Giovinezza senza giovinezza. Su Mircea Eliade e la rigenerazione del Tempo

«Era una storia lunga. Era una storia sul Tempo…» […]
«La Storia della giovinezza senza vecchiaia e della vita senza la morte»,
disse molto piano Ileana, cercando di sorridere.
La foresta proibita [1]

«I libri perfetti al momento stesso in cui escono hanno già detto tutto, esaurito tutto. Le opere imperfette, contraddittorie e perfino confuse, aprono a volte la via verso una altra specie di conoscenza, fino ad allora insospettata».
Giornale (26 maggio 1949) [2]

                                                                                                          
Parimenti al film che Francis Ford Coppola ne ha tratto nel 2007, Un’altra giovinezza è un romanzo imperfetto, bellissimo e largamente incompreso.
Mi ‘ossessiona’ dalla prima volta che l’ho letto, al suo apparire nella versione italiana pubblicata da Rizzoli oltre quindici anni fa, in contemporanea con l’uscita della pellicola di Coppola nelle sale cinematografiche.
Scritto in rumeno nel 1976, questo affascinante e sfuggente racconto lungo – o ‘novella’ come lo definisce l’autore nel proprio Diario – viene pubblicato originariamente in traduzione francese presso Gallimard nel 1981 (con un titolo, Le temps d’un centenaire, che richiama sottilmente un romanzo giovanile dell’amato Balzac, Le Centenaire).
All’epoca Eliade è ormai al culmine della propria fama quale studioso di Storia delle religioni e vera e propria celebrità intellettuale, eppure leggendo il Diario risalente a questi anni la ‘questione’ narrativa, costante fin da giovane nella sua riflessione e nei suoi desideri, sembra tornare ad acquistare una posizione centrale.
La stesura di Un’altra giovinezza si colloca nell’arco di due mesi, novembre e dicembre 1976, ma la «visione» che l’aveva generata risale all’estate precedente, durante un viaggio in Egitto: «Non riesco a chiudere occhio. Sono ossessionato dall’inizio di una novella che ho immaginato nel pullman che ci portava a Dendera» [3], scrive il 7 novembre nel Diario.
E in realtà da vari appunti presenti nello stesso Diario possiamo evincere come questa storia «di rigenerazione ed eterna giovinezza» probabilmente esistesse nell’immaginario dello scrittore rumeno da oltre trent’anni, visto che il soggiorno portoghese al quale accenna nella pagina del 21 giugno 1949 risale agli inizi degli anni Quaranta:

Tempo fa, in Portogallo, avevo immaginato una sorta di novella sul miracolo della rigenerazione e dell’eterna giovinezza acquisite la notte di San Giovanni. Immaginare, è dir poco. Per più giorni di seguito ho vissuto sotto il fascino di quel mistero. Vivevo nell’attesa, come se qualcosa dovesse prodursi e rivelarmisi…[4]

Più avanti, l’11 ottobre 1950, annoterà:

Henry Corbin, che in questi ultimi tempi ho visto diverse volte, mi ha raccontato un sogno terrificante. Viene a sapere che io ho avuto un incidente e che sono morto. È afflitto e pieno d’immensa tristezza (mi aveva incontrato proprio quella notte e gli avevo parlato della ‘esperienza dell’immortalità’). Poi arriva qualcuno e gli dice che non è sicuro che io sia morto, che c’è ancora speranza. Finalmente apprende che sono salvo… Dopo un po’, nello stesso sogno, mi ritrova: steso su un divano, morto! Questa volta non c’è possibilità di dubbio. Intorno a me c’è molta gente. Qualcuno si avvicina e mi fa tintinnare vicino alle orecchie certi oggetti di metallo. Risuscito. [5]

Ed è un altro sogno, fatto da Eliade ad Ascona durante gli incontri di Eranos e appuntato il 27 agosto del 1951 ad anticipare, si direbbe, con una incredibile somiglianza e precisione di dettagli (e almeno uno degli stessi personaggi del libro, il grande indologo Giuseppe Tucci), uno degli episodi più memorabili e spiazzanti di Un’altra giovinezza:

