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Inedito. «Non si può evadere dalla nostra storia» di Adrian Cioroianu
L’autore che vi proponiamo, per la prima volta in traduzione italiana, è Adrian Cioroianu, storico, giornalista, politico e saggista, professore presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest e attualmente Ambasciatore della Romania presso l’UNESCO. Adrian Cioroianu è autore di numerosi volumi di storia, saggi storici e politici e di documentari televisivi. Inoltre collabora con prestigiose riviste culturali e con alcuni canali della televisione romena.
Nu se poate evada din istorie noastră («Non si può evadere dalla nostra storia») è il secondo volume della raccolta Cea mai frumoasă poveste («La storia più bella»), Curtea Veche, București, 2014. Una raccolta di racconti sulla storia romena, con retroscene e dettagli che affascinano il lettore, addentrandolo nel vivo della storia politica e sociale della Romania del XX secolo. I due volumi hanno ispirato anche il programma televisivo, trasmesso dal canale TVR1, 5 minute de istorie («5 minuti di storia»).
Pubblichiamo di seguito la traduzione di un racconto dal titolo significativo.
Il più celebre e il più discusso processo della storia della giustizia romena
(25 dicembre 1989)
Cari amici della Storia, l’argomento delle pagine che seguono è uno di quelli che, onestamente parlando, non ci ricordiamo con piacere.
Credo che al giorno d’oggi non esista romeno cui non si stringa il cuore rivedendo le immagini del processo dei coniugi Ceaușescu del 25 dicembre 1989. Sopra quelle immagini aleggia l’impressione, difficile da evitare, che sia tutta una farsa. D’altra parte a tutti è chiaro che le cose non poterono andare diversamente. Vi propongo di soffermarci un po’ su questo processo: come si è arrivati a esso, quanto reali furono i capi di accusa e quale lezione possiamo trarre dalla condanna affrettata dei coniugi Ceaușescu.
La verità storica è che, nel processo dei coniugi Ceaușescu, la condanna fu fissata prima che il processo in quanto tale iniziasse. Nel primo pomeriggio del 24 dicembre 1989, con un decreto del Consiglio del Fronte Nazionale di Salvezza, firmato da Ion Iliescu, si decise l’istituzione di un Tribunale Militare Eccezionale per giudicare i coniugi Ceaușescu – e credo che nessuno si sarebbe aspettato un verdetto diverso. Il compito di eseguire il decreto fu affidato al generale Victor Stănculescu, colui che, per ironia della sorte, era stato «spinto» proprio da Ceaușescu a prendere il comando dell’esercito, dopo il suicidio del generale Vasile Milea. A dispetto di alcune informazioni che ancora oggi circolano, non c’erano molte alternative sul futuro dei coniugi Ceaușescu. L’idea della fucilazione era stata ventilata già dal 24 dicembre, quando si era saputo che i due erano detenuti a Târgoviște. A favore dell’esecuzione immediata erano Nicolae Militaru, Gelu Voican Voiculescu e Silviu Brucan. Ion Iliescu è stato in un primo momento più cauto, ma non ha insistito più di tanto nel cercare un’altra soluzione, e in tempi abbastanza rapidi ha accettato l’idea.
Il generale Victor Stănculescu, responsabile di quest’ordine, ha istituito un gruppo di lavoro con cui è partito – su cinque elicotteri – alle dieci e quindici minuti, da Bucarest alla volta di Târgoviște, in quella domenica che coincideva con il giorno di Natale del 1989.
L’elicottero del generale Stănculescu aveva un ordine: doveva volare basso e, avvicinandosi alla guarnigione di Târgoviște, avrebbe dovuto sventolare una sciarpa gialla dal finestrino. Gli elicotteri sono atterrati intorno alle dieci e quaranta e subito è iniziata la preparazione del processo. Da tenere a mente una cosa che avvalla la spiacevole impressione di cui abbiamo parlato all’inizio: il luogo dell’esecuzione dei coniugi Ceaușescu (addossati al muro che tutti ricordiamo, impresso nella nostra memoria di allora) è stato scelto prima dell’esecuzione! [1] Mentre due dei cinque elicotteri in arrivo da Bucarest stavano per atterrare nel campo dell’unità, i coniugi Ceaușescu sono stati trasportati con un blindato, proprio nel luogo dell’esecuzione (durante il giorno non erano stati tenuti all’interno dell’unità), e poi sono stati scortati in una sala della guarnigione, senza sapere bene cosa li aspettasse.
