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Octavian Paler: «Io sono libero perché non ho paura di amare ciò che deve morire»
Octavian Paler (Lisa, 2 luglio 1926 - Bucarest, 7 maggio 2007) è uno dei maggiori scrittori della letteratura romena novecentesca, figura di grande rilievo della società civile, giornalista editorialista e politico. Laureatosi alla Facoltà di Lettere e Filosofia e alla Facoltà di Giurisprudenza di Bucarest. ha lavorato come vice presidente del Comitato della radiodiffusione e della televisione romena (1965-1971), presidente dell’Ordine dei Giornalisti (1976), caporedattore del quotidiano «Romania Libera» (1970-1983) e corrispondente Agerpres a Roma. Quello che segue è un breve profilo dell'autore, a cura della redazione, con selezione di alcuni suggestivi passaggi, proposti al pubblico italiano come invito alla lettura, nell'auspicio che questo autore venga tradotto quanto prima anche in Italia.
Il profilo di un autore (da tradurre anche in Italia)
Il suo esordio letterario risale al 1958 con versi pubblicati sulla rivista «Luceafărul». Perseguitato dalla Securitate romena a causa della sua visione pro-occidentale e delle sue critiche nei confronti del partito comunista, Paler è stato sottoposto anche a domicilio coatto e gli è stato vietato di partecipare alle attività artistico-letterarie e giornalistiche.
Lo scrittore ha attraversato diversi periodi storici che hanno lasciato la loro impronta culturale e ideologica sulla sua opera. Con una storia straordinaria alle spalle e con le sue parole che esprimono vasti concetti e grandi verità, è diventato un po’ l'emblema dell'ideale classico di tante persone che hanno letto la sua opera. La sua figura è apprezzata per molte ragioni, legate alla sua particolare personalità e alla bellezza delle sue frasi, che lasciano spazio ad ampie riflessioni, e per i quali viene spesso citato.
Paler è autore di una vasta opera letteraria, che spazia dalla poesia alla saggistica, dai racconti di viaggio alla critica d’arte e alla narrativa. I temi centrali della sua opera sono la solitudine, l’amore, la morte, il destino, il senso di smarrimento di fronte all'esistenza. La sua opera è il risultato della perfetta simbiosi tra lirismo e narratività, tra poesia e filosofia, tra passione e ragione, tra illusione e disincanto. Nei suoi libri di viaggio è riuscito a raccontare un mondo particolare attraverso i suoi appunti (presi tra Messico, Egitto, Grecia, Italia, Spagna) offrendoci l'opportunità di conoscere quei luoghi attraverso i suoi occhi. I suoi lavori rispecchiano anche il suo interesse per la mitologia greca, egiziana e maya. «La mitologia è per me un rifugio, una sorta di evasione nella storia», ebbe a dire.
Con una scrittura caratterizzata da grande profondità, ogni sua frase induce a riflettere tra sentimento e meditazione. Le parole di Paler diventano metafora di una ricerca esistenziale, sintesi di un’intera esistenza: si animano nel momento in cui ci immergiamo nell’essenza dei suoi pensieri per tradurli nella nostra realtà di ogni giorno.
Difficilmente ascrivibile a un genere letterario eppure così omogenea dal punto di vista del linguaggio saggistico dominante, la sua opera segna un percorso spirituale, un divenire umano, e anche quello della scrittura. Come ha spesso fatto notare la critica letteraria, in Octavian Paler coesiste il moralista accanto allo stilista di estrema raffinatezza, caratteristiche che lo pongono sulla scia di Cioran. Molte delle sue frasi memorabili sono diventate patrimonio comune, e il suo stile si riconosce subito.
A partire da una serie di definizioni poetiche raggruppate nel volume L'ombra delle parole, Octavian Paler segue, volente o nolente, le orme di Lucian Blaga, aspetto innaturale, diciamo, se teniamo conto di ciò che definisce la sua scrittura, del suo interessamento per l'uomo contemporaneo e i suoi problemi. Le definizioni sono, nonostante la loro formula libresca, intuizioni spontanee di una realtà individuale, tentativi naturali della ricerca di uno stile proprio. Un poeta inesperto che affascina per la sensibilità e la naturalezza che emana e i cui testi annunciano, in sostanza, uno stile di confine che lo renderà famoso.
