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Ioan Es. Pop: «Ieud senza uscita». Versi in edizione bilingue
Ioan Es. Pop, poeta e pubblicista, nasce in Maramureş nel 1958, nel villaggio di Vărai, figlio di un prete greco-cattolico. Nel settembre del 1989 lascia la provincia per trasferirsi a Bucarest, dove esordirà con la raccolta poetica Ieudul fără ieşire (Ieud senza uscita), qualche anno più tardi.
I temi e lo stile, così come appaiono al momento del debutto letterario, rendono Ioan Es. Pop una voce unica nel suo genere, più vicina a Cristian Popescu e alla generazione poetica degli anni ’80 (optzecişti in romeno) per influenze e suggestioni surrealiste e oniriche, soprattutto rispetto al grande spartiacque storico e umano rappresentato dalla Rivoluzione dell’89.
La raccolta si compone di sette sezioni – olteşului 15, camera 305, Ieud senza uscita (I), inverno con mircea, Ieud senza uscita (II), l’amico,vita di un giorno,il banchetto – all’interno delle quali si dipana non solo la storia personale dell’autore, ma anche quella di una società intera che vive o si lascia vivere in un tempo e in uno spazio opprimente quanto indeterminato.
Nel 1994, mentre l’immaginario nazionale si apre al rinnovamento, o alla speranza di rinnovamento, l’opera di Ioan Es. Pop rappresenta in un certo modo l’altra faccia del post-comunismo, dell’esistenza umana indebolita e soffocata, che si affanna alla ricerca di un’uscita («bussiamo alla porta perché ci aprano e ci / lascino uscire, ma dall’altra parte non ci sentono e / bussano anche loro per farsi aprire e poter uscire»), di speranza e allo stesso tempo priva di speranza, come travolta a rallentatore da un reale spaventoso, affermato e negato allo stesso tempo.
Ieud è luogo ed è condizione interiore d’immobilità fisica, spaziale, temporale. Una metafora del mondo reale ed interiore, deformato e circoscritto in misure convesse oltre le quali non si riesce a vedere nulla (qui siamo a ieud ovunque / vogliate fuggire è ieud), tirato al limite in una tensione costante che diventa vera e propria oscillazione bipolare: vita-morte, sonno-veglia, presenza-assenza, in cui l’esistenza umana è descritta come un fatto eccezionale e di eccezionale fragilità.
La vita tende verso la morte come vita dimentica di sé, come uno stato di veglia in cui il sogno è presa di coscienza, spesso alcolica, accolta per essere rifiutate, psicotica e grottesca, in cui le bettole sono inferni rituali, le pareti di casa vive, e Hans, Zoli e Mitru magi testimoni del Nulla, un Dio veterotestamentario, severo ma assente.
La dimensione del racconto poetico è calata in un contesto spazio-temporale concentrazionista e quasi disumanizzante, animato da esistenze rattrappite e rovinate, come disperse in una geografia sconfinata, i cui limiti si svelano invalicabili. Il tempo della narrazione risulta pietrificato, immobile in una perenne attesa di sapore beckettiano, intermittente, irreale, tragicomico.
Quello di Ioan Es. Pop è un mondo come un vicolo cieco dell’essenza, in cui l’individuo si scompone in solitudine e incomunicabilità, immobilità e incomprensione. La condizione umana raccontata in Ieudul fără ieşire, trova sua ulteriore descrizione nello stile di Ioan Es. Pop, in prima battuta, piano e dotato di una certa sobrietà estetica. Si tratta di una semplicità apparente, di uno stile lineare e minimale, quasi ad appianare in orizzontale, immagini che spesso sprofondano verticalmente, una dentro l’altra, a scatole cinesi. Lo stile riflette e costruisce visivamente la narrazione, lo smarrimento, la sensazione di soffocamento: luoghi e personaggi si delineano con tratti forti, precisi, neoespressionisti, che assumono ancora più forza nei riferimenti autobiografici in cui il poeta è uomo sincero di fronte alle sue proprie miserie.
