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FILIT Iași 2018, il più grande festival letterario della Romania, è giunto alla sua VI edizione
FILIT, oltre a essere un acronimo dalle carezzevoli assonanze anglicizzanti («Feel it!»), la cui sigla («Festivalul Internațional de Literatură și Traducere») capeggia nel logo simpaticamente stilizzato, è uno dei festival letterari più dinamici e congegnati come una perfetta schiaccia-sassi culturale che la Romania conosca da più un di un lustro (con l’edizione 2018, tenutasi il 3-7 ottobre, si è giunti al suo sesto appuntamento). E che ciò abbia puntualmente luogo nella «provincia» moldava (con al centro la città di Iași – in Romania tutto quello che avviene al di fuori da Bucarest è etichettato come qualcosa che attiene alla «provincia», non per forza nel senso peggiorativo che esiste nel concetto italiano, ma siamo lì più o meno…), ha realmente dell’incredibile. Ciò si deve ai fondatori e direttori di questo strabiliante evento cultural-letterario, a partire da Dan Lungu che ha curato le prime edizioni per poi passare il testimone a Lucian Dan Teodorovici – entrambi scrittori, e ciò spiega le ragioni del suo strabiliante successo: come dire, le persone giuste al posto giusto –, evento che mobilita l’intero capoluogo moldavo e che riempie cinque giornate fittissime di dibattiti, incontri, letture pubbliche, concerti dal vivo, serate con scrittori del panorama letterario romeno e internazionale (ne citiamo solo alcuni: dalla giovanissima Delia Calancia a Gabriela Adameșteanu, da Sylvie Germain a Nichita Danilov, da Jón Kalman Stefánsson a Carmen Firan, da Jonathan Franzen a Adela Greceanu, da Veronica Roth a Cristian Fulaș, da Florina Ilis a Ioan Es. Pop ecc. ecc.) e di una miriade di altre preziose iniziative. Non vanno ovviamente dimenticati tutti gli altri 25 validissimi componenti della squadra di quest’anno: da Monica Sălvan a Florin Lăzărescu, da Georgiana Leșu a Dan Semenov. Le cifre mietute da FILIT nelle ultime cinque edizioni sono ragguardevoli: più di 900 invitati, più di 500 eventi letterari, afflusso di pubblico di più di 90.000 persone, più di 350 giornalisti romeni e stranieri accreditati e più di 600 volontari. Ecco, proprio per questi ultimi vorrei spendere una parola, perché durante lo svolgimento del festival ho visto in questi giovani, in gran parte liceali, un entusiasmo e una dedizione totali che hanno profuso instancabili, mettendo a proprio agio e seguendo passo passo gli ospiti (il mio «angelo custode» è stata Catinca, sotto le cui ali erano accolti anche tutti gli altri traduttori e traduttrici invitati).
Trovandomi al festival per la prima volta, l’edizione 2018 di FILIT mi è sembrato un magma continuo che colava da un vulcano in eruzione al centro di una effervescente Piața Unirii, il punto nevralgico della città: sotto le coltri bianche della tenda, anzi, del vasto complesso di candide tende di «Casa FILIT» – forse simbolo dell’innocenza della letteratura? – piantate al centro della piazza fino a coprirla quasi per intero, entravano e uscivano, come un fiume inarrestabile di lava, curiosi o appassionati della cultura scritta – accorsi per assistere a qualche evento o per acquistare libri –, scrittori, giornalisti, traduttori, manager culturali, editori e tutti insieme, gomito contro gomito, urtandosi e riconoscendosi, chi fra lo stupore di vedere in carne e ossa una «vedette» letteraria, chi nella gioia di rincontrarsi e di scambiare qualche parola, magari prima di correre a uno dei tanti luoghi – dalla Biblioteca Centrale Universitaria all’Istituto francese, dal Teatro Nazionale al Museo Eminescu – sedi di un dibattito o di un incontro. Questa atmosfera da kermesse senza frontiere incorniciato dall’aura della letteratura trascinava insomma e calamitava attorno sé il bello dell’umanità, in un momento in cui l’umanità non sta tanto bene né in Europa né nel mondo.
In quanto traduttore, il programma è stato molto fitto e ricco: ho partecipato con particolare interesse, sia come semplice osservatore sia come invitato, ai due incontri professionali fra editori, manager culturali e traduttori svoltisi all’Istituto francese, a quello, svoltosi sotto la cupola della Biblioteca Centrale Universitaria, dalla tematica più allargata, il cui titolo era «Cui îi pasă de literatură română? » Un proiect de brand cultural: traducătorii și traducerile, moderato impeccabilmente da Monica Joița, e infine a quello organizzato fra i traduttori dal romeno e i professori di liceo tenutosi presso l’Ispettorato scolastico del distretto di Iași. Nei primi tre eventi c’è stato uno proficuo scambio di informazioni sulle strategie e sulla visione culturale, manageriale ed editoriale, attuali e future, dei vari interlocutori (limitandomi al settore editoriale estero erano presenti gli editori Roberto Keller dell’omonima casa editrice, Aniol Rafel delle edizioni Periscopi di Barcellona, Ludmiła Koza delle edizioni Amaltea di Breslavia e Odille Serre delle edizioni Seuil di Parigi, i cui cataloghi contengono tutti opere di autori romeni), informazioni molto interessanti per i traduttori per quanto concerne la scelta dei temi e degli autori (romeni in particolar modo) esplorati e tradotti nei rispettivi Paesi. In succinta sintesi, Keller prosegue nel suo progetto sulle letterature di confine nella nuova collana dedicata al reportage letterario; la neonata editrice polacca punta su alcuni autori romeni contemporanei; l’editrice catalana continua il suo ambizioso progetto di pubblicazione della trilogia Orbitor di Mircea Cărtărescu con una veste grafica molto curata; l’editrice Seuil, che ha pubblicato in francese nel 2016 Viața începe vineri di Ioana Pârvulescu, punta da qualche anno al filone dei libri gialli, mentre, nel campo editoriale romeno, Ana Nicolau dell’editrice Nemira ha indicato in Cristina Andrei la loro autrice «punta di diamante», inserita nella nuova collana di autori romeni «N’autor», e Lucia Popovici della Polirom ha presentato e distribuito il catalogo «Fiction 2018 – Contemporary Romanian Prose», una selezione di 33 autori romeni dal catalogo Polirom con cenni biografici e brani tradotti in inglese estratti dalle rispettive opere, pensata come vetrina di proposte per gli editori stranieri (ma utile senza dubbio anche per noi traduttori). Si è accennato anche alla nuova tendenza di librerie più piccole, almeno in Italia, le quali, a differenza delle grandi superfici in cui si privilegia la quantità alla qualità delle proposte dei grandi gruppi editoriali, stabiliscono invece un legame privilegiato con case editrici indipendenti, offrendo così un’alternativa più vivace e interessante a quella «di massa».
