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Lucia Ileana Pop, «Feminitate/Femminilità»
È fresca di stampa la raccolta poetica bilingue Feminitate/Femminilità (Actaeon Books, Baia Mare, 101 pp.) di Lucia Ileana Pop, di cui pubblichiamo qui la prefazione, firmata dalla critica Daniela Sitar-Tăut, e una selezione di poesie.
Una trobairitz contemporanea
La trobairitz (trovatrice) era un’audace poetessa nella Francia medievale dei secoli XII e XIII che gareggiava con i trovatori e i trovieri. Così ho visto Lucia Ileana Pop dopo aver letto il suo recente volume di poesie, Feminitate / Femminilità (edizione bilingue, tradotta in italiano dall’autrice). Come una trobairitz che canta e si incanta dell’aria della femminilità, scoprendone sempre nuove sfaccettature riverberanti, che le permettono di conservare dignità, grazia, forza, amore, femminilità, eroismo, tenerezza, senso estetico, ecc. Talvolta in un registro egolatrico, talvolta in uno deluso. Una danza circolare tra femminismo e femminilità, che non teme di esibire la propria densità interiore.
Il volume, bilingue e tradotto dall’autrice, raccoglie 24 testi che diventano altrettante incursioni liriche profonde nell’essenza della femminilità, un viaggio poetico che oscilla tra la delicatezza eterea e la forza tellurica della donna. I testi dell’autrice non sono semplici riflessioni liriche, ma strutture vibranti, impregnate di un’autentica sensibilità, in cui la parola si fa testimonianza e rivelazione.
Il suo lirismo si distingue per una tensione continua tra sogno e realtà, tra luce e ombra, tra speranza e malinconia. Poesie come Delicata creatura e Il potere della donna sintetizzano la dualità esistenziale della femminilità: simbolo di continua rinascita, di sacrificio silenzioso, ma anche di una forza capace di plasmare la realtà attraverso l’amore e la sofferenza. La donna, nella visione di Lucia Ileana Pop, è, in chiave manichea, da un lato un “angelo dalle ali diafane”, dall’altro una “scintilla, fuoco che arde in silenzio”. Questa antitesi è sostenuta da immagini poetiche memorabili, in cui sensibilità e tenacia si fanno attributi complementari della femminilità.
Il volume si apre con la poesia Delicata creatura, che rivela una visione insieme laudativa e abissale della donna, sottolineandone il ruolo fondamentale e sacro nel mondo. L’autrice costruisce un’immagine della donna come presenza salvifica, che porta luce e vita dove vi è oscurità e morte. L’associazione della donna con una “stella alpina” evoca, oltre alla sua naturale sensibilità, anche un’inaccessibilità, un simbolo di purezza e mistero. Un altro simbolo pregnante è la “scintilla”, elemento gemello del fuoco e della luce, emblema di ispirazione e rinnovamento continuo. Non è un caso che la donna venga accostata a una “stella alpina” – una metafora suggestiva che traduce la sua delicatezza, fragilità e rarità, ma al contempo il suo potere invisibile di metamorfizzare l’ambiente circostante. La donna è percepita come un essere capace di “perdere un sorriso, ma trovarne mille”, metafora della sua capacità di ritrovare l’equilibrio e di diffondere amore e comprensione intorno a sé, anche di fronte alle avversità.
In un gesto di profonda riverenza verso la donna, i versi si fanno un vibrante elogio, in cui la figura femminile assume una dimensione sacrale e cosmologica, sottolineando l’icona della donna come forza creatrice e illuminante, un principio divino e purificatore nell’universo tellurico. Il discorso poetico si focalizza sui contrasti. La donna non solo si sublima nei ruoli di madre, figlia, sorella o moglie, ma li trascende, diventando il simbolo di una “luce” che guida e ritrova il senso nelle zone d’ombra: “E dove c’è oscurità, porti luce, / un mondo che non crede, lo rendi cristiano.” La donna non si limita a vivere nel mondo, ma lo modella, lo salva e lo ricrea, in un ritorno ai valori archetipici del mito. Essa è eterna e perennemente rigenerativa, simile al “grembo” che dà vita. È colei che custodisce in sé il “sole” scomparso e lo restituisce al mondo, come una “diadema” o un segno di elevazione sacra: “E il sole, se un giorno scomparisse,/ non si nasconderebbe altrove, / se non nel grembo accogliente di una donna.”
