Segnalazioni editoriali: «Emersioni sceniche. Teatro romeno contemporaneo»

La casa editrice ETS (Pisa) ha da poco pubblicato il volume Emersioni sceniche. Teatro romeno contemporaneo, a cura di Horia Corneliu Cicortaș e Letteria Giuffrè Pagano, il primo della nuova collana di romenistica «L’altra Europa», diretta da Emilia David. Si tratta di un’antologia che raccoglie sette testi inediti in Italia, rappresentati tra il 2010 e il 2015 sulla scena del festival «teatROmania_emersioni sceniche» di Roma: ai quattro testi integrali di Anca Visdei (Sempre insieme), Alina Nelega (Il decalogo secondo Hess e Amalia respira profondamente) e Vlad Zografi (Baciami!), si aggiungono tre scritture sceniche basate su testi di Panait Istrati (Verso una’altra fiamma), Eliade e Sorescu. Ogni testo è preceduto da brevi note introduttive firmate da Horia Corneliu Cicortaș.
Del volume – che è stato presentato il mese scorso al Salone internazionale del libro di Torino – riproduciamo qui in anteprima, con l’accordo dell’editore, la prefazione di Emilia David e l’introduzione di Letteria Giuffrè Pagano.

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Prefazione


La raccolta di teatro romeno contemporaneo Emersioni sceniche nasce come esito di un progetto editoriale organico, che coglie l’urgenza di presentare ai lettori una scelta oculata di testi e di autori drammatici di primo piano della Romania, diversi tra di loro sul piano della poetica e rappresentativi per l’intero arco del Novecento, arrivando fino ai nostri giorni. 
Questo libro, il primo di una serie di volumi dedicati a una drammaturgia europea, quella romena, purtroppo scarsamente conosciuta in Italia, inaugura la collana di studi e di letteratura «L’Altra Europa», di recente fondazione presso la casa editrice ETS di Pisa e, allo stesso tempo, lancia una scommessa ambiziosa, la cui utilità si avvertiva da tempo: nelle intenzioni dei curatori Horia Corneliu Cicortaș e Letteria Giuffrè Pagano, le sette opere rigorosamente inedite, riunite in Emersioni sceniche  ̶  di cui quattro sono pièceintegrali e tre sono riscritture  ̶  forniscono uno sguardo d’insieme sulla ricchezza tematica, nonché di veicoli espressivi, intesi nella doppia declinazione di trame linguistiche e sceniche, che definisce il teatro romeno più recente e novecentesco. 
La vivacità straordinaria di questo corpus teatrale è stata omologata dapprima nella veste scenica degli spettacoli che i medesimi testi hanno assunto in Italia, nella cornice e nell’atmosfera del memorabile festival «TeatROmania_emersioni sceniche», articolatosi in cinque edizioni, dal 2010 al 2015, negli spazi della prestigiosa Accademia di Romania in Roma e all’Istituto Culturale Romeno di Bucarest, il principale finanziatore dell’evento pluriennale, su iniziativa della compagnia teatrale indipendente Telluris Associati (Toscana) e dell’associazione culturale FIRI (Roma).
Come spiega Letteria Giuffrè Pagano, che è stata anche direttrice artistica del festival, la cui storia appare brevemente illustrata nella sua efficace e gradevole Introduzione, questo festival è stato realizzato in un’ottica internazionale, con il fine di captare il polso attuale e contemporaneo del teatro romeno, «alla luce delle drammaturgie di oggi», vale a dire in un fertile dialogo con culture e linguaggi altri, «così da presentare al pubblico di Roma un’offerta culturale qualitativamente alta e rilevante per il confronto critico» con il teatro del terzo millennio.
