesieʼ e del nome di una donna, R.
Era un bohémien Mazilescu, uno che declamava poesie – Bacovia, Eminescu, Mazilescu – a memoria, che volessi ascoltarlo o no, facile da incontrare alla cârciumă (una sorta di taverna) dell’Unione degli Scrittori di Bucarest, seduto al solito tavolo opposto a quello di Nichita Stanescu, suo rivale. Tra quei tavoli si sono incontrate più di una generazione poetica e Mazilescu, che ai giovani poeti dedicava molto tempo e molte parole, rappresenterà una sorta di anello di congiunzione tra gli anni ’60 e gli anni ’80, pur muovendosi nel tardo-surrealista (onirismo) degli anni ’70.
Già solo questo, la cronologia della sua attività, lascia immaginare la misura della complessità poetica di quest’autore, poco prolifico ma dotato di eccezionale accuratezza e intelligenza compositiva, capace di correggere per anni interi un singolo verso che inevitabilmente imparava a memoria, nell’ossessiva ripetizione della cura formale.
Eugen Negrici, nella postfazione della racconta Va fi linişte, va fi seară (Si farò silenzio, si farà sera), afferma che i versi di Mazilescu, pur apparendo sempre, in qualche modo interrotti, inesplicabilmente sospesi o appesi ad una parola o parte del discorso, ugualmente suonano definitivi, irrevocabili.
Nessuna parola può essere spostata, nessuna ripetizione cancellata. Nelle sue raccolte, la parola poetica si carica del peso specifico della responsabilità espressiva, letteraria, poetica prima di tutto, ma anche personale. Il poeta e prosatore Nichita Danilov racconta che dopo ogni incontro con Virgil Mazilescu «tornavi a casa con la ferma convinzione che la poesia è la cosa più importante del mondo, per la quale vale la pena sacrificare la propria esistenza. Allora sentivi di non scrivere e vivere per niente» (tratto da Ziarul de Iaşi, articolo del03/05/2007).
Mazilescu è attivo a partire dalla fine degli anni ’60, quando debutta con la raccolta di poesie Versuri (Versi) nel 1968, a cui segue, due anni dopo, il volume Fragmente din regiunea de odinioară (Frammenti dalla regione di un tempo). Quasi dieci anni più tardi, nel 1979, appare la sua terza raccolta, Va fi linişte, va fi seară, e infine, dopo un’attesa durata quattro anni, nel 1983 pubblicherà Guillaume Poetul şi Administratorul (Guillame Il Poeta e L’Amministratore). Quest’ultima raccolta sarà una sorta di scossa stilistica e contenutistica nel panorama di quasi vent’anni di scrittura, un cambiamento forte che apre il suo discorso poetico a evoluzioni inattese.
Fin da Versuri, la poesia di Mazilescu è caratterizzata, appunto, da grande cura e consapevolezza formale: l’assenza di maiuscole, la mancanza di punteggiatura (riteneva meschino l’uso delle virgole in poesia), le elisioni e l’uso di immagini assai concentrate fanno il testo ma anche, congiuntamente, la percezione del reale. Ciò che può apparire un tentativo di anticonformismo estetico, apre in realtà alla percezione degli stati d’animo del poeta, declinati attraverso un ordine del discorso tanto complesso quanto consapevole.
Mazilescu credeva nella potenza della parola poetica come strumento per comunicare la propria interiorità e, di conseguenza, il proprio posto nel mondo. Qui, ad esempio, risiedeva il punto di rottura con Nichita Stanescu e la sua posizione di fronte al regime, troppo poco esplicita forse agli occhi di Mazilescu.
Non accettare alcun compromesso artistico era una delle sue certezze di poeta che, proprio in quanto poeta, può e deve usare al meglio gli strumenti espressivi a sua disposizione, anche forzandoli, per delineare i propri contorni di individuo. E la scrittura di Mazilescu in effetti sembra, in qualche misura, forzare la grammatica convenzionale, fuggire alle sue regole e costruire una sintassi altra, dell’interiorità, potremmo dire, in cui trovano posto silenzi, sospensioni, elisioni.
Con Guillaume Poetul şi Administratorul però, la ricerca formale condotta fino a quel momento sembra interrompersi, dirottata altrove: ciò che nelle raccolte precedenti era artificio o colpo di teatro, ora diventa semplice vivere, racconto dell’esistenza, sincerità. Una sorta di evoluzione poetica e individuale. Dallo schizzo metafisico si passa al reale, alla narrazione che si fa discorsiva, aneddotica e popolata di personaggi, concreti nei pensieri come nella carnalità, nella tragicità della loro esistenza, in netto contrasto con l’evanescenza precedente.
La sua poesia, per altro, in senso estetico rimane assai concentrata e sofisticata, come se fino a quel momento il poeta avesse solo affilato i propri strumenti espressivi, per riempire di contenuto la forma, per parlare in poesia di poesia, vale a dire dell’esistenza.
Mazilescu morirà nell’estate del 1984. Molti parlano della sua morte come di un suicidio durato molti mesi, cercato e ottenuto con vodka e disperazione. Il suo lavoro tuttavia rimarrà esemplare. Da una parte, Mazilescu è riconosciuto come un tardo avanguardista, uno degli ultimi surrealisti ad aver raccolto e riorganizzato nei suoi testi, insieme a Dumitru Ţepeneag, la tradizione letteraria romena interbellica. D’altra parte, la continua ricerca formale lo porta lontano, fino al post-modernismo, il cui sviluppo sarà un’esplosione peculiare degli optzecişti, avvenuta però in una sorta di naturale continuità con uno dei maggiori poeti degli anni ’70.


