«Tinerețe fără bătrânețe» e «Centriphery»: mito e comunità nel cuore di Timișoara

Ho sempre molto piacere quando posso tornare in Romania per lavoro e per progetti culturali. Anzi più che piacere è una vera e propria gioia, un amore che ho sviluppato nel corso degli anni e che si rinnova di volta in volta. Si tratta questa di una premessa necessaria prima di entrare nel vivo dell’esperienza vissuta come «journalist-in-residence» invitato dall’Associazione Prin Banat di Timișoara a prendere parte come osservatore – ma con la sensazione, bellissima, di essere anche vero membro del gruppo – ai giorni romeni di «Centriphery». Ed è doveroso ringraziare i responsabili dell’Associazione (Alexandra Palconi-Sitov, Anitta Pelin, Alina Pintilie, Cristian Sitov) per l’accoglienza e per l’organizzazione.

Si parta dal definire, in primo luogo, cosa sia «Centriphery» e concentriamoci poi nello specifico su quanto visto a Timișoara. «Centriphery» è un progetto, su larga scala, co-finanziato dal programma Europa Creativa e già questo è quasi sinonimo di grande ambizione culturale ma soprattutto di dialogo e partecipazione tra istituzioni, associazioni e realtà internazionali sul territorio europeo. Nove partner hanno infatti preso parte al progetto in origine: il Festival der Regionen (Austria) come leader partner; New Culture Foundation (Bulgaria) organizzatori del «Goat Milk Festival» che a settembre sarà la prossima tappa di Centriphery; Dansehallerne (Danimarca); Espoo City Theatre (Finlandia); La Manufacture Collectif Contemporaine (Francia); Rijeka 2020 (Croazia) che si è dovuta ritirare dal progetto con la conclusione di Rijeka Capitale Europea della Cultura 2020 e la cessazione dell’attività dell’ente; Cultura Nova Festival (Paesi Bassi); Walk & Talk (Portogallo); e per l’appunto Prin Banat (Romania).

Come ben spiegato da Airan Berg, direttore artistico del Festival der Regionen e primo promotore – in ordine cronologico – del progetto, «Centriphery» è un neologismo che unisce «centro» e «periferia», partendo dal presupposto che ogni «periferia» sia allo stesso tempo un «centro» e abbia un «centro». Agli amanti della geografia sociale ed economica salterà alla mente, con ogni probabilità, la «teoria delle località centrali» di Walter Christaller. Ma rimaniamo ancorati al progetto e come si sviluppa. Come si può leggere sul sito internet: «‘Centriphery’ è un progetto creativo europeo interdisciplinare, inclusivo e intergenerazionale che coinvolge artisti internazionali professionisti in un intenso dialogo con artisti locali e cittadini in regioni decentralizzate. Usando i miti e le narrazioni locali per costruire un ponte verso il futuro, ‘Centriphery’ sviluppa varie creazioni performative e artistiche che incorporano un approccio interdisciplinare e partecipativo guidato dalla comunità»

Artisti internazionali, quindi. Due per Paese e interazione con artisti internazionali che di volta in volta sono in visita in un’altra sede. Ma anche il coinvolgimento attivo della comunità, attraverso, ad esempio, quelli che vengono chiamati «citizen artists», cittadini-artisti, e che partecipano attivamente alla creazione degli eventi performativi.
Nel caso di Timișoara, gli artisti locali selezionati per «Centriphery» sono stati nello specifico il regista e performer Ovidiu Mihăiță, co-fondatore della compagnia teatrale indipendente  Auăleu (the Smallest Theater in Romania), e l’artista visuale Livia Coloji, cui si sono affiancati altri artisti locali, e due altri artisti internazionali residenti in seno al progetto «Centriphery»: Xiri Tara Noir, attivista, performer e coreografa dalla Danimarca, e la video artista Conny Zenk dall’Austria.

Come si è potuto leggere nella descrizione del progetto, uno degli elementi chiave è l’utilizzo di miti e narrazioni locali per creare un ponte verso il futuro, ma anche per ragionare sul presente e sull’idea di comunità. Ed è esattamente in questa direzione che si sviluppa l’evento di Timișoara, di cui si sono potute ammirare le fasi conclusive ed intuire il grande e ben più lungo lavoro e processo creativo che ha coinvolto i già citati artisti professionisti ma anche cittadini comuni che, con diversi ruoli, hanno preso parte al tutto. Il punto di partenza, il mito di origine, è quello raccontato di Petre Ispirescu, grande studioso di folklore romeno, e in particolare Tinerețe fără bătrânețe și viață fără de moarte. Benché Petre Ispirescu non sia proveniente propriamente dal Banato, la sua opera in generale e il suo racconto, nello specifico, sono parte integrante del bagaglio culturale romeno, dell’identità del Paese e quindi noti a chiunque. Una scelta, attuata dal regista Ovidiu Mihăiță (che già da tempo voleva lavorare sul testo), davvero vincente.

