Canaletto sbarca a Bucarest: vedute veneziane in mostra al Museo Nazionale d’Arte

Genere pittorico nato nel Settecento proprio a Venezia, quando il Grand Tour inaugura la moda che, sotto mutate spoglie, arriva fino al turismo culturale odierno, il vedutismo conquista subito i viaggiatori e il mercato d’arte del tempo. Quadri di dimensioni esportabili, rappresentanti paesaggi veneziani dipinti dal vero (le vedute) oppure inventati (i capricci), si diffondono nei palazzi di tutta l’Europa, come ricordo del viaggio fatto o come aspirazione a quello sognato. Era per la prima volta che il paesaggio non era più concepito e rappresentato come sfondo delle azioni umane, ma era il tema stesso del quadro mentre la presenza umana vi diventava marginale se non addirittura assente. Più o meno come le fotografie che scattiamo noi oggi nei nostri viaggi o come le cartoline, gli album, le stampe che riportiamo dai posti che ci hanno incantato. E come le città turistiche di adesso, Venezia incoraggiava allora quest’arte perché portava alla città un commercio prospero in un momento di regresso economico e politico dello stato veneziano e perché intratteneva quell’atmosfera festosa, artistica e godereccia che attirava i forestieri e che avrebbe salvato per qualche decennio l’esistenza della Serenissima. Ma l’apparizione e il successo del genere è dovuto anche allo spirito più profondo dell’epoca, all’attenzione e rivalutazione della natura e al desiderio di studiare la realtà con lo sguardo preciso dell’occhio interno della ragione. Però la fama di questo genere e l’incanto che esso continua a produrre nello spettatore dei nostri giorni provengono non dalle circostanze che l’hanno visto nascere e gli hanno agevolato la crescita ma dalla qualità artistica dei quadri e dall’eccezionale sensibilità dei loro autori. Canaletto, Guardi, Bellotto, Carlevarijs, Marieschi, Pannini, italiani, oppure stranieri naturalizzati italiani come il Vanvitelli, Van Lint, van Bloemen non solo diffondono nell’Europa dei Lumi la bellezza dei paesaggi veneziani ma anche il sottile gioco di luce e di colori fra cielo ed acqua, la vibrazione dell’aria, il pittoresco della quotidianità nei campielli e nelle calli, il misterioso fascino della laguna.

Capolavori firmati da questi maestri si trovano in primis, come è naturale, in Italia e soprattutto nel Veneto, ma pure in quasi tutte le grandi pinacoteche europee (e non solo), per merito dei viaggiatori e dei collezionisti ma anche dell’amenità e simpatia che questo genere pittorico ha suscitato e continua a suscitare. Benchè tale genere stia un po’ ovunque alla base del paesaggismo ulteriore, dei secoli XIX e XX, ben rappresentato anche nella pittura romena, la presenza di queste sue origini nei musei romeni è scarsissima. Perciò la mostra «Vedute veneziane» inaugurata il 13 giugno scorso a Bucarest presso il Museo Nazionale d’Arte della Romania (e aperta fino al 15 luglio), viene a colmare doverosamente tale lacuna nonché a offrire al pubblico romeno un delizioso campione dei quadri rappresentativi del genere. Si tratta di quattro dipinti: un Canaletto (Capriccio con chiesa gotica e laguna, del 1720-21), un Guardi (Piazza San Marco verso San Geminiano, del 1775-80), un Marieschi (Veduta del Canal Grande con le rive del Vin e del Carbon, del 1730-35) e un van Lint (Veduta della Chiesa della Salute con la Punta della Dogana, del 1750 ca) –  generosamente messi a disposizione dalle collezioni d’arte di Banca Intesa Sanpaolo. All’elegante inaugurazione della mostra, del 13 giugno scorso, in presenza del presidente generale della banca, Gian Maria Gros-Pietro, e di fronte a un pubblico numeroso, le varie allocuzioni pronunciate dai rappresentanti della banca, da insigni specialisti d’arte romeni e italiani e dall’ambasciatore d’Italia in Romania, hanno sottolineato non solo il valore intrinseco della mostra e la sua opportunità nel paesaggio culturale romeno, ma anche e soprattutto il ruolo civile e culturale, oltreché economico, che le grandi banche possono e devono svolgere nella società e, in particolare, quello svolto dalla specifica politica culturale della banca Intesa Sanpaolo.

