Strumento, nemico, tentatrice, im-perfezione: declinazione femminile Opposizione, debolezza, altro, vita e morte in un unico ventre, luna, ciclicità, attesa, sacrificio. Simboli essenziali: strumento, nemico, tentazione, im-perfezione. Ruoli sovrapposti: madre, figlia, moglie. Un unico essere. Donna. Il femminile.
Nemico. La controparte, la dimensione da combattere, da temere, da demonizzare. Le amazzoni, le «senza seno», secondo una certa tradizione che le vuole delle guerriere mutilate per poter meglio tendere l’arco. Gli attributi femminili possono essere solo ingombro nell’impresa di atteggiarsi a uomo. La guerra è arte maschile. Tentatrici. Le ninfe, dalla giovinezza eterna, orbitano attorno a Dioniso, a Pan, agli dèi, allo scopo di attirare i maschi, dèi o poveri mortali. Ed è interessante notare come l’attaccamento alla giovinezza eterna del femminile — alla libido — diventa patologia, sfocia nella ninfomania di cui parla per la prima volta, nel 1771, il medico francese de Bienville nel volume La ninfomania, ovvero trattato sul furore uterino. Im-perfezione. Il simbolo per eccellenza che rende il femminile imperfetto per definizione: Maria, madre e vergine allo stesso tempo. Da questa prospettiva, il maschile si identifica con il miracolo, con il prodigio, con la forza della mente e la purezza dell’azione; il femminile è redento, dipende dal miracolo altrui — del maschile — per poter toccare la perfezione, appunto essere madre e vergine al contempo. Non c’è altro modo per impossessarsi di una dimensione propria, definibile non attraverso la alfa privativa greca, che appunto, priva il simbolo femminile di qualcosa, di un attributo, e lo rende vincolato a qualcosa di indipendente: occorre una grammatica audace e depurata da simboli fuorvianti. Occorre una grammatica e un’identità che fluiscono in mezzo a simboli, archetipi ed esseri con la libertà con cui fluisce un rivolo di pioggia sopra la superficie liscia e fredda di una finestra. Lasciamo, allora, che il mondo sia finestra e che noi, donne e uomini, fluiamo sulla sua superficie disegnando nuove geografie identitarie. Che ci vuole? Ci vuole la volontà di immaginare.
Irina Francesconi Ţurcanu (n. 3, marzo 2021, anno XI) |