Gli alberi della Gnosi. Uno sguardo sinottico sulla produzione dell’ultimo Culianu

Questa breve comunicazione risponde all’invito del Prof. Antohi ad approfondire e circostanziare alcune considerazioni a margine della traduzione italiana, da me curata, della prefazione a The Tree of Gnosis, recentemente apparsa su questa rivista. [1]
L’opera in questione è tuttora sconosciuta al pubblico italiano, dal momento che la sola traduzione esistente è quella romena. [2]
Per ragioni di spazio-tempo non mi sarà possibile coprire l’intero arco della produzione culianiana volta a comprendere il fenomeno del “dualismo”. Com’è noto, l’interesse di Culianu per questa materia risale al suo soggiorno presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove approdò, dopo varie vicissitudini, nell’autunno del 1973. Qui, sotto la guida di Ugo Bianchi, il giovane studioso romeno si «convertì» dall’indologia alla storia del cristianesimo antico e dei dualismi occidentali – sebbene si trattò solo di una «conversione a metà», cioè, per usare le parole stesse di Culianu, «una parziale adesione alle sue [di Bianchi] opinioni»; [3] mi limiterò in questa sede a registrare le principali trasformazioni intervenute nel cosiddetto «ultimo (ultimul) Culianu» (Patapievici) o «Culianu americano» (Idel), considerato come il punto di svolta nella sua interpretazione dei dualismi occidentali. Lo storico delle religioni romeno sarebbe passato infatti da un approccio storico-filologico al fenomeno della Gnosi ad uno cognitivo, secondo il quale i sistemi religiosi non sarebbero altro che oggetti ideali al cui funzionamento e riproduzione presiede un programma mentale che tende a implementare tutte le possibili varianti.
Nel 1987 Culianu ottenne il prestigioso Doctorat d’État, sotto la guida di Michel Meslin, professore di storia comparata delle religioni, già relatore del suo primo dottorato parigino (3e cycle, sostenuto il 17 giugno 1980). La tesi fu discussa alla Sorbona (Paris IV) il 10 gennaio 1987 ma di fatto fu conclusa a Wassenaar (L’Aja), mentre l’autore beneficiava di una borsa di studio presso il Netherlands Institute for Advanced Study (NIAS). Quello stesso anno, Les Gnoses dualistes d’Occident era in preparazione presso l’editore Payot (il quale, ricordiamolo, era uno degli editori di Mircea Eliade, ma anche l’editore presso il quale Culianu stesso aveva pubblicato Expériences de l’extase: Extase, ascension et récit visionnaire de l’hellénisme au Moyen Age nel 1984).
Ci furono però alcuni contrasti interni alla casa editrice che costrinsero il direttore (e proprietario), Jean-Luc Pidoux-Payot, a lasciare e a trasferirsi come direttore presso la casa editrice Plon. Essendo un suo caro amico, Culianu seguì Pidoux-Payot in Plon dove l’edizione francese andò in stampa soltanto nel 1990. [4] In altre parole, uscì un anno dopo la pubblicazione della prima traduzione italiana, I miti dei dualismi occidentali, a cura di Dario M. Cosi e Luigi Saibene (Jaca Book, 1989; seconda edizione: 2018; terza ed.: Rusconi Libri, 2022), la quale costituisce perciò il termine di paragone di ogni successiva edizione e il punto di partenza del mio intervento.