All’attività bancaria romena, rinata a nuova vita dopo il 1989 e che già si impegna con successo in azioni culturali di portata, questa iniziativa del gruppo Intesa Sanpaolo, orientata verso la rivalutazione dell’arte del passato, può e deve servire da modello e da incoraggiamento. Banca Intesa Sanpaolo, continuando la tradizione, che in Italia risale addirittura al Rinascimento, di appoggiare la cultura, restituendo così alla società in forme più elevate, più durature e spirituali, il guadagno materiale che ne trae, ha piena consapevolezza della necessità di tale circuito dei valori e la ferma convinzione che la cultura possa contribuire a sua volta a una crescita economica sostenibile. Come viene dichiarato nel ben documentato programma della mostra, il Progetto Cultura della banca prevede una strategia chiaramente definita e con linee programmatiche precise, il cui obiettivo «è tutelare, valorizzare ed esporre al pubblico i pregevoli beni artistici, architettonici e archivistici di proprietà, un tempo appartenuti agli oltre 250 istituti bancari confluiti nel tempo nel Gruppo Intesa Sanpaolo». Se «tutelare» si riferisce negli ultimi decenni soprattutto all’ampio progetto Restituzioni, programma di restauro che ha consentito di recuperare lo splendore di oltre un migliaio di opere d’arte, «valorizzare ed esporre» si riferisce alle mostre permanenti e alle numerose mostre temporanee – come questa di Bucarest – che rendono accessibili al gran pubblico le straordinarie collezioni Intesa San Paolo (oltre 20.000 opere d’arte, di cui 10.000 di particolare valore artistico). Queste collezioni hanno anche tre luoghi deputati, Milano, Napoli e Vicenza, in tre splendidi palazzi storici trasformati in musei e centri culturali, dove sono esposte in via permanente le principali raccolte d’arte del gruppo bancario. In particolare, i dipinti presentati a Bucarest provengono dalla raccolta vicentina, quella delle Gallerie del Palazzo Leone-Montanari, elegante residenza nobiliare barocca del Seicento che, oltre a una strabiliante collezione di icone russe e una raffinata raccolta di arte antica, presenta al piano nobile una delle più belle collezioni di pittura veneta del Settecento.

La presentazione di questo evento culturale, che coniuga in modo squisito arte e finanza, offre l'occasione di dare voce ad alcune speranze largamente condivise. La prima, che il modello di impegno culturale che il gruppo bancario Intesa Sanpaolo propone con questa mostra organizzata non in casa propria, ma laddove ha un impegno economico, possa essere accolto e assimilato al più presto dalle banche romene e da tutte le altre operanti in Romania. La seconda, indispensabile alla prima, è che tale gesto culturale venga veramente valorizzato. A prima vista, mettere in mostra solo quattro dipinti, rappresentativi sì e belli, ma non celebri, può sembrare meschino. La realtà è però un’altra: che il valore di una mostra non sta mai solo negli oggetti esposti ma anche, e a volte soprattutto, nell’evento culturale che vi si costruisce intorno. Alla Galleria Nazionale d’arte di Washington, per esempio, è tradizione che ogni anno si organizzi una mostra temporanea dedicata a un solo quadro straniero. A volte famoso, a volte non tanto. Ma l’importante è che intorno a quel quadro si organizzano conferenze, dibattiti, visite guidate, concerti congruenti con lo stile e l’epoca del quadro. Se il Museo Nazionale romeno oppure gli organizzatori stessi si limiteranno a esporre quattro quadri veneziani (finora nessun evento attinente alla mostra, oltre l’inaugurazione, è annunciato sul sito web del museo o su quello dell’Istituto Italiano di Cultura) forse le banche romene capiranno soltanto che l’unico significato di un tale gesto culturale dedicato all’arte del passato e l’unico modello da seguire risieda nello champagne e nei bei discorsi inaugurali. Veramente troppo poco, e sarebbe un peccato.






Smaranda Bratu Elian
(luglio-agosto 2018, anno VIII)