«L’accusa. Processo e morte dei coniugi Ceaușescu»: un’introduzione

Pubblichiamo un estratto dall’Introduzione di L’accusa. Processo e morte dei coniugi Ceaușescu – 5 voci per un attore (con la prefazione della regista e drammaturga Valentina Temussi, saggio conclusivo della storica Ida Libera Valicenti, Edizioni Progetto Cultura, Roma 2020), del monologo teatrale di Armando Rotondi, drammaturgo e scrittore. Giornalista  internazionale,  è  iscritto  all’Associazione  Catalana  CriticiCinematografici  ed  è  responsabile  della  sezione  Theatre  and  Adaptation di «TheTheatre Times» (New York).
Attualmente è presidente del Corso di Laurea in Teatro e professore associato di Teoria, storia e critica delle arti performative presso lo IAB – Institute of the Arts Barcelona (Università delle Arti di Sitges-Barcellona), in partnership con la Liverpool John Moores University (Gran Bretagna). 
Buon conoscitore dello spazio culturale romeno, Armando Rotondi è stato ricercatore in visita presso l’Università di Bucarest e l’Istituto Romeno di Cultura nel 2013-2014 e nel 2015. Nel 2013 ha conseguito il Diploma in Lingua, Cultura e Civilizzazione Romena e dell’Est Europa presso l’Università di Bucarest
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Introduzione a L’accusa

Il testo teatrale L’accusa. Processo e morte dei coniugi Ceaușescu prende le mosse dal video e dalla trascrizione, basato sulla trasmissione della televisione austriaca, del processo a Nicolae ed Elena Ceaușescu (con innesti da ulteriori materiali), e gira intorno a un’idea di base: quella di ribaltare l’immagine, della messa in scena e del processo.

Nell’immaginario collettivo, le terribili immagini del 25 dicembre 1989 mostrano i coniugi Ceaușescu in un tribunale militare improvvisato e i loro volti e reazioni ai capi di accusa e alle domande e affermazioni del procuratore. Reazioni che vanno tra lo smarrito al megalomane, dall’incredulo sino alla rabbia esplosiva finale, in particolare di Elena, eminenza grigia del regime. Scopo del testo è quindi ribaltare questa prospettiva e mostrare l’accusa – e implicitamente anche la difesa – senza mai far apparire in scena visivamente i Ceaușescu, simbolicamente rappresentati da una coppia di sedie vuote. Sentiamo le loro voci, all’inizio e alla fine, possibilmente in registrazione, ma essi non si vedono, mentre risalta fortemente la figura dell’accusatore.

Per dare risalto all’accusa, le parti di Elena e Nicolae, tranne all’inizio e in un’unica simbolica battuta centrale (oltre ai due estratti audio a inizio e fine testo), sono state eliminate per lasciare spazio a ʽSILENZI’, gelidi e beffardi, perché non interessa veramente cosa Ceaușescu possa dire o controbattere.

Il testo ha i suoi ritmi, le sue pause, le sue brevi accelerate. Vuole essere un testo freddo, gelido, cattivo. Da un punto di vista drammaturgico, il lavoro va in direzione opposta rispetto a Milo Rau e al suo The Last Days of the Ceaușescus, che procede – secondo la poetica di Rau – in una ricerca ossessiva della realtà in scena e della realtà che si fa scena: un teatro documentario, quello di Rau, che è vicino al «re-enactment». Ciò a cui L’accusa, invece, guarda – con le dovute ovvie e moltissime differenze – è Peter Weiss, senza l’uso del verso come in Die Ermittlung, ma optando per la prosa. Si tratta, a ogni modo, di un dramma (o una tragedia) di teatro documentario che si basa su materiale reale, in primo luogo sugli atti del processo, quindi su materiale giornalistico d’epoca tratto da «La Repubblica» e «Corriere della sera». Qui vi è una grande differenza nel modo di lavorare: gli atti del processo sono stati ritradotti e drammatizzati in funzione di un’idea – quasi brechtiana – di teatro, il materiale giornalistico è stato utilizzato – come avviene in molte forme di teatro documentario – fedelmente con una funzione precisa, ovvero quella di ricreare un contesto esterno al processo (la così chiamata «Voce cronista»). [1] Parimenti, il soldato è una ricreazione drammatica di interviste reali.



Armando Rotondi

(n. 4, aprile 2021, anno XI)




NOTA

[1] Nello specifico si sono utilizzati i mirabili contributi di Andrea Tarquini – Il processo e la morte del tiranno romeno e Mille bandiere e cortei in festa tra le pallottole entrambi pubblicati su «La Repubblica» il 27 dicembre 1989 –, Vladimiro Odinzov – La Romania insorta combatte per la libertà in «La Repubblica» del 24 dicembre 1989 – e, senza firma, L’ultimo dramma in «La Repubblica» del 27 dicembre 1989, più ulteriori elementi ispirati al «Corriere della sera”. Anche per tali motivi, si consiglia l’utilizzo degli stralci degli articoli in originale – ad esempi come proiezioni – durante la rappresentazione dello spettacolo, in modo tale da rendere ancora più evidente le fonti per la «Voce cronista».