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Guido Monte: Un esperimento di «blending» poetico
Questo esperimento poetico di linguistic blending, di collatio di frammenti di testi latini poi ritradotti parzialmente in tre lingue moderne, nasce da una “ricostruzione creativa” all’interno di miei vecchi studi di tecnica di contaminazione letteraria, idee che ho poi riassunto e definito come “Multilinguismo cosmopolita”. A ciò si è aggiunto l’intervento di Francesca Saieva, che ha commentato queste mie ultime rielaborazioni con sue associazioni letterario-filosofiche, e ha poi introdotto tutto l’insieme. Le traduzioni sono invece mie (in Italiano), di Laura Costantini (in Inglese) e Rosa Maria Costa (in Francese).
Introduzione di Francesca Saieva
Con mente pura, di colui come «chiaroveggente che non vuol vedere» (Canali), «la divina Psiche contempla con occhi affascinati tutte le vite e tutti i mondi» (Schuré). Tra cose del cielo e della terra: metamorfosi che adempiono al mistero, a ciò che vi è racchiuso. Nel tempo che unifica nel suo evolvere: il passaggio dalla cosmogonia fisica alla cosmogonia spirituale. Le lacrime di Saturno scandiscono il tempo, e la storia celeste di Psiche si veste di grazia nella rielaborazione poetica di ciò che originariamente è già poesia, perché se «veduto attraverso il prisma della vita spirituale, un sistema solare – scrive Schuré – non costituisce soltanto un meccanismo materiale, ma un organismo vivo, un regno celeste, in cui le anime viaggiano di mondo in mondo, come il soffio di Dio che le anima»; secondo una concezione fenomenologico-esistenziale i suoi riflessi raccolgono partecipazione emotiva, quale coscienza di una Weltschmerz. Tale è la prospettiva di Monte in Mente Pura, blending di frammenti di poesia latina - con un mio nuovo tentativo di ‘ricollocazione’ in prosa - descrizione di un universo mobile, le cui apparenti cose naturali, nell’impronta dell’Uno, fermano il ricordo di ciò che è stato, di dolore o inganno, fallibilità del suo tempo allo sguardo vigile di «alberi pazienti», natura spettatrice di un inesorabile destino. Leuconoe si ‘smaterializza’, perdendo la sua identità, compie il suo viaggio esistenziale e nell’attimo del risveglio la sua anima sembra dire: «io non sono di questo mondo, perché esso non basta a spiegarmi» (cfr. Schuré). E la filosofia naturalistica, e tracce pitagorico-epicuree rivivono nei versi scelti da Monte per rispondere ai misteri della natura, al fluire delle passioni, alla volontà dell’agire, tra richiami nostalgici e impeti dettati dalla speranza, di un tutto risolvibile nella dimensione onirica, nell’estraneità del risveglio di ciò che definiamo umano, esule in «una terra remota dalla terra» (Ovidio). La trasparenza emotiva di Catullo, il senso del mistero lucreziano, il fato e la temporalità in Virgilio, il disordine esistenziale di Petronio, la mediazione in Orazio, il movimento e la «teatralità» ovidiana, si supportano vicendevolmente sotto lo sfondo di una spiritualità più antica: quella di Ennio. La poesia malinconica di Monte usa quindi l’‘antico’ nello sperimentalismo, distaccandosi però da sue tecniche usuali di linguistic blending, per dare spazio in termini contenutistici a tematiche esistenziali, rafforzate dalla varietà di stile della poetica latina da cui Monte trae il lirismo (mutandone a volte il significato originario) e da mie ‘associazioni mentali’, flusso d’idee nel testo, quasi a mostrarne la sua plasticità. Perché è nella mescolanza di contenuti (oltre che di linguaggi), matrice eliottiana nonché borgesiana di Monte, che la frammentarietà del tutto trova unità, e i motivi tradizionali non hanno più contorni definiti, non più confini di pensiero, perché la scrittura esige universalità e la rielaborazione poetica si fa genesi cosmica di ciò che eternamente diviene trasformandosi. La trasfigurazione poetica di Leuconoe, già presente in Orazio,nel suo valore introspettivo, si accentua al punto da perdere, nella rivisitazione montiana, il suo significato originale, riacquistando altresì autenticità, veicolo sottile dell’anima, Psiche o semplice mente pura. E l’introspezione, nella ricerca dell’autore, muove dal finito all’infinito, dall’esterno all’interno, dal visibile all’invisibile, coscienza di un mondo che nasce e muore senza dissolversi: come dice Ennio, «nella notte dai suoi raggi una luce bianca, e, dall’alto, improvvisamente si alzarono due ali meravigliose».