Questa visione è inscindibilmente legata all’immagine di un essere abissale, capace di esistere anche nelle condizioni di massimo dolore (“la vita trai dolori”), vista come una continuatrice tellurica del mito creatore. Ma, a differenza dei miti classici, che pongono il sacrificio come atto supremo, la donna diventa una sorgente di vita continua e trasformazione “affinché il mondo non finisca mai”, riorganizzandolo e rigenerandolo, essendo al contempo di essenza tellurica e divina.
La speranza dai raggi silenziosi evoca un mondo segnato dal dolore e dal disincanto, ma in mezzo a questa realtà tenebrosa e angosciante, si affaccia una luce sottile, un fremito di speranza che tenta di affrontare l’ombra dilagante. Esiste un conflitto tra l’ideale del mondo e la sua dolorosa realtà, e il simbolismo utilizzato può essere interpretato come un elogio alla resistenza silenziosa di fronte a un universo sempre più frammentato e pieno di sofferenza. I versi: “Nel mistero sigillato da profondi silenzi, / lamenti e pianti si dissolvono tra le sponde” introducono un paesaggio di claustrazione e sofferenza, in cui i lessemi non hanno più potere curativo. Il silenzio diventa l’impronta di un’assenza, un “sigillo” di una realtà costrittiva, e il dolore sembra scorrere all’infinito, dissolvendosi nell’immensità della natura (“tra le sponde”). Questa immagine di un silenzio profondo può essere interpretata come un simbolo della distanza dal senso originario dell’eros e dell’armonia. La poesia amplifica il suggerimento della metamorfosi dell’eros e delle relazioni interpersonali: “Un tempo l’amore aveva un’altra essenza, / non feriva i cuori, donava salvezza.” L’affettività è percepita come una forza purificatrice, ma ormai disfunzionale, capace più di devastare (“feriva cuori”) che di redimere. L’intera concezione dell’eros si degrada, e al suo posto emergono “soffi” di carezze, ma anche “dolore e gelo” al posto della pace. Si nota una transizione dall’ideale alla realtà. I versi trasmettono una sensazione di crisi esistenziale e il conflitto tra il desiderio di armonia e la sofferenza perpetua. “Tra odio e rimpianto non trovi misura” riflette profondamente i turbamenti dell’individuo contemporaneo, che si sente prigioniero tra due forze antagoniste, senza più la possibilità di equilibrarle.
Il linguaggio poetico crea simboli di caducità e futilità, e “la vita è un filo fragile e strano,/ che in mani straniere si spezza pian piano” evoca l’impossibilità di controllare il corso dell’esistenza. La vita è percepita come un dono precario, vulnerabile all’impatto dell’esteriorità, tutto racchiuso in una metafora che denuncia la transitorietà e la fragilità dell’essere umano. Alla fine, assistiamo a un ritorno significativo verso un simbolo di rinascita: “Ma da qualche parte, in angoli celati, / la speranza sorge con raggi pacati.” Qui, “i raggi silenziosi” si concentrano in un’immagine affascinante, in cui la speranza non si impone con forza, ma con una presenza diafana e indefinita, capace però di illuminare anche gli angoli più oscuri dell’universo. La complessità di questo mondo fragile è controbilanciata dal ruolo ingegnoso della speranza – una speranza che non esplode visibilmente, ma che persiste, anche nei recessi più profondi della realtà. “Raggio silenzioso” diventa un simbolo della resilienza umana, che non si estingue mai del tutto, neanche quando il mondo sembra dissolversi.
