|
|
Dove finisce la frontiera: Gérard Delaloye, lo svizzero di Transilvania. In memoriam
Nella notte tra il 4 e il 5 dicembre scorso, si è spento a Sibiu Gérard Delaloye, raffinato intellettuale svizzero stabilitosi da molti anni nel sud della Transilvania, a Sibiel, insieme alla sua sposa Adriana, romena. Assiduo lettore della nostra rivista (solo una banale mancanza di coincidenze ha impedito che ne fosse anche collaboratore), Gérard Delaloye è stato uno storico e un giornalista di prim’ordine, che alla Romania ha dedicato diverse pubblicazioni, nelle quali la profondità e il rigore dello storico di lungo corso si sono espresse con la prosa brillante e avvincente del giornalista di profilo.
Nato nel 1941 a Lourtier, nel Canton Vallese, dopo gli studi liceali presso il collegio Saint-Maurice gestito da religiosi (eredità questa che rimarrà per sempre nella sua vita come una sorta di polo dialettico, tra polemica verso un mondo clericale sclerotizzato e sincero rispetto verso la dimensione religiosa in quanto tale), Gérard Delaloye si laurea in Lettere a Losanna, per poi insegnare storia a Ginevra. Negli anni Settanta, un’antica inclinazione verso il giornalismo lo porta a collaborare a diverse pubblicazioni, con un rapporto via via più consistente e regolare (nel 1978 al Journal du Valais, nel 1980 a L’Hebdo), finché nel 1991 lascia l’insegnamento per partecipare alla fondazione del Nouveau Quotidien, dove si occupa di politica estera, storia e letteratura. Spirito libero e aperto, nel 1998 prende parte al lancio del quotidiano Le Temps, con il quale continua a collaborare fino agli ultimi anni, tenendo al contempo alcune rubriche su siti di informazione svizzera come dimanche.ch, Largeur.com e Matin Dimanche.
«Uomo di cultura eccezionale, aperta a diversi orizzonti, la Francia, la Germania, l’Italia e, in questi ultimi anni, la Romania e l’Europa dell’Est. Un grande europeo». Le parole dell’amico Jacques Pilet sintetizzano al meglio un tratto essenziale della personalità umana e del profilo intellettuale di Gérard Delaloye che, mai dimentico delle sue origini svizzere, cui ha dedicato diversi libri (tra questi, La Suisse à contre-poil, nel 2006, e L'évêque, la Réforme et les Valaisans nel 2009), investe gli ultimi dieci anni della sua vita nello studio sistematico della storia della Romania, in particolare della Transilvania. Trasferitosi definitivamente, nel 2007, da Losanna al villaggio di Sibiel, vicino a Sibiu, assecondando un desiderio maturato con la moglie Adriana – anche sulla scia della testimonianza di un altro grande “straniero naturalizzatosi romeno”, il compianto professore belga Eugène van Itterbeeck, studioso dell’opera di Cioran e iniziatore a Sibiu dei seminari internazionali annuali su Emil Cioran – Gérard Delaloye matura una conoscenza accurata di aspetti essenziali del passato e del presente della Romania, che gli consente di evidenziare parallelismi, o quanto meno analogie, con alcune dinamiche della storia elvetica, come nel caso della composizione multietnica della Transilvania (di grande interesse questo saggio pubblicato in romeno sulla celebre Rivista 22 di Bucarest).
Nascono da questo lavoro di ricerca, ma anche dal piacere della discussione e della divulgazione, le sue due opere più recenti: il blog personale Carrefour est-ouest che ha tenuto con regolare costanza negli ultimi anni, commentando fatti del presente e del passato della Romania, e l’ultimo suo recente libro (in francese), il cui titolo pare oggi un presagio del suo “passaggio”: Les Douanes de l’âme (Ed. L’Aire, Vevey 2016). Figlio di un doganiere del Vallese, Gérard Delaloye riconduce le pluriennali incursioni nello spazio socioculturale romeno alla dimensione metaforica della frontiera, scegliendo per questo suo libro un titolo ispirato a un rito e credenza da lui scoperti in Romania, in occasione delle esequie di suo suocero: «Quando il prete finì di incensare le offerte, noi ci avvicinammo per reggere il vaso con la colivă [un dolce tipico utilizzato nella liturgia funebre presso gli ortodossi romeni, ndr] e con il vino e sollevarlo ritmicamente verso il cielo, per accompagnare simbolicamente l’anima, lavarla dai suoi peccati, sostenerla nel suo passaggio delle dogane dell’anima».
E proprio Les douanes de l'âme ci appare oggi come una sorta di testamento culturale, non privo di risonanze affettive. Nei dodici testi in gran parte inediti, sfilano alcuni dei nomi e temi più significativi del paesaggio romeno, accostati con personale originalità. Accade così, ad esempio, con il saggio sulle origini byroniane del Dracula di Bram Syoker, o con quello dedicato all’ispiratore transilvano di Hergé e del suo viaggio sulla luna, mentre una posizione centrale è riservata alla migrazione dei Sassoni di Transilvania, letta in paralleo con quella dei Walser nel Vallese. L’accostamento Transilvania-Svizzera emerge con decisione anche quando vengono affrontate le analogie multietniche della Svizzera e dei Sieben Bürgen, dei luterani in Transilvania e dei seguaci di Michel Servet, e sempre di multiculturalità si tratta nel caso ad esempio della Transilvania un tempo ungherese o della Bucovina in alcune zone – come a Cernăuţi/Černivci – fino al 1918 a maggioranza ebraica. Personalità di prima grandezza sfilano nel viaggio de Les douanes de l'âme, dove la multiculturalità è cifra costante: è il caso del ritratto dedicato a Miklós Bánffy, l’aristocratico ungherese di Cluj, del breve saggio su Paul Celan, il poeta ebreo di Cernăuţi/Černivci, e delle pagine su Herta Müller, Nobel della letteratura 2009, originaria del Banato.
La metafora del viaggio, nel caso di Gérard Delaloye, è costitutiva, e non solo perché già nel 2009 egli aveva pubblicato uno splendido diario culturale intitolato proprio Le voyageur (presque) immobile (Ed. de L'Aire, Vevey), testimonianza suggestiva del suo spessore culturale, ma anche perché il movimento agile della curiosità intellettuale e della fisica disponibilità a dislocarsi su orizzonti diversi ne hanno caratterizzato la vicenda umana e culturale. Mi permetto di aggiungere che ho avuto la fortuna e il dono di avere Gérard come amico, un amico sincero, un vero signore, un uomo che sotto una riservatezza tutta “svizzera” custodiva un animo buono e autentico. La scomparsa di persone come lui è una grave perdita non solo per coloro che lo hanno amato – alla sua sposa Adriana vanno le nostre condoglianze – ma anche, e per certi versi anzitutto, per il Paese che egli ha amato, la Romania, oggi più che mai bisognosa, in un contesto globalizzato, di non perdere contatto e consapevolezza delle sue radici culturali e antropologiche. Queste, con passione e intelligenza, Gérard Delaloye non ha mai cessato di indagare e porre in valore.
Qui l’audio con l'ultima intervista a Gérard Delaloye in occasione della pubblicazione del suo libro, trasmessa dalla radio svizzera RTS.
Giovanni Ruggeri
(gennaio 2017, anno VII)
|
|