Sulle tracce dell’argonauta Culianu

In occasione dei trent’anni dalla morte di Ioan Petru Culianu, la rivista milanese «Antarès» ha appena dato alle stampe un numero monografico dedicato allo studioso romeno, intitolato Ioan Petru Culianu, argonauta della Quarta Dimensione. Il volume, di 228 pagine (formato A4), è articolato in tre sezioni principali, che comprendono rispettivamente saggi, testimonianze e interventi, nonché un’antologia di testi dello stesso Culianu, inediti in italiano o difficilmente reperibili. A ciò si aggiungono gli scritti di apertura – l’introduzione firmata da Grazia Marchianò, l’editoriale dei curatori, Horia Corneliu Cicortaş, Roberta Moretti e Andrea Scarabelli, Una biografia di Tereza Culianu-Petrescu (pubblicata per la prima volta in italiano) – e una bibliografia di orientamento, il tutto corredato di un apparato iconografico (comprendente fotografie, illustrazioni e riproduzioni di documenti rari) rappresentativo, anch’esso in parte inedito.
I testi delle sezioni Saggi e Testimonianze hanno un forte carattere internazionale, che rispecchia lo spirito nomade e cosmopolita dell’autore omaggiato: provengono da autori attivi in diversi Paesi e sono stati redatti in varie lingue. I contributi più numerosi provengono dall’Italia, seguita da Stati Uniti, Romania, Germania e Israele. A essere maggiormente rappresentati sono i collaboratori italiani e romeni, seguiti da quelli americani. Le lingue dei testi originali sono tre: italiano, romeno e inglese. Soltanto nella sezione dedicata ai testi di Culianu, alcuni di essi – tradotti qui per la prima volta in italiano – sono in francese: si tratta dei tagli operati sull’edizione italiana del libro più celebre dell’autore romeno, Eros et Magie à la Renaissance. 1484 (Flammarion, Paris 1984), pubblicato nel 1987 da Il Saggiatore e riedito successivamente (l’ultima edizione è della Bollati Boringhieri), senza modifiche.
Per l’allestimento di questo numero monografico, «Antarès» (che è una rivista culturale più divulgativa che accademica) ha inteso, attraverso noi curatori, coinvolgere persone care a Culianu, colleghi e conoscenti, unitamente agli studiosi delle generazioni più recenti, che hanno dedicato le loro ricerche alle varie dimensioni dell’opera del Nostro, dallo studio dello gnosticismo, del pensiero rinascimentale o della magia  fino ai paradigmi epistemologici e alla letteratura fantastica e fantascientifica. La loro generosa ed entusiastica partecipazione ci ha portato, da un lato, ad affrontare una mole di documenti e testi non prevista in un primo momento, ma dall’altro ci ha agevolato nel compito che ci eravamo prefissati, ovvero di restituire, in questo tributo, un Culianu ‘a 360 gradi’.
Quella pubblicata ora da «Antarès» non è la prima Festschrift dedicata allo studioso romeno, prematuramente scomparso a Chicago. Tre volumi importanti, tutti curati da Sorin Antohi, erano usciti in Romania all’inizio degli anni 2000: i due volumi internazionali, pubblicati da Nemira, sono di fatto introvabili, mentre il terzo, edito da Polirom, è uscito in romeno (Ioan Petru Culianu. Omul și opera, 2003) e raccoglie parte dei contributi presenti nei due volumi Nemira (Religion, Fiction, and History. Essays in Memory of Ioan Petru Culianu, 2001). In Francia, un volume pubblicato nel 2006 dai coniugi Dana e Ara Alexandre Shishmanian per conto dell’associazione «Les amis de I.P. Couliano», ora uscito in una seconda edizione online, raccoglieva gli atti del convegno internazionale Psychanodia, svoltosi a Parigi nel 1993 in onore di Culianu. Infine, qualcosa è stato fatto pure in Italia: per esempio, nel numero 6/2013 degli «Annali di Scienze Religiose» dell’Università Cattolica di Milano – dove IPC aveva studiato e insegnato, dal 1973 al 1976 – veniva pubblicata una sezione tematica intitolata Ugo Bianchi e Ioan Petru Culianu. Una stagione «milanese» della Storia delle religioni, che raccoglieva le relazioni dell’omonima giornata di studi svoltasi in occasione dei vent’anni (maggio 2011) dalla morte del Nostro.
Altri omaggi editoriali allo studioso romeno sono previsti quest’anno in Romania, là dove la sua opera è stata pubblicata quasi integralmente per i tipi di Polirom; mancano ancora all’appello, tra le tessere inedite più importanti di questo puzzle editoriale, il Diario e un romanzo in romeno, scritto nel periodo italiano, Râul Selenei (Il fiume di Selene).
In Italia, ma anche in altri Paesi occidentali come Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania, nei quali la fortuna editoriale di Culianu ha avuto – dopo la tragica e improvvisa morte – un andamento sconfortante, le sue opere sono solo in parte pubblicate; molte, tra l’altro, sono fuori commercio e avrebbero bisogno di nuove edizioni (corrette e rivedute). Negli ultimi trent’anni, le uniche opere di IPC pubblicate ex novo sono il romanzo Il rotolo diafano (Elliot, 2010, a cura di Roberta Moretti) e il saggio Iocari serio (Lindau, 2017, a cura dello scrivente). Per il resto, si tratta di riedizioni o ristampe di opere pubblicate in precedenza.
Ecco perché c’è da augurarsi che la pubblicazione di questa Festschrift italiana sia uno sprone anche per la ʽriscoperta’ e il rilancio di Culianu nel mondo editoriale, culturale e scientifico del Belpaese.