La poesia Donna? reitera la suggestione dell’essenza archetipica di questa, come entità universale che combina fragilità e forza, eros e sofferenza, luce e oscurità, in un elogio riflessivo della donna percepita in modo poliedrico. Il testo si apre con un’interrogazione falsamente retorica: “Donna?” – una domanda aperta, che rivela il mistero di questa figura, ma anche la sua complessità. Ogni frammento del testo risponde, in modo simmetrico, a questa domanda, definendo la donna in termini che fondono tratti opposti ma complementari. “Creatura misteriosa” e “sorridente, anche se sopporta molto” presentano la donna come un essere enigmatico, che nasconde una sofferenza profonda ma continua a portare luce e gioia agli altri. L’immagine della primavera che “sommerge gli inverni” suggerisce la costante rinascita della donna, proprio come la natura si trasforma da una fase di stasi a una di fioritura continua. Si crea un equilibrio delicato tra la fragilità e la forza invocate da queste immagini. La donna non è solo simbolo d’amore e di bellezza – “fiamma viva d’amore e desiderio” – ma anche di sofferenza e difesa: “con petali fini, delicati, sorridenti, / e molte spine solo per difesa.” Le spine rappresentano metaforicamente la sua capacità di proteggersi dalle aggressioni e di sopravvivere alle avversità.
Incarnazione potente, la donna è paragonata alla “corrente del mare” o alle “onde fino alla riva”, suggerendo un’energia debordante e incontrollabile, capace di vivificare qualsiasi sentimento latente. Non solo risveglia emozioni, ma cauterizza anche il dolore con la sua “carezza”, divenendo un simbolo di compassione e riconciliazione. La donna diventa un vertice spirituale, una “sorgente viva e inesauribile di giovinezza”, un simbolo di bellezza ma anche di continuità della vita, suggerendo una percezione antica e profondamente mitologica della donna come perpetuatrice della vita e dell’energia. In questa accezione, non è solo un essere di natura biologica, ma anche una forza cosmica che assicura la perpetuazione dell’intero universo. L’intera poesia è un omaggio alla donna come forza rigeneratrice, potente ma vulnerabile, amorevole ma intrepida, sensibile ma inesauribile nell’amore e nella cura che dona, attraverso un persuasivo contrasto tra l’immagine idealizzata della donna e la realtà complessa della sua vita quotidiana, una meditazione su questi due aspetti che si intrecciano in un’unità incrollabile.
Nella poesia Dall’ombra, troviamo un’ipostasi della femminilità come doppio diafano della presenza maschile: “Nell’ombra dell’uomo / cresce un fiore delicato”, la cui missione è quella di “sostenerlo e dargli amore, / aiutarlo a rimanere saldo, / a realizzare ogni pensiero saggio.” Il fiore non è solo un elemento adulatore, ma un agente attraverso cui agisce l’uomo. Esiste una dicotomia tra la fragilità dell’immagine del fiore e la sua forza invisibile. Il fiore rappresenta la delicatezza e la fragilità femminile, ma è anche la fonte di un eros protettivo che aiuta l’uomo ad affrontare la vita, un simbolo di sostegno ed equilibrio emotivo.
“Se è afflitto, presto appassisce, / ma se contento, / fiorisce e sorride sempre.”
Questo verso traduce la dipendenza della donna dallo stato emotivo dell’uomo, suggerendo in modo sottile che il suo equilibrio emozionale è indissolubilmente legato alla relazione con lui, e il suo compimento personale si riflette spesso nello stato di chi la circonda. Nonostante questa dipendenza, il fiore possiede una propria forza per fiorire e donare amore, restituendo l’amore ricevuto. Quest’immagine trasmette una visione equilibrata della relazione interpersonale: “Qualunque cosa riceva, il fiore sa / come prendersene cura e moltiplicarla.” Il fiore non solo restituisce l’amore ricevuto, ma lo trasforma e lo moltiplica – una metafora del dono femminile di offrire non solo ciò che ha ricevuto, ma di creare di più da ciò che le viene dato.