Fra le tre e le tre e mezzo ho avuto un sogno a occhi aperti molto interessante, che vanamente ho cercato d’interrompere onde poter dormire. Tornava e continuava oltre la mia volontà… Mi vedevo improvvisamente parlare il sanscrito, incapace di esprimermi in un’altra lingua. Vedevo quello che succedeva intorno a me: Christinel e gli altri fuori di loro, Jung pieno di interesse ecc. ecc. Passa un giorno, ne passa un altro… butto via i vestiti, resto quasi nudo e m’installo come eremita indù sulla riva del lago. Mangiavo appena una manciata di riso e non dormivo… Jung fa venire l’indianista Abegg con il quale riesco finalmente a capirmi dato che parlava un po’ di sanscrito. Gli dico che mi chiamo Narada… Mi accorgo che Ascona diventa il centro dell’attenzione universale: migliaia di giornalisti, di cineasti ecc. La polizia monta la guardia a Casa Gabriella. Desolazione di Christinel e degli amici. Arriva, in aereo, Tucci, seguito da Dasgupta, tutto fiero di avermi avuto come discepolo e di vedermi diventare celebre… Non riconosco nessuno. Vivo come uno yogi consunto sulle rive del lago. Nelle mie conversazioni con Dasgupta mi lagno di non sapere a causa di quale catastrofe sono diventato prigioniero di quei barbari. Continuo a non mangiare e a non dormire. E in capo a quindici giorni mi addormento e mi risveglio bruscamente. Cerco Christinel e sono seccatissimo di aver mancato la conferenza di Jung (che si svolgerà domani)…
Questo sogno da sveglio mi ha ‘dominato’ con una forza irresistibile per una mezz’ora… Durante il sogno sapevo il sanscrito meglio che nella realtà; mi sentivo parlarlo, cosa di cui sono incapace dal 1932… Mi chiedo se, a forza di riflettere sui processi yogi di abolizione del tempo, non abbia ‘animato’ una ‘immagine’ atta a provocare questa ‘uscita’ fuori del tempo fino a oggi mai sperimentata.[6]