Horia Corneliu Cicortaș






DOPO Culianu: il GIOCO si fa serio

«Lascito», «retaggio», «heritage» sono parole dal timbro solitamente mesto: evocano quel che resta di un patrimonio, in questo caso speculativo e letterario, che non può più essere modificato né tanto meno accresciuto da chi l’ha costituito, e dunque esposto al rischio di scivolare, presto o tardi, nella dimenticanza. Si deve alla determinazione dei provetti curatori di questo fascicolo di «Antarès», Horia Corneliu Cicortaș, Roberta Moretti e Andrea Scarabelli, l’aver convertito il pur dovuto omaggio in memoriam a Ioan Petru Culianu nel trentennale della morte (1991) nella coraggiosa iniziativa di un propositivo recupero del cantiere «multiforme e febbrile» (così definito da Mircea Eliade!) in cui consiste l’opera «aperta», edita e inedita, del geniale storico delle idee religiose, epistemologo e narratore romeno.
L’indagine sistematica di tale cantiere è da anni affidata in patria a due mèntori d’eccezione: la scrittrice Tereza Culianu-Petrescu, che firma qui una dettagliata biografia del fratello, e Sorin Antohi, infaticabile scrutatore di un post-umanesimo planetario che si è dato l’arduo compito di allestire e curare presso le Edizioni Polirom a Iași l’Opera omnia di Culianu, annotata e tradotta dalle quattro lingue, oltre al romeno, in cui sono pubblicati i suoi scritti scientifici e letterari, oltre alla miniera di inediti. Un mare magnum che, al di là dei ventinove volumi usciti finora, attende di essere perlustrato, come auspica Antohi, da una nuova generazione di storici delle idee ed epistemologi pronti a misurarsi con le sfide intellettuali sollevate da un pensiero irradiatosi a proprio rischio in più direzioni delle scienze umane e cognitive.
Nell’agosto del 1990, durante uno dei fitti colloqui intercorsi con l’allora appena quarantenne Culianu, Zolla ed io lo sentimmo esclamare: «Chissà fin dove riuscirò ad affacciarmi nel prossimo secolo»; e aggiunse: «È così bizzarro immaginarmi vecchio!». Parole tanto presaghe invitano oggi a interrogarsi sulle atmosfere enigmatiche di un tempo nel quale Culianu non poté entrare fisicamente, ma che nei labirinti della sua mente scrutò a sazietà, fino a trovarsi alle soglie della morte in una condizione simile a quella stupendamente descritta da Emil Cioran: «Padrone di tutti gli errori, potevo finalmente esplorare un mondo di apparenze, di enigmi leggeri».
Prima di Culianu, quella padronanza era stata felicemente raggiunta da Jorge Luis Borges (1899-1986), e un confronto tra i mondi mentali del vecchio poeta argentino e del pensatore Culianu, «dissidente» perfino da se stesso, è un’impresa intrigante cui mi è grato fare un cenno forse non superfluo nel contesto di questo fascicolo speciale di «Antarès».