La scelta ha privilegiato – ribadisce la curatrice – spettacoli presentati per la prima volta in Italia, accomunati dall’esigenza di “raccontare” il presente, ma anche il passato recente, segnato tuttora da ferite storiche, dandosi sempre il compito di farlo in modo non soltanto sperimentale, ma anche significativo. Tra le varie modalità e sottogeneri teatrali impiegati nelle performance, alcune trame aprono ampie possibilità a un teatro monologico, basato sulle potenzialità espressive del monodramma o del monologo vero e proprio, lasciando aperte le vie a formule teatrali al confine col teatro di narrazione, ovvero col prefigurarsi di una narrazione atipica con funzioni informative, che aspira a contribuire alla costruzione della memoria collettiva, attraverso un racconto con finalità alternative rispetto alle rappresentazioni della storia, fornite o non fornite dai media o altre fonti. La restituzione della realtà e della verità storica acquisisce particolare rilevanza in un teatro che ha opposto molta della sua forza sovversiva a un regime oppressivo, dittatoriale, per cui nelle pièces di Alina Nelega, Anca Visdei e Vlad Zografi, gli scrittori più vicini al nostro tempo, il teatro con finalità terapeutiche e civili resta una motivazione fondamentale della scrittura per il palcoscenico e, d’altronde, è stata ed è tuttora una presenza rilevante anche in Italia, fin dalla seconda metà del Novecento.
Pertanto, come frutto di tale elaborazione artistica, maturata da una edizione all’altra del festival, il volume rende ora fruibile questo corpus prestigioso del patrimonio drammaturgico romeno che solo pochi tra i lettori di adesso hanno avuto modo di conoscere durante gli spettacoli già presentati negli anni scorsi, portando dunque a riemergere i suoi messaggi a lungo attesi, introvabili altrove da tempo, anche per i teatranti, per gli studiosi di Romenistica e per un pubblico attento, curioso ad approcciarsi alla cultura e più in generale al mondo romeno.
Emersione è il termine più appropriato anche per indicare il recupero attuale di alcuni drammaturghi e testi che hanno avuto prima del 1989 una prima ricezione incompleta o deformata, il più delle volte a causa di numerose imposizioni e limiti ideologici che governavano la comunicazione tra i versanti all’Est e all’Ovest del Vecchio Continente (dai controlli della censura a operazioni di immagine o a pressioni esercitate negli ambienti dell’emigrazione romena critica nei confronti del regime di Bucarest, ecc.), senza che diventassero mai anacronistici, ma perdendo tuttavia il momento migliore dell’attenzione critica; non sono passati di moda perché non hanno fatto fede ad alcuna moda o scuola di teatro o di pensiero.
È il caso del drammaturgo Marin Sorescu, evocato nel volume con Sorescu alla prova diThomas Otto Zinzi, lettura scenica tratta dalla pièce più apprezzata dell’autore romeno, Giona. Nelle condizioni di una ricezione adeguata in più grandi culture, non impedita da chiusure e abbagli ideologici, l’opera di uno dei maggiori poeti romeni di tutti i tempi, quale è stato Sorescu, ispirata al mito biblico dell’uomo inghiottito dal Leviatano, che si dipana sotto forma di dialogo tra Giona con se stesso, in prossimità di una certa sensibilità esistenzialista, avrebbe meritato e ottenuto indubbiamente sul finire degli anni Sessanta una valorizzazione come capolavoro del teatro europeo tout court. L’accoglienza critica di uno scrittore romeno di espressione francese come Panait Istrati e, in particolare, del suo libro Vers l’autre flamme. Après seize mois dans l’U.R.S.S., pubblicato nel 1929 in Francia, tra le prime opere a muovere testimonianze critiche e a dare voce a delusioni da parte dei militanti di sinistra, non si presenta radicalmente distante dalla situazione descritta in precedenza, ed è quello che emerge dall’adattamento di Vlad Scolari.
Occorre, dunque, far notare tra i pregi più significativi della raccolta Emersioni sceniche la presenza nei testi selezionati di una tematica sufficientemente ampia e diversificata, rappresentativa delle problematiche maggiori che animano il teatro romeno novecentesco e del terzo millennio, e che, allo stesso tempo, incontra gli assi principali della drammaturgia europea coeva. Da questo angolo di vista acquisisce rilevanza cruciale la coscienza profondamente inquieta dell’identità dell’individuo, ma anche della collettività.
