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«Călin (pagine di racconto)» di Mihai Eminescu. Una proposta di traduzione
La storia della traduzione di questa poesia nasce da un fatto molto divertente, da un’incomprensione. Dopo aver vinto la borsa di studio per partecipare all’atelier FILIT dedicato ai traduttori e organizzato da Memorialul Ipotești e dal Museo della Letteratura di Iași, ho iniziato a tradurre una poesia a mia scelta di Eminescu scoprendo, in seguito, che avremmo dovuto tutti tradurre Melancolie.
La scelta è stata dettata dalla mia passione per il folclore romeno, la mia tesi magistrale verteva proprio sulla traduzione di Voica, un testo appartenente alla letteratura popolare (purtroppo) poco conosciuto e questa poesia ha diversi tratti riconducibili proprio al mondo del folclore (il Volatore, personaggio appartenente al folclore popolare) e al mondo delle fiabe.
Tra le prime difficoltà riscontrate credo sia necessario annoverare il fatto che il tradurre una poesia di Eminescu, il poeta nazionale, sia esso stesso un vero banco di prova. Il doversi approcciare a un mostro sacro della letteratura romena non è stato facile, però è stata una grande sfida per me che mi ha fatto crescere come traduttrice. È anche importante sottolineare che il vocabolario utilizzato in questa precisa poesia è abbastanza semplice (rispetto ad altre opere di Eminescu), proprio perché alla base c’è un racconto fiabesco il cui vocabolario è molto intuitivo poiché sono racconti destinati per lo più ai bambini. Non ho riscontrato particolari difficoltà lessicali, alcune volte ho avuto problemi nel comprendere alcuni passaggi, soprattutto quando i due amanti si incontrano, spesso non è stato facile capire chi dei due parlasse, quindi ho eseguito un’attenta analisi prima di tradurre quel determinato passaggio.
La ritmicità, l’utilizzo di descrizioni dettagliate e le rime sono una caratteristica delle opere del grande poeta Eminescu, purtroppo in italiano non è sempre stato possibile rispettare ciò. Ho preferito concentrarmi nel restituire al meglio l’atmosfera, le immagini della poesia costruite attraverso le descrizioni dettagliate, piuttosto che mantenere la rima che, come evidenziato, a prescindere non sempre era possibile mantenere in italiano senza stravolgere completamente il senso o la frase stessa. In alcuni casi avrei dovuto compiere una riscrittura per mantenere vive tutte le rime e non mi sembrava giusto farlo.
È una poesia molto lunga e ciò ha comportato un lavoro altrettanto elaborato, poiché ho compiuto una prima traduzione letterale (per comprenderne il senso generale), dopo ho rianalizzato le parole e ho iniziato a scegliere quelle più adatte nel contesto, in seguito ho compiuto delle cesellature per restituire in traduzione le immagini, i suoni, le parole presenti nella versione originale.
Călin (pagine di racconto)
GHAZAL
L’autunno sperde le foglie,
Frinisce un grillo sotto una trave,
Il pietoso vento batte alle finestre,
Con una mano tremolante,
E tu accanto alla stufa
Attendi che il sonno ti avvolga.
Perché all’improvviso sobbalzi?
Senti dei passi in entrata –
È l’amato che arriva
Per cingerti dalla vita
E porrà uno specchio
Davanti al tuo viso grazioso,
Affinché tu possa ammirarti
Sognatrice, sorridente.
I
La luna sorge sulla collina come il fuoco della brace,
Rendendo rossi gli antichi boschi e il castello solitario
E le acque dei fiumiciattoli che brillano fuggendo di corsa –
In lontananza riecheggia uno scampanare;
Al disopra dei burroni si trovano le mura della cittadella,
un eroe, aggrappandosi alle rocce, tenta la scalata con fatica;
Mettendo le ginocchia e la mano prima su un lato e poi sull’altro
Riuscendo a rompere le grate arrugginite di un cancello
Ed entra, in punta di piedi, nella stanza segreta
Dove il muro nero si incurva in un arco.