L’incontro con i professori di liceo è stata l’occasione per condividere con il pubblico la propria esperienza di noi traduttori (che erano Ingrid Baltag – Germania, Olga Bartosiewicz – Polonia, Elena Borrás García – Spagna, Inger Johansson – Svezia, Steinar Lone – Norvegia, Philippe Loubière – Francia, Bruno Mazzoni – Italia, Eva Ruth Wemme – Germania) e l’approccio particolare che ognuno di noi, «mediatori» tra due universi linguistici, intrattiene con il testo da rendere nella lingua d’arrivo, per dire, citando Eco, «quasi la stessa cosa», senza dimenticare, come ha sottolineato giustamente la collega svedese, che due sono le voci, due sono gli «autori» che alla fine arrivano al lettore, quella dello scrittore e quella del suo traduttore. Da parte mia, ho sottolineato che noi traduttori dovremmo anche ricordare più spesso il lavoro svolto dai nostri revisori, sottolineandone l’importanza nella fase di rilettura del testo tradotto.
Una cosa che mi ha colpito in modo particolare – che è un appuntamento portante dei programmi di FILIT –, è la mole incredibile di incontri, 14 nell’arco di tre giorni, che prendono il nome di «Scriitori printre liceeni» organizzati per avvicinare gli autori con gli studenti di liceo e che hanno avuto luogo anche in scuole fuori di Iași. È una iniziativa che mi sembra straordinaria e opportuna: mettere faccia a faccia scrittori e adolescenti significa tenere vivo l’interesse delle giovani generazioni per la lettura in un mondo dominato dagli smartphone e dai social e allo stesso tempo di farli interagire con gli autori attraverso il dialogo. È senza dubbio uno dei fiori all’occhiello di FILIT. Fra l’altro, bisogna ricordare che gli studenti diventano anche lettori attivi e «critici»: infatti, al termine di ogni edizione FILIT, gli studenti votano il libro più amato in una rosa di romanzi proposti e quest’anno il premio è andato al romanzo della «basarabeancă» Tatiana Țîbuleac, Vara cînd mama avea ochii verzi (Cartier, Chișinău 2017), già uscito in traduzione francese.
E in ultimo, una menzione per il bel progetto FILIT 2018, «Scriitori de poveste», pubblicati a cura delle Edizioni dei Musei Letterari di Iași, che ha coinvolto undici scrittori a cui è stato affidato il compito di riscrivere in forma romanzata la biografia di altrettanti scrittori classici romeni; queste le accoppiate: Adela Greceanu/Vasile Alecsandri, Simona Antonescu/Otilia Cazimir, Andrei Crăciun/Ion Creangă, Dan Coman/Mihai Codreanu, Cristian Fulaș/Dosoftei, Florina Ilis/Mihai Eminescu, Iulian Ciocan/Nicolae Gane, Mihai Buzea/Vasile Pogor, Tudor Ganea/Mihail Sadoveanu, Bogdan Răileanu/Costache Negruzzi, Alex Tocilescu/George Topîrceanu. Undici autori moldavi (se includiamo anche Topîrceanu che, pur essendo nato a Bucarest, è «ieșean» d’adozione) che, quasi tutti, non potevano avere miglior cornice per la presentazione delle personali rinarrazioni da parte degli scrittori chiamati a identificarsi nei propri e illustri predecessori se non le rispettive case memoriali (o in musei) sparse a o nei pressi di Iași, a dimostrazione del fatto di quanto la Moldavia sia stata centrale per la cultura romena, dando i natali ad alcuni dei geni che occupano oggi un posto nella storia letteraria mondiale.
In conclusione, FILIT è stata una esperienza unica, preziosa, utile e arricchente, e Iași me l’ha fatta vivere con la stessa intensità con cui mi incontro ogni volta con lei (è la prima città romena a cui sono approdato, ancora studente universitario, nel «lontano» 1987, e occupa quindi un posto speciale nei miei ricordi), una città che è cresciuta e rinata più fiorente e bella che mai, e una manifestazione come FILIT è una infusione di dinamismo che le fa bene e che merita in pieno. E speriamo ancora per molte altre edizioni FILIT.
Mauro Barindi
(novembre 2018, anno VIII)
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