Insieme al regista Mihăiță, hanno lavorato allo spettacolo diversi professionisti (ed è doveroso dare credito a un team così affiatato): Ciprian Tauciuc, già in forze all’Opera Romena della città, ha lavorato a scene e pupazzi, questi con il maestro Cuța Gornic; l’austriaca Conny Zenk ha coordinato il suono, mentre l’altra artista internazionale Xiri Tara Noir ha svolto il ruolo di coreografa e direttrice di movimento, lavorando a stretto contatto con i tanti performer non professionisti; la musica è opera di Sol Faur con Beatrxi Imre Leila come responsabile del coro; Lia Pfeiffer, direttrice artistica di Prin Banat, è responsabile dei costumi, Călin Cernescu delle luci; supervisore alla produzione Bogdan Cotîrță; la seconda artista locale di «Centriphery», Livia Coloji, è stata responsabile del design. A questi si devono aggiungere i più di 60 attori professionisti, musicisti, tecnici e cittadini-artisti che sono stati il vero cuore del processo creativo.

Evento di «Centriphery» ma anche evento«Moving Fireplaces» che è ufficialmente nel programma di Timișoara Capitale Europea della Cultura 2023, Tinerețe fără bătrânețe și viață fără de moarte (Everlasting Youth & Life Without End, titolo per il pubblico internazionale)si trasforma in un grandioso spettacolo teatrale su larga scala, presentato nella centralissima Piața Libertății nei giorni dal 23 al 25 luglio 2021: un racconto popolare che vede la presenza di musica dal vivo, voce e cori, marionette e pupazzi giganti, cittadini-artisti che non solo hanno collaborato alla creazione visiva del tutto ma che hanno preso parte come performer essi stessi. Si tratta di un lavoro che ha il coraggio di parlare agli adulti e non solo ai più piccoli – come purtroppo molte volte ci si aspetta da spettacoli basati su favole, fiabe e racconti popolari – e lo fa creando un chiaro legame con la realtà di oggi, dimostrando l’attualità del mito. Tutto funziona in Tinerețe fără bătrânețe și viață fără de moarte: è musicalmente forte, quasi operistico nel suo utilizzo di voce e di sonorità un po’ «heavy» (Mihăiță, oltre che regista era anche alla batteria): visivamente d’impatto con i suoi costumi, i suoi pupazzi giganti – il drago ma non solo – realizzati con grande creatività utilizzando materiali di riciclo, i costumi e i pannelli visivi, creati quest’ultimi dai cittadini-artisti coordinati da Livia Coloji.

Ma ovviamente non è solo il risultato finale a contare, come hanno ben notato le artiste internazionali in residenza Xiri Tara Noir e Conny Zenk durante il talk tenutosi presso il centro AMBASADA/Faber Community (un mirabile esempio di riconversione urbana, fra l’altro): è il processo creativo che ha portato a quel risultato a essere davvero importante, il lavorare con chi volontariamente ha deciso di prendere parte a questo progetto e mettersi in gioco, con orgoglio e divertimento: ovvero la comunità. E, in effetti, anche se personalmente non ho potuto che vedere gli ultimi giorni di prove, l’idea di un meraviglioso e intenso processo creativo si percepiva nello spettacolo stesso. Un elemento centrale di Tinerețe fără bătrânețe și viață fără de moarte è la sua costruzione a spirale – anche per motivi di protocollo Covid –, con il pubblico posizionato a spirale e i movimenti degli artisti professionisti e dei cittadini artisti anch’essi a spirale: il risultato era quasi un inconscio riferimento al tema iconografico medievale della «Danza macabra», che ben si adatta al contenuto e al tema dello spettacolo e del racconto di Ispirescu. In questa bellissima «danza macabra», straordinario è stato osservare i diversi volti dei cittadini-artisti che vorticavano in spirale verso il centro della piazza: chi con il volto fiero; chi emozionato; chi sorridente e imbarazzato ma felice di essere lì. Tanti sguardi e volti di membri della comunità che hanno reso possibile l’evento e che, come detto, sono prova di un processo creativo inclusivo di successo.




























Foto di Diana Bilec e Flavius Neamciuc


Armando Rotondi

(n. 7-8, luglio-agosto 2021, anno XI)