Tale teatro radicato saldamente nell’attualità ha prodotto in Romania, ma anche altrove, una scrittura che si impernia, dunque, sulla centralità dell’individuo, colto nelle sue crisi e derive, che, tuttavia, vengono proiettate a scala della macro-Storia, laddove sorgono i conflitti del mondo contemporaneo, dandosi oltretutto il compito di testimoniare e di denunciare il male sotto tutte le sue forme di manifestazione, facendo spesso uso dei mezzi del teatro in e sul teatro e di altri procedimenti largamente impiegati per il loro potenziale espressivo suscettibile di generare un’esperienza teatrale performativa, innovativa, insomma, sperimentale, in senso lato.
La prospettiva tematica che emerge potentemente dai testi drammaturgici raccolti tra le pagine del volume Emersioni sceniche situa il lettore in un dibattito di assoluto rilievo, al centro delle crisi della storia recente, su cui il teatro romeno, il teatro di un paese dell’Europa dell’Est, ha avuto e ha tuttora un esteso potenziale da mettere in valore, a riprova dell’importanza cruciale che assume anche nella drammaturgia europea recente e dei nostri tempi la riflessione critica rivolta agli avvenimenti socio-politici, in cui sovente si è rispecchiato tragicamente il secondo Novecento. A definire in modo più compiuto la fisionomia di questo teatro, si innesta – come si è fatto cenno in precedenza – la dimensione dell’identità, della ricerca di sé, declinata come spossessamento o come impossibilità dell’autoconoscenza. Altri motivi di immediata attualità irrompono in queste trame dalla scena della società globalizzata di oggi, per portare alla luce aspetti controversi dell’identità di genere, le sfaccettature della femminilità, insieme a forme di discriminazione ed esclusione sociale.
Il volume, corredato da apparati critici elaborati con grande cura e rigore filologico (disponibili in note introduttive ai testi, accompagnate da schede biografiche dei contributori e integrate dalla nota all’edizione, nonché da un ricco corpus iconografico di fotografie tratte dagli svariati spettacoli presentati durante le edizioni del Festival «TeatROmania_emersioni sceniche»), contribuisce, a un livello qualitativamente alto, a una conoscenza più diffusa, diversificata e consapevole del teatro recente romeno in Italia, iscrivendosi sulla scia ascendente della promozione drammaturgica e insieme scenica, registica, delineata in modo man mano più deciso a decorrere dagli anni 2000, grazie ai rapporti, agli scambi, ai seminari e alle iniziative “bilaterali”, agevolati anche da progetti europei.
La galleria di ritratti e capolavori della drammaturgia romena integra un panorama artistico molto variegato, affiancandosi al profilo già in parte esplorato di Matei Vișniec, il drammaturgo romeno-francese più noto oggi nel mondo e sempre più rappresentato e pubblicato anche in Italia, attorno alla cui personalità esponenziale ruota il teatro romeno all’estero fin dagli anni Novanta e a cui la collana «L’Altra Europa» riserverà alcune delle sue prossime pubblicazioni.

Emilia David

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Introduzione

 

«Non siamo qui come pietre, immobili, oppure come i fiori o gli insetti, la cui vita è perfettamente tracciata: siamo esseri di avventura. E mai l’uomo farà a meno di ascoltare storie.»
Mircea Eliade

 

«TeatROmania_emersioni sceniche» è nato con l’intento di portare una prospettiva aperta e innovativa sulla scena contemporanea, alla luce delle drammaturgie di oggi. Il dialogo tra culture e linguaggi ha costituito l’elemento cardine delle proposte artistiche del Festival. Abbiamo cercato di offrire al pubblico spettacoli di attualità, le cui tematiche si inseriscono nel dibattito sociale contemporaneo e la cui poetica sia tale da stimolare una riflessione ad ampio raggio.
A partire dalla conformazione stessa del suo nome – caratterizzato da un gioco di parole e combinazioni possibili – questo festival ha conservato, per l’intero arco della sua pur breve apparizione, un carattere giocoso e a tratti ambiguo, impreciso, contaminato. La rassegna tiene accesi i suoi riflettori dal 2010 al 2015, per un totale di cinque edizioni, su iniziativa della compagnia teatrale indipendente Telluris Associati (Toscana) e dell’associazione culturale FIRI (Roma). Il progetto è stato realizzato grazie alla collaborazione con l’Accademia di Romania in Roma, che ha ospitato gli spettacoli nei suoi suggestivi spazi, e all’Istituto Culturale Romeno di Bucarest che ne è stato il principale promotore e finanziatore.