Un’altra giovinezza è un libro che ‘svela’ molte delle connessioni nascoste nell’intera opera narrativa di Eliade, mostrando alla luce (del fulmine che dà il via alla storia di Dominic Matei, verrebbe da dire) le tracce celate attraverso vari romanzi e novelle, da Il segreto del dottor Honigberger del 1940 – «Badi piuttosto alla sua giovinezza, perché sarebbe davvero un gran peccato…» [7], ammonisce l’anziana cameriera di casa Zerlendi il narratore, sotto le cui spoglie di cercatore di verità da poco rientrato dall’India non è difficile riconoscere lo stesso autore – al racconto lungo Dalle zingare, in cui il protagonista dopo essere entrato nel giardino delle zingare si trova in un tempo diverso da quello nel quale ricordava di vivere, a La foresta proibita, la grande opera cui l’autore rumeno affidava le proprie speranze di essere ricordato come romanziere.
Inoltre anticipa quanto lo scrittore rumeno comporrà poi, a partire da Dayan e dall’enigmatico Diciannove rose, che fin dal titolo richiama il pattern delle rose che, – presente al centro del romanzo e nella sua risoluzione, ma quasi celato in esso – diventa significativamente un elemento fondamentale nella trasposizione cinematografica di Coppola.
Del resto che il particolare delle rose non fosse qualcosa di accessorio per Eliade, lo si desume indirettamente da un curioso aneddoto raccontato da Roberto Barbolini in margine alla recensione su un altro affascinante romanzo, il recente, Il tempo è un fiume di Pablo Maurette, che riguarda l’allievo prediletto del grande studioso rumeno, Ioan Petru Culianu – invitato a cena a casa dello scrittore italiano e di sua moglie, Culianu si presentò a casa di Barbolini portando con sé diciannove rose rosse.
Ma c’è di più. Un’altra giovinezza, il cui titolo rumeno (Tinerețe fără de tinerețe – ‘Giovinezza senza giovinezza’) ribalta la formula della fiaba popolare rumena Tinerețe fără de bătrânețe și viața fără de moarte (Giovinezza senza vecchiaia e vita senza morte), oltre a ‘indicare’ tracce nascoste nei libri precedenti e a prefigurare buona parte dello svolgimento narrativo futuro del proprio autore riprendendo molti dei temi centrali della riflessione di Eliade e del suo immaginario creativo, a partire proprio dalla ‘rigenerazione del Tempo’ cui si fa riferimento nell’appunto sulla notte di San Giovanni del giugno 1949, si pone come passaggio decisivo all’interno della sua produzione letteraria, un punto da cui guardare e finalmente ‘vedere’ ciò che il romanziere Eliade ha creato nel corso dei decenni.
E se la notte di San Giovanni, ovvero la notte del Solstizio d’estate – «In quella notte», spiega Eliade a Claude-Henri Rocquet nel libro intervista La prova del labirinto, «il cielo si socchiude, si può vedere l’aldilà, si può anche scomparire… Se qualcuno ha questa visione miracolosa, esce dal tempo, esce dallo spazio» [8] – è al centro de La foresta proibita, la cui stesura impegna Eliade per anni e al cuore di cui campeggiano alcuni dei motivi a lui più cari (l’uscita dal Tempo, la possibilità di una libertà assoluta, il rapporto con la Storia e il tema del doppio) Un’altra giovinezza inizia invece durante la notte di Pasqua (a significare evidentemente la ‘seconda nascita’ di Dominic Matei a una nuova vita e a una nuova identità) e riprende questi temi declinandoli in modo diverso.
In un certo senso, dopo il fallimento commerciale e anche, in definitiva, letterario (almeno secondo le reazioni dei critici di allora) del romanzo che per Eliade lo avrebbe reso un autore ricordato nel tempo a venire, dà loro un differente approdo, li portando a un compimento almeno parziale.
«Che fare per poter avere anche un’altra identità? Cioè, essere anche un altro uomo» [9], si domanda Ștefan, il protagonista de La foresta proibita. Dominic Matei avrà esattamente la possibilità di esperire questa condizione: vivere la vita di un altro, essere un altro uomo.
Poco dopo l’incidente del fulmine, quando ancora non si capacita di quanto gli sia accaduto, e quando ancora il doppio non si è manifestato apertamente, si trova a domandarsi se sia davvero lui a vivere le proprie giornate, o invece un altro: «Gli sembrava che tutto ciò che gli accadeva da qualche tempo non lo riguardasse veramente, come se si trattasse di qualcosa d’altro, di qualcun altro». [10]

Dominic non solo vive la vita di un altro, ma impara a esercitare la libertà: «’In breve, sono un mutante’, si disse non appena fu sveglio. ‘Anticipo l’esistenza dell’uomo post-storico…’. E, con un sorriso divertito, aggiunse: ‘… come in un romanzo di fantascienza’. […] ‘In un certo senso è vero’, si ascoltò pensare. ‘Ma, a differenza dei personaggi dei romanzi di fantascienza, tu hai conservato la libertà di accettare o rifiutare questa nuova condizione. Nel momento in cui, per un motivo o per l’altro, vorrai ripristinare la precedente, sarai libero di farlo’». [11]
Diciannove rose, la cui idea curiosamente si presenta a Eliade pochi giorni dopo aver firmato con Gallimard il contratto per Un’altra giovinezza a fine giugno 1978, radicalizza questo concetto prefigurando un mondo in cui la libertà sarà compromessa, e non è difficile leggervi in trasparenza l’allusione non solo al regime oppressivo della Romania del tempo, ma al destino dello stesso mondo occidentale:

Chiunque guardi in faccia la realtà capisce che prossimamente entreremo in una fase della Storia Universale in cui nessuna delle libertà che avevamo appena fatto in tempo a conoscere, sarà ancora possibile…  […]  Dunque dobbiamo prepararci fin d’ora, per poter sopravvivere nelle istituzioni della società di domani… […]  la perdita graduale e fatale di tutte le libertà, di qualsiasi genere, non può essere compensata se non da quella che abbiamo chiamato la libertà assoluta… […] ‘Evadi’ dal tempo e dallo spazio in cui sei vissuto fino allora, tempo e spazio che, in un futuro purtroppo abbastanza vicino, equivarranno ad un’esistenza perfettamente programmata in un’immensa prigione collettiva…[12]