Tra i fiori intarsiati nelle grate, la luna molle, timida e modesta irradia i propri raggi.
Se raggiunti da essi le mura e i pavimenti sembrano di creta,
Altrimenti l’ombra pare dipinta con il carbone.
Un ragno sotto maleficio ha tessuto la sua tela sottile, dall’alto in basso,
leggera come una rete
che vibrando luccica e pare rompersi,
carica di goccioline minuscole come se fosse polvere di pietruzze dorate.
Dietro la tela del ragno dorme la principessa;
Stesa sul letto, inondata dalla luce.
Il suo pieno e bianco volto incorniciato:
lo si intravede attraverso la leggerezza della seta sottile;
Qui e là, la sua veste si è allentata dal fermaglio e mostra
Il corpo pallido e nudo nella sua purezza di giovane donna.
La chioma dorata sciolta sui cuscini si sparge,
La tempia batte silenziosa come un’ombra violacea,
E le sopracciglia arcuate le incorniciano la fronte pallida,
E con un sol tratto le orna.
Sotto le palpebre chiuse battono gli occhi,
Il suo braccio cade stanco da un lato del letto.
Dal calore dell’età maturano i seni rosei,
E la sua bocca socchiusa dal fuoco del proprio respiro,
Mentre sorride muove dolcemente le sue labbra piccole e sottili,
E petali di rosa ricoprono il suo letto e la sua testa.
L’eroe si avvicina e con la sua mano rompe
Quella tela coperta da una miriade di pietruzze dorate.
Le grazie della nuda bellezza che i sentimenti li abbeverano,
Le stanze del pensiero non riescono più a contenerli.
Egli stringe tra le braccia la giovane, si avvicina alla sua faccia,
Lui bacia le labbra della giovane
E le toglie l’anello prezioso dal mignolo –
E subito l’eroe misterioso parte per una nuova avventura.
II
La fanciulla il giorno dopo si meraviglia dei fili rotti
E allo specchio le sue labbra appaiono violacee e succhiate,
Con un sorriso dolce-amaro si guarda e sussurra dolcemente:
«O, Volatore dalla nera chioma, vieni di notte per rapirmi.»
III
Ognuno pensi ciò che vuole riguardo la ragazza stessa –
Ma sembra che lei sia come quelli innamorati di loro stessi.
Anche Narciso guardandosi allo specchio, alla fonte,
Lui stesso fu sia amato,
sia amante.
E qualcuno potrebbe desiderare
Di prenderla
Quando con i suoi occhi grandi, feroci si osserva allo specchio,
Assottigliando le labbra sottili e
Chiamandosi per nome
E sentendosi cara come nessuno
Le è caro al mondo,
Allora lui con uno sguardo capirebbe il di lei segreto
Che lei – la bella fanciulla – ha scoperto di essere bella.
Tu, essere! Rapitore di mente! Con grandi occhi e con la chioma folta,
hai scelto un essere fiero per un cuore di vergine!
Cosa sussurra lei in segreto, quando osserva con sorpresa il suo volto dolce e giovane dalla testa ai piedi?
«Stanotte ho fatto un bel sogno. Mi è apparso un Volatore
E stavo per ucciderlo stringendolo forte tra le braccia…
E per questo mi guardo nella parete di specchi, sola soletta in cameretta, tendo le mie braccia pallide
E mi vesto dei miei capelli biondi come se fossero un abito leggero,
E intravedendo la mia spalla tondeggiante mi viene quasi voglia di baciarla
E allora per imbarazzo il mio volto arrossisce –
Come mai non viene il Volatore per potergli cadere sul petto?
Se il volto dolce e i miei occhi mi piacciono,
Ciò può rendere felice anche lui.
E piaccio a me stessa perché piaccio a lui –
Bocca mia, impara a non dirlo a nessuno,
Tantomeno a lui quando viene di notte, silenzioso, accanto al mio letto,
desideroso di una donna e scaltro come un bambino!»
IV
Così il Volatore tutte le notti si presentava da lei.