«Il percorso dell’intera vita di un uomo» scriveva di Borges Fabio Rodríguez Amaya nella prefazione ad Altre inquisizioni (Adelphi, Milano 1996), «si può immaginare come la raffigurazione di una forma, il cui disegno resta ai più indecifrabile: dall’energico sforzo dei primi passi all’affaticato risparmio degli ultimi, il cammino dell’individuo è irripetibile, forse predeterminato, unico nella sua ignota funzione e solitario fra gli equilibri del cosmo». Queste riflessioni profilano con sorprendente esattezza l’impianto destinale del cammino di Culianu con l’unica variante relativa alla vecchiaia, che egli appunto non conobbe. Per meglio dire, non ebbe esperienza degli insulti della tarda età; tuttavia, al valico dei quarant’anni, era consapevole di avere vissuto molte vite in una, avendo in qualche modo esplorato le combinazioni e gli snodi di quelle che avrebbe potuto vivere. Come? Viaggiando nella mente – accidentalmente, la propria – e scoprendo che la pluralità dei mondi concepita da Giordano Bruno, uno dei suoi maggiori autori di riferimento nella Rinascenza italiana, era cosmica quanto mentale, o piuttosto cosmica in quanto mentale.
Un’agnizione che gli largì l’esperienza liminare della congiunzione degli antipodi: la vita-nella-morte e la morte-nella-vita, e grazie a quell’affondo il congedo dal mondo che negli ultimi tempi aveva presagito divenne la svolta di una catabasi senza ritorno. Nelle circostanze della vita ordinaria sentirsi postumo non accade lucidamente a nessuno, ma nell’invenzione narrativa, dove qualunque delle maschere dell’io può essere indossata a piacere, tutto è possibile: posso provenire dal futuro e tuffarmi nel passato, morire una o più volte e risuscitare, ricordare quel che non sapevo di sapere e fingermi l’inimmaginabile avendo l’intima percezione che lo spazio mentale è infinito e la mente-cervello, nella sua unità funzionale, è molto più di un congegno meccanico dalle prestazioni prevedibili e limitate. A proposito dell’opera Archetipi di Elémire Zolla (1981, 2016), la sentenza folgorante di IPC era stata: «La mente sola è reale, quel che capita e si chiama mondo, è fatto di arcani, archetipi ingarbugliati».
L’esplorazione dei livelli di realtà e della realtà dei livelli dei mondi che ci abitano dentro e fuori produsse nel «sistema» di Culianu conseguenze cognitive di non scarsa portata. Se si fosse limitato a scriverci sopra delle storie di invenzione, la letteratura mondiale avrebbe annoverato un mattatore in più, capace di estrarre dalla penna, come da un cappello magico, rutilanti finzioni a manciate. Da lettori ne saremmo stati esilarati, e i racconti del Romeno sarebbero andati a ruba, perfino più di quelli di Borges e Tolkien.
C’è però un fattore che fa la differenza, e una differenza davvero cospicua. Inventare storie gli provvide input formidabili sui giochi combinatori nella dinamica degli eventi «esterni» e «interiori», scrutando non solo come le cose sono (forse) accadute realmente ma anche i modi nei quali sarebbero potute o no accadere, se solo i «programmi» – come lui li chiamò – in azione nella mente umana e chissà, in una mente universale (ma su ciò non ebbe il tempo di indagare a fondo), le avessero combinate casualmente o in maniera diversa.