Dal vol. Versuri

non c’è dubbio siamo felici come i giunchi
non c’è dubbio siamo felici come i giunchi
ma in un unico modo si considera e la giusta vita
e la quiete non pagata delle passeggiate sulla barca del boscaiolo
io solo a sorvegliare   il sole sorge tra le lenzuala
non so molto di questo giorno con tutto ciò che porterà
buongiorno vi dico buongiorno nel mezzo della strada
una volta per tutte chiunque io sia sono l’altro
più esattamente: un lamento dolce nel bicipite
del marinaio risucchiato dal temporale
più esattamente: sono fratello


nu încape îndoială sîntem fericiţi ca trestiile
nu încape îndoială sîntem fericiţi ca trestiile
dar într-un singur fel se consideră şi justa viaţă
şi linişte neplătită a plimbărilor cu barca pădurarului
eu unul pîndesc soarele răsare dintre cearceafuri
nu prea cunosc această zi cu toate urmările ei
bună ziua vă spun bună ziua-n plină stradă
pentru totdeauna oricine aş fi sînt celălalt
mai exact: o plîngere dulce în bicepsul
marinarului supt de furtună
mai exact: sînt fratele



Dal vol. Fragmente din regiunea de odinioară

fiori azzurri
non una carezza e fiori azzurri e non una parola. la mano crederà di sognare. la lingua dorme da nove anni tra le acque. fiori azzurri si spaventosi fiori azzurri e soprattutto non una parola: coltello accanto a coltello


flori albastre
nici o mîngîiere şi flori albastre şi nici o vorbă. mîna va crede că visează. limba doarme de nouă ani între ape. flori albastre da înspăimîntătoare flori albastre şi mai ales nici o vorbă: cuţit lîngă cuţit



preghiera all’incrocio delle strade
il mio sogno corre nella notte luminosa tra i sogni di questi uomini cattivi e buoni del villaggio seppellito nella luna. si ferma all’angolo della strada che porta ai campi. impara a difendersi da cani e passato e nelle acque del lago
canta con i pesci addormentati.
o se il mio sogno toccasse il sogno del vicino almeno la porta di casa sua almeno la bruma che si allontana dalla sua lampada


rugăciune la intersecţie de străzi
visul meu aleargă în noaptea luminoasă printre visele acestor oameni răi şi nuni ai satului înmormîntat în lună. se opreşte la colţul străzii care duce-n cîmp. învaţă să se ferească de cîini şi de trecut şi sub apa lacului
cîntă cu peştii adormiţi.

o dacă visul meu ar atinge visul vecinului măcar uşa casei lui măcar aburul ce părăseşte lampa lui



Dal vol. Va fi linişte, va fi seară

prefazione
e dopo aver inventato la poesia in una camera clandestina nella profondità delle terre sterili – il coraggio e la forza (umana) si sono sciolti come vapore.

e qualcos’altro oltre al fatto che sono nato e che ho vissuto e che probabilmente morirò sussultando (cosa che d’altra parte ho voluto dire due anni fa e tre anni fa) per adesso, ahimè, non posso dire

preciò ritorno alla vecchia lingua: a cominciare proprio da questo istante. la attorciglio la accarezzo la colpisco con violenza. però i sintagmi strani in cui (si dice) riposa la mia anima come dentro una tana perduta non mi attraggono più. le dita sottili che scaveranno canali nei boschi e torneranno sempre lì e andranno pian piano in putrefazione? le dita sottili non mi turbano più


prefaţă

şi după ce am inventat poezia într-o încăpere clandestină din adâncul pământurilor sterpe – curajul şi puterea (omenească) s-au topit ca aburul

şi altceva în afară de faptul că m-am născut şi că trăiesc şi că probabil voi muri cutremurându-mă (ceea ce de altfel am vrut să spun şi acum doi ani şi acum trei ani de zile) deocamdată vai nu pot spune