I suoi baci ammalianti la svegliarono di colpo
E proprio quando lui si dirige verso la porta per fuggire,
Lei lo ferma con gli occhi e con molta devozione chiede:
«Rimani, rimani da me, tu dalla voce piena di passione,
Volatore dalla chioma nera, ombra senza fortuna,
Che non crede che nel mondo, solo e perso,
Non ci sia un’anima giovane che si innamori di te.
Oh, tu, ombra ormai morta, con occhi tristi e profondi,
Gli occhi della tua ombra sono dolci, che non siano maledetti!»
Lui si siede accanto a lei e la cinge per la vita,
Lei sussurra parole piccanti dalle sue labbra ardenti:
Dice lui - «Tu con gli occhi peccaminosi,
sussurrami dolci parole sconosciute ma totalmente comprensibili
Il sogno dorato della vita è come un fulmine, come un battito di ciglia,
E lo sogno quando con la mia mano sfioro il tuo braccio,
Quando poni la testa sul mio petto e conti i battiti,
Quando bacio con passione le tue spalle bianche e lisce
E quando assorbo il tuo respiro nel respiro della mia vita
E quando il cuore si riempie di nostalgia, di una dolce tristezza;
Quando languida abbandoni la fronte sulla mia guancia ardente,
La tua chioma bionda e fluente avvolge il mio collo,
Socchiudi i tuoi occhi
Mi tendi la bocca,
Mi sento proprio felice come una Pasqua.
Tu! Non vedi… non so il tuo nome...
Mi si attorciglia la lingua in bocca
E non riesco a dirti quanto – ah!
Quanto mi sei cara!»
Loro sussurrano, vorrebbero dirsi tante cose, ma non sanno da dove cominciare,
Perché a turno si tappano la bocca quando con la bocca bevono l’acqua;
Uno tra le braccia dell’altro, si baciano tremando,
Solo lo sguardo parla, mentre la loro lingua resta muta,
Lei copre con la mano la sua faccia rossa dalla vergogna,
E gli occhi in lacrime li nasconde nella chioma dorata.
V
La faccia rossa come una mela è diventata bianca come la cera
E così sottile da poter essere tagliata con un capello.
E raccogli la tua treccia bionda accanto agli occhi piangenti,
Cuore senza speranza, anima colpita dal pensiero.
Trascorri tutto il giorno alla finestra sospirando e senza dir nulla,
E quando alzi lo sguardo, anche la tua anima si solleva.
Seguendo l’allodola che fluttua nel cielo limpido,
Tu vorresti dirle di portargli il tuo messaggio
Ma lei vola… tu con l’occhio fluttuante e tenebroso
Stai con la bocca socchiusa da un fremito doloroso.
Non piangano più i tuoi occhi giovani, dolci figliastri del cielo,
Non dimenticare che nelle lacrime sta il mistero degli occhi azzurri.
Le stelle raramente cadono con forza come gocce d’argento
E le lacrime rispecchiano con fierezza il limpido cielo azzurro
Ma se cadessero tutte, rimarrebbe triste e vuoto,
Con lo sguardo non potresti non vedere l’immensità del cielo
La notte delle stelle, della luna, degli specchi del fiume
Non è come la notte ardente e deserta del sepolcro,
E di tanto in tanto le lacrime versate le porti con fierezza
Ma se si secca l’intera fonte, allora come ti vedrò?
Gli occhi ammirano il rosso, fiero come una rosa,
E la neve violetta delle tue guance delicate -
Poi le loro tenebre azzurre, la loro dolce eternità,
Come si dissolvono facilmente tra le lacrime vuote…
Chi è così sciocco da bruciare tra i carboni ardenti lo smeraldo prezioso
Distruggendo così la sua eterna lucentezza?
Tu ti rovini gli occhi e la bellezza…La loro notte si spegne piano piano,
E il mondo nemmeno sa cosa si perde. Non piangere più, non piangere più!
VI
Oh, tu re dalla barba incolta come la stoppa quando non è curata,
Tu in testa non hai semi, solo paglia e segatura.