Parallelamente, le elisioni sintattiche, l’uso o il rifiuto cosciente della punteggiatura, la ridondanza di certe immagini, sono indicazioni dello scivolamento del poeta che perde contatto con la realtà concreta e corporea, raccontando il caos dall’interno. Questo movimento appare chiaro nella progressione delle varie sezioni che compongono il testo – il particolare tra Ieud (I) e Ieud (II) – mentre la percezione del mondo esterno si ripiega su se stessa e affonda in un sottosuolo umano, verso il basso in tutti i sensi, e lo stile si complica. Non si parla più al singolare ma per voce di un “noi”, in cui la grammatica dell’uno sembra quasi sciogliesi in una sintassi polifonica. Ancora, peculiarità di questa scrittura poetica è la tendenza a razionalizzare i concetti in forma di parabola. La sezione vita di un giorno, ad esempio, si compone di testi in molti casi brevi, chiaramente esplicativi, volutamente didascalici.
Collante tra le singole sezione, pur nella loro evoluzione, resta comunque una viva e delicata ironia, nella maggior parte dei casi in forma di auto ironia amara, tragicomica e spesso iperbolica.
Clara Mitola
Olteşului 15, camera 305
(frammenti)
1. come un mesto, maestoso uccello marino
la sfortuna plana sul dormitorio degli uomini soli
di strada olteşului 15.
qui non ci sono che quelli come noi. qui
la vita si beve e la morte si dimentica.
e non si sa mai chi è contro chi, chi con
chi, né quando né perché.
solo il vento a volte porta odore di fumo e stridore di armi
dai campi catalaunici.
quando sali da me, amico, stai attento: alla porta ti accoglieranno
i pidocchi di san josé. c’è il custode qui. ti si butterà ai
piedi. ti dirà dammi cinque lei capo che ti porto sull’altra riva, la porta
è chiusa, questi mi lasciano sempre fuori, mi hanno imprigionato fuori.
tu non ci credi, amico, tu non sai, ieri è venuto l’amministratore
ha spadroneggiato su tutto il pianerottolo, adesso lui è quello che comanda
in questa camera, su questa nave maledetta sotto cui l’acqua si è ritirata
e si è pietrificata qui, al terzo piano.
allora lo paghi, amico, ha lui il timone e si dondola di continuo,
come una volta quando la nave ondeggiava sulle acque.
e se bestemmia lo ascolti devoto: lui quando bestemmia
prega, così come fanno tutti qui.
così farai anche tu presto.
qui non ci sono che quelli come noi.
qui la vita si beve e la morte si dimentica
solo in rari istanti di pentimento e fede, la notte
i muri si assottigliano, si allungano, si innalzano
come un sudario tremante vestito di un corpo non terreno.
ma non si sveglia nessuno e di mattina il dormitorio è di nuovo una
camicia sgualcita, dalle cui tasche usciamo solo noi e basta
solo noi e basta.
qui non ci sono che quelli come noi.
qui la vita si beve e la morte si dimentica.
olteţului 15, camera 305
(fragmente)
1. ca o amară, mare pasăre marină,
nenorocul pluteşte peste căminele de nefamilişti
din strada olteţului 15.
aici nu stau decît doar cei ca noi. aici
viaţa se bea şi moartea se uită.
şi nu se ştie niciodată cine pe cine, cine cu
cine şi cînd şi la ce.
doar vîntul aduce uneori miros de fum şi zgomot de arme
dinspre cîmpiile catalaunice.
cînd urci la noi, amice, ai grijă: la uşă o să te întîmpine păduchele
de san-josé. e paznic aici, o să ţi se gudure la
picioare, o să-ţi zică dă-mi nene cinci lei să te trec apa, uşa
e-nchisă, ăştia mă lasă tot timpul afară, m-au întemniţat afară.
tu nu-l crede, amice, tu nu ştii, a venit ieri administratorul
l-a făcut şef peste tot palierul, el este cel care cîrmuieşte acum
camera asta, corabia asta blestemată de sub care apele s-au tras
şi a rămas încremenită aici, la etajul trei.
deci plăteşte-i, amice, el e cîrmaciul, se clatină mereu
ca-n vechime cînd vasul sălta peste ape.
iar dacă-njură ascultă-l cucernic: el cînd înjură
se roagă. aşa cum fac toţi aici.
aşa ai să faci şi tu curînd.
aici nu stau decît doar cei ca noi.
aici viaţa se bea şi moartea se uită.
numai în rare clipe de căinţă şi credinţă, noaptea,
zidurile se subţiază, se alungesc, se înalţă
ca un giulgiu tremurător îmbrăcat de un trup nelumesc.
dar nu se trezeşte nimeni şi dimineaţa căminul e iar o
cămaşă boţită din buzunarele căreia ieşim numai noi şi atît,
numai noi şi atît.
aici nu stau decît doar cei ca noi.
aici viaţa se bea şi moartea se uită.