“Se gli dai la parola, / la trasforma in preghiera / per confortarti e consolarti / quando ti assalgono i sospiri.” Questi versi sottolineano la capacità della donna di trasfigurare ciò che le viene donato – di trasformare ogni gesto, parola o emozione in una forma di conforto e guarigione. Il fiore diventa così un simbolo di compassione e saggezza, capace di trasformare il dolore in qualcosa di purificatore e rigenerante. È un’immagine in cui la femminilità acquisisce una dimensione profondamente spirituale, e la donna diventa un elemento architettonico nella costruzione di un equilibrio esistenziale. Nel finale, la poesia suggerisce che, da questa “ombra” della donna, la vita continua a prosperare: “Dall’ombra fa sì che la vita / non si fermi, / che il mondo prosperi e speri.” Il fiore femminile è ciò che garantisce la continuità, anche se la sua presenza è spesso sottovalutata e non osservata. La donna, in questa visione, è il simbolo di una perpetuazione silenziosa ma essenziale dei misteri del mondo, una forza che “moltiplica senza sosta / gli incessanti misteri del mondo.”
Il potere della donna cattura l’essenza della resilienza femminile attraverso una costruzione lirica vibrante, in cui l’immaginario del fuoco e della luce diventa la metafora centrale. Lucia Ileana Pop crea un ritratto della donna come forza vitale, capace di rinascere dalla tristezza e di toccare le stelle, indipendentemente dagli ostacoli che incontra. I versi sono brevi, ritmati e musicali, conferendo alla poesia una particolare musicalità, mentre le ripetizioni (“Forse il mondo non ti vede, / ma sai che puoi vincere”) enfatizzano l’idea di una forza interiore incrollabile. La pazienza, la volontà, la luce interiore sono tratti di una femminilità che non si definisce attraverso la fragilità, ma attraverso la capacità di avanzare, nonostante le difficoltà. Gli ultimi due versi condensano l’intera filosofia della poesia: “Per quanto possa cadere, / sa sempre giungere al sole.” - una conclusione che risuona profondamente con l’idea di trionfo, un inno alla forza interiore della donna. C’è un lirismo affermativo, confessionale e riflessivo, in cui la poesia non è solo una forma artistica, ma anche una dichiarazione di principio, un atto di riaffermazione dell’identità e della dignità femminile.
Il poema Abbi cura di te! è un inno all’auto-conservazione, un manifesto della sopravvivenza dell’animo in un mondo spesso travolgente. Lucia Ileana Pop trasforma questo messaggio in una confessione lirica, in cui la voce femminile diventa allo stesso tempo protettrice e catartica. Il discorso lirico è di natura appellativa, enfatizzato dalla ripetizione dell’invocazione “Tu, donna”, che imprime un ritmo solenne e universale. L’autrice costruisce una poesia della resilienza, in cui la donna è incoraggiata a difendere la propria esistenza ancorandosi al trittico speranza-ideale-amore. La metafora “abisso d’ombra” contrasta fortemente con le immagini di luce e colore del finale del testo, segnando una transizione dalla minaccia di un’estinzione prematura all’idea di una vita piena e vibrante. “La linfa della luce” e “l’eco della pace” diventano simboli della rigenerazione interiore, di una femminilità che rivendica il diritto all’esistenza e alla realizzazione di sé. L’autrice fonde il lirismo confessionale con una profonda dimensione esistenziale, conferendo ai suoi versi un valore non solo estetico, ma anche terapeutico. Così, Abbi cura di te! non è solo una poesia, ma anche un’esortazione alla consapevolezza e alla riscoperta dell’alterità.
Il poema Il nostro silenzio oggi urla si trasforma in una dichiarazione poetica penetrante, un manifesto della dignità femminile che si solleva contro l’ingiustizia e la sofferenza subita in silenzio. Lucia Ileana Pop costruisce un discorso lirico incisivo, segnato da una progressione emotiva ben calibrata: dalla sottomissione iniziale, alla presa di coscienza e, infine, alla ribellione latente che trova voce. Il ritmo dei versi, breve e tagliente, enfatizza il peso del silenzio imposto e del dolore nascosto. La ripetizione della parola “silenzio” non è casuale – essa diventa simbolo dell’oppressione, ma anche della forza latente che attende di esplodere. Il punto di svolta appare nel verso “Ma oggi il silenzio urla.” – un crocevia in cui la sofferenza trattenuta si trasforma in rivendicazione. Il finale, mobilitante, “dobbiamo assicurarci / che questo urlo risuoni” suggerisce che il cambiamento non è solo necessario, ma anche imminente. È un messaggio di mobilitazione, un appello alla consapevolezza collettiva e alla solidarietà. Il testo si configura come una poesia di resistenza, in cui il lirismo si intreccia con una chiara dimensione sociale. L’autrice riesce a trasformare il dolore in forza e a dare al silenzio una voce potente, che rifiuta di essere ignorata.
