Anteprima di un evento editoriale: un nuovo volume italiano di Dinu Flămând

La casa editrice Raffaelli di Rimini sta preparando la pubblicazione in lingua italiana di un nuovo volume di poesie di Dinu Flămând, il più recente, Uomo con remo in spalla (Om cu vâslă pe umăr, Tracus Arte 2020), volume che nel 2021 ha aggiunto ai numerosi premi nazionali e internazionali conferiti durante gli anni a questo grande poeta, anche il massimo premio letterario romeno, il Premio Nazionale dell’Accademia Romena.
Dinu Flămând, traduttore, saggista, critico letterario, giornalista, ma prima di tutto, e soprattutto, poeta, è stato già varie volte presente nella nostra rivista (ricordo solo l’intervista del n. 9 del 2015, le poesie pubblicate nel n. 7-8 del 2017 o nel n.10 del 2018). I suoi volumi di versi sono stati tradotti in moltissime lingue e pubblicati da case editrici prestigiose di tutti i continenti. Insigne traduttore dalle lingue romanze, le sue traduzioni hanno fatto conoscere in Romania poeti e scrittori contemporanei europei e sudamericani di primissima importanza. Grande cultore della poesia italiana del Novecento, ha pubblicato nella nota collana bilingue Biblioteca Italiana della casa editrice Humanitas due importanti antologie che raccolgono la sostanza della creazione poetica di Umberto Saba e di Mario Luzi. Il volume italiano in preparazione sarà il terzo volume delle sue poesie pubblicato in Italia, dopo La luce delle pietre, (Antologia 1998-2009, edizione bilingue, Ed. Palomar, Bari, 2010, a cura dell’insigne romenista Giovanni Magliocco) e Ombre e Falesie (edizione bilingue, traduzione di Smaranda Bratu Elian, illustrazioni di Savina Tarsitano, Raffaelli Editore/POESIA, Rimini, 2018).
Il titolo del nuovo volume riprende un verso dell’Odissea che intende caratterizzare in questo modo la maggior parte delle poesie del volume: impressioni e meditazioni destate dal continuo peregrinare dell’autore, Ulisse moderno, per il mondo. Le impressioni legate ai luoghi si intrecciano con quelle ispirate a opere d’arte o a personaggi storici o ad artisti evocati dai rispettivi luoghi, e dappertutto il presente si mescola con il passato, i ricordi d’infanzia con quelli letterari, i sogni con le riflessioni filosofiche o politiche. E benché varie come ambientazione, problematica e tonalità, in tutte le poesie aleggia una speciale malinconia legata all’approssimarsi della vecchiaia intessuta di una profonda sfiducia nel futuro dell’umanità.
Dato che una serie di poesie rappresentano letture personali di opere d’arte incontrate nei suoi viaggi, voglio offrire ai nostri lettori tre poesie ispirate da tre celebri dipinti italiani scoperti da Dinu Flămând in occasione delle sue e nostre visite in Italia. La prima poesia evoca il quadro di Caravaggio Conversione di San Paolo (1600), che si trova a Roma, nella chiesa di Santa Maria del Popolo, la seconda, un altro quadro di Caravaggio, Martirio di Sant’Orsola (1610), che si trova nel Palazzo Piacentini a Napoli, il terzo è l’affresco intitolato Il Mondo Nuovo (1791), dipinto da Giandomenico Tiepolo per la sua villa di campagna, ora nel Museo del Settecento di ca’ Rezzonico di Venezia. Guardando i quadri si capirà quanto personale e varia è la lettura di queste tre ékphrasis.
 

 

Caravaggio (I)


Senza dubbio sapeva benissimo
cavalcare, e la strada non sembra avere
buche nascoste, né qualche belva nel buio della notte
sembra aver spaventato il cavallo – piuttosto il mite
animale macchiato di miele lunare con la testa
china verso il cavaliere sembra parlargli, mentre lo zoccolo
ferrato del piede anteriore
schiva l’uomo a terra.

