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Smaranda Bratu Elian: Testimonianze e speranze, dopo 10 anni
Sono già dieci anni che, grazie all’iniziativa, alla perseveranza e alla competenza di Afrodita Cionchin, il progetto Orizzonti culturali italo-romeni compie la propria missione: quella di gettare ponti non solo fra le due culture, italiana e romena, ma anche fra le persone, per unirle nella volontà di comprensione reciproca e di cordiale convivenza. Io la rivista l’ho scoperta gradualmente e mi ci sono affiancata quando ho creduto di poter contribuire in qualche modo al consolidamento dei ponti cui ho accennato sopra. Prima di parlare della mia esperienza di collaboratrice del progetto, vorrei ricordare brevemente alcuni dei meriti macroscopici della rivista: prima di tutto il suo formato, facile da capire e da usare, logico, sobrio, e lontano dall’invasione di immagini che a volte soffoca l’attuale galassia online; l’accesso libero e agevolissimo all’archivio, partendo sia dalle date che dalle tematiche; poi la varietà degli argomenti, che spaziano da studi specialistici all’orizzonte vasto delle problematiche contemporanee, umanistiche e artistiche, e non solo; a questo si aggiunge la costante presenza delle recensioni, ma anche di campioni poetici e narrativi della letteratura recente, che offrono ai lettori tanto una prospettiva d’insieme sulla creazione letteraria contemporanea nelle due lingue quanto una visione sull’individualità di ciascun autore – e qui va menzionata soprattutto la serie delle prose di Umberto Saba presentate per la prima volta ai lettori romeni da Doina Condrea-Derer; e che dire poi dell’eccezionale Spazio Cioran, che sta raccogliendo una vera biblioteca di testimonianze, studi, interpretazioni e commenti che meriterebbe di diventare un volume di circolazione internazionale. E non voglio tacere la cosa più importante: i tanti collaboratori e redattori della rivista, personalità affermate o giovani alle prime armi, l’esercito di volontari convinti della missione della rivista.
La mia decisione di affiancarmi all’équipe Orizzonti è iniziata quando, in una chiacchierata con Afrodita davanti a un buon bicchiere di birra, su una terrazza di Timișoara, ho capito lo sforzo considerevole e il lavoro instancabile non retribuito suo e della sua squadra, sorretti solo dalla fiducia nel senso e nell’utilità di questa impresa. Io avevo già una certa esperienza in campo editoriale così che ho capito benissimo quanto è difficile assicurare ogni mese materiali consistenti, decidere tematiche, contattare e attirare autori, seguire le consegne e le correzioni nelle due lingue, curare il formato online e poi occuparsi della visibilità del numero e della sua diffusione per varie vie – che sono solo alcune delle attività giornaliere necessarie alla pubblicazione della rivista. Allora, su quella terrazza, abbiamo pensato insieme come avrei potuto far conoscere meglio la rivista nell’ambiente a me più familiare, quello accademico. I miei contatti con colleghi italiani di università prestigiose della penisola, ma anche con specialisti di varie università romene erano tanti e a portata di mano. Abbiamo pensato che sarebbe stato utile che questi conoscessero la rivista e la guardassero con interesse e simpatia. E allora ho pensato di renderli non solo lettori ma anche «attori» della rivista. Così sono nate le 22 interviste, pubblicate una al mese, in edizione bilingue, facendo alternare regolarmente una personalità italiana con una romena, ciascuna però legata, tramite un’opera o un gesto, alla cultura dell’altro paese. Sono in maggioranza letterati, critici e storici della letteratura, ma sono anche registi, architetti, poeti, linguisti, astronomi. Ciascuno presentato all’inizio dell’intervista dal suo operato, poi, nel dialogo, dalle sue idee, dai suoi ricordi o progetti.
Poi, dopo 22 mesi, avvenne per me un doppio cambiamento, ossia ho sentito che dovevo fermarmi con le inchieste prima che diventassero routine per me e noia per i lettori; poi però mi sono resa conto che non potevo rinunciare a scrivere regolarmente sulla rivista: mi si era attaccata alla pelle, era diventata un esercizio obbligatorio della mente e della penna. E Afrodita mi ha incoraggiato. Ora la sfida non era più di convincere la gente a rispondermi, ma trovare argomenti adatti alla rivista, diventare attenta a eventi culturali dei due paesi, a pubblicazioni di libri, partecipare con un occhio da giornalista a festival o saloni letterari ecc. Sono grata ad Afrodita per come ci consultiamo a ogni numero, sono grata all’équipe invisibile che rilegge i miei materiali, ai madrelingua italiani che li verificano, a tutti, specie ai lettori, che accettano gli argomenti che ogni mese interessano a me.
Non intendo andare avanti con la confessione, bensì voglio approfittare del momento per aggiungere alcuni punti essenziali del progetto complessivo della rivista, punti che a me creano ancora delle frustrazioni. E per liberarmene intendo lanciare un appello. Oltre all’attività pubblicistica corrente, la rivista offre, soprattutto ai ricercatori, alcuni preziosi strumenti di lavoro: si tratta delle basi di dati e dei link verso partner e blog. Con un semplice click questi aprono una ramificazione infinita di temi e approcci riguardanti le relazioni culturali italo-romene. Ma il grande contributo è quello dei database. La prima, «Scrittori romeni in italiano», iniziata da Afrodita Cionchin e Mauro Barindi (Mauro, eccezionale romenista e contributore basilare della rivista), tenta di elencare tutte le traduzioni italiane da autori romeni dal 1903 fino adesso e comprende due sottocapitoli interessanti: le opere degli scrittori romeni italofoni e le traduzioni italiane delle opere di Cioran. Questo semplice elenco, che stupisce per la sua ricchezza e progressione, potrebbe rendere meno penosa la frustrazione di noi, romeni, che non siamo sufficientemente conosciuti e tradotti nel mondo. Un altro database è dedicato agli studi di italianistica con autori romeni e in parte anche italiani: un progetto troppo ambizioso, che è stato costretto a limitarsi a un solo anno, 2011, e che secondo me dovrebbe essere ripensato e ridimensionate. Nondimeno la ricchezza del campione 2011 è un indicatore non indifferente. Il terzo database è dedicato alle traduzioni romene dalla letteratura italiana e, ora come ora, ricopre l’intervallo 2011-2019. Il su accennato appello si riferisce proprio alla straordinaria utilità di questi database e all’enorme difficoltà di raccoglierli, completarli, aggiornarli. Giacché tutto della rivista si fa in regime di volontariato e non si intravede la possibilità di assumere persone a pagamento a occuparsi di questa sezione, il mio appello si rivolge ai colleghi italianisti delle nostre università, che potrebbero mobilitare, in un modo o nell’altro, gli studenti italianisti a cercare, raccogliere e classificare questi dati. Tali attività, che familiarizzerebbero gli studenti con la disciplina di lavorare con i libri, possono diventare progetti individuali o di gruppo, possono essere valutati e, per certe sezioni, possono portare addirittura a lavori di laurea o di master. Se rispondessimo insieme a questo appello credo che realizzeremmo non solo una cosa molto utile ma anche un obiettivo che supererebbe quello generico della rivista: unire noi italianisti romeni, professori e studenti, renderci più consapevoli e più responsabili della missione e del valore del nostro mestiere. E allora questa meritevole rivista potrebbe diventare la vera rete capillare che irrighi l’organismo vivente delle relazioni culturali italo-romene.
Tavola rotonda «Orizzonti» al Salone Internazionale del Libro di Torino 2015
Smaranda Bratu Elian
(n. 5, maggio 2020, anno X)
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