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Horia-Roman Patapievici su «Sidereus nuncius» di Galileo Galilei
Sidereus nuncius o L’annuncio stellare, il libro di Galileo Galilei pubblicato a Venezia nel marzo del 1610 che avrebbe cambiato il nostro modo di guardare l’Universo, tradotto per la prima volta in romeno da Gheorghe Stratan, è stato pubblicato di recente presso la casa editrice Humanitas. Apparso nella collana bilingue «Biblioteca italiana», esso ha la struttura caratteristica di tutti i volumi pubblicati nella suddetta collana, vale a dire che è corredato da un ricco apparato critico, una prefazione scritta dal noto specialista italiano Franco Giudice, una cronologia e note, a cui si aggiunge un’ampia postfazione realizzata da due studiosi di fama internazionale, William R. Shea e Tiziana Bascelli. Inoltre, il libro ha beneficiato, in modo eccezionale, di due presentazioni pubbliche: nella prima, svoltasi presso la Libreria Cărtureşti il 7 gennaio 2019, sono intervenute personalità di rilievo del campo della fisica, della filosofia e dell’astronomia; mentre nella seconda, che rappresenta l’oggetto della presente cronaca, la conferenza è stata sostenuta da Horia-Roman Patapievici la sera del 21 febbraio 2019, presso la Libreria Humanitas Cişmigiu strapiena di gente per l’occasione. Nome di grande importanza della cultura romena odierna, fisico, filosofo, esperto delle religioni,
Patapievici ha iniziato la sua presentazione citando la lettera che l’ambasciatore inglese a Venezia, sir Henry Wotton, inviò al re dell’Inghilterra insieme ad un campione del Sidereus nuncius proprio il giorno dell’apparizione dell’opuscolo. Il diplomatico inglese, che aveva letto tutto d’un fiato il libriccino di Galilei, parla chiaramente e in modo professionale tanto delle memorabili scoperte astronomiche presenti nel libro quanto del futuro del fascicolo; Wotton preannunciava nella sua lettera che il libro di Galilei avrebbe capovolto il rapporto dell’uomo con la natura e l’immagine dell’universo e che ci sarebbero state conseguenze incommensurabili in tutti i campi. In seguito Patapievici ha spiegato i risultati ragguardevoli ottenuti da Galilei nonostante il suo telescopio rudimentale. Il telescopio, già inventato in precedenza e la cui paternità è stata rivendicata da vari ottici di diversi paesi, è stato perfezionato da Galilei divenendo così lo strumento che rappresenta il vero «nodo della nostra cultura». A differenza dei suoi predecessori Galilei ha puntato lo strumento verso il cielo e poiché ha saputo come e cosa guardare, ha rappresentato graficamente, con acquarelli e con incisioni, le immagini captate. Patapievici ha insistito sul fatto che Galilei avesse la forma mentis che gli permetteva di capire quel che stava vedendo e di esprimere teoreticamente le conclusioni delle sue osservazioni. Per esempio, Thomas Harriot, che aveva guardato la Luna attraverso il telescopio un po’ prima di Galilei, non aveva capito né saputo descrivere quanto aveva osservato; riconoscendo, dopo aver letto L’Annuncio stellare, l’importanza degli enunciati di Galilei, egli ha modificato i propri disegni in conformità con le descrizioni galileiane. Seguendo lo stesso filo logico, Patapievici ha parlato del genio sperimentale, del buon fiuto e soprattutto della «diligenza» con cui Galilei, non avendo né punti di riferimento né micrometri, usciva ogni notte per guardare Giove e la Luna e alla fine ottenere dei risultati molto simili a quelli che sarebbero stati pubblicati trecento anni dopo nell’Enciclopedia Britannica. Come tutti i geni, Galilei non è stato amato da tutti e questo innanzitutto a causa del suo carattere irruente; per esempio, lo storico Arthur Koestler ha manifestato la sua preferenza per Keplero, scienziato e matematico tedesco, autore dell’Astronomia Nova che ha rotto «l’incantesimo del cerchio» e che ha scoperto le leggi da cui Newton ha dedotto ulteriormente la Legge della gravitazione universale. Patapievici invece non condivide l’opinione di Koestler; anzi afferma che, se per quanto riguarda l’evoluzione della scienza della fisica e la conoscenza delle leggi dell’universo le scoperte di Keplero superano quelle galileiane, per l’evoluzione del pensiero umano, per la svolta filosofica rappresentata dallo studio della natura con il metodo sperimentale e per la nascita della scienza moderna, il valore di Galilei è impareggiabile. Inoltre, Patapievici afferma che mentre Sidereus nuncius è il primo articolo scientifico della storia dell’umanità, il suo autore, Galileo Galilei, è la prima figura di scienziato moderno che riunisce tutte le caratteristiche dell’uomo «nuovo»: l’intelligenza lungimirante, la minuzia dell’osservazione, il fiuto, il modo specifico di interrogare la realtà nonché la capacità di riconoscere i propri errori e di riorientarsi strada facendo, la ricerca e le conclusioni tratte.