Il passaggio alla saggistica avviene immediatamente dopo questa esperienza, così che, in poco tempo la vera costante della sua scrittura si impone: la preferenza per i modelli dei saggisti spagnoli e francesi, la fascinazione per le parabole e miti, il radicalismo morale.
Strade nella memoria (1972, 1974) rappresenta i primi appunti su Egitto, Grecia e Italia. Oscillando tra il diario di viaggio e la riflessione morale, il volume conferma la passione di Paler per la mitologia. Le frasi pensate come fossero delle confessioni, caratteristica della sua scrittura, nascondono un autore profondamente disinteressato al reportage, cosa innaturale se si tiene conto del suggerimento del titolo. Il viaggio è qui, per Paler, una scusa e non un fine in sé che gli offre, a suo modo di vedere la possibilità di reinventare tutto, dal punto di vista di un codice personale. Più tardi confesserà: «Ho detto che sono un antiviaggiatore e ho scritto libri di viaggio», e ciò potrebbe essere una chiave di lettura per penetrare i significati reconditi di questi volumi: viaggi spirituali in tempi e spazi simbolici, incursioni in universi che offrono la possibilità di una determinazione del sé.
Lo stesso interessamento si fa sentire anche in Mitologie soggettive (1975), un libro in cui vi è una ridefinizione di stile nelsenso della confessione. Il volume è un’incursione affascinante nell'universo mitologico, un universo così caro all’autore, un viaggio-pretesto attraverso il mondo immaginario di personaggi mitologici che offre allo scrittore la possibilità di far passare tutto attraverso il filtro della propria sensibilità, una straordinaria occasione per riscoprire i veri valori umani e per creare un autentico mito personale.
Un aspetto unico della scrittura di Octavian Paler è La difesa di Galileo (1976), uno dei suoi testi più geniali. Per cominciare, l’autore si pone questa domanda: è meglio morire per un'idea e diventare un martire o vivere con prudenza e cercare di imporre la verità? Lo scrittore crea un dialogo emozionante caratterizzato da forza e autenticità costanti. Egli scopre in questo modo l'espressione del dialogo che gli dà la libertà di movimento nello spazio affascinante del discorso trovando la forma più opportuna per nominare la verità. Parliamo, indubbiamente, del suo interessamento più importante che serve continuamente alla sua condizione di intellettuale del tempo. Il dialogo è presente anche nei seguenti saggi – Lettere immaginarie (1979), Caminante (1980), Polemiche cordiali (1983), Un museo nel labirinto. Storia soggettiva dell'autoritratto (1986), testi in cui il saggista fa uso anche di altri mezzi per dare una nuova forma alla confessione. Tra questi c'è la forma epistolare caratteristica del volume Lettere immaginarie, nel quale i destinatari, grandi spiriti della cultura mondiale (Unamuno, Proust, Seneca, Gide, ecc), diventano proiezioni di alcuni temi morali ed estetici.
Caminante (1980) è un libro segnalato dalla critica, nei termini in cui l'autore l’ha sottotitolato – Diario (e controdiario) messicano, rifacendosi alle Antimemorie di Malraux. Facendo appello alle impressioni colte dal viaggio fatto in Messico, l'autore crea una serie di saggi su Cortés, Città del Messico, Montezuma, gli aztechi e i maya, le piramidi e sulla vita in generale. Molto interessante è anche il modo in cui l'autore ha scelto di scrivere il libro. La maggior parte degli interventi sono stati scritti durante il viaggio, ma alla fine di ogni saggio ci sono alcuni paragrafi scritti con caratteri in corsivo dove Paler riporta le aggiunte e le impressioni ʻa freddoʼ, costruendo in questo modo una interessante antitesi tra l'uomo che conosce il Messico e l'uomo che lo giudica, dal punto di vista della lettura dei quaderni con note di viaggio. In Polemiche cordiali, apparso nel 1983, ciò che risalta è soprattutto lo stile, meno carico di erudizione e in uno stile saggistico più scorrevole, stile più adatto alla struttura interiore dello scrittore. Si tratta di un libro in cui l'autore utilizza un interessante mix di cultura e realtà. Così, partendo da una serie di situazioni limite, il saggista si immagina quindici discorsi sulla viltà e il tradimento, attraverso i quali si ribadisce la stessa soggettività che trasforma i suoi testi in confessioni nascoste.