Incipit
(frammenti di Ennio, Lucrezio, Catullo, Petronio)
clara tuae possim praepandere
e spero di espandere nella tua mente
immagini luminose lumina menti
e attraverso tu t’immerga penitus convisere possis
dentro i misteri
I just hope to lit
your brightest light
so I know you’ll finally see
deep down
dans les mystères res quibus occultas
o magna templa caelitum
commixta stellis splendidis
immense worlds
of celestial beings
mélangés aux astres resplendissants…
aut quam sidera multa cum tacet nox
et ainsi tant d’étoiles,
lorsque la nuit est silence
in vento et rapida scribere
oportet aqua dans le vent
et dans l’eau rapide
interea sol albus recessit
in infera noctis
meanwhile the pale sun hid
in the night depth -
exin candida se radiis dedit
icta foras lux
et simul ex alto longe pulcerruma praepes
laeva volavit avis
intanto il sole pallido si era nascosto
nelle profondità della notte
entre-temps le pâle soleil s’ètait caché
dans les profondeurs de la nuit –
poi venne fuori, sollevata dai suoi raggi,
una luce bianca, by his rays driven…
and high up, to the left,
awesome wings
deux ailes merveilleuses
nos non pluris sumus
quam bullae
non siamo nient’altro
que des bulles de savon
that’s all we are
nous ne sommes rien d’autre
Tra armonia di sfere un «veicolo sottile», per due limiti fatali. E il cielo di Saturno offre splendore all’occhio, melodia all’orecchio. Nell’attimo in cui ciò che è prima adesso muore, e ciò che è dopo si ricongiunge. Così la divina Psiche scrive la storia dei mondi, poiché la sua luce ne contempla le vite. E l’Eterno unifica ciò che il suo Soffio ha animato. Dagli amori del Cielo e della Terra, dai misteri dello Sposo e della Sposa divina: l’odio e l’amore, il segreto dei mondi (Schuré). L’arcano si scioglie. Ma per me soltanto ‘finestre’, e ho lasciato andare le stelle alla notte […] dove passano le lune artificiali (Hikmet).
leuconoe
(frammenti di Orazio)
vides ut alta
stet nive guarda, il Soratte si distende
bianco di strati di neve, candidum Soracte
nec iam sustineant onus
silvae laborantes que les arbres fatigués
ne soutiennent plus
le poids de neige
tu ne quaesieris do not, do not ask, Leuconoe
scire nefas
quem mihi quem tibi finem di dederint
Leuconoe
ciò che ti è destinato,
ciò che mi è destinato –
ne fais pas de questions,
ô Leuconoe, sur nos destinées,
do not play the Babylonian dice
et ne les demande pas
aux dés de Babylone…
nec Babylonios temptaris
numeros
et spatio brevi
spem longam reseces
e solo in un soffio
and in a short breath
renferme un long espoir
immortalia ne speres
monet annus non affidarti troppo a ciò che dura,
ti ricorda il tempo te suggère le temps
et almum
quae rapit hora diem
sweeping away the pale day
pendant qu’il t’envole
la jeunesse et la vie
carpe diem
quam minimum credula postero
seize the moment –
vis le présent,
comme le seul vrai –
car le futur ne donne
ni certitudes
ni sûretés
Tra le nubi una clessidra, ricomincia il movimento (Handke). Crono dal «dente acuto» non invecchia. Padre dei giorni, i suoi figli: Etere e Chasma. (Sorel). Geschöpflichkeit. Weltscmerz. Nel ‘baratro’ non un diverso tempo, poiché il Sempre permane, nell’adesso (Dickinson). Ma se una sola nube si sciogliesse in cielo (Tennyson), tu non domandare. Metis imperitura. Ananche. Necessità di un Sì che non muore mai (Heidegger). Guarda gli alberi pazienti, seguono il tempo «fiume di eventi» (M.Aurelio), perché «run softly till I end my song» (Eliot); e il futuro? Basta con le domande (Handke).