A guardar così, a distanza di tempo, sembra un batter di ciglia. Come la balena di Giona che riemerge, quasi per scherzo, per poi inabissarsi nuovamente. Il nostro festival è stato uno sguardo, seppur fugace, sulle infinite possibilità della parola che si fa corpo – e azione – nell’incredibile gioco del teatro.
Questa pubblicazione nasce dal desiderio di lasciare una traccia tangibile di quelle serate, ma soprattutto per dare corpo a quelle parole – i testi drammaturgici – che si sono fatte spazio in quelle affollate notti romane. Lasciare sulla carta scritta le pièce teatrali, sinora inedite, ci riempie finalmente di gioia. E fa sorridere, in modo un po’ amaro, constatare che, sebbene sia passato del tempo, questi ed altri testi abbiano incontrato difficoltà a circolare. In generale le nuove drammaturgie non transitano felicemente nel nostro paese, fatta eccezione per progetti ad hoc che spesso, per la loro stessa episodicità, non bastano a gettare le fondamenta di un nuovo teatro. Da qui l’intento e insieme la necessità di questo nostro piccolo contributo.
Vorrei aggiungere il ricordo di questi incontri: il nostro scopo era anche quello di creare scambi e relazioni. Permettere a piccole formazioni teatrali, perlopiù indipendenti, di conoscersi e progettare insieme percorsi nuovi. Così è avvenuto: le realtà dei due paesi ospitate in Accademia, hanno dato spesso frutto a nuovi incontri, scambi e viaggi, permettendo ad alcuni spettacoli di girare e incontrare il pubblico in altri festival e rassegne, a beneficio di tutti i cultori delle arti sceniche.
Un obiettivo specifico che ci siamo proposti era quello di offrire al pubblico un nuovo punto d’osservazione sul teatro contemporaneo romeno, ancora poco conosciuto in Italia, privilegiando piccole produzioni e nuove drammaturgie. In misura simile anche formazioni italiane, caratterizzate da uno specifico lavoro drammaturgico, sono state invitate a partecipare all’evento. Il programma del festival, accanto alle nuove scritture per la scena, si è focalizzato sui linguaggi performativi di teatro, danza, poesia e musica, in un clima di amicizia, scoperta e condivisione. Le edizioni sono state accompagnate anche da mostre e incontri tra artisti, autori e pubblico. Non si è trattato dunque solamente di ospitare una rassegna di teatro “dell’Est”, ma di portare sulla stessa scena compagnie e artisti provenienti da tradizioni teatrali diverse, così da presentare al pubblico di Roma un’offerta culturale qualitativamente alta e rilevante per il confronto critico con la contemporaneità.
Abbiamo dato spazio a spettacoli presentati per la prima volta in Italia, caratterizzati da un linguaggio sperimentale in connessione con un patrimonio culturale profondo e articolato, linfa vitale pulsante e in continua trasformazione. Le performance erano caratterizzate da modi differenti di vedere e vivere il teatro – alcuni lavori parlano dell’oggi, altri di un “ieri” appena accaduto, altri sembrano venire da molto lontano – ma le accomunava tutte la stessa esigenza, quella di raccontare e di farlo in modo significativo.