Alla luce di tutto questo, non ci sarà dunque da sorprendersi per il fatto che Diciannove rose recupera uno dei personaggi, l’ufficiale di polizia Albini, della novella Dayan (pubblicata proprio nel volume Le temps d’un centenaire insieme a Un’altra giovinezza) e presenta esplicitamente vari riferimenti all’avventura dei fulmini – c’è infatti il bar Select, dove si conclude la storia di Un’altra giovinezza. Infine, se la storia del Dominic Matei di Un’altra giovinezza si svolgeva tra la Pasqua del 1938 e il dicembre del 1969, l’azione del libro si svolge tra il Natale del 1938 e l’aprile del 1969.
Pasqua, rinascita alla vita nuova; Natale, nascita alla ‘prima’ vita…

«Non bisogna dare al lettore una ‘storia’ perfettamente trasparente»,[13] afferma Eliade riguardo alla propria opera narrativa ne La prova del labirinto. La lettura stessa diventa così anch’essa, suggerisce, ‘una prova iniziatica’.
Del resto il camuffamento è uno dei modi attraverso cui la verità del sacro si rivela nella realtà quotidiana: e cosa è la narrativa, cosa sono i romanzi di Eliade, intenzionalmente o meno, se non il suo tentativo di ripristinare il sacro e il mito nei tempi odierni?
«La creazione», e dunque la letteratura, afferma ancora ne La prova del labirinto, «è la risposta che si può dare al destino, al ‘terrore della storia’».[14]

Sul Diario, il 3 maggio 1976, appena qualche mese prima di iniziare la stesura di Un’altra giovinezza, aveva annotato: «Viviamo un’epoca di radicale desacralizzazione, nella quale gli scenari iniziatici non sopravvivono che negli universi onirici e artistici. Ma sopravvivono davvero soltanto lì? Se si accetta ciò che ho chiamato ‘la dialettica del camuffamento del sacro nel profano’, bisogna ammettere anche un’altra possibilità, ossia che un certo tipo di ‘iniziazione’ avvenga, ai nostri giorni, sotto i nostri occhi, ma camuffata in modo così perfetto nel ‘profano’ da rendere impossibile riconoscerla come tale». [15] E il 21 aprile aveva scritto: ‘Il dogma marxista secondo il quale non è la coscienza dell’uomo a determinare la sua esistenza, ma all’opposto è la situazione sociale a determinare la sua coscienza può ritenersi valido solo se si considera la condizione umana così come ci è data, vale a dire “degradata’. Ma tutte le tradizioni religiose insistono sul fatto che l’uomo deve liberarsi proprio da questa predeterminazione e da questo condizionamento. Ogni tradizione possiede una sua ‘metodologia’, una ‘ascesi’, uno ‘yoga’ che consentono all’uomo di scoprire la sua vera identità, e passare dall’ignoranza alla ‘conoscenza’ (gnosi), dal condizionamento e dall’asservimento alla libertà».[16]
E ancora, il 19 novembre 1977: «Così come ogni fenomeno religioso è una ierofania (nel senso che rivela il sacro in un oggetto o in un atto profano), allo stesso modo la creazione letteraria mostra significati universali ed esemplari in avvenimenti e personaggi che appartengono alla quotidianità». [17]
A Stefan che, ne La foresta proibita, afferma, «Io credevo, speravo addirittura, che fosse possibile una uscita dal tempo proprio in questo nostro mondo storico. L’eternità ci è accessibile in qualsiasi momento», [18] Anisie, un uomo più anziano di Stefan ma che sembra molto più giovane e che «ha sentito come scorre il tempo, e ha intuito, di colpo, come avrebbe potuto fare perché il tempo non scorresse più», risponde: «Lei accorda ancora una importanza esagerata al linguaggio… […] Come se la salvezza dipendesse dal pronunciare parole più o meno misteriose!».[19]
È esattamente ciò in cui Dominic Matei, fino all’evento decisivo del fulmine, ha ‘perso’ la propria vita e l’unica donna che ha amato fino a quel momento, cercando nella conoscenza enciclopedica qualcosa che non è mai stato davvero suo: «Vuoi diventare ciò che tanti altri sono: filologo, orientalista, archeologo, storico, e chi sa che altro. In altre parole, vuoi vivere una vita estranea, la vita degli altri, invece di restare te stesso…» [20], gli rimprovera appunto Laura prima di lasciarlo per sempre. Così, dopo il fulmine e la rigenerazione, sarà l’amore per Veronica, che in stato di ‘estasi paramedianica’ risale sempre più indietro alle lingue parlate dall’umanità nel più remoto passato («All’egiziano e l’ugaritico, aveva fatto seguito un saggio di ciò che doveva essere il protoelamita, e uno dedicato al sumerico…») [21], a mostrargli l’unica possibile via di uscita per conoscere la sua vera identità, e il proprio destino…