Le opere che seguono vanno comprese alla luce degli eventi del 1989, momento che determina un radicale cambiamento di tono. La sua situazione prima della rivoluzione – quando era finito sotto tiro della censura ed era stato rimosso dall’incarico che aveva per motivi politici – fatti per i quali fu automaticamente stigmatizzato nella società – ha portato una radicalizzazione più pronunciata del suo spirito. Questo cambiamento di atteggiamento relativo alla questione della libertà appena raggiunta genererà una revisione dei saggi più vecchi, ma che non comporta un cambiamento radicale sul piano delle idee. Gli scritti pubblicati su questo scenario continuano a mantenere il carattere saggistico e proseguono la direzione già nota della confessione, della meditazione e della descrizione dei fatti attuali della vita. I più rappresentativi sono: Il deserto per sempre (2001), La vita su un binario (1981) e Un uomo fortunato (1984), testi che, anche se pubblicati in momenti diversi dell'esistenza e del lavoro dell'autore, hanno in comune il fatto che affermano un altro aspetto del talento artistico di Octavian Paler come romanziere.
Il deserto per sempre (2001), nonostante il suo carattere eminentemente saggistico, può essere considerato un originale romanzo autobiografico che riconferma lo scrittore già noto ai suoi lettori, fedele al suo stile soggettivo, memorialistico, incline alla confessione e dominato da miti e concetti. Il tema generale al quale è subordinata la sostanza epica del libro è, come nella maggior parte del suo lavoro, il destino. Il libro prende la forma di un diario con annotazioni giornaliere che iniziano nel mese di maggio e terminano nel mese di agosto, la confessione sconcertante di un uomo intelligente, di una profondità sconvolgente, che ha paura. Ha paura della morte e del fatto che, un giorno, non sarà in grado di sentire le persone, non sarà in grado di
sentire l'odore del vento e gli sarà vietato, brutalmente, di amare. Gli appunti sul «diario» sono un interessante mix di ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza dell'autore, di annotazioni sugli eventi del 2001 e di pensieri o paure messi sulla carta, senza alcun collegamento con le note precedenti. È probabilmente uno dei libri in cui l'autore si espone di più, mostrando tutti gli errori che ha fatto, i rimpianti e i suoi difetti, con una sincerità a volte dolorosa.
Gli altri due libri, La vita su un binario (1981) e Un uomo fortunato (1984) segnano il vero passaggio di Octavian Paler alla formula epica del romanzo. Un passaggio non ispirato, direbbero alcuni, che riflette l'incompatibilità, facilmente riconoscibile d’altronde, tra lo stile dominante riflessivo dell'autore e la formula imposta da questo genere letterario. Si osserva, tuttavia, in questi testi la preferenza dell'autore per le costruzioni dei personaggi mediante un linguaggio parabolico – simboli e trame impossibili da individuare nello spazio e nel tempo, il che, si potrebbe dire, serve in qualche modo all'intento permanente del saggista di rapportarsi a una realtà diversa da quella imposta dall'atto della scrittura.
Calunnia mitologica (2007), l'ultimo dei suoi libri al quale non è riuscito a dare forma finale, rispecchia nel modo più fedele la maniera di scrivere caratteristica di Paler. Pertanto, alla complessità del pensiero lo scrittore accosta, come sempre, un’analisi e una valutazione ricca di molteplici punti di vista. Con quest’opera Octavian Paler si conferma come un autore maturo, un artigiano della parola e un abile investigatore dell'essenza dell'essere.