Nella prima edizione, accanto a reading teatrali e a performance, in cui i linguaggi della danza, del teatro, della letteratura, delle arti visive si danno appuntamento, i concerti lasciavano intuire non solo delle affinità nella ricerca ma anche un comune sentire che cercava di manifestarsi. I lavori sono stati scelti accuratamente, attraverso una ricerca che si protraeva senza soluzione di continuità da un’edizione all’altra. Alcuni lavori erano creazioni site-specific, come forme di dialogo con l’architettura e la natura del luogo. Ricordiamo, dell’edizione del 2010, La rivoluzione siderale da testi di Gherasim Luca, con Paolo Spaziani e Letizia Corsini, nonché la performance di Alexandra Pirici Extraterrestrial Activity del Centro di Danza Contemporanea di Bucarest. La compagnia Telluris Associati metteva in scena l’adattamento de La colonna infinita di Mircea Eliade, con Tazio Torrini in scena, per la regia di Letteria Giuffrè Pagano. La compagnia Sala Uno Teatro presentava, in prima italiana assoluta, Sempre insieme di Anca Visdei, con Irma Ciaramella e Annalisa Favetti, violino Armando Alfano, per la regia di Roberto Della Casa. Ad arricchire quelle serate, i “Dialoghi intorno alla scena”: incontri con gli artisti presenti, moderati da Damiano Pignedoli, delle Edizioni UBU Libri.
Oltre alla “rotonda” dell’Accademia di Romania, il principale luogo fisico degli spettacoli, che col suo spazio semicircolare evoca immediatamente l’idea di accoglienza, altri spazi sono stati “occupati” e trasformati in scena durante le cinque edizioni del festival: la sala conferenze, la sala esposizioni, i giardini, la biblioteca, il chiostro. Fin da quella prima edizione il pubblico ci ha accolti con calore e curiosità, tutte le serate hanno registrato una grande affluenza, coronata dall’interesse dei media e della critica.
La seconda edizione ha dato ampio rilievo alla creazione drammaturgica contemporanea, delineando una mappatura della realtà che, se da una parte intende fare i conti col passato, dall’altra scandaglia temi attuali, a carattere civile e sociale. Gli spettacoli in programma hanno avuto come filo conduttore l’interrogazione esistenziale e la sfida di quei sistemi di valori e di quelle gerarchie di potere che, di volta in volta, si vengono a costituire storicamente, spesso a scapito di minoranze o gruppi umani vulnerabili. I contenuti giocavano un po’ attorno alla polarità locale-universale, evidenziata tanto da lavori strettamente contemporanei nella loro “ubiquità”, come lo spettacolo Uomo spazzatura show, tratto dal Teatro “decomposto” di Matei Vișniec [1], quanto da quei lavori apparentemente legati a temi storici, come il nazismo (Hess) o la dittatura comunista (Amalia respira profondamente), i quali riguardano ancora da vicino il nostro vivere civile e sociale, in un’Europa che ha visto tramontare le grandi ideologie, ma non le loro conseguenze per la vita di tutti i cittadini.
I testi messi in scena per Uomo spazzatura show, scritti nel 1992 dal drammaturgo romeno Matei Vișniec, vengono affidati a molteplici “io” che rispecchiano l’impossibilità di comunicazione e l’atroce solitudine dell’uomo di oggi – quello della realtà globalizzata, per intenderci – insidiato da nevrosi, angosce esistenziali, creature mostruose e voraci, in una società alienante. Lo spettacolo di Telluris implica il diretto coinvolgimento del pubblico, sin dai primi passi in sala. I tre attori offrono una nuova visione teatrale, con un iniziale ribaltamento platea-scena; come in un reality show o un quiz televisivo, essi interrogano e interpretano i segnali del pubblico e ne fanno gioco scenico. La deriva dell’uomo (quello in scena, ma solo lui?) porrà tutti nella condizione finale di esuli, naufraghi, migranti da sgomberare e, soprattutto, sottomessi al gioco architettato da qualcun altro.
Hess, monodramma di Alina Nelega messo in scena dal regista Gavril Cadariu e interpretato dall’attore Nicu Mihoc (produzione Teatrul Ariel di Târgu Mureș), mette a nudo i pensieri di Rudolf Hess, famoso nazista catturato in Inghilterra all’inizio della seconda guerra mondiale e poi condannato all’ergastolo per crimini di guerra. Nell’ultimo giorno di vita, il personaggio Hess ripercorre la propria esistenza in un fittizio “esame di coscienza”, nella forma di un decalogo sui generis, che ci consente di entrare nei meandri psichici di uno dei protagonisti dell’ideologia razzista dello sterminio; è un faccia-a-faccia con la follia lucida e “coerente” del più longevo prigioniero nazista, secondo la drammaturgia – particolarmente efficace – della scrittrice Alina Nelega.