îmi reiau prin urmare vechea limbă: începând chiar din clipa de faţă. o sucesc o mângâi o bat cu sete. dar sintagmele stranii în care (se spunea că) sufletul meu doarme ca într-o vizuină pierdută nu mă mai ademenesc. degetele subţiri care vor săpa canale-n pădure şi se vor întoarce acolo mereu şi vor intra încetul cu încetul în putrefacţie? degetele subţiri nu mă mai tulbură



shatov
hanno il loro mondo e il loro mondo mi dà la nausea
e anche con una lattina vuota di conserva in bocca sono pronto a urlare
e anche con una bomba nel midollo della colonna vertebrale sono pronto a urlare
che hanno il loro mondo e che il loro mondo mi dà la nausea


şatov
ei au lumea lor şi lumea asta a lor îmi face greaţă
şi chiar cu o cutie goală de conserve în gură sînt gata să urlu
şi chiar cu o bombă în măduva şirei spinării sînt gata să urlu
că au lumea lor şi că lumea asta a lor îmi face greaţă




Dal vol. Guillaume Poetul şi Administratorul

la canzone di guillaume
ho bevuto il suo sangue e mi è sembrato buono
ho mangiato la sua carne e mi è sembrata buona
però mi chiedo anche oggi chi sia lei in fin dei conti
e perché si è dovuto bere proprio il suo sangue
e mangiare la sua carne – e alle volte mi torna in mente
«apri questa porta a cui batto piangendo»


cîntecul lui guillaume
am băut din sîngele ei şi mi s-a părut că e bun
am mîncat din carnea ei şi mi s-a părut că e bună
dar mă întreb şi astăzi cine este ea la urma urmei
şi de ce a trebuit să beau tocmai din sîngele ei
şi să mănînc din carnea ei – şi uneori îmi aduc aminte
„deschide uşa asta la care bat plîngînd”




l’amministratore può metterla nei guai in ogni momento
al diavolo amministratore sono io la realtà proprio la realtà palpabile
manifestazione dell’idea nel sensibile (hegel lezioni fenomenologia)
sono quella con le orecchie piccole
con leprotti e marmote di plastilina
sono quella con le parole più dolci

e se m’innervosisco e passo sul marciapiede di fronte dicendoti
per prima cosa: amministratore non voglio più stare con te
tu che fai? i coniglietti si sciolgono le marmotte fuggono lontano
nel loro paese dove parole dolci non ne senti più
orecchie piccole in cui strillare non ne trovi più

perciò al diavolo amministratore io sono la realtà palpabile
sono quella con le orecchie piccole
con leprotti e marmote di plastilina
sono quella con le parole più dolci


administratorul poate s-o sfeclească în orice moment
pe dracu administratorule eu sunt realitatea bă realitatea palpabilă
manifestare a ideii în sensibil (hegel prelegeri fenomenologia)
                       sînt cea cu urechi mici
                       cu iepuraşi şi marmote de plastilină
                       sînt cea cu vorbe care de care mai dulci

şi dacă mă enervez şi trec pe trotuarul de vizavi spunîndu-ţi
în prealabil: administratorule nu vreau să mai stau cu tine
ce te faci tu? iepuraşii se topesc marmotele fug departe
în ţara lor cuvintele dulci nu mai auzi
urechi mici în care să zbieri nu mai găseşti

aşa că pe dracu administratorule eu sunt realitatea palpabilă
sînt cea cu urechi mici
cu iepuraşi şi marmote de plastilină
sînt cea cu vorbe care de care mai dulci




l’amministratore redige una lista con alcune
delazione e tradimenti possibili
solo come un carrarmato in piena azione – deciso a cantargli ancora una volta
il grande canto dell’amore: semper esse puerum semper
esse puerum e il modo in cui
si scaraventeranno fuori dalla sua trachea le parole
potrebbe ricordarci ad un certo punto
del modo in cui cade oggi la neve sui campi

esperienza ne ho avuta: gioie che scuriscono la terra che scuriscono perfino la memoria
ma non i temi non i soggetti eroici faranno di questo ragazzo
un uomo ricco e potente – teniamo a mente
che io l’ho messo sul rogo: dove con superbia soffre ora
dove il suo cuore trasale come una rana verde e ci guarda senza sosta
il suo cuore trasale come una rana verde e ci guarda
e solo così trionfa oh! norme del dolore

quando la poesia non è, in un certo senso, ed esclusivamente
dal punto di vista del suo autore, il poeta della mia strada,
del numero quanttordici, il mio compagno della
terza classe elementare, altro che un’amalgama di vandalismo (coraggio)
e ottima crescita (coraggio anche maggiore)