In italiano è stato finora pubblicato un saggio della vasta opera dello scrittore nella raccolta Il bazar della vita, aforismi e poesie di Octavian Paler, a cura e traduzione di Alina Breje (Casa Editrice Thyrus, 2010, 44 pagine).
Frammenti scelti
Decalogo
Primo comandamento: Aspetta non importa quanto.
Secondo comandamento: Aspetta qualsiasi cosa.
Terzo comandamento: Non ricordare invece tutto. Vanno bene solo i ricordi che ti aiutano a vivere oggi.
Quarto comandamento: Non contare i giorni.
Quinto comandamento: Non dimenticare che ogni attesa è temporanea, anche se dura una vita.
Sesto comandamento: Ripeti che non c'è un deserto. C'è solo la nostra incapacità di riempire il vuoto in cui viviamo.
Settimo comandamento: Non mettere nella stessa pentola la preghiera e Dio. La preghiera è spesso una forma di speranza per colui che non osa credere da solo.
Ottavo comandamento: Se pensi che questo pensiero ti aiuta, non esitare a riconoscere che credi perché non hai nient'altro di meglio da fare o proprio per evitare le conseguenze del fatto che non fai niente.
Nono comandamento: Benedici la possibilità di appartenerti completamente. La solitudine è una sgualdrina che non ti accusa di essere egoista.
Decimo comandamento: Ricorda che il paradiso si trovava quasi certamente in una caverna.
Non voglio credere che la sofferenza santifichi e che le sconfitte siano necessarie. Perché dobbiamo avvicinarci alla verità solo pieni di piaghe? Perché dobbiamo essere sbranati da un'aquila per imparare ad avere coraggio? Perché la felicità non ci può insegnare quello che la sofferenza ci insegna? Non esiste una strada verso l'arte e verso noi stessi che non passi attraverso l'inferno? Dobbiamo aver paura della felicità, se vogliamo raggiungere il proprio apice interiore? No, non voglio giungere a questa conclusione, indipendentemente da quanti argomenti porterebbero a suo favore. La grandezza di un martire non si misura in base alle sofferenze sopportate, ma in base alla sua fede.
Voi che ritornate a casa e, dopo aver chiuso la porta, dite 'buona notte', non sapete cosa significa entrare da una porta tacendo.
Sono tra coloro che chiedevano al silenzio di gridare e al dolore di sperare.
Il deserto può essere capito soltanto da chi l’ha vissuto.
Una vita senza amore è simile ad un anno senza primavera.
Cominciamo a morire quando non abbiamo più il potere di scegliere.
Io sono libero perché non ho paura di amare ciò che deve morire.
Non c’è cosa più triste in un uomo che quella di voler essere allegro a ogni costo.
L'attesa è un mestiere che si impara, cosi come un pittore impara a mescolare i colori.
I nostri punti deboli sono spesso nel mezzo della nostra forza. E, viceversa, l'uomo trova spesso il coraggio nella paura o l'orgoglio nell'umiltà.
Ho letto da qualche parte che il mondo del giorno è lo stesso per tutti, mentre il mondo della notte è proprio per ciascuno. Cioè non sogniamo allo stesso modo, anche se viviamo allo stesso modo.
Posso guardare, davvero, nello specchio rotto della mia memoria, senza il timore di aver perso esattamente quello che non avrei voluto mancare?
La paura ti domina nell'istante in cui non osi confessarla.
Ci sono domande che ci poniamo non per dare una risposta, ma per ascoltare la domanda.
La mancanza è il fuoco nel quale bruciano speranze, desideri, dolori, e le ceneri che rimangono sono ricordi.
Da qualche parte dietro di noi ci deve essere, prima delle parole e prima di tutte le ferite, una parola con la quale potremmo confessare tutto, o ci deve essere un silenzio uguale a tutte le parole.
Per quanto mi pare di capire le cose, l’uomo ha scoperto Dio, non guardando verso il cielo, ma cercandolo in sé stesso, in ciò che potrebbe prevenire la morte e il nulla. Non abbiamo sopportato l’idea che noi siamo solo polvere e così abbiamo cercato in noi quello che può impedire la polvere. Dio è la nostra parte che non vuole morire, che non può essere consolata.