Della stessa autrice, questa volta un lavoro declinato interamente al femminile e interpretato da Daniela Vrînceanu, è andato in scena Amalia respira profondamente (produzione Teatrul Bacovia di Bacău, regia Firuța Apetrei), spettacolo premiato per la migliore interpretazione femminile al festival Gala Star di Bacău del 2008. La pièce è un monologo sui sogni infranti di una ragazza qualunque durante il regime comunista di Ceaușescu. Attraverso un particolare zoom sull’adolescenza, la giovinezza, l’età matura e la vecchiaia di una donna che affronta vari momenti dell’esistenza, lo spettatore diventa testimone dell’esperimento dittatoriale comunista, con le sue crudeltà, miserie ma anche speranze. Un “oblò” sull’ieri che ci consente di capire le trasformazioni dell’oggi.
Il buffone del re, monologo tratto da testi di William Shakespeare e Victor Eftimiu, con Radu Botar, del Teatrul de Nord di Satu Mare, grida nel “deserto” per denunciare le ingiustizie del passato e le storture del presente. Sulla scena vengono così a prendere corpo, attraverso le forme specifiche del teatro, tutt’una serie di contraddizioni, tensioni e pensieri rimossi o non compresi, che richiedono di essere palesati, illuminati e trasfigurati.
Infine Sorescu alla prova, lettura scenica tratta dalla pièce Giona del drammaturgo Marin Sorescu, nella regia di Thomas Otto Zinzi (Progetto Miniera) [2], è ispirato al mito biblico dell’uomo inghiottito dal pesce e realizzato sotto forma di dialogo tra Giona e il suo alter ego; un interrogarsi metafisico sulla vita, la morte e il destino, ma soprattutto sulla coscienza della solitudine umana nell’universo. L’ultima partenza di Giona rende l’essere umano un Ulisse tragico che cercherà incessantemente di tornare alla propria Itaca.
Ricordiamo inoltre che la seconda edizione “teatROmania_emersioni sceniche” ha ospitato la mostra del Premio Hystrio-Occhi di scena, a cura di SpazioAperto. La rivista milanese, che segue con interesse l’attualità teatrale internazionale, avrebbe dedicato nel 2017 un ampio dossier, “La nuova scena romena”, con articoli e interviste, alla situazione attuale del teatro romeno, dalla drammaturgia ai festival, in un esaustivo sguardo d’insieme.
Immaginiamo che il tempo di uno spettacolo sia un temporaneo “abbandono del mondo” e il magma linguistico fluisca e vaghi per cercare dimore inconsuete, ancora inespresse. È dalla ricerca sul linguaggio, o meglio sul pre-linguaggio, quello che precede le parole di una determinata lingua, che ha mosso la terza edizione di «teatRO mania». Non a caso si è scelto di aprire con la voce ironica e tagliente di Emil Cioran, Da quando sono al mondo, performance-concerto su aforismi di Cioran,  messo in scena dalla compagnia emiliana Scenari Armonici, con la lettura scenica di Umberto Fabi e l’accompagnamento in chitarra elettrica del compositore Paolo Schianchi.
La terza edizione, svoltasi nel 2013, ha rafforzato la condivisione artistica in un’ottica internazionale; questa volta, agli artisti provenienti dall’Italia e dalla Romania si sono aggiunti come ospiti della kermesse un’artista di Singapore e un musicista bulgaro, che lavorano da anni su canti orientali e nuove drammaturgie. I canti della tradizione cinese hanno trovato così un originale innesto su percorsi performativi e testi di  Andrei Pleșu: Hunger Songs è stato un altro debutto targato “emersioni sceniche”, con Gey Pin Ang, Francesca Netto e Nickolaj Nickolov, prodotto da Sourcing Within (Singapore/Bulgaria).