Fatta salva l’aggiunta di una nuova prefazione, non c’è alcuna differenza tra la traduzione italiana e l’edizione francese. Nella prefazione alla traduzione italiana (datata Wassenaar, 11 novembre 1986) Culianu salda il proprio debito di riconoscenza nei confronti dei vari maestri incontrati nel suo percorso formativo: Ugo Bianchi, che “iniziò” il giovane studioso romeno alla storia dei dualismi occidentali; Michel Meslin, relatore dei suoi due dottorati francesi e, da ultimo, Mircea Eliade, che tra le altre cose facilitò il suo approdo negli Stati Uniti, presso la Divinity School di Chicago dove lo stesso Eliade insegnava dall’autunno del 1956.
Nella prefazione all’edizione francese, datata Chicago, 19 settembre 1989, Culianu riprende solo in parte i contenuti della precedente prefazione, citando inoltre l’esistenza della traduzione italiana e le reazioni suscitate dalla pubblicazione delle edizioni italiana e inglese di Eros et magie à la Renaissance. Di passaggio, l’autore ironizza su alcune recensioni critiche che lo avevano definito come uno «strutturalista sospetto», un «pluralista senza mezze misure», «avvocato di certe dubbie libertà mentali e sociali», e, allo stesso tempo, si compiace di avere incontrato il favore di un’ampia platea di lettori qualificati, tra i quali Elémire Zolla e Grazia Marchianò. [5]
Nel frattempo, Culianu traduceva e riscriveva il suo lavoro insieme a Hillary S. Wiesner e nel 1992 l’editore Harper Collins pubblicava, postumo, The Three of Gnosis: Gnostic Mythology from Early Christianity to Modern Nihilism. Come specificato nel colophon, si tratta di una «traduzione completamente riveduta» dei materiali raccolti in Les Gnoses dualistes d’Occident. In particolare, la nuova prefazione può essere letta come un manifesto programmatico della “svolta cognitivista” maturata dall’ultimo Culianu, in linea con il saggio System and History, pubblicato nel primo numero della rivista «Incognita», fondata dallo stesso Culianu nel 1990, e considerato da Sorin Antohi «il manifesto epistemologico di Culianu» e «per la tragica fine del suo autore, il suo testamento». [6] Nel presentare il suo lavoro al pubblico americano, da una parte Culianu auspica che gli studi storici si dimostrino all’altezza di rinnovare la propria epistemologia alla luce dei cambi di paradigma intervenuti in altri ambiti dello scibile umano, segnatamente nel campo della fisica e della cosmologia, e dall’altra sottolinea la diversità di approccio che contraddistingue la sua proposta da quella strutturalista. Mentre lo strutturalista pensa, infatti, in termini puramente morfologici, Culianu intende calare la morfologia dei sistemi religiosi nella diacronia della storia. Ne risulta un approccio «morfodinamico» nel quale gli oggetti ideali sono colti nella loro evoluzione spazio-temporale.

Mi limiterò in questa sede a offrire soltanto un paio di esempi delle differenze d’impostazione intervenute tra le due edizioni, a testimonianza di un continuo lavoro di pensiero, traduzione e scrittura che ha progressivamente condotto l’autore agli esiti sopra accennati.
Nell’Introduzione a I miti dei dualismi occidentali, l’autore presenta il proprio lavoro come un’analisi comparativa dei dualismi occidentali e delle loro strutture mitologiche. Culianu si dimostra scettico riguardo alla possibilità di attribuire al dualismo dei tratti invarianti comuni (anticosmismo, antisomatismo, encratismo, vegetarianesimo, etc.) in ragione dello «spettro di tolleranza» che lo caratterizza, vale a dire la capacità delle varie tendenze gnostiche di accogliere, rifiutare, e combinare in vario modo questo o quell’aspetto senza che perciò venga meno il denominatore comune dello gnosticismo: l’esistenza di due principi tra loro opposti. Culianu ritiene che lo gnosticismo possa essere colto come fenomeno unitario non tanto in termini positivi quanto piuttosto per contrasto rispetto ai sistemi religiosi del tempo, come fenomeno rivoluzionario o di contro-cultura, stante il diniego, operato dagli gnostici, di due principi comuni al retroterra religioso dell’epoca, segnatamente: il principio dell’«intelligenza ecosistemica» (il mondo è retto da un ordine provvidenziale) e il principio «antropico» (il mondo è creato secondo una “scala” umana, su misura per l’uomo). La regola di produzione sottesa alla mitologia gnostica consisterebbe poi nell’interazione di due miti indipendenti l’uno dall’altro – quello della Sapienza decaduta e quello del Demiurgo ignorante e superbo – e dalla loro applicazione a un terzo mito, quello della Genesi biblica, capovolgendone però i dati, secondo una prassi ermeneutica che Culianu definisce «esegesi inversa».
Gettiamo ora uno sguardo all’Introduzione a The Tree of Gnosis. Il testo si apre con una riflessione sulla difficoltà, vissuta da Albert Einstein in prima persona, di rendere la gente comune partecipe delle conseguenze sbalorditive della sua teoria generale della relatività, ritenuta da Culianu principale responsabile dell’affermazione del paradigma cognitivista. Il tentativo posto in essere dal fisico tedesco di offrire un’esposizione della sua teoria per l’intendimento generale, era destinata a sfociare in un «fraintendimento generale», perché ciò di cui parlava Einstein andava troppo al di là dell’esperienza sensibile e delle facoltà immaginative di una mente profana.
Culianu riprende e sviluppa il riferimento einsteiniano a Flatland. A Romance with many Dimensions di Edwin A. Abbott, il romanzo in cui gli abitanti di un mondo bi-dimensionale sperimentano la difficoltà insormontabile di figurarsi una realtà a tre dimensioni. A sua volta, lo studioso romeno propone, sulla falsariga del lavoro di Abbott, l’esempio di un cucchiaio che viene immerso in un piatto di minestra e gli abitanti che vivono sulla superficie della minestra percepiscono come una sequenza di fenomeni discontinui nel tempo. Alla base di questo modello esplicativo, che egli definisce cognitivista, sta l’intuizione che le idee siano sincroniche e parte di un sistema che costituisce a tutti gli effetti un “oggetto ideale” (il cucchiaio nell’esempio citato) operante in una dimensione propria, quella della logica, e il cui funzionamento dipende da poche semplici premesse a partire dalla quali il sistema è in grado di permutare infinite soluzioni possibili. Quando il sistema interseca la dimensione dello spazio-tempo, si frammenta e moltiplica, dando luogo a una sequenza di fenomeni spazio-temporali i cui rapporti di discendenza diretta restano di per sé indeterminabili fintantoché lo studioso ignori la “tridimensionalità” dell’oggetto ideale di cui i fenomeni in questione non sono altro che sezioni storicamente determinate.

