«Purificazione del ricordo». Versi di Dieter Schlesak in edizione bilingue

«Schlesak è il poeta della patria negata. Ma dal senso d’estraniamento da viandante schubertiano che ovunque lo accompagna, egli riceve in cambio un maggiore angolo visuale, non limitato a particolarismi nazionali». Così Stefano Busellato nell'introduzione all'antologia SETTANTA VOLTE SETE / SIEBZIG MAL DURST, pubblicata per i tipi delle Edizioni ETS nel 2006, di cui pubblichiamo una selezione di versi in edizione bilingue, tedesca e italiana.






Siebenbürgen

Was war heißt Grummet
und strohgelb der Staub
die Pferde wiehern
Ställe Dung
da steckt eine Gabel im
rauchenden Berg
der scharfe Geruch
Eine Schwalbe berührt den
Gassenstaub Sternchen
im grauweichen warmen
Mehl
die ersten schweren Tropfen
fallen
Und wir im Regengeruch
und Donner
wir laufen noch immer
barfuß
nach Haus.



Transilvania


Veniva chiamato Grummet
e giallo paglierino della polvere
nitrire di cavalli
stalle letame
c’è là una forca nel
monte fumante
l’odore acre.
Una rondine sfiora la
polvere del vicolo
piccole stelle
su grigiomolle calda
farina
le prime pesanti gocce
cadono
E noi in odore di pioggia
e di tuono
corriamo ancora
a piedi nudi
a casa.

(Traduzione di Benedetta Zavatta)





ERINNERUNGSBEREINIGUNG

Am Mund zieht Mundart heim. Und zieht
datt er mer wiehdiet. Mother.
Die Aufsicht weit. Die Brille da am Satz.
Sag kanns in dir auf deutsch noch klingen?
So möcht ich mundartlich die Stundentürme/ wieder
wachsen lassen. In Scheßbrich bis zum Sommerhimmel.
Im Abend blau und rauchig zieht der Feuerqualm aus.
Und aus dem Wort in dich. Der nicht mehr spricht.
Und dies was nicht mehr ist. Es beißt die Augen.
Die Zeit fließt durch uns durch wie durch ein Sieb.
Der letzte Kindheitsgeist verliert sich
ungesprochen. Und sein Gesicht/ wird morgen grau.
Daß es mir wehtut. Mutter



PURIFICAZIOBE DEL RICORDO


Venendomi alla bocca il dialetto mi riporta a casa.
E mi dice ghe me fa mal. Mare.
Ampia la prospettiva. Gli occhiali qui sulla frase.
Dimmi, ti suona ancora bene, in tedesco?
Così vorrei far ricrescere/ in dialetto
i campanili. In Scheßbrich fino al cielo estivo.
Nella sera blu e fumoso si disperde in smog il fuoco
e dalla parola in te. Che non parla più.
E questo che non c’è più. Morde gli occhi.
Il tempo se ne scappa da noi come attraverso un setaccio.
L’ultimo guizzo d’infanzia si perde
informulato. E il suo volto / domani sarà grigio.
Che mi fa male. Madre.

(Traduzione di Benedetta Zavatta)





WIR LEGEN AB
unsere braven Häuser Kalender
Blätter mit Kindern ab
auf den Dachböden stehn sie
die alten Gefühle
wie Attrappen


ACCANTONIAMO

i nostri ubbidienti calendari domestici
fogli privi di bambini
in piedi su in soffitta stanno
i vecchi sentimenti
come trappole.

(Traduzione di Stefano Busellato)




SCHON SEIT DER KINDHEIT

diese Illusion zu Tisch
Versatz und Alltagsstücke
Anekdoten unaufhörlich
im Detail sich selbst erzählend:
Die Zeit vertreiben, die uns hier
durchgeht.
Die Putzfrau etwa
die voller Geduld
den Boden reinigt
die Fußtritte löscht
mit denen wir auf ihm stehn:
So dass ihn Gott/ immerzu für unsere
Bequemlichkeit erhalte.
 