Di nuovo, per ironia della storia, colui che ha pilotato l’elicottero del generale Stănculescu e il suo gruppo era Alexandru Popa, ex autista di Ceaușescu in molte visite di lavoro e battute di caccia in giro per il paese. Ho avuto occasione di incontrarlo e vi raccomando il suo libro-racconto [2]. Inoltre, il processo dei coniugi Ceaușescu è iniziato alle 12 del 25 dicembre e avrebbe dovuto durare circa un’ora e quaranta minuti. Il finale era per tutti scontato, credo anche per i coniugi Ceaușescu, subito dopo aver visto come si stava svolgendo la seduta del processo.
I capi di accusa indirizzati a Ceaușescu erano quattro: 1. Genocidio di 60.000 persone; 2. Sovversione del potere di Stato attraverso l’organizzazione di azioni armate contro la popolazione e il potere statale. 3. Sovversione dell’economia nazionale. 4. Tentativo di fuga servendosi di fondi del valore di un miliardo di dollari depositati presso banche straniere. Certamente tutti questi capi di accusa, oggi, sembrano abbastanza discutibili. La cifra di 60.000 vittime è esagerata se si riferisce solo ai giorni della Rivoluzione, ma anche molto bassa in rapporto a tutti i romeni che hanno sofferto durante il regime di Ceaușescu. Per giunta l’intenzione di lasciare il paese da parte di Ceaușescu non è mai stata dimostrata, così come non sono mai stati trovati i soldi conservati nelle banche straniere. In breve, tre dei quattro capi d’accusa erano esagerati (se non del tutto falsi). Essi possono essere spiegati alla luce dello stato d’animo della Rivoluzione e della sete di vendetta che infuriava.
I coniugi Ceaușescu sono stati fucilati nel giardino della guarnigione con le spalle al muro, intorno alle quattordici e cinquanta minuti. Coloro che vorranno visitare quella scena osserveranno dei cambiamenti rispetto alle immagini del celebre video dell’esecuzione: la mano dell’uomo e la forza della natura in un quarto di secolo hanno mutato il paesaggio.
Ma ciò che non scompare è quell’impressione opprimente che avrà ogni visitatore nel recarsi in quel luogo.
Dal mio punto di vista, il processo dei coniugi Ceaușescu non va osservato attraverso la lente della giustizia di uno Stato democratico, ma attraverso quella della giustizia manipolata al tempo del regime comunista. Certamente, impregnati dei valori di oggi che ci sembrano ovvi, tutti avremmo voluto che quel processo fosse un modello, con avvocati autentici, procuratori che mostrassero prove inconfutabili, proprio come avviene nei film americani. Ma questo è un ideale e la realtà è diversa. Paradossalmente, Nicolae Ceaușescu è caduto vittima del sistema giudiziario perverso che è stato messo in piedi a partire dagli anni ’40 con la stalinizzazione della Romania. In altre parole Nicolae ed Elena Ceaușescu sono state le ultime vittime di una giustizia, come quella comunista, in cui la colpa era decisa prima dell’inizio del processo. La storia del processo dei coniugi Ceaușescu rimane una ferita aperta nella memoria del popolo romeno. Ma per comprenderlo a fondo bisogna tener conto della psicosi di quei giorni, quando si pensava che Ceaușescu stesse ancora controllando un esercito di «terroristi» assassini.
Morale della storia è che Nicolae Ceaușescu e sua moglie sono state vittime di un sistema che loro stessi avevano appoggiato, in cui la giustizia era solo una messinscena politica. Chi semina vento raccoglie tempesta.
A cura di Ida Libera Valicenti
(n. 7-8, luglio-agosto 2020, anno X)
NOTE
[1] Quando ho visitato l’unità militare per le riprese dell’episodio della serie televisiva 5 minuti di storia, questo dettaglio mi è stato confermato dai custodi, responsabili dell’attuale museo.
[2] Alexandru Popa, Ultimul zbor cu soţii Ceauşescu, Editura Primus, Oradea, 2013.
Ida Libera Valicenti è ricercatrice in Storia della Romania presso l’Institute for Reasearch in the Humanities dell’Università di Bucarest, precedentemente Research fellow presso il New Europe College di Bucarest e l’Università Comenio di Bratislava. È vicepresidente dell’AISSEE (Associazione Italiana degli Studi del Sud-est europeo) e membro dell’AIR (Associazione Italiana dei Romenisti). È autrice di due volumi e diversi saggi accademici sulla storia e la letteratura della Romania, verso cui concentra tutti i suoi studi e interessi nel campo delle relazioni bilaterali con l’Italia.
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