Passerò ora a esaminare il decimo capitolo di The Tree of Gnosis, capitolo che presta il proprio titolo all’intero volume, e che corrisponde all’undicesimo capitolo delle precedenti edizioni (il cui titolo suonava diversamente: I dualismi occidentali: una analisi sincronica). Culianu conserva la citazione da Yeats e l’incipit, in cui accenna all’abitudine di un famoso gangster degli anni Trenta di affidare le proprie decisioni al lancio di una monetina. Alla base del mito gnostico starebbe lo stesso meccanismo a scelta multipla, innescato da un semplice interrogativo di partenza – Unde malum? – da cui scaturirebbero tutte le possibilità logiche consentite da un sistema di opposizioni binarie. Culianu giudica riduttiva e da ultimo “immorale” ogni interpretazione esistenziale che tenda a descrivere lo gnosticismo come un fenomeno di crisi – qualunque cosa ciò possa significare – e distingue la storia sociale del fenomeno dalla sua logica intrinseca.
Culianu considera gli gnostici campioni di libero pensiero e osserva che se avessero avuto la meglio il loro sistema paradossalmente ne sarebbe risultato impoverito, dal momento che avrebbe selezionato una sola variante dominante, a scapito di tutte le altre, invece di percorrere – come è effettivamente accaduto – l’intero spettro delle sue possibilità. Il sistema generativo dello gnosticismo si presenta perciò come un albero, l’albero della Gnosi, e la sua morfogenesi può essere compresa nei termini di un gioco da tavolo, in cui ogni casella offre molteplici opzioni tra cui scegliere. Il gioco, in teoria, può andare avanti all’infinito e – aggiunge Culianu – “giocato un gioco, giocati tutti” perché ogni gioco, quale che sia, riflette il funzionamento della mente umana.
The Tree of Gnosis si conclude con un epilogo dal titolo eloquente: «Games people play». Culianu afferma a chiari termini che le dispute teologiche che animarono la cristianità delle origini non erano altro che «giochi mentali» in nulla diversi dagli scacchi «forse solo meno complicati», in cui però nessuno dei contendenti poteva “dare scacco” all’avversario, e che nulla avevano a che fare con le logiche di potere che furono agite nel loro nome e che hanno portato alla distruzione fisica e morale di molti individui. Analogamente, lo gnosticismo è stato un «gioco mentale» che si è sovrapposto alla cristianità delle origini e ha utilizzato molti degli elementi provenienti da quest’ultima per riprodursi, un gioco che non aveva in sé nulla di sbagliato, ma che ciononostante fu «interrotto con la forza». [7]. Culianu si spinge oltre, affermando che i giochi mentali – siano essi religiosi, filosofici o scientifici – presuppongono di necessità meccanismi analoghi, in ragione della struttura conservativa della mente umana, così che le stesse problematiche affrontate nell’ambito del cristianesimo antico e dello gnosticismo sono destinate a riproporsi ancora, su altri “tavoli da gioco”.
Non solo, la sovrapponibilità formale dei giochi mentali potrebbe rivelarsi, nel lungo periodo, una sovrapponibilità sostanziale. Disponendo di un maggior numero di informazioni, infatti, sarebbe virtualmente possibile dimostrare la coincidenza tra il sistema buddhista e quello cristiano o quello dell’idealismo tedesco, accreditando così quella convergenza di tutte le tradizioni filosofiche e religiose, su cui a lungo si è speculato. Culianu esclude che i sistemi di credenze possano venire intaccati da questo approccio, al contrario ne uscirebbero rafforzati, venendo meno, nella prospettiva cognitivista, ogni antitesi tra religione e scienza, e tra religione e religione, aprendo a un’esperienza religiosa ecumenica ed inclusiva, di contro al particolarismo fondamentalista, la cui minaccia per la civiltà occidentale Culianu previde con largo anticipo.

