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Addio a Paolo Laterza, presidente della storica casa editrice
Il 17 ottobre scorso la maggior parte dei quotidiani italiani hanno annunciato, con grandi elogi e sentito rimpianto, la morte di Paolo Laterza, per venti anni presidente della nota casa editrice barese Laterza, ma anche grande giurista, membro del Consiglio superiore della Banca d’Italia, amico di due presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, essenziale punto di riferimento dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea. Non conoscevo il personaggio ma mi sentivo legata al suo cognome dalla mia lunga ammirazione per la casa editrice Laterza e dai volumi tanto cari della serie Economica Laterza: una collana che ricopre ben 44 campi del sapere con oltre 800 volumi, di cui quasi ciascuno fondamentale, scritto da un sommo specialista. Ho guardato i pochi volumi di questa serie che ho in biblioteca, volumi che, negli anni, mi avevano svelato una problematica e un sapere che non erano miei ma che mi hanno aperto, ognuno a modo suo, una finestra sul mondo, mi hanno affascinato e mi hanno insegnato la modestia: i volumi di storia medievale di Jacques le Goff, le analisi del mondo contemporaneo di Giovanni Sartori o di Zygmund Bauman, le considerazioni di Paolo Rossi o di Bertrand Russell sulla rivoluzione scientifica e le mutazioni da essa prodotte ecc.
La personalità di Paolo Laterza – lo dimostrano i vari necrologi – va oltre l’editoria, ma il suo contributo in questo campo è stato, in alcuni momenti, decisivo, testimoniando una certa visione sul connubio tra cultura e affari, una visione che, secondo me, offre a tale connubio una nobiltà che in genere gli manca e un futuro. Per capirne l’importanza vale la pena ripercorrere in breve la bella storia della casa editrice e della famiglia Laterza.
Nel 1885, a Putignano, piccola località fra Bari e Taranto, Vito Laterza fonda una piccola ditta che si occupa di commercio di cartoleria; in pochi anni la ditta si sposta prima a Taranto e poi a Bari ed estende la propria l’attività con una tipografia e una libreria. Nel 1901 il figlio di Vito, Giovanni, annuncia la nascita della Casa Editrice Gius.Laterza & Figli, che prende il nome del nonno paterno (nella famiglia Laterza i nomi si ripetono da una generazione all’altra, come nella famiglia Medici o in quella dei Buendía del romanzo di García Márquez). L’idea iniziale di Giovanni era di editare autori pugliesi e di orientarsi piuttosto verso i libri di economia, commercio, tecnica e giurisprudenza. Ma per decidere della sua strategia, sente il bisogno di consigli autorevoli, e la fortuna vuole che, proprio nel 1901, Giovanni incontri un giovane di 35 anni, di vasta cultura, di grande apertura mentale e di opzioni sicure, e che fra i due nasca un sodalizio che durerà per tutta la vita e che traccerà per lungo tempo le principali direzioni della casa editrice: questo giovane si chiamava Benedetto Croce. Croce è colui che determina Giovanni a rinunciare al progetto di pubblicare opere letterarie e a diventare, citando le sue parole, «editore di roba grave», ossia di politica, storia, filosofia ecc.; tale opzione significa nello stesso tempo abbandonare una prospettiva locale e provinciale per una europea, vasta e aggiornata. L’editore che andava alla ricerca di opuscoli di successo si trasforma in un editore selettivo, esigente ed informato. Negli anni successivi nascono le prime collane Laterza (la Biblioteca di cultura moderna, i Classici della filosofia moderna, gli Scrittori d’Italia, i Filosofi antichi e medievali) che acquistano subito un alto prestigio nazionale; in più, la Laterza pubblica, in una collana speciale, tutte le opere di Croce come pure la sua celebre rivista «La Critica». La casa editrice si impone rapidamente come un polo culturale e si afferma anche grazie al prestigio crescente di Croce, il quale , a sua volta, ha a disposizione lo strumento ideale per indicare agli italiani quali classici leggere, a quali orientamenti del pensiero e a quali atteggiamenti aderire, condizionando così, come ben si sa, gran parte dell’ideologia e della cultura italiana della prima metà del Novecento. La casa editrice rimane solidale con Croce anche quando questi adotta una posizione chiara contro il fascismo. Non è dunque da stupirsi se i giovani Laterza, quelli che avrebbero portato avanti l’impresa dopo la Seconda Guerra Mondiale, siano cresciuti con questa fede antifascista, antitotalitarista e democratica.