Per me, la parola ha un valore al di sopra del silenzio. Il silenzio è la non partecipazione, quando la parola è uno slancio nello sconosciuto. Il silenzio non è niente, la parola è tutto. Il silenzio, alla fine, è solo una pausa tra le parole.
Amare significa, forse, illuminare la parte più bella di noi.
«La vera misura» di una vita può essere ottenuta solo con la «mancanza di misura», con la pazzia di osare oltre la misura, desiderare senza misura, amare senza misura.
In amore si sente più di quanto sia necessario, si soffre più di ciò che si pensa, si sogna più di quanto si vive.
Ami qualcuno quando hai deciso di volergli dare il meglio e decidi di dare te stesso.
Mi è mancata per tanto tempo una certa disperazione. Quella che probabilmente sentono i toreri quando, nel mattino della corrida, guardano il sole che sorge all'orizzonte. Avete mai pensato che soltanto chi teme di non vederla più, sa dolorosamente quanta bellezza esiste nella luce che infiamma il cielo?
Noi altri, invece, possiamo solo permetterci di essere disincantati, indifferenti, di immergerci direttamente, dopo che ci siamo svegliati, nelle nostre ambizioni e nelle nostre vanità.
Non so per chi scrivo, ma so perché scrivo. Scrivo per giustificarmi. Agli occhi di chi? Ho già detto, ma anche se divento ridicolo, lo posso dire ancora una volta: agli occhi del bambino che ero.
A volte, l’uomo è nella situazione di Cortes, quella di dover bruciare tutte le navi che potrebbero riportarlo indietro per poter ancora andare avanti.
Chi si è alzato in piedi contro il silenzio ha rischiato sempre di far tacere tutto intorno a lui.
L’attesa ci dà l’illusione che stiamo facendo qualcosa, quando, in realtà, noi ci limitiamo a morire lentamente, poco a poco.
Spogliato dai pregiudizi, l’istante danza nudo su una collina cosparsa di papaveri rossi.
Ricorda: in prossimità del punto più alto della felicità c’è l’abisso più profondo del dolore.
Se il destino non dipende da te, dipende da te ciò che fai con ciò che il destino ti dà.
Quanti lupi mi sbranerebbero, se solo sapessero che il mio grido è, infatti, un pianto.
Senza infinito si può vivere. Senza sognarlo, a volte no. Ma l’infinito non ha nessun prezzo se non c’è qualcuno con cui sognarlo insieme. Un infinito desiderato senza nessuno accanto è solo una solitudine senza limite e, quindi, intollerabile. Una solitudine in cui cessi di gridare.
Vicino al mare, mentre il sole regna da solo al di sopra della spiaggia, lì non c’è bisogno di nessuna retorica, per dare un senso alla vita. Il corpo da solo riempie le lacune della filosofia . Esso trova conforto in quella verità che non soddisfa i filosofi: quella di essere.
I colpi della vita non sono solo distruttivi, ma anche costruttivi, come i colpi di martello sullo scalpello di un bravo scultore.
L’unica mediocrità ingiustificabile è la mediocrità delle illusioni.
Restiamo lontani in qualche modo da tutto per non sporcare la nostra solitudine con la sofferenza degli altri.
Le cose che ho desiderato non sono riuscito a ottenerle mai chiedendole o lottando per loro. Come si può lottare per la tenerezza? O per la dolcezza? Puoi solo aspettarle.
Non sapevo che il fiore amaro della solitudine ha, se lo tocchi sulla guancia, il suono dei passi che vanno via.
Ci sono solo bellezze fugaci. Eterno è solo il silenzio.
L'istante rappresenta ciò che è deperibile, ma anche ciò che è possibile. L'attimo sta morendo davanti ai nostri occhi, ma è l'unico tempo vivo, l'unico momento quando sentiamo che la vita freme.
Chi cerca se stesso, trova il mondo, chi cerca il mondo, trova se stesso.
Octavian Paler
Traduzione di Alina Breje
(n. 4, aprile 2014, anno IV)
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