Vorrei infine azzardare alcune considerazioni, che in parte valgono a titolo di conclusione e in parte ambirebbero ad ampliare il campo della riflessione in vista di una possibile ricerca. The Tree of Gnosis è per circa due terzi lo stesso libro e per un terzo un libro diverso. Oppure, per usare l’immagine cara a Culianu dei mattoni intellettuali, potremmo dire che sia sostanzialmente lo stesso per ciò che concerne i “materiali di costruzione”, ma questi materiali sono diversamente disposti e organizzati, al fine di soddisfare, crediamo, le seguenti esigenze:

  1. agevolare la lettura, riducendo il numero dei riferimenti eruditi e dando un taglio meno accademico e più divulgativo alla sua esposizione, discostandosi dalla forma di una tesi di dottorato per assumere quella di un «masterpiece of scholarship» – per citare Umberto Eco;
  2. esplicitare meglio l’epistemologica e il metodo della propria ricerca in una sorta di libro-manifesto;
  3. soddisfare il gusto di un pubblico colto non europeo, che ama essere divertito oltre che istruito; da qui le digressioni letterarie, psicoanalitiche e i riferimenti ammiccanti al cinema.

Ciò detto, ci sembra di poter affermare che in The Tree of Gnosis la discendenza platonica dello gnosticismo venga messa maggiormente in risalto, mentre il “dualismo”, quale tratto distintivo della Gnosi, passi in secondo piano a favore di una maggiore accentuazione del principio esegetico che sta alla base del mito gnostico, considerato nell’ampio spettro delle sue possibilità logiche.
Da ultimo, vorremmo solo accennare al carattere “auto-interpretativo” o “auto-esplicativo” della teoria cognitivista abbracciata da Culianu. Se è vero che i sistemi religiosi, come pure quelli filosofici e scientifici, sono degli oggetti ideali, saremmo portati a ritenere che anche le interpretazioni dei sistemi religiosi possano essere considerate a loro volta degli oggetti ideali che attraversano la superficie del tempo dando luogo a una serie di sezioni di cui comprendiamo l’ordine sequenziale, ma la cui “tridimensionalità” ancora ci sfugge. Domandiamo allora: Quale gioco mentale ha giocato Culianu? Ovvero, qual è la regola di produzione del suo sistema cognitivista?
Per usare la metafora di Flatlandia, potremmo affermare che Culianu si sia dapprima mosso lungo la dimensione unilineare della ricerca storico-filologica per poi portarsi in uno spazio a tre dimensioni, quello rappresentato dalla morfo-dinamica dei sistemi religiosi. La risposta ci soddisfa solo in parte e soprattutto non basta a placare l’irrequieta curiosità del Quadrato, protagonista di Flatlandia, il quale supplica la Sfera di accompagnare il «suo servo in una seconda trasferta nella benedetta regione della Quarta dimensione» per ammirare l’interno di ogni sistema tridimensionale di idee, ovvero, fuor di metafora il “lato interno” dell’interpretazione “cognitivista” della religione [8].


Igor Tavilla

(n. 12, dicembre 2022, anno XII)





NOTE

[1] I. Tavilla, L’albero della gnosi e l’“ultimo Culianu”, in «Orizzonti culturali italo-romeni», n. 10, ottobre 2022 (a. XII). Cfr. http://www.orizzonticulturali.it/it_interventi_Igor-Tavilla-5.html
[2] Arborele Gnozei. Mitologia gnostică de la creștinismul timpuriu la nihilismul modern, tr. di Corina Popescu, Polirom, Iași 2005, ultima edizione: 2015.
[3] I.P. Culianu, I miti dei dualismi occidentali. Dai sistemi gnostici al mondo moderno, Jaca Book, Milano 2018, p. 13.
[4] Si ringrazia Tereza Culianu Petrescu per questa informazione.
[5] I.P. Couliano, Les gnoses dualistes d’Occident. Histoire et mythes, Plon, Paris 1990, p. 9.
[6] S. Antohi, nota introduttiva a I.P. Culianu, Sistema e Storia, in Ioan Petru Culianu. Argonauta della quarta dimensione, a cura di H.C. Cicortaș, R. Moretti e A. Scarabelli, fascicolo monografico di «Antarès. Prospettive antimoderne», n. 18, 2021 (pp. 195-200), p. 195.
[7] I.P. Couliano, The Tree of Gnosis. Gnostic Mythology from Early Christianity to Modem Nihilism, Harper Collins, New York 1992, p. 241.
[8] Edwin A. Abbott, Flatlandia, Feltrinelli, Milano 2021, p. 117.