La sua dotta, sistematica perlustrazione delle fonti delle gnosi dualistiche, delle eresie, delle pratiche magiche e delle tecniche dell’estasi (enstasi secondo Eliade) che hanno profondamente segnato la cristianità, le religioni mondiali e la storia tout court, perseguita inizialmente nel solco del magistero eliadiano, divenne il terreno di partenza per un’indagine deliberatamente transdisciplinare e di impianto olistico che si proponeva di sondare nel cantiere di «Incognita. International Journal for Cognitive Studies in the Humanities», avviato nel 1990 e tragicamente interrotto l’anno seguente. Due dei tre scritti programmatici pubblicati sulla rivista sono qui tradotti, lumeggiati da Sorin Antohi.
A causa della svolta al di là della militanza storico-religiosa in senso stretto, la filosofia personale di Culianu si rese impermeabile a una visione teleologica capace di conferire una direzione e un fine all’esistenza umana confitta negli interstizi tra un Urgrund e un Ungrund osmoticamente intrecciati. Vale la pena ricordare che uno dei primi libri pubblicati in Italia da Culianu, una raccolta di saggi sulla gnosi uscita a Messina nel 1981, era intitolato in latino Iter in silvis. Quel titolo annunciava con buona previsione ciò che lui si riprometteva di fare attraverso i suoi studi e ne descriveva per metafora l’itinerario: non una navigazione in acque sconosciute, una discesa nei penetrali della Grande Madre o un’ascesa sui picchi della montagna sacra, bensì un cammino nel fitto di un bosco – presumibilmente tortuoso, come prevedeva sarebbe stata, e infatti fu, la sua biografia personale.
Dieci anni dopo, nella primavera del 1991, il suo ultimo libro usciva in inglese con un titolo in cui l’in, il «dentro» di Iter in silvis, si capovolgeva in un «fuori»: Out of This World. Ancora una volta la metafora annunciava ciò che Culianu aveva presagito: un’uscita dal mondo. I lettori di quel libro straordinario hanno constatato che Out of This World (in italiano I viaggi dell’anima, Mondadori, Milano 1991) significa contestualmente molte cose riferite all’esplorazione – sulla base di un immenso repertorio di stati alterati di coscienza ed esperienze estatiche – di quelli che Culianu chiamò gli iperspazi mentali, luoghi-matrice dell’affabulazione che interseca gli scenari mitici così come le derive del divenire storico. Là dentro, ininterrottamente, prendono forma i costrutti che corredano l’esperienza individuale e collettiva di significati e intenzioni dai quali dipenderebbe il logos del mondo.
Sennonché la nuda, intimante presa di coscienza che il senso del mondo è parte anch’esso dell’affabulazione mentale, condusse Culianu a una disincantata percezione dell’assurdo. Chi ha avuto l’ardire e la lucidità di scriverne, come accadde a un Borges, un Eliade, un Cioran, un Ionesco, finisce col non sentirsi pienamente a casa nella realtà ordinaria: reduce da altri piani, è un esule sia là che qua, un viandante sradicato che si palleggia le sue anime senza risolversi a vedersi identificato in una sola di esse. A quel punto fu inevitabile per Culianu sentirsi postumo di se stesso, alludendovi nelle sue storie di eternidad in modo cifrato.

Grazia Marchianò






L'indice del numero monografico Ioan Petru Culianu della rivista «Antarès» si può leggere cliccando qui.


(n. 5, maggio 2021, anno XI)