Passando alla storia, quella del socialismo reale, la compagnia milanese Wasabi, guidata dal giovane regista italo-romeno Vlad Scolari, ci ha svelato un Panait Istrati alle prese col disincanto ideologico subentrato alle utopie della rivoluzione russa. I canti della tradizione romena, hanno infuso un tocco “locale” alla scrittura cosmopolita del balcanico Istrati, facendoci vivere atmosfere d’altri tempi. In scena, Vlad Scolari, Alice Protto e Federico Branca Bonelli, adattamento e regia di Vlad Scolari (produzione Wasabi, Milano).
Il percorso sul Novecento, al centro della terza edizione, ci ha portato inevitabilmente a parlare della condizione femminile, grazie a un testo di Franca Rame (1929-2013), per lo spettacolo Femei singure/Donne sole, programmato ben prima della scomparsa dell’autrice, che diventa così un tributo alla sua forza e femminilità, grazie all’interpretazione mai scontata dell’attrice Eliza Noemi Judeu, per la regia di Geo Balint [3].
L’edizione si è conclusa con un focus sul drammaturgo Matei Vișniec, efficace quanto spietato nelle sue allusioni alla nostra condizione di abitanti del vecchio continente, onesto e vivo nella sua scrittura per la scena contemporanea. Un autore a tutto campo – drammaturgo, poeta e narratore, con diversi volumi pubblicati anche in Italia –, che merita di essere conosciuto e seguito nella sua fervida produzione. Così, sono andati in scena due monodrammi su testi di Vișniec, uno proveniente dall’Italia, l’altro dalla Romania: L’illusionista (Telluris Associati, Pontedera) [4] e Lumina întunericului /La luce del buio (Teatrul de Vest, Reșița) [5].
L’apertura della quarta edizione è avvenuta ancora sotto il segno di un grande studioso della mitologia e scrittore di narrativa fantastica, Mircea Eliade, la cui favola sulla ricerca dell’eterna giovinezza è stata rievocata sulla scena dall’attrice Eliana Cantone, nell’accompagnamento dal vivo di Elisa Fighera [6]. Lo spettacolo inaugurale è stato preceduto dal reading del gruppo indipendente Wasabi tratto dalla stessa fiaba romena che ha ispirato Eliade, Giovinezza senza vecchiaia e vita senza morte, con Vlad Scolari e Alice Protto, musiche dal vivo di  Federico Branca Bonelli. Un racconto nato tra miti d’Oriente e d’Occidente, che ci immerge in un immaginario dimenticato: un feto che non vuole nascere senza saperne prima il motivo, un principe che ricerca l’immortalità ma dovrà fare i conti con l’ineluttabile universo dei ricordi.
Con lo spettacolo tratto dal testo di Matei Vișniec Del sesso della donna come campo di battaglia nella guerra di Bosnia, messo in scena dal teatro di Petroșani, si torna alla storia dei conflitti bellici che hanno accompagnato lo sfaldamento del comunismo nell’Europa centro-orientale. Così, ripercorriamo la tragica vicenda della guerra in Bosnia, per capire le ferite ma anche le loro possibilità catartiche (e metamorfiche), tali da riscattare l’amarezza dell’anamnesi, personale e collettiva.
In Aspettando Alice – monodramma di e con Oana Mardare, regia Doru Taloș, produzione del gruppo Atelier 45 di Cluj – riscontriamo un’ulteriore declinazione, tutta moderna, di una storia fiabesca che riecheggia Alice nel paese delle meraviglie: la spensieratezza e la riscoperta del mondo dell’infanzia, vista come opportunità “liberatoria” per l’individuo adulto che talvolta prende troppo sul serio se stesso.
Concludiamo questo viaggio con l’ultima edizione, il cui filo conduttore, il nesso che lega i vari spettacoli, è stato quello della identità e della dignità umana.
In apertura al Festival il grande attore Ion Caramitru (1942-2021), insieme al musicista Aurelian-Octav Popa al clarinetto, hanno presentato lo spettacolo Dor de Eminescu (produzione UNITER), tratto da testi noti e inediti del grande poeta romantico Mihai Eminescu. Il tema del lavoro di Caramitru, basato su una scelta precisa di certi testi di Eminescu, era la riflessione filosofica sul senso dell’esistenza individuale e collettiva, tema questo comune a tutti gli altri spettacoli andati in scena nei giorni successivi. Lo stesso Caramitru, dopo lo spettacolo, ha tenuto a precisare che il suo Eminescu non è il poeta sdolcinato che presentano i manuali scolastici, bensì un autore complesso, assai dotato sul piano filosofico e scientifico, il cui talento sta anche all’origine della lingua romena di oggi.