Per anni ho continuato a tornare con emozione a questo romanzo, e al film di Coppola, e ogni volta, notando nuovi particolari, come vedendoli per la prima volta, ho pensato che qualcosa fosse sul punto di svelarsi di fronte a me, qualcosa nascosto magistralmente tra le ambiguità e i camuffamenti perché qualcuno infine lo vedesse: un significato segreto a ogni lettura più vicino, oppure, chissà, la possibilità stessa, come per il protagonista del libro, di una salvezza.
Sono certo che questa è un’esperienza che più di un lettore di Un’altra giovinezza (a partire dallo stesso Francis Ford Coppola che ne rimase ugualmente ossessionato fornendo, attraverso il proprio film, una possibile chiave di interpretazione), ha sperimentato, egli stesso coinvolto, così come nell’intenzione di Eliade, in una prova iniziatica da cui emergere nuovo, ‘reintegrato’, fuori dal labirinto…
Perciò sono felice che il libro torni oggi ai lettori italiani; il fatto che sia io a pubblicarlo in quanto editore forse farà sì che questa storia smetta di ossessionarmi.
O forse no.

«E anche se è vivo, che cosa ne dobbiamo fare?», sente come da lontano Dominic dalla voce «stanca e, gli parve, amara» [22], di uno dei suoi soccorritori dopo che il fulmine l’ha colpito e noi, con lui, abbiamo la tentazione di leggervi forse il destino dell’uomo contemporaneo e, dunque, di noi stessi.



Simone Caltabellota
(n. 10, ottobre 2023, anno XIII)



NOTE

1. Mircea Eliade, La foresta proibita, trad. it. di Simonetta Falcioni, Jaca Book, 1986, p. 218.
2. M. Eliade, Giornale, trad. it. di Liana Aurigemma, Boringhieri, 1976, p. 78.
3. M. Eliade, Diario 1970-1985, a cura di Cristina Fantechi e Roberto Scagno, trad. it. di Cristina Fantechi, Jaca Book, 2018, p. 230.
4. M. Eliade, Giornale, cit., p. 79.
5. M. Eliade, ibid., p. 99.
6. M. Eliade, ibid., pp. 114-115.
7. M. Eliade, Il segreto del dottor Honigberger, a cura di Horia Corneliu Cicortaș, Bietti, 2019, p. 56.
8. M. Eliade, La prova del labirinto. Intervista con Claude-Henri Rocquet, trad. it. di Massimo Giacometti, Jaca Book, 1980, p. 160.
9. M. Eliade, La foresta proibita, cit., p. 87.
10. M. Eliade, Un’altra giovinezza, trad. it. di Cristina Fantechi, Edizioni di Atlantide, 2023, p. 38.
11. M. Eliade, Un’altra giovinezza, op. cit.
12. M. Eliade, Diciannove rose, trad. it. di Iuliana Batali Ciarletta, Jaca Book, 1987, pp. 177-179.
13. M. Eliade, La prova del labirinto, op. cit., p. 48.
14. M. Eliade, ibid., p. 89.
15. M. Eliade, Diario, op. cit., p. 206.
16. M. Eliade, ibid., p. 205.
17. M. Eliade, ibid., p. 259.
18. M. Eliade, La foresta proibita, op. cit., p. 315.
19. M. Eliade, ibid., p. 319.
20. M. Eliade, Un’altra giovinezza, op. cit., p. 13.
21. M. Eliade, ibid., p. 100.
22. M. Eliade, ibid., p. 8.