Il poema Serenità è un’elegia della perdita e dell’accettazione, un tributo a una presenza cara, trasformata in luce e ricordo. Lucia Ileana Pop costruisce un discorso lirico segnato da un dolore trattenuto, ma profondo, in cui ogni verso diventa un gradino verso la pacificazione interiore. Il tono della poesia è interiorizzato, quasi meditativo, e la sua struttura segue un percorso emotivo chiaro: dallo shock iniziale della perdita – “Prima sono stata obbligata ad accettare / che una parte del mio cuore/ venisse strappata senza pietà” – al lento processo di guarigione, attraverso la pazienza, la memoria e le lacrime. La metafora “Mi sono curata le ferite con il tuo ricordo” suggerisce una forma di conforto nell’assenza, mentre il contrasto tra “ti ho fatto volare” e “consapevole che, di tanto in tanto, / mi farai sfiorare la luce” delinea l’idea di una presenza continua, seppur in una forma diversa. Il finale, “mi sono ricostruita / per poter vedere un altro tuo sorriso”, chiude il cerchio emotivo del poema con una nota di serenità e rigenerazione – la perdita non è oblio, ma trasformazione. Si tratta di una poesia confessionale con valenze catartiche, in cui il dolore viene distillato attraverso un discorso lirico equilibrato, privo di patetismi, ma travolgente per sincerità e finezza emotiva. Serenità non è solo una poesia sul lutto, ma sulla riscoperta di un senso nell’assenza, sulla capacità dell’animo di rinascere attraverso la memoria.
Il poema Radice è un omaggio lirico alla madre, vista come principio assoluto dell’esistenza, come forza originaria che persiste oltre il tempo. Lucia Ileana Pop crea una poesia concisa in cui le metafore della natura – “radice viva nel tempo”, “sorgente di nuovi cammini” – sottolineano il ruolo materno come elemento di durata e continuità. La costruzione dei versi è equilibrata, il ritmo è fluido, quasi solenne, e la scelta delle parole conferisce alla poesia una dimensione universale. La madre non è solo simbolo dell’inizio, ma anche “legame / che non si frange nel vento”, una promessa immutabile tra le generazioni, un filo invisibile che lega passato, presente e futuro. Il verso finale, “in ogni parola battito eterno”, suggerisce che l’esistenza della madre trascende la realtà fisica, rimanendo viva nella memoria, nel linguaggio, nell’essenza di tutto ciò che continua. È una poesia-essenza, in cui ogni parola assume un peso simbolico, e il messaggio, seppur apparentemente semplice, riesce a emozionare profondamente per la sua intensità. Radice non è solo un elogio alla maternità, ma anche una meditazione sui legami fondamentali che definiscono la condizione umana.
Io, donna costituisce un vero e proprio manifesto lirico della dignità e della libertà femminile, un testo vibrante che unisce la forza della dichiarazione alla sensibilità della riflessione interiore. Lucia Ileana Pop scrive con un tono fermo, rivendicativo, trasformando ogni verso in un impegno personale, ma anche in una promessa collettiva per tutte le donne private del diritto di vivere la propria vita secondo le proprie regole. La costruzione della poesia è ascendente, graduale, con ogni strofa che aggiunge una nuova dimensione alla missione assunta dalla voce lirica. Da “camminerò sempre a testa alta” fino a “riscatterò tutti i sogni di coloro a cui è stato proibito persino sognare”, i versi scorrono come un giuramento solenne, una riaffermazione dell’identità femminile come simbolo di resistenza e giustizia. L’immaginario è diretto, privo di inutili artifici, mentre la ripetizione intenzionale del verbo “io voglio” sottolinea la determinazione incrollabile della donna che rifiuta di essere ridotta al silenzio. La forza femminile è descritta come un equilibrio tra potenza e dolcezza – “quella forza mescolata alla dolcezza” – sottolineando l’armonia tra fermezza e compassione. Il lirismo si trasforma in un discorso di rivendicazione dell’identità e dei diritti. Io, donna non è solo una poesia, ma una dichiarazione di indipendenza, una difesa dei sogni inascoltati di coloro che non hanno avuto la possibilità di lottare per essi.