Sei contento di essere solo, vecchio re senza cervello,
e avere nostalgia di tua figlia, mentre stai lì con la pipa in bocca?
Di passeggiare e contare le assi di legno bianche del portico?
Una volta eri ricco, ora sei un poveraccio!
L’hai cacciata via, per far sì che lontano dai suoi genitori
Nella capanna addobbata lei dia alla luce un principino.
Invano mandi un messaggero a cercarla per il mondo,
Nessuno scoprirà il suo nascondiglio segreto.
VII
Grigia è la sera d’autunno, nei laghi l’acqua grigia
ostruisce il moto ondoso tra le canne e la diga.
E il bosco sospira benevolo e tra le foglie secche
Ogni tanto passa un brivido che le smuove tutte.
Mentre la foresta, la cara foresta,
Ammucchiando tutto il fogliame,
Rivela le sue profondità per farle illuminare dalla luna,
La natura è triste, il vento infuriato spezzerà qualche ramoscello –
Le onde delle sorgenti solitarie fanno rumore.
Chi sta arrivando dal sentiero che scende dalla foresta?
Un eroe dagli occhi aquilini scruta la valle.
Oh Volatore dalla chioma nera, sono trascorsi sette anni da quando te ne sei andato,
E ti sei dimenticato della tua fiera, amata ragazza!
E tra i campi deserti nota un bambino scalzo
Che cerca di radunare gli anatroccoli.
«Buongiorno, ragazzino!» «Buongiorno, straniero!»
«Come ti chiami, ragazzino?» «Come il mio papà, Călin.
Qualche volta quando le chiedo di chi sono figlio la mamma mi risponde:
Il Volatore è il tuo papà e si chiama Călin.»
Quando sente queste parole solo il suo cuore sa ciò che prova,
Perché il bambino con gli anatroccoli era proprio suo figlio.
Quindi entra nella capanna e sul coperchio di una cassapanca
Fa luce una candela dallo stroppino nero posta su un vaso rotto
Nella cenere del camino grigio si cuociono due torte,
Una scarpa è sotto una trave, mentre l’altra è dietro la porta,
Il vecchio macinino arrugginito è ricoperto dalla polvere,
Nell’angolo il gatto fa le fusa mentre si lava un orecchio,
Sotto l’icona annerita di un santo con il copricapo
Brucia la fiamma di una candela piccola quanto un seme di papavero;
Sopra il ripiano dell’icona, basilico e menta secca
Riempiono la casa oscura di un aroma pungente;
Sul fornello coperto di argilla e sulle pareti scrostate
Il bambino sveglio ha disegnato con un carboncino
Dei maialini dalla coda arricciata e con dei bastoncini al posto delle zampe,
Come si addice a un maialino perbene.
La finestrella ha una pellicola al posto del vetro
Dalla quale passa una luce pallida e gialla.
Su un letto di assi di legno dorme la giovane sposa
Nel profondo buio e con il viso rivolto verso la finestra.
Lui si siede accanto a lei, le accarezza la fronte,
La coccola con tristezza, sussurrandole il suo amore,
Si avvicina al suo orecchio sussurrando il suo nome,
Lei apre assonnata gli occhi,
e lo guarda spaventata… le sembrava di sognare,
Riderebbe ma non si fida, urlerebbe ma non osa.
Lui la alza dal letto e la adagia sul suo petto,
Il suo cuore batte velocemente, le sembra di morire.
Lei lo guarda, lo guarda ancora senza dire neanche una parola,
Ride solo con gli occhi pieni di lacrime, spaventata come se fosse un miracolo,
Dopo attorciglia i suoi capelli attorno al suo dito pallido e sottile,
E appoggia il suo viso rosso sul tenero petto dello sposo.
Lui le toglie il velo e lo getta delicatamente per terra,
Le bacia la testa e la morbida chioma dorata
E le solleva il mento, la guarda negli occhi piangenti,
E le loro labbra si toccano quando i due si nutrono di baci.