Dopo la morte di Benedetto Croce nel 1952, il nuovo direttore editoriale Vito Laterza costruisce progressivamente una rete di autori e consiglieri competenti, gli Amici di Laterza, avvia nuove collane, svolge una campagna di avvicinamento della casa editrice e della libreria al mondo scolastico e, per facilitare i contatti editoriali, apre nel 1960 una seconda sede a Roma (infatti, sui libri Laterza, da parecchi decenni, il luogo menzionato è Bari-Roma). L’espansione e lo sviluppo dell’attività registra un primo ed essenziale coinvolgimento di Paolo, fratello di Vito, famoso avvocato civilista, e una prima svolta economica: la trasformazione nel 1963 della ditta di famiglia in una società per azioni. Tale svolta ha permesso l’incremento e un continuo riorientamento delle pubblicazioni. Immediatamente dopo nascono nuove collane, le celebri Universale Laterza, Grandi opere, Saggi tascabili Laterza, Economica Laterza, ma anche la serie di manuali scolastici che hanno fatto epoca (per noi, italianisti, l’indimenticabile storia della letteratura italiana di Carlo Salinari e Carlo Ricci), con tirature eccezionali. Verso la fine del millennio il cambiamento del pubblico, delle tendenze culturali ed informazionali e il minore interesse per il dibattito politico-ideologico hanno chiesto nuove strategie editoriali. Forse anche per questo, nel 1989, si produrrà un terremoto nella società. E lo stesso Paolo Laterza che ce lo racconta: «Era il 28 ottobre di quell'anno, quando inaspettatamente ricevemmo da un gruppo di soci la notizia della loro intenzione di cedere le proprie azioni a Leonardo Mondadori e alla Rcs. A questo punto, in un certo senso, io e Vito restammo piuttosto soli nell'affrontare, nel giro di appena 30 giorni, la chance di poter esercitare il diritto della prelazione d'acquisto. Ma ci riuscimmo. Fu così che la Laterza restò ai Laterza e alla loro Bari». Da quel momento in poi la casa editrice si è aperta sempre di più verso la scuola, verso le nuove metodologie e i nuovi strumenti educazionali o verso progetti di portata europea – come la collana Fare l’Europa che riunisce cinque grandi case editrici europee e autori di prestigio internazionale.
Sono state senza dubbio la perizia giuridica di Paolo, la sua capacità e inventiva di trovare fondi, di allearsi investitori, di prefigurare il futuro, e quella di Vito di immaginare sempre nuove direzioni editoriali, orientandosi verso istituzioni, soprattutto verso la scuola e l’università, a far sì che una salda tradizione culturale – ciò a cui alludevo all’inizio – non sia accaparrata da un grande holding che – lo sappiamo tutti – tende sempre più a subordinare la qualità culturale dei libri alla vendibilità, dunque alle ragioni strettamente economiche del mercato. Grazie a una visione coerente formata lungo gli anni ed ereditata di generazione in generazione, grazie al coraggio e all’intelligenza manageriale di Vito e Paolo e grazie alla loro nobile idea di cultura, la casa editrice Laterza continua ad essere anche oggi «una fabbrica di cultura libera» le cui chiavi sono ora nelle mani dei loro figli, Alessandro e Giuseppe. Per questo coraggio e per questa intelligenza che ho scoperto solo in questi giorni, porgo anch’io, dalla lontana Romania, un mio modesto omaggio a Paolo Laterza.
Smaranda Bratu Elian
(novembre 2017, anno VII)
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