Il poema Per amore è una riflessione poetica sul potere della parola e sul suo impatto sugli altri. Lucia Ileana Pop delinea un ideale di comunicazione basato sull’amore, un discorso purificato da ogni traccia di risentimento, in cui perfino il rimprovero deve portare il segno della gentilezza. La costruzione ripetitiva, con il ritornello “Parla solo per amore”, imprime un ritmo quasi incantatorio, dando al messaggio la forza di un insegnamento essenziale. L’autrice sottolinea che il vero potere del linguaggio non risiede nella durezza, ma nella sua capacità di lenire e addolcire. I versi finali “perché così le tue parole saranno dolci come il miele / sulle labbra che nei rimproveri non trovano piacere” suggeriscono l’idea che il dialogo autentico, anche nei momenti di conflitto, debba essere una forma di conforto e non di ferita. Il testo assume così una dimensione assiologica, in cui l’estetica si intreccia con una lezione morale. Il suo messaggio non è solo lirico, ma anche didattico, esortando a un’umanità più gentile, dove l’amore diventa il fondamento di ogni forma di comunicazione. Per amore è, in sostanza, una meditazione sulla parola intesa come atto d’amore e di armonia.
Feminitate/ Femminilità non è solo un volume di poesia: è un manifesto della femminilità atemporale, della forza interiore che trascende le rigide barriere del tempo e dello spazio. Lucia Ileana Pop riesce a offrire una visione poetica equilibrata, in cui ogni verso è un gradino che conduce alla riconquista della propria essenza e della verità interiore.
Daniela Sitar-Tăut
Delicata creatura, fiore di stella alpina, scintilla segreta,
se guardi bene su questo ampio viale,
tutti gli alberi oggi festeggiano te, donna,
perché sia che tu sia sorella, figlia, madre o moglie,
quando perdi un sorriso, ne trovi mille.
E dove c’è oscurità, porti luce,
un mondo che non crede lo rendi cristiano.
E per quanto dura possa essere la tua esistenza,
anche in un deserto, porterai sempre la vita.
Eppure, non è molto conosciuto, né un grande mistero,
con te accanto oggi piangono le stelle del firmamento
e poi lasciano che tu le prenda nei capelli come diadema
per rallegrare il mondo che aspetta in sordina.
E il sole, se un giorno scomparisse,
non si nasconderebbe altrove,
se non nel grembo accogliente di una donna
che porta la vita tra i dolori e la fa risplendere,
affinché il mondo non finisca mai,
la vita sulla terra duri per sempre.
La donna?
La donna?
Creatura misteriosa,
sorridente, anche se sopporta molto,
primavera eterna nei momenti freddi,
luce calda in cui affoghi i tuoi inverni,
raggio di sole e traccia di luna,
nata per essere ai suoi cari corona.
La donna?
Essere amorevole,
perdonatrice, anche se è in sofferenza,
fiamma viva d’amore e desiderio,
sorgente inesauribile d’amore sulla terra,
rosa rossa che raffigura la vita sinuosa,
con petali fini, delicati, sorridenti,
e molte spine solo per difesa.
La donna?
Incarnazione potente,
con la forza della corrente del mare
che muove le onde fino alla riva,
che risveglia tutti i sentimenti dormienti,
che lenisce ogni dolore con un abbraccio
e amplifica il canto verecondo dal filo dell’orizzonte.
La donna?
Idea audace,
traccia mobile di scintilla,
forza della natura tra gli esseri semplici
che sa meglio di tutti come coccolare,
sorgente perenne della continuità della vita,
instancabile portatrice di bellezza,
sorgente viva e inesauribile di giovinezza.