administratorul întocmeşte o listă de cîteva
delaţiuni şi trădări posibile
singur ca un tanc în plină acţiune – hotărât să-ţi cânte încă o dată
marele cântec de iubire: sempre esse puerum sempre
esse puerum şi felul în care
vor năvăli din gâtlejul lui cuvintele
s-ar putea să ne aducă aminte cândva
despre felul în care cade astăzi zăpada pe câmp

experienţa am mai avut-o: bucurie înnegrind pământul înnegrind până şi memoria
dar nu temele nu subiectele eroice vor face din băiatul ăsta
un om bogat şi puternic – să ne închipuim
că eu l-am aşezat pe rug: unde cu trufie suferă acum
unde inima lui tresaltă ca o broască verde şi se uită la noi fără întrerupere
inima lui care tresaltă a o broască verde şi se uită la noi
şi numai astfel învinge o! norme ale durerii
pe când poezia nu este, într-un anume sens, şi exclusiv
din punctul de vedere al autorului ei, poetul de pe strada
mea, de la numărul paisprezece, colegul din clasa a
treia primară, decât un amestec de huliganism (curaj) şi
foarte bună creştere (curaj şi mai mare)




***
la parola del poeta ulula da lontano
noi due ancora più lontano
qui in riva al lago sotto l’orsa minore
abbiamo cura dell’affitto e della morte


***
cuvîntul poetului vuieşte pînă departe
noi doi sîntem şi mai departe
aici pe malul lacului sub septentrion
avem grija chiriei şi a morţii




Dal vol. Opera poetică - Postume

***
sono talmente bello
sono talmente vivo
sono talmenee degno
mangiatemi


***
sînt atît de frumos
sînt atît de viu
sînt atît de demn
mîncaţi-mă



le quattro meno un quarto
le quattro meno un quarto amore mio tu cosa fai ora
nei luoghi in cui ti trovi
nella pioggia procedo – nessuno – ho i capelli bagnati
e il pensiero come un cucciolo di topo piccolo piccolo e nero

e tu cosa fai amore mio lavo i panni come sempre
quando piove – ti aspetto ritorna
premi il tasto dell’ascensore settimo piano
non è troppo lontano dalla tomba

nessuno
solo dio
la pioggia
il cumulo di panni sporchi


patru fără un sfert
patru fără un sfert dragostea mea ce faci tu acum
în locurile prin care te mai afli
prin ploaie merg – nimeni – am părul ud
şi gîndul cît un pui de şoarece mic mic şi negru

şi tu ce faci dragostea mea spăl rufe ca întotdeauna
cînd plouă – te aştept întoarce-te
apasă pe butonul liftului etajul şapte
nu este prea departe de mormînt

nimeni
doar dumnezeu
ploaia
mormanul de rufe murdare


Presentazione e traduzione a cura di Clara Mitola 



Nota bio-bibliografica

Virgil Mazilescu nasce nel 1942 a Corabia, nella regione dell’Olt. Si trasferisce a Bucarest nel 1957, dove frequenta il liceo e nel 1964 termina la Facoltà di Lingua e Letteratura Romena. È impiegato due anni come insegnante presso il comune di Greaca (Ilfov). Nel 1966, è assunto come bibliotecario presso la Biblioteca Municipale di Ploiesti, dove rimarrà sempre due anni, dopo i quali, tornato a Bucarest, sarà segretario del cenacolo dell’Unione degli Scrittori Romeni. Dal 1970 fino alla morte, Mazilescu collaborerà con la rivista «Romania Literara», in qualità di redattore.
Scompare il 10 agosto del 1984, a Bucarest.
La sua attività letteraria ha inizio nel ’66, con alcune poesie pubblicate sulla rivista di Craiova «Ramuri». Il debutto poetico arriva due anni più tardi, nel 1968 con il volume Versuri (Versi, Editura pentru Literatură), premiato dalla rivista letteraria «Luceafărul» nello stesso anno.
Seguono Fragmente din regiunea de odinioară (Frammenti dalla regione di un tempo) nel 1970, nel ’79 Va fi linişte, va fi seară (Si farò silenzio, si farà sera), e nel 1984 appare l’ultima raccolta pubblicata in vita, Guillaume Poetul şi Administratorul (Guillaume Il Poeta e L’Amministratore), tutte edite da Editura Cartea Românească.
Le raccolte pubblicate postume sono Întoarcerea lui Immanuel (Il ritorno di Immanuel, Editura Albatros) nel 1991, Poezii (Poesie, Editura Vitruviu) nel 1996 e nel 2003 Opere (Opere, Editura Muzeul Literaturii Române, a cura di Alexandru Condeescu), una raccolta di tutto ciò che Virgil Mazilescu ha scritto, poesie, articoli, corrispondeza, il suo diario.


(n. 11, novembre 2012, anno II)