Romania e Portogallo, le «osservate speciali» del Pisa Book Festival 2019 Puntualmente come ogni anno, nel mese preannunciante l’inverno, ma tripudiante di un umido e giallo fulgore autunnale che trascina ancora dietro di sé ultime fragranze tardo-estive, si è svolta dal 7 al 10 novembre 2019 la XVII edizione del Pisa Book Festival (in inglese: gli italiani, si sa, sono degli sfegatati anglofili) allestita all’interno del Palazzo dei Congressi di Pisa: circa 70 «protagonisti», 160 espositori, 200 presentazioni e una mole enorme di appuntamenti fra seminari per traduttori, laboratori di illustrazione e letture. Romania e Portogallo, le nazioni «focus» sotto i riflettori del Festival Gli autori e i loro romanzi sono stati il fulcro attorno cui sono ruotati gli eventi a loro dedicati. Ad aprire le danze è stato Radu Pavel Gheo, l’8 novembre, con Gheoland e il mondo romeno-balcanico prima e dopo la dittatura, con il quale hanno dialogato la prof.ssa Emilia David, titolare della cattedra di lingua e letteratura romena presso l’Università di Pisa, organizzatrice e coordinatrice degli incontri con i tre autori romeni, e il traduttore Mauro Barindi. L’autore ha raccontato al folto pubblico presente la sua personale esperienza, vissuta in prima persona quand’era ventenne, a Timișoara, città in cui incominciò la Rivoluzione romena del 1989, nel passaggio dalla tirannia alla libertà, e come lui ha tentato di ricostruire e rendere l’atmosfera di quegli anni, prima e dopo la Rivoluzione, tra momenti di spensieratezza e il desiderio di un futuro migliore sotto uno dei regimi dittatoriali più ottusi e brutali in Europa attraverso le vicende e i personaggi dei suoi romanzi, in particolar modo dei quattro adolescenti e poi adulti di Buona notte, bambini! con le loro speranze e illusioni. Il giorno dopo è stata la volta di Eugen Uricaru e Claudiu M. Florian. Eugen Uricaru, nome di indiscusso prestigio nel panorama culturale romeno, che, incalzato dalle domande della prof.ssa David inerenti alla trama del suo romanzo Vladia (uscito in Romania nel 1982), ha risposto – con una sorprendente padronanza dell’italiano – tracciando un parallelo tra la realtà dell’epoca in cui scrisse il romanzo – il terribile, soffocante ultimo decennio del ceaușismo –, un romanzo allegorico dalla sottesa simbologia che si rifà proprio a quel periodo, e quella venuta subito dopo, in cui dall’iniziale entusiasmo e stordimento nell’assaporare la libertà si è passati alla disillusione a causa del trasformismo dell’ex apparato di regime che di fatto, tradendo la volontà popolare, ha continuato a mantenere lo status quo per mantenere sé stesso saldamente al potere. Da un’altra prospettiva, quella della comunità sassone in Transilvania, si è soffermato su quel periodo anche Claudiu M. Florian, parlando del destino dei sassoni transilvani – l’autore stesso è di origini sassoni – che nel vortice e nel gioco degli eventi storici che hanno attraversato la Romania nel secolo scorso hanno conosciuto momenti drammatici e dolorosi, essendo essi vittime di deportazioni, prima, e di angherie, dopo; tutto ciò ha portato alla dispersione e alla desertificazione di una secolare, florida e stabile comunità che viveva lì in armonia, fianco a fianco con i romeni e con l’altro importante nucleo etnolinguistico, quello ungherese. Ciononostante, in questi ultimi anni, ha sottolineato l’autore, si osserva un ritorno, un ‘riflusso’ dei sassoni transilvani, emigrati soprattutto in Germania, alla loro terra d’origine, la loro culla. Nel suo romanzo venato di autobiografia questo è vissuto e narrato da un bambino che vive con la nonna sassone e il nonno romeno in una cittadina transilvana attorno alla metà degli anni ’70 del secolo passato e che vede e interpreta la storia e gli eventi che gli turbinano intorno attraverso una tenera e disarmante innocenza. I tre autori romeni sono stati inoltre protagonisti dell’ultimo evento che li ha visti riuniti insieme il 10 novembre nel dialogo Superare il Muro. 30 anni dopo il ritorno in Europa della Romania tre grandi scrittori ricordano gli anni della dittatura guardando al futuro, moderato come sempre dalla prof.ssa Emilia David e in questa occasione anche dal prof. Roberto Merlo, docente di lingua e letteratura romena dell’Università di Torino. Ricche, profonde e coinvolgenti sono state le loro parole su un momento epocale come quello segnato dalla caduta del Muro di Berlino con le sue ricadute negli anni successivi in termini sociali e politici sulla Romania post-comunista. Ognuno, partendo dalla propria esperienza, ha sottolineato vari aspetti, fra i tanti toccati: l’emigrazione di massa dei romeni all’estero in cerca di una vita migliore, con inevitabili lati negativi, come lo sfruttamento nel lavoro e della prostituzione femminile; l’Europa vista come un grande villaggio in cui, per esempio, grazie alla libera circolazione delle persone, Barcellona si trasforma agli occhi degli emigrati romeni quasi in un paesino sperduto della campagna moldava; l’impulso di vendetta violenta contro il regime per le dure condizioni patite è frenato dalla consapevolezza che alla fine è la Storia a ripianare i conti. Inserita fra gli incontri degli autori dei due paesi focus, su iniziativa della Biblioteca di Italianistica e Romanistica, nei cui spazi era allestita una piccola esposizione di volumi antichi e moderni riferiti alla Romania e al Portogallo, Radu Pavel Gheo, Claudiu M. Florian, Almeida Faria e Luís Cardoso sono stati invitati la sera dell’8 novembre a una lettura pubblica sotto il lemma «Ad alta voce & a tutto volume» durante la quale brani estratti dai loro romanzi sono stati letti in originale dai rispettivi autori e letti in traduzione dai rispettivi traduttori (Mauro Barindi e Andrea Ragusa). Altro evento inserito nella stessa giornata nell’ambito del focus Romania, per il ciclo «Letteratura in traduzione», è stata la presentazione de Il Levante di Mircea Cărtărescu (Voland, 2019), nella stupefacente traduzione di Bruno Mazzoni, che per forza maggiore non ha potuto essere presente, di cui hanno tessuto le lodi lo scrittore Vanni Santoni e il prof. Raffaele Donnarumma, affiatatissimi e sottili estimatori dell’opera dello scrittore bucarestino. Infine, vanno menzionati altri due eventi: il primo, il 7 novembre, ha avuto per tema La sfida di una letteratura di nicchia. Perché promuovere la letteratura romena e il ruolo del traduttore, dialogo fra la prof.ssa Emilia David e il traduttore Mauro Barindi; il secondo, l’8 novembre, l’incontro-laboratorio romeno-portoghese con le prof.sse Valeria Tocco, docente di lingua e letteratura portoghese dell’Università di Pisa, ed Emilia David e il traduttore Mauro Barindi nell’ambito del Translation Hub, dal titolo Un intellettuale romeno in Portogallo alla prova della traduzione: La barca di Caronte di Lucian Blaga, in cui è stata comparata la traduzione in parallelo in portoghese e italiano di un brano estratto dal citato romanzo postumo, ancora inedito in Italia, del celebre filosofo, poeta e scrittore di Lancrăm. Ultima annotazione utile: la prossima edizione del Pisa Book Festival si terrà dal 5 all’8 novembre del 2020.
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