«Ad ascoltar le doine. Scritti sulla Romania» di Armando Santarelli

Segnaliamo il volume Ad ascoltar le doine. Scritti sulla Romania di Armando Santarelli, recentemente pubblicato da Rediviva Edizioni di Milano e presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino, presso lo Stand della Romania coordinato dall'Istituto Culturale Romeno di Bucarest. Il libro raccoglie una serie di testi scritti dall’autore nel corso degli anni e affronta vari temi della cultura romena. Con il presente libro l’autore dimostra la sua grande passione e il suo vivo interesse nei confronti della storia, della letteratura, della spiritualità romena, e allo stesso tempo presta particolare attenzione alla dinamica dell’emigrazione romena in Italia.
Alla domanda «Perché mi sono innamorato della Romania?», Armando Santarelli risponde: «È un qualcosa di profondo, che ha a che fare con i codici dell’anima. E questi, chi è in grado di decifrarli? L’amore non si misura, ma, se ti conquista, senti che è come se fosse lì da sempre. Ecco, quando ho messo piede in Romania per la prima volta (molto più tardi rispetto ad altri Paesi europei e mondiali), ho provato l’emozione che ci pervade tornando nella terra natale dopo una lunga assenza. Ovunque posassi lo sguardo, qualcosa di familiare, di semplice e di estatico, di trasparente e misterioso allo stesso tempo. Un amore tardivo, dunque, ma proprio per questo maturo, forte, completo, come a voler riempire un vuoto che la mia anima aveva tollerato solo perché ignara della fonte capace di apportare nuovi stimoli e interessi alla mia vita».
Pubblichiamo qui di seguito la prefazione a firma del romenista Giovanni Rotiroti.

 

Armando Santarelli e la Romania: un libro sull’amicizia

Il libro di Armando Santarelli, che vi accingete a leggere, è una raccolta di saggi e testimonianze scritti a margine dei grandi miti fondatori della Romania, come la Mioriţa, il dor, Eminescu, ma è anche un libro che si confronta sulla questione enigmatica della lingua romena e della sua singolare storia sullo sfondo di un più ampio contesto universale. L’autore si concentra, inoltre, su alcuni grandissimi scrittori romeni conosciuti dal grande pubblico in Italia, come Cioran e Norman Manea, e volendo riunire analisi e confessione, pesca dagli abissi della cultura alcune “perle letterarie” della letteratura romena, poco note ai più, che il lettore avrà modo di scoprire e di apprezzare non appena inizierà realmente a girare le pagine di questo libro.
Il mio compito, pertanto, non sarà quello di spoilerare i contenuti del libro, rovinando l’effetto sorpresa di questo scrupoloso lavoro, oppure di rivelare al lettore, che ha già cominciato a scorrere febbrilmente l’indice del volume, particolari che ancora non si conoscono, ma sarà piuttosto quello di provare a interrogarsi intorno a qualcosa che, a mio avviso, rappresenta il fondo affettivo o sentimentale a partire dal quale si diramano queste analisi e confessioni di Armando redatte con stile e con evidente passione.
Si è affermato all’inizio che questo libro raccoglie confessioni e testimonianze di Santarelli sulla Romania e sulla cultura letteraria romena. Ma cosa implica testimoniare? Testimoniare ha il senso paradossale di dissigillare una cripta soggettiva, gelosamente custodita, fatta di rappresentazioni e di parole. La testimonianza separa la sfera del sacro e restituisce ciò che vi è di profano, come atto etico, come il desiderio di un gesto o di una espressione che permane in attesa, en souffrance. Ora, di questa cripta soggettiva è impossibile liberarsi, e l’attesa deve cedere alla rivelazione del sentimento. Quale? L’amicizia - in particolare l’amicizia di Santarelli per la Romania e la cultura letteraria romena, come ho già detto.
«L’amicizia – scrive Sarantis Thanopulos, presidente della SPI (Società Psicanalitica Italiana) – è ciò che mantiene psichicamente sana e viva la materia umana desiderante. Espande le relazioni umane al di là dei vincoli familiari, usa l’affinità per rendere abitabile e feconda la differenza».
Ed è proprio l’immediata affinità con la terra e la gente romena che si situa alla base di ciò che leggiamo in questo libro. Facendo leva sul sentimento della philia, Santarelli rende abitabile e feconda la differenza di cui parla Thanopulos, tanto da estendere il suo interesse umano e culturale a quasi tutte le componenti che formano l’essenza della Nazione romena: la storia, la letteratura, le bellezze naturalistiche, le tradizioni ancestrali, la spiritualità, una lingua che risale al latino, in una parola tutta la magia del mondo romeno.
Il sentimento dell’amicizia nasce da quando si è bambini, si consolida nell’adolescenza e si realizza in maniera esclusiva creando dei legami molto simili all’amore. In effetti, sinora siamo rimasti nella terminologia e nel concetto dell’amicizia, ma quando si leggono contributi come quello dedicato a Nicolae Steinhardt, o articoli come “Mi-e dor de tine” e “Sindrome italiana”, non pare fuori luogo attribuire a Santarelli un vero e proprio sentimento di amore per la Romania.
Dato che stiamo coniugando l’amore in più d’una delle sue manifestazioni - così come lo intendevano i greci - nel caso di Santarelli possiamo parlare tranquillamente anche di xenia, quell’amore per lo straniero, per chi è nostro ospite, che si manifesta con il calore umano, con la comprensione, con la condivisione. In effetti, secondo lo psichiatra e filosofo svizzero Ludwig Binswanger, la forma più autentica dell’amicizia è la partecipazione a un medesimo destino. Ciò che si scambia in tale relazione è il proprio mondo interiore nella figura esistenziale del «confidarsi». In questo rapporto confidenziale, in questa fiducia costitutiva e reciproca si partecipa, cioè si prende parte al medesimo orizzonte umano.

Nessun dubbio che sia questo il cammino intrapreso da Santarelli nel suo rapporto con la Romania e la gente romena. Con una postilla importante: ciò che gli amici condividono, ciò che hanno da spartire è il fatto stesso di esistere, cioè la vita stessa. Ed è questa spartizione senza oggetto, questo consentire forse preoriginario ciò che costituisce l’ontologia dell’amicizia. In altri termini, gli umani non condividono solamente qualcosa di oggettivabile, ma qualcosa che è reale e irreale insieme, un oggetto che non è un oggetto fra i tanti, ma qualcos’altro di ulteriormente non definibile. Questa verità, come si sa, riguarda il desiderio, in particolare il dor romeno, parola intraducibile nelle altre lingue, e che affascina il nostro autore. Lo si può capire; il dor è un termine polisemico e affascinante di per sé; ma c’è qualcosa in più: chi ama si identifica con la cosa amata, e allora il desiderio del dor diventa possibile, diventa un fatto conoscitivo e morale, diventa la forma estrema dell’amore.




Giovanni Rotiroti
(n. 6, giugno 2023, anno XIII)