L’attrice Isabella Drăghici – formatasi nella compagnia Passe-Partout diretta dal noto attore e mimo Dan Puric – è andata in scena con la performance Printre tăceri/ Tra i silenzi, una meditazione sul cammino iniziatico dell’amore e dell’esistenza umana, in particolare di quella femminile. Del resto, il femminile, con le sue molteplici sfaccettature, ha rappresentato una costante di questo festival.
Burrnesha è invece uno spettacolo-performance in cui il linguaggio teatrale s’intreccia con quello cinematografico, sul tema dell’identità di genere a partire da una realtà socio-culturale in via di estinzione nei Balcani. La regia è di Valbona Xibri, in scena Maria Ștefanache, che nei giorni del festival ha condotto anche un workshop. Lo spettacolo si configura come esperienza in itinere, il cui linguaggio scenico si innesta nella ricerca sul corpo, la voce, il movimento e l’immagine. La risposta del pubblico e le vive discussioni sorte durante le «emersioni critiche» alla fine della serata ci fanno pensare che non abbiamo deluso le sue aspettative nemmeno quella volta.
Infine, i due spettacoli programmati nell’ultimo giorno del Festival – L’ultimo lebbroso di Radu Botar (tratto dalla pièce Baciami! di Vlad Zografi), con Vlad Chico in scena, e Mattatoio del giovane drammaturgo Marco di Stefano, con Olimpia Mălai e Liliana Tofan  per la regia di Mădălina Țurcanu – hanno al centro della loro trattazione artistica problemi e tabù sociali, come il commercio degli organi o le varie forme di discriminazione ed esclusione sociale, di particolare attualità nella società globalizzata di oggi.
Il pubblico si è dimostrato sempre attento ed esigente, e ciò ha rappresentato per noi motivo di grande soddisfazione, oltre a fornirci lo stimolo a migliorare, e la certezza che quelle serate non sono state vissute dagli spettatori come una mera forma di intrattenimento. «teaROmania» è stato anche palcoscenico, condivisione e riflessione, in cui i diversi linguaggi della scena hanno fatto da tramite tra quel che l’artista intende esprimere e quel che il pubblico vuole accogliere. Un’alchimia riuscita, di cui abbiamo avuto riscontro grazie ai feedback del pubblico che con generosità non solo ha applaudito ma si è intrattenuto, curioso, con noi dopo gli spettacoli, e in maniera informale anche al termine delle «emersioni critiche», dando maggior riverbero alla comunicazione.
Pertanto, più che raccogliere un bilancio del festival, il volume ora pubblicato concretizza il nostro desiderio di rendere fruibile una parte preziosa del patrimonio drammaturgico che abbiamo avuto modo di conoscere grazie a questi spettacoli: un contributo alla conoscenza del teatro romeno in Italia, con l’augurio che incoraggi ulteriori approfondimenti e ampliamenti di orizzonti.

Letteria Giuffrè Pagano


(n. 6, giugno 2024, anno XIV)


NOTE

[1] Produzione Telluris Associati, con Umberto Fabi, Simone Martini e Tazio Torrini, regia di Letteria Giuffrè Pagano.
[2] Con Marco Ubaldini, Guglielmo Frabetti, Emanuela Gabriela Ionică, Luigi Biava.
[3] Produzione Compania de Buzunar, Bacău. Premio “Ștefan Iordache” al festival internazionale Gala Star, Bacău, edizione 2012.
[4] Con Tazio Torrini, regia di Letteria Giuffrè Pagano.
[5] Con Dan Mirea, regia di Dan Vasile.
[6] Drammaturgia Giordano Amato, regia Eliana Cantone, produzione Il Mutamento Zona Castalia, Torino.