«La Bibbia perduta» di Igor Bergler, un caso-fenomeno editoriale e un best-seller giallo-poliziesco

Dopo Russia e Serbia – sarà poi la volta di Spagna e Francia e a seguire altri Paesi europei –, è arrivato anche in Italia, pubblicato dalla prestigiosa editrice Nave di Teseo-Baldini+Castoldi, il thriller di Igor Bergler (1970) che, edito in Romania dalle edizioni Rao nell’autunno 2016, ha frantumato poco a poco, fino a oggi, ogni record di vendite (superando le 130.000 copie vendute), diventando così un vero caso-fenomeno editoriale e un best-seller del genere giallo-poliziesco come mai si era visto in patria da più di vent’anni a questa parte, cioè dalla caduta del regime comunista. Per l’Italia si tratta di una novità assoluta, perché è il primo thriller di un autore romeno scritto direttamente in romeno a essere tradotto in italiano: questa sottolineatura può suonare bizzarra ma è giusto e curioso evidenziarlo, perché Igor Bergler ha, per così dire, un suo diretto «antagonista», ossia un altro autore romeno di thriller, E. O. Chirovici. Questi, infatti, con il suo Il libro degli specchi (Longanesi 2017) lo ha anticipato, sottraendogli così questo piccolo primato; ma, ed è qui l’aspetto interessante, il romanzo di quest’ultimo è stato scritto direttamente in inglese. Diciamo, quindi, che i due scrittori possono ritenersi comunque soddisfatti: ognuno è detentore nel suo piccolo di un proprio primato. Ma il palmarès rimane strettamente nelle mani di Igor Bergler per l’enorme e sorprendente successo in Romania, riconfermato dal successivo «prequel» Testamentul lui Abraham e dai racconti Șase povești cu draci, usciti rispettivamente nel 2017 e 2018 per le edizioni Litera, tutti sempre coronati da un enorme gradimento dei lettori e quindi di successo di vendite.

La Bibbia perduta è un romanzo basato sulla formula del fact-fiction, per attenerci alla sintetica definizione in inglese, in cui cioè realtà e finzione narrativa si incrociano e si confondono tra loro liberamente, a seconda della fantasia, dell’estro e della … qualità scrittoria dell’autore. Nel caso de La Bibbia perduta questi tre elementi fondamentali si sommano e si compensano in modo accattivante, conferendo alla trama una cornice ben delineata e strutturata, nella quale Igor Bergler ha saputo dosare, intessendoli insieme, mito, realtà storica e finzione. Nel romanzo incontriamo, quindi, da un lato il fosco, popolarissimo mito di Dracula (o, per la storia, la temibile figura del domnitor Vlad III Țepeș, ovvero Vlad l’Impalatore, nomignolo affibbiatogli per la sua presunta e crudelissima forma di tortura che infliggeva ai suoi nemici) e dall’altro i vari excursus «propedeutici», quasi dei mini-corsi di storia romena per il lettore, nel contesto storico in cui Vlad Țepeș è sorto ed è stato protagonista; e ancora: da un lato il ricorso allo stratagemma della teoria complottista incentrata, a beneficio del romanzo, attorno una secolare e malefica «cricca» supersegreta e potentissima formata da dodici membri che dominano il mondo – tema, quello dell’humus complottista, sempre vincente e sfruttato ampiamente in letteratura (si veda, per esempio, Il cimitero di Praga di Umberto Eco, autore cui Igor Bergler guarda come a un maestro e a fonte ispiratrice) –, e dall’altro, l’inserimento nel filo narrativo, di un’altra figura storica, Johannes Gutenberg, l’inventore della stampa a caratteri mobili, che, nel gioco della mirabolante inventiva narrativa del libro, instaura dei legami con l’Impalatore, e tutti e due, assieme a un terzo personaggio storico, l’eroe albanese Scanderbeg, si trovano uniti in una missione comune, con al centro una bibbia … perduta, che lascio ovviamente scoprire al lettore; e via di questo passo con altre trovate sospese sempre tra l’inverosimile e la verità dei fatti storici, in una girandola di situazioni ben congegnate, con citazioni cinematografiche, letterarie, metatestuali, punteggiate da macabri e misteriosi assassinii e azioni rocambolesche con al centro il protagonista, il professor Charles Baker dell’Università di Princeton – affiancato dalla tosta poliziotta dell’Interpol, Christa Wolf –, figura a metà strada tra un James Bond senza licenza di uccidere, ma, soprattutto, senza l’allure da macho, e un Phileas Fogg del XXI secolo, personaggio dotto e a volte squinternato, di buona famiglia, elegante e sofisticato, amante del lusso, ma non per questo con la puzza sotto il naso. Tutto ciò è turbato dalla ricorrente apparizione di un essere terrificante fatto d’ombra, in quattro angoli del pianeta (l’azione ha inizio a Sighișoara, non a caso, per poi spostarsi nella Repubblica Ceca, in Inghilterra, negli Stati Uniti e, dulcis in fundo, anche in Italia), mete toccate dai due eroi che li vedono, loro malgrado, costretti a darsi a una fuga mozzafiato, guidati da indizi in codice e sospinti da vari colpi di scena, in una corsa contro il tempo per scardinare il folle disegno di dominio dei succitati dodici sodali capeggiati dal cattivissimo Ross Fetuna.     

La Bibbia perduta è danbrowniana nella sua smaccata e parodica centrifuga dei modelli e dei clichés che fanno il successo di tanti autori del genere thriller, e che Igor Bergler ha fagocitato con pantagruelico appetito, e con astuzia da professionista di marketing, come Jean Harris illustra con un’efficacie analisi nella sua illuminante postfazione.

 

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A cura di Mauro Barindi
(dicembre 2018, anno VIII)