4. (arco di trionfo)
questo faccio adesso: torno a olteşului 15.
è venerdì ed è sera.
da venerdì fino a lunedì non abbiamo più di che vivere.
allora hans si infuria e compra alcool sanitario
e zoli si infuria e compra alcool sanitario
ed io mi infurio e dico anch’io perché
e loro dicono perché e dopo mescoliamo
tutto con acqua e cominciamo ad essere felici.
non dicono più perché, io non lo dico più.
da venerdì fino a lunedì non ci sentiamo più.
prendiamo ognuno una porzione e cominciamo ad essere
un po’ meno infelici, un po’ meno vivi.
e fino a domenica notte tutto è OK
e non conta se o se no.
si affaccia hans alla finestra e zoli alla finestra ma
non c’è nave che appaia da corinto.
e dicono che non è ancora lunedì e io dico ancora no.
e ad olteşului c’è di nuovo grande allegria.
viene il venerdì e da venerdì fino a lunedì
è il nostro giorno notte giorno libero
e cantiamo da far tremare le stanze –
marinai navigati che sperano una domenica di veder arrivare
all’orizzonte, tra i bloc di colentina,
la nave da corinto.
e il lunedì, quando siamo tutti via, alla fine arriva
anche qui il Figlio a redimere;
con la camicia sporca, gli occhi gonfi d’insonnia,
con la bottiglia vuota in una mano, barcollando e borbottando.
si arrampica per le scale fino alla trecentocinque, allunga la mano e dice:
legami al suo legno, per dormire un po’anch’io, amico.
4. arcul de triumf
asta fac acum: mă întorc pe olteţului 15.
este vinerea şi este seară.
de vineri pînă luni nu mai am la ce trăi.
atunci hans se înfurie şi cumpără spirt sanitar
şi zoli se înfurie şi cumpără spirt sanitar
şi eu mă înfurii şi eu şi zic la ce
şi ei zic la ce şi după asta îndoim
totul cu apă şi-ncepem să fim fericiţi.
ei nu mai zic la ce, eu nu mai zic.
de vineri pînă luni nu ne mai auzim.
ne luăm porţia fiecare şi începem să fim
mai puţin nefericiţi. mai puţin vii.
şi pînă duminică noaptea totu-i OK.
şi nu mai contează dacă sau dacă nu.
iese hans la geam şi zoli la geam însă
nici o corabie nu mai apare dinspre corint.
şi ei zic nu-i încă luni şi eu zic încă nu.
şi pe olteţului e iarăşi veselie mare.
vine vineri şi de vineri pînă luni
e ziua noaptea ziua noastră liberă
şi cîntăm de tremură încăperile –
marinari încercaţi care speră ca-ntr-o duminică să vadă sosind
la orizont, peste blocurile din colentina,
corabia dinspre corint.
iar luni, cînd toţi sînt plecaţi, soseşte în sfîrşit
şi aici Fiul ca să mîntuiască:
cu cămaşa murdară, cu ochii umflaţi de nesomn,
cu sticla goală-ntr-o mînă, clătinîndu-se şi lălăind.
se caţără pe scară la treisutecinci, îşi întinde mîinile şi zice:
leagă-mă de lemnul ei, să dorm şi eu puţin, amice.
vita di un giorno
(frammenti)
12 ottobre 1992
torno a casa dopo anni e anni di
cammino per bucarest
e torno con una sacco vuoto in mano
e lei appare sulla soglia e mi dice ma
tesoro mio, dicevi che avresti guadagnato,
dicevi che tu in due anni avresti guadagnato quanto gli altri in quattro
e ora guarda non porti nulla.
ma guardate cari, non ho guadagnato davvero niente.
e porto a casa così tanto niente quanto
nessun altro ha potuto raccogliere in questi due anni.
non ho potuto nemmeno trasportarlo da solo tutto
il niente che ho guadagnato.
dietro di me ci sono carri stracolmi di niente,
quasi schiantati dal peso.
quando si scaricheranno nel nostro cortile,
nessuno avrà tanto niente come noi.
in un anno o due sarà più ricercato dell'oro.