Un altro aspetto affrontato da Patapievici è stato quello delle opere di Galilei tradotte e pubblicate in Romania. A parte l’opuscolo galileiano apparso adesso, Sidereus nuncius, e il pregevole volume delle Lettere copernicane, apparso nel 2010 presso la stessa casa editrice Humanitas e nella stessa collana, la Romania è deficitaria per quanto riguarda la pubblicazione e, di conseguenza, la conoscenza delle grandi opere di Galilei. In lingua romena esiste solo una traduzione incompleta, di fatto censurata, del Dialogo sui due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, quindi si auspica che questa lacuna della nostra cultura venga colmata.
La seconda parte della conferenza è stata incentrata sulla condanna di Galilei, interpretata come il risultato di un complesso di circostanze sfavorevoli che il fisico padovano non poteva controllare. Patapievici respinge sin dall’inizio l’interpretazione necessitarista, ma anche quella che sostiene l’idea di un conflitto tra la Chiesa e la ricerca scientifica perché, egli sostiene, quest’ultima interpretazione appartiene al Settecento, mentre il Rinascimento, in tutta la sua grandezza, ha avuto nella Chiesa, un impulso importante. Scegliendo l’approccio contingentista, Horia-Roman Patapievici parla del contesto in cui si è svolto il processo e la condanna di Galilei: la catastrofe prodotta dalla Guerra dei Trent’anni che ha sconvolto l’Europa, lo scoppio della peste, gli intrighi tra la curia papale e il potere spagnolo, ma anche il fatto che la Chiesa sembrasse incline a una nuova interpretazione dei passaggi biblici nel caso in cui avesse trovato una «prova fisica costrittiva» a favore della teoria eliocentrica. In un contesto diverso da quello dato, sostiene Patapievici, le cose sarebbero accadute in modo naturale, senza condanne, Galilei sarebbe stato adottato dai ricercatori all’interno della Chiesa nello stesso modo in cui il papa aveva accettato Copernico. La prova «costrittiva» portata da Galilei, ossia la teoria delle maree, era falsa, non potendo quindi convincere gli studiosi gesuiti, noti matematici e astronomi, ma anche trasformati in avversari di Galilei a causa dell’impulsività e dell’orgoglio del fiorentino. Il vero «argomento costrittivo» riguardante l’eliocentrismo sarebbe arrivato solo nel 1838, quando i telescopi sarebbero diventati abbastanza potenti da misurare la parallasse stellare. Per Galilei però la condanna già aveva avuto luogo, il suo dramma fu «il risultato di concatenamenti aleatori che hanno portato a conseguenze assurde» ovvero alla scissione della scienza dalla religione e dalla filosofia – scissione che, secondo Horia-Roman Patapievici, frammenta e impoverisce il pensiero persino al giorno d’oggi.
Non so se sia stata questa particolare visione dei fatti o l’eccezionale talento oratorio del conferenziere a ricevere l’attenzione del numeroso pubblico e a determinare lo scroscio degli applausi finali.
Patricia Bălăreanu
(n. 4, aprile 2019, anno IX)
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