Però la luce, sì, percuote entrambi obliquamente
come scendendo da un cielo
bucato e sfrigolando sul volto del soldato
prolungata sulle braccia alzate adoranti
uno spavento
che lo inchioda a terra
anche dopo che il corpo è precipitato nella polvere...

E se in quella tenerezza violenta
in cui sonnecchiava già la sua giovane sensibilità
Caravaggio non ha messo se stesso come avrebbe
fatto più tardi in quasi tutti i suoi momenti
di estasi rivelata (anche se il viso dell’uomo steso a terra
che guarda a occhi chiusi verso il cielo pare che gli somigli...),
noi possiamo supporre che nei paraggi
ci deve essere anche lui

perché “la vocazione” è arrivata prima a lui
ed è la sua fronte ad esser stata colpita
dallo zoccolo di quella luce.

Roma, marzo 2019

 

 

Caravaggio (II)

Morde l’aria ad occhi semichiusi
alzando la fronte verso un cielo interrogativo
non sapendo bene come sia capitato
nella scorta di sant’Orsola diretto lui pure
verso il luogo del supplizio e quasi toccando
la spalla di quella rassegnata

fra soldati con archi e lance e corazze di ferro
spinto da un’invisibile folla ha ritratto se stesso
come schiacciato nel gruppo dei carnefici
qualche settimana prima, dicono, che chiuda
gli occhi per sempre

(a volte delle forze oscure apparse non si sa perché
nel cammino della nostra vita ci spingono
nel centro dell’orrore dove l’attimo decide
qualcosa per noi senza che noi possiamo esprimere
altro che soffocamento

e quando la lama della luce fende le tenebre
attraverso l’incrinatura si riversano
nell’aria certi fatti che ci scelgono
senza chiedercelo).

Il volto della santa svia verso il suo una parte
di quella luce interiore da lui inventata
per impietrire sempre l’essenziale
al centro del presente
...esaltazione di un momento
unico e irripetibilie nella serie
che forma la nostra unica vita.

Innumerevoli caravaggeschi
si sono poi sparpagliati al nord
e al sud di quei territori papali,
tutti con la fretta di comperare
le candele più grosse
per accenderle al centro di altre immagini...
ma il miracolo
non s iè ripetuto...

All’ora del tramonto io scorgo livide
nuvole aggrovigliate nel cielo verso
Castel dell’Ovo  e ad un tratto un raggio di sole
trafigge le acque del golfo segno che lassù,
al centro, si decide qualcosa...

Napoli, gennaio 2019

 

 

Il Mondo Nuovo


Di spalle verso noi stessi
scrutiamo il futuro dove noi stessi siamo assenti;
gran furbacchione Tiepolo, figlio: ammucchia sulla sponda del mare
una folla di perditempo (commesse, venditori, dame
ben vestite pigiate fra straccioni, un arlecchino,
un nobile incipriato, ragazzaglia e cani, ogni sorta di natiche
allineate contro l’orizzonte) - ma nessuno
che guardi il mare lontano le nuvole infinite
dove, si suppone, abita
il FUTURO...

Tutti guardano attraverso un buco il diorama
nascosto, davanti a loro, sotto una tenda
dove forse sempre lui raffigurò uomini a tre braccia, liocorni
ferrati o balene gigantesche che inghiottono tutto
quel mondo nuovo pieno di papagalli selvatici, di incredibili demoni;

e perché l’effetto sia ancora più smaliziato
ci mette di profilo suo padre, stupito,
e non lontano se stesso, pure lui stupito,
anche se leggermente ironico... come se ci desse un bidone.

Ma chi sarà il personaggio alle nostre spalle
arrampicato su uno sgabello
che ci colpisce in testa con una lunga asta
quando sbarrando troppo gli occhi
ci accalchiamo ai buchi?

                                                Ca’ Rezzonico, Venezia, aprile 2018


A cura di Smaranda Bratu Elian
(n. 6, giugno 2023, anno XIII)