VIII
Superando le foreste di rame, in lontananza vedrai quelle bianche
E sentirai la voce fiera del bosco argenteo.
Là, accanto alla foce, l’erba sembra neve,
I fiori azzurri bagnati tremano nell’aria incensata;
Sembra che anche i tronchi eterni portino le anime sotto la corteccia,
Che sussurrano tra i rami con l’incantesimo della loro voce
E attraverso la fiera oscurità del bosco argenteo
Vedi fonti luccicanti sopra le pietruzze;
Che passano con onde rapide e sussurrano dolcemente tra i fiori
Mentre scendono veloci dall’altopiano ripido,
Saltano fluidi sulle rocce,
Nel vorticoso nido d’acqua sul quale la luna giace.
Migliaia di piccole farfalle azzurre, migliaia di sciami d’ape
Volano come fiumi sui fiori pieni di miele,
Riempiono l’aria estiva di profumi e freschezza
E di popoli di mosche mormoranti.
Accanto al lago che si muove assonnato e tranquillo,
Vedi una grande tavola addobbata con fiaccole molto luminose
Perché da tutti gli angoli del globo re e regine sono venuti
a festeggiare il matrimonio della delicata sposa;
Principi azzurri dalle chiome d’oro, zmei con squame di acciaio,
Fattucchieri che leggono le stelle e burloni.
Ecco il re, il padre dello sposo, seduto sul trono appoggiato allo schienale,
Sul capo porta la corona e ha la barba sistemata;
Rigido, retto, con lo scettro in mano
Siede su cuscini morbidi
E con ramoscelli i paggetti lo liberano dalle mosche e dalla canicola…
Ed ecco che dalla foresta compare Călin, lo sposo,
Che arriva mano nella mano con l’adorabile sposa.
Il lungo strascico del vestito da sposa fruscia sulle foglie secche,
Il suo viso è rosso come un peperone, si sente molto fortunata e i suoi occhi sono lucidi,
La sua chioma d’oro fluente raggiunge quasi terra,
e le cade sulle braccia e sulle spalle nude.
Cammina con grazia, procede con eleganza,
Tra i capelli porta fiori azzurri e ha una stella in fronte.
Il padre dello sposo invita il testimone, l’orgoglioso sole, e la testimone,
l’orgogliosa luna a sedersi a capotavola
Si siedono tutti a tavola, in base all’età e al rango sociale,
I violini risuonano soavemente e la cobza li accompagna.
Ma cos’è questo rumore? Forse un ronzio d’api?
Tutti guardano con curiosità ma nessuno sa da dove provenga,
Fino a quando non vedono una ragnatela tra i cespugli come un ponte
Sulla quale passa, rumoroso, un gruppo di persone.
Passano formiche che portano in bocca grandi sacchi di farina
Per cuocere le plăcinte e i colaci da servire alle nozze,
Le api portano il miele, portano polvere d’oro sottile,
affinché il tarlo, esperto orefice, possa farci degli orecchini.
Ecco, arriva il corteo nuziale intero: il sindaco è un grillo,
Davanti a lui saltano pulci con zoccoli di acciaio;
Nel suo abito di velluto, un bombo panciuto
Assonnato, intona con il naso un canto rituale,
Delle locuste tirano un guscio di nocciolina, vacilla il ponte
su cui siede uno sposo farfalla che si arriccia i baffi,
Miriadi di farfalle, di molte specie, lo seguono in fila,
Tutti a cuor leggero, tutti sorridenti e giovani.
Seguono i cantori, le zanzare, gli scarafaggi, i maggiolini
E la sposa violetta li aspetta dietro la porta.
Sulla tavolata imperiale salta un grillo, messaggero agile,
Si erge su due zampe, si inchina battendo gli speroni;
Tossisce, si chiude l’abito pieno di lacci:
«Permetteteci, Signori, di unirci al matrimonio.
E ora… che si dia inizio alle danze!»
A cura e traduzione di Giada Chetti
(n. 4, aprile 2025, anno XV) |
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