haikai
(frammenti di Virgilio)
et iam nox umida ecco l’umida notte
caelo praecipitat sneaking in from the blue
la nuit
humide qui tombe du ciel
et iam summa procul villarum
culmina fumant
and the smoking houses
already visible
while long shadows come down
from tall mountains
maioresque cadunt
altis de montibus
umbrae e alte ombre
scendono da alte montagne
et des ombres grandes
descendent
de hautes montagnes
stat sua cuique dies
breve
et irreparabile tempus
omnibus est vitae
tutto è scritto,
also man’s brief,
no returning time
chacun a son destin
et le temps de l’homme
est bref et sans retour
Lichtung. Equivocabile prossimità di una città irreale. «Essenza» contrapposta al fatto (Stein). Oltre il ponte ciascuno lasci il suo nome (Schurè), lo stanco passo affondi in the earth in forgetful snow (Eliot). Quale voce? Ormai è tempo. Così la volontà dei fati ispira il canto: «Filate tali secoli» (Virgilio). E tra le pieghe di un ‘velo’ ondeggia la vita e «il vento, nel suo cammino, non fa che girare». Silenziosa, l’oscurità scivola dal cielo. Sì, ora io so che «il mare non si empie mai» (Ecclesiaste).
lontano
(frammenti di Ovidio)
ante mare et terras
et quod tegit omnia caelum
unus erat toto naturae
vultus in orbe
quem dixere chaos
prima del mare, delle terre,
del cielo che copre tutto,
et avant le ciel qui tout domine,
l’unico volto del cosmo
lo dissero caos
they say chaos was
cosmos’ only face
le seul visage du cosmos
on l’appela chaos
vix ita limitibus dissaepserat
omnia certis
cum quae pressa diu
massa latuere sub illa
sidera coeperunt toto
effervescere caelo
no sooner had He marked
the boundaries –
che le stelle,
trattenute da troppo tempo,
coprirono finalmente
il cielo di luce
then the stars, for too long kept,
prisonnières pour longtemps
couvrirent finalement
le ciel de lumière
nondum caesa suis peregrinum
ut viseret orbem
montibus in liquidas
pinus descenderat undas
nullaque
mortales praeter sua litora norant
non era stato ancora reciso
il tronco dai monti,
per scivolare sulle onde
e vedere luoghi lontani
pour connaître
de nouveaux mondes –
only our lands
we knew
on connaissait seulement
nos terres
cetera diversis tellus
animalia formis
sponte sua peperit
postquam vetus umor
ab igne percaluit
e la terra da sé
partorì i viventi,
when the ancient mud caught life,
dans la chaleur du soleil
nobis habitabitur orbis ultimus
a terra
terra remota mea
abito l’ultimo mondo, le dernier monde,
una terra remota dalla terra
the last world I live,
a strange land
une terre loin de la terre
Tra le acque un firmamento» (Genesi), in un tempo privo di cose esistenti quando l’ente è niente e la natura delle cose ama celarsi (Eraclito). Come ciò che è «cangiante», «mosso», saivalô da soffio fresco (Jung). L’uomo folle cerca «et ignotas animum dimittit in artes» (Ovidio, v.188). Mein Flügel ist zum Schwugbereit (Scholem). Nei limiti certi di una storia universale, il cosmico divenire nel continuo temporale compie il suo Atto.
E la materna terra nutre l’essere tra lapilli di un fuoco eternamente vivo (Eraclito). E l’orecchio vede e l’occhio ascolta echi incomunicabili di luoghi invisibili. Tra orme sabbiose, fantasmi della memoria si lasciano avvicinare, «son venuti al villaggio caucasico tra le zampette delle api come grosse gocce di miele dalla mia giovinezza» (Hikmet). Ora che abito l’ultimo mondo, ora che «l’origine è la meta» (Kraus)
Testi selezionati e “blendizzati” da Guido Monte, introduzione e commenti di Francesca Saieva
Fonti
Catullus, Carmina, 7, 7-8 ; 70,4
Ennius, Hecuba, fr.104 ; Annales, fr. 5
Horatius, Carmina, 1,11 ; 1,9 ; 4,7
Lucretius, De rerum natura, I, 144-145
Ovidius, Metamorphoses, I, 5-7 ; I, 69-71 ; I, 94-96 ; I, 416-418 ; Tristia, I, 127-128
Petronius, Satyricon 42,5
Vergilius, Bucolica, I, 82-83 ; Aenis, X, 467-468 ; II, 8-9
(n. 1, gennaio 2012, anno II)
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