lo venderemo solo al prezzo più alto.
siatene certi, cari, tanto niente non ce l'ha nessuno.
ho passato due anni a raccoglierlo pensando solo a voi.
viaţa de-o zi
(fragmente)
12 octombrie 1992
mă întorc acasă după ani şi ani de
umblat prin bucureşti
şi mă întorc cu o plasă goală în mînă
şi iese ea la poartă şi îmi zice păi,
dragul nostru, parcă ai zis că mergi la cîştig
parcă ziceai că tu, în doi ani, o să cîştigi cît alţii în patru
şi uite că acum n-aduci nimic.
ba, uite, dragilor, chiar nimic am cîştigat.
şi aduc atîta nimic acasă cît n-a putut aduna
nimeni în ăştia doi ani.
nici n-am putut căra de unul singur atîta
nimic cît am cîştigat.
în urma mea vin carele-ncărcate cu nimic,
gata să se rupă sub greutate.
cînd or să se deşarte toate-n curtea noastră,
nimeni n-o să aibă atîta nimic ca şi noi.
într-un an, doi, o să fie mai căutat decît aurul.
o să vindem din el numai cînd va fi la mare preţ.
fiţi siguri, dragilor, atîta nimic n-are nimeni.
doi ani am tot adunat numai cu gîndul la voi.
12 ottobre 1992
sono un uomo solo. non c’è nulla di cui vantarsi. solo ci sono
orde di infelici che vagano e cercano
altri infelici - solo che tra infelici e infelici
esistono numerose soglie di infelicità,
alcuni hanno molti soldi, altri hanno speranze
vane – non esistono infelici di un solo tipo.
e quando, nonostante tutto, si uniscono,
gli infelici fanno rivoluzioni, dopo di che
gli si porta via tutto.
12 octombrie 1992
sînt un bărbat singur. nu-i nici o mîndrie în asta. doar sînt
hoarde de nefericiţi care umblă şi caută
alţi nefericiţi – numai că între nefericiţi şi nefericiţi
sînt mari praguri de nefericire,
unii au bani mulţi, alţii au speranţe
deşarte – nu există doar nefericiţi
de-un singur fel.
iar cînd, totuşi, se unesc,
nefericiţii fac revoluţii, după care
li se ia totul.
12 ottobre 1976
da quattro generazioni, dietro casa nostra scorre
un ruscello di sangue oscuro.
da anni, mio padre lo copre con paglia e foglie
perché i vicini non sappiano. anche suo padre lo copriva con paglia e foglie.
e forse tra non molto toccherà anche a me coprirlo,
perché non è bene che i vicini sappiano cosa scorre lì.
in primavera anche noi fingiamo di arare e seminare
per sembrare in linea col mondo
in autunno anche noi fingiamo di raccogliere i frutti della terra
per assomigliare agli altri, perché non notino nulla,
ma in realtà non facciamo altro che aspettare,
tenere d’occhio chi ce la fa, uno tra noi
di sicuro ce la farà.
passiamo le giornate a odiare il prossimo che si salverà
anche se chi è in salvo, lo è solo fino alla prossima volta.
intanto sul ruscello scorre un rivolo di
sangue oscuro, lo copriamo da anni con
paglia e foglie,
non è bene che i vicini sappiano cosa scorre lì,
anche noi dobbiamo sembrare in linea col mondo.
12 octombrie 1976
de patru generaţii, în dosul casei noastre curge
un pîrîu cu sînge întunecat.
de ani şi ani, tatăl meu îl acoperă cu paie şi frunze
să nu afle vecinii. şi tatăl lui îl acoperea şi el cu paie şi frunze
şi poate că va fi rîndul meu să-l acopăr curînd,
pentru că nu-i bine să afle vecinii ce curge acolo.
primăvara ne facem şi noi că arăm şi semănăm,
ca să pară că sîntem în rînd cu lumea.
toamna ne facem că strîngem şi noi roade,
ca să semănăm cu ceilalţi, să nu se bage de seamă,
dar de fapt nu facem decît să aşteptăm, să
pîndim cine vine la rînd, unul din noi
sigur vine la rînd.
ne petrecem ziua urîndu-l pe cel care va scăpa, deşi
cine scapă scapă doar pînă la o dată următoare.