Dall’ombra
Nell’ombra dell’uomo
cresce un fiore delicato
che lo sostiene e gli dona amore,
che lo aiuta a rimanere saldo,
a realizzare ogni pensiero saggio,
ogni desiderio rifugiato nel suo petto.
Se è afflitto, presto appassisce,
ma se contento,
fiorisce e sorride sempre.
Qualunque cosa riceva, il fiore sa
come prendersene cura e moltiplicarla:
se gli dai un sorriso,
ti restituisce amore,
se gli dai un seme,
lo anima e lo fa crescere,
se gli dai la parola,
la trasforma in preghiera
per confortarti e consolarti
quando ti assalgono i sospiri.
Dall’ombra fa sì che la vita
non si fermi,
che il mondo prosperi e speri,
perché da migliaia di anni moltiplica
gli incessanti misteri del mondo.
Il nostro silenzio oggi urla
Ci siamo sottomesse in silenzio
davanti a coloro che si credevano superiori
solo perché avevano più muscoli.
Nel silenzio abbiamo nascosto il dolore,
abbiamo coperto con il silenzio gli insulti,
abbiamo camminato mute, a testa bassa,
abbiamo sopportato ogni ferita, ogni ingiustizia,
cercando la pace sopra la giustizia.
Per troppo silenzio,
alcune di noi hanno perso perfino la vita,
e questo non ha contato nulla per chi
si riteneva il loro padrone.
Se ne sono andate in silenzio.
Ma oggi il silenzio urla.
Anche se il suo grido non viene udito,
il silenzio urla.
È un passo avanti,
ma dobbiamo assicurarci
che questo urlo risuoni.
Il potere della donna
Sei donna, dunque scintilla,
fuoco che arde ma non vacilla.
Con desiderio e volontà
superi ogni avversità.
Forse il mondo non ti vede,
ma sai che puoi vincere.
Dalle tristezze più profonde rinasci,
ti elevi, le stelle raggiungi.
Il vento vuole fermarti,
ma la tua volontà è radice,
sa darti forza e vita,
vede nel tuo cuore la luce.
La tua pazienza è una benedizione,
gradino verso l’orizzonte.
Nulla può mai fermarti,
credi in te, osa avanzare!
Solo la donna vince ogni cosa,
anche quando sembra persa.
Per quanto possa cadere,
sa sempre giungere al sole.
Io, donna
Camminerò sempre a testa alta,
per tutte le donne che l’hanno abbassata
quando non era necessario,
quando avrebbero meritato di guardare avanti.
Sarò sempre libera,
per riscattare la sofferenza
di tutte le donne incatenate
dall’ignoranza, dal bisogno o dalla paura.
Viaggerò per tutte coloro
che non hanno potuto nemmeno sognarlo.
Svolgerò il mio lavoro con così tanta passione
che nessun uomo oserà
guardarmi dall’alto in basso,
pensando a tutte le donne
che non hanno potuto studiare,
costruirsi una carriera
o avere un lavoro.
Esprimerò la mia opinione
in tutti i modi possibili,
attraverso parole, suoni, colori
o qualsiasi altro mezzo che mi sarà concesso.
Lotterò per la giustizia
fino all’ultima goccia di sangue,
come hanno fatto tante donne
senza che il loro sacrificio fosse riconosciuto,
per dimostrare anche la forza
che ci appartiene,
quella forza mescolata alla dolcezza,
la stessa che fa andare avanti il mondo
e che si sacrifica per coloro che,
purtroppo, spesso le fanno del male.
Io, donna, riscatterò
tutti i sogni di coloro
a cui è stato proibito persino sognare.
In fondo, appartengo a me stessa
Ti dedicherò il mio primo pensiero
e l’ultimo di ogni giorno.
Ti porterò con me ovunque,
i miei abbracci
saranno la tua casa.
Ti donerò l’amore
affinché metta radici,
sarai nelle mie fantasie,
nelle mie preghiere,
sboccerò nella tua ombra.
Ti apparterrà
ogni centimetro di me,
finché lo meriterai,
ma non dimenticare: in fondo,
io appartengo a me stessa!
Lucia Ileana Pop
(n. 3, marzo 2025, anno XV) |
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