GIA DALL’INFANZIA

quest’illusione servita a tavola
pegni e pezzi di quotidianità
aneddoti che incessanti
narrano in dettaglio se stessi:
ammazzare il tempo che qui
ci ammazza.
La donna delle pulizie ad esempio
che piena di pazienza
pulisce il pavimento
cancella i calci
dando i quali stiamo su di esso:
così che Dio / per il nostro agio
continuamente lo conservi.

(Traduzione di Barbara Solombrino)




ICH WEISS NICHT MEHR WER DU BIST

Bist da und ich sehe dich nicht
Bist in mir und ich bin nicht da
Du hast mich gelebt und ich lebe nicht mehr
Du stehst neben mir und ich falle.
Es geht zu Ende was bisher war
Gefühle ziehn noch die Spuren nach
Manchmal ein Feuer das brennen will
Steht in der Nacht und erhellt das Zimmer.
Hunde sind vor dem Fenster ein Auto
Geht fern über mein Gehör ein Berg
Liegt da wie ein großes Tier.
Ich suche deinen Atem.
Wie ist dies alles so fremd
Widersteht dem Auge dem Sinn
Dem Gehör.
Das Vertraute will nämlich singen.



NON SO PIÙ CHI SEI

Sei qui e io non ti vedo più
sei in me e io non sono qui
tu hai vissuto me e io non vivo più
tu stai accanto a me e io crollo.
 

Sta terminando quello che è stato
i sentimenti ancora segnano orme
a volte un fuoco che vuole ardere
sta nella notte e illumina la stanza.
 

Cani davanti alla finestra un'auto
va lontano oltre il mio udito una montagna
come grosso animale coricata
Io cerco il tuo respiro.
 

Com'è straniero tutto ciò
si rifiuta all'occhio al senso
all'udito

La fiducia vuole canto.
(Traduzione di Luigia Poli)




Meinem Sohn

DU GROSSER MEISTER MEINES LEBENS KING
Die Pause in der Flucht wie sie jetzt singt
Du hast sie in die Zeit geboren. Der Sohn
Die Väter / Eine Kette: Von der wir abgefallen
Die uns nun wiederholt / Und mitnimmt Mitgenommene.
Wir sehn uns ins Gesicht
Die Flucht kehrt um.
Ich seh dich unter meinem Haar
Als wär der Tod gelöscht / Du färbst es
Mit Lebensfarbe. Das Grau verwandelt sich
In deinem Schrei.
Die Uhr ist nun zurückgedreht auf Null.
Es ist als gings voran.
Glaubwürdig nannte man es früher.
Es klopft ein wenig Sicherheit im Blut
Als finge nun Geschichte nochmals an.
Die Vatersohnesfolge: als könnte man
Da einfach Veto sagen/ Sie hat sich wiederholt.
Und diese Flucht kehrt sich nun um.
 


A mio figlio


TU GRANDE MAESTRO DELLA MIA VITA KING
La pausa nella fuga che adesso canta
Tu l’hai partorita nel tempo. Il figlio
I padri / Una catena: da cui cademmo
Che adesso ci ripete / e ci trascina con sé, provati.
Ci guardiamo in faccia
La fuga si volge indietro.
Ti vedo sotto i miei capelli
Come se la morte fosse spenta./ Tu li colori
Col colore della vita. Il grigio si trasforma
Nel tuo grido.
Ecco che l’orologio è rimesso a zero.
E’ come se ci fosse progresso.
La cosa era detta credibile un tempo.
Pulsa un po’ di sicurezza nel sangue
Come se adesso la storia ricominciasse.
La successione di padri e figli: come se semplicemente
Si potesse dir veto / Si è ripetuta.
E questa fuga adesso si volge indietro.

(Traduzione di Jacopo Staude)



Dieter Schlesak
(n. 1, dicembre 2011, anno I)