în timpul ăsta, pe pîrîu se scurge o şuviţă de
sînge întunecat, îl acoperim de ani şi ani cu
paie şi frunze,
nu-i bine să afle vecinii ce curge acolo,
trebuie să părem şi noi în rînd cu lumea.
Ieud senza uscita (I)
(frammenti)
5. un giorno ci svegliamo vivi e non sappiamo che ci succede
chiediamo perché e rispondono domani o dopodomani avrete
la prima apparizione, è necessario che vi prepariate a parlare,
abbiate cura di ciò che direte, tutto ciò che direte è contro
il vostro interesse, qui siamo a ieud ovunque vogliate
fuggire siamo a ieud.
ieudul fără ieşire (I)
(fragmente)
5. ne trezim într-o zi vii şi nu ştim ce-i cu noi
şi zicem la ce şi ei zic mîine-poimîine aveţi
prima înfăţişare, trebuie să vă pregătiţi să vorbiţi,
aveţi grijă ce spuneţi, tot ce spuneţi este în
defavoarea voastră, aici este ieudul oriunde aţi
fugi este ieudul.
7. bussiamo alla porta perché ci aprano e ci
lascino uscire, ma dall’altra parte non ci sentono e
bussano anche loro per farsi aprire e poter uscire,
e quando si apre ritroviamo noi stessi
ma non ce ne accorgiamo e diciamo vogliamo uscire
e loro dicono vogliamo entrare, non portate via la porta,
all'uscita non avremo cosa aprire,
resterà un vuoto nella parete,
non avremo più da dove uscire.
7. batem în uşi să ne deschidă să ne
lase să ieşim, dar cei de dincolo nu ne aud şi
bat şi ei în uşi să-i deschidem să iasă
şi cînd se deschide dăm tot peste noi
dar nu ne luăm în seamă şi zicem noi vrem să ieşim
şi ei zic vrem să intrăm, nu luaţi cu voi uşa
n-o să avem ce descuia la ieşire,
o să rămînă gol în perete,
n-o să avem pe unde ieşi.
Ioan Es. Pop
Traduzione di Clara Mitola
(n. 3, marzo 2012, anno II)
Nota bio-bibliografica
Ioan Es. Pop nasce il 27 marzo del 1958 nel villaggio di Vărai, distretto del Maramureş. Dopo la laurea in Filologia (1958), insegna per sei anni lingua romena nel comune di Ieud. Nel settembre1989 si trasferisce a Bucarest, dove lavora come operaio non qualificato nel cantiere della Casa del Popolo. Fino al 1992 abiterà nel condominio degli scapoli della strada Olteşul 15. Attualmente lavora come redattore presso la casa editrice Paralela 45.
L’opera d’esordio, la raccolta Ieudul fără ieşire (Editura Cartea Românească, 1994), sarà insignita con il Premio di Debutto dell’Unione degli Scrittori Romeni e quello degli Scrittori della Repubblica di Moldavia, entrambi ottenuti nel 1995.
Seguono Porcec (Editura Cartea Românească, collana “Poeti di Bucarest”, 1996), Pantelimon 113 bis (Editura Cartea Românească, 1999) premiato dall’Unione degli Scrittori Romeni, vincitore del premio “Mihai Eminescu” dell’Accademia Romena e di quello per la Poesia della Città di Bucarest. Segue l’antologia Il ponte (Editura Cartea Românească, collana “Hyperion”, 2000), La Preghiera d’antracite (volume bilingue in romeno e inglese, Editura Dacia 2002) e la raccolta S-passo Pedonale (Editura Paralela 45, 2003), premiata dall’Associazione degli Scrittori Professionisti Romeni e dall’Unione degli Scrittori Romeni nel 2004. È dello stesso anno la raccolta bilingue, I Mondi Lividi (in romeno e inglese, Editura Istituto Culturale Romeno, 2004), a cui segue l’antologia No Exit (Editura Corint, collana “Scrittori Romeni”, 2007) e ancora in edizione bilingue, Un carro carico di niente (in romeno e tedesco, Editura Bruman, 2008). Tra il 2006 e il 2010, Ioan Es. Pop ha ottenuto il Grande Premio Balcanico del Festival Internazionale “Notti di Poesia della Corte di Argeş”, il Grande Premio del Festival Internazionale di Poesia “Nichita Stănescu” nel 2008 e il Premio Niram